mercoledì 6 aprile 2022

Ucraina, Travaglio a La7: “Se il mondo avesse concesso tutto quello che Zelensky ha chiesto finora, saremmo già alla 3ª guerra mondiale”.

 

“Se il mondo avesse ascoltato Zelensky e avesse seguito parola per parola quello che lui ha chiesto in questi 41 giorni di guerra, saremmo già alla terza guerra mondiale, perché avremmo concesso all’Ucraina la no fly zone, e quindi avremmo già avuto uno scontro aereo tra caccia Nato e caccia russi”. Così, a “Otto e mezzo” (La7), il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, commenta il durissimo intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Consiglio di sicurezza dell’Onu, aggiungendo: “Per fortuna l’Occidente sta dando la massima solidarietà, com’è doveroso, al popolo ucraino, ma poi fa la tara a ciò che dice Zelensky, il quale non sempre dice cose calcolandone le conseguenze”.

Travaglio si sofferma poi sulla richiesta di Zelensky circa un tribunale sul modello di Norimberga che processi la Russia per i crimini di guerra: “È una bellissima esercitazione retorica, ma purtroppo è impossibile. Intanto, per processare Putin alla Corte internazionale dell’Aja, bisogna arrestarlo perché non sono previsti i processi in contumacia. In secondo luogo, bisognerebbe che l’Ucraina riconoscesse la corte dell’Aja, cosa che non ha mai fatto, probabilmente perché altrimenti ci sarebbero finiti alcuni fiancheggiatori delle truppe ucraine, i famosi nazisti del battaglione Azov, che si macchiarono di orrori spaventosi per 8 anni nel Donbass ai danni delle popolazioni russofone”.

Il direttore del Fatto conclude: “Gli americani dovrebbero avvertire Biden che essi stessi non riconoscono la corte dell’Aja, come non la riconosce la Russia. Se la riconoscessero, Usa e Russia sarebbero i primi a finirci, visto che di crimini contro l’umanità gli americani ne hanno commessi a bizzeffe insieme ai loro alleati, italiani compresi, in Iraq e in Afghanistan. I russi ne hanno combinate di tutti i colori, dalla Cecenia alla Georgia, per non parlare della Siria. Quindi, i Paesi che non vogliono finire sotto processo non riconoscono quel tribunale – chiosa – dove infatti vengono processati i Paesi solitamente più sfigati dopo che hanno perso una guerra. Stiamo parlando di un’esercitazione retorica che non porta da nessuna parte. L’unica cosa che porta da qualche parte è fare un’analisi realistica della situazione sul campo e cercare di riannodare i fili faticosissimi di quell’inizio di trattativa che si era abbozzata ultimamente in Turchia e della quale nessuno parla più per questa escalation verbale seguita alla strage di Bucha

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martedì 5 aprile 2022

Cina, la grande abbuffata di gas russo a basso costo. I colossi statali comprano carichi di Gnl di nascosto. Lo stesso accade con il petrolio. - Mauro Del Corno

 

Anche India e Pakistan hanno siglato accordi per aumentare le forniture di idrocarburi russi. Secondo operatori del settore, il Gnl russo viene venduto con uno sconto di oltre il 10% rispetto alle normali spedizioni dell'Asia settentrionale.  L'Ue ragiona su possibili nuove sanzioni. "Senza il gas russo dovremo tornare al carbone" ha detto poco fa il ministro dell'economia tedesco Robert Habeck.

Secondo quanto riporta l’agenzia Bloomberg i principali importatori cinesi di gas stanno cercando, senza dare troppo nell’occhio, di acquistare spedizioni russe di Gnl che faticano a trovare sbocchi sui mercati occidentali e quindi vengono consegnati a prezzi particolarmente bassi. E’ solo l’ultima di una serie di notizie e dichiarazioni da cui si evince come Cina, India e Pakistan stiano approfittando della “svendita” di petrolio, gas e carbone russo. Società statali cinesi tra cui i colossi Sinopec e PetroChina si muovono per per acquistare carichi spot dalla Russia, spesso si tratta di navi già cariche che attendono la loro destinazione finale. Operazioni che verrebbero schermate da società fittizie russe per schivare sanzioni e la riprovazione internazionale. PetroChina ha rifiutato di commentare. Sinopec non ha risposto. Secondo operatori del settore, il Gnl russo viene venduto con uno sconto di oltre il 10% rispetto alle normali spedizioni dell’Asia settentrionale. Lo stesso stanno facendo diverse raffinerie cinesi ma con il petrolio russo, che stanno acquistando a buon mercato.

La Cina è un grandissimo consumatore di Gnl, prima che deflagrasse la crisi ucraina assorbiva la grandissima parte delle spedizioni. Poi, l’incremento dei prezzi spot (pronta consegna e non legati a contratti di lungo termine) sul mercato europeo di circa il 500% in un anno, hanno dirottato molti dei cariche verso i porti del vecchio continente. La Russia è collegata alla Cina dal gasdotto “Power of Siberia” e lavora con Pechino ad una nuova condotta. Al momento le dimensioni dell’infrastruttura non consentono a Mosca di dirottare il suo gas dall’Europa all’Asia. L’Unione europea sta ponderando nuove sanzioni verso la Russia, sinora il commercio di idrocarburi è rimasto sostanzialmente indenne da queste misure. Ogni giorno l’Europa paga in media circa un miliardo di euro alla Russia per le forniture di materie prime energetiche. “Senza il gas russo dovremo tornare al carbone” ha detto poco fa il ministro dell’economia tedesco Robert Habeck.

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Rassegniamoci, i vasi di coccio devono pagare. - Antonio Padellaro

 

Quando Romano Prodi “accoglie con favore l’offerta americana di aumentare l’esportazione di gas verso l’Europa”, ma poi aggiunge che purtroppo “i produttori americani lo vendono a prezzo di mercato che ora è altissimo” (Repubblica) non potrebbe spiegare meglio la differenza che corre tra nobili propositi e dure necessità della vita. Soprattutto se a te spetta il ruolo del vaso di coccio. Esattamente come quando da Palazzo Chigi filtra la posizione del premier sul blocco del gas russo: “Se si fa non ci tiriamo indietro” (dove “se si fa” sono le paroline chiave che, a pensar male, sottintendono la speranza che il blocco non si faccia mai). Fin dalle prime sanzioni contro Mosca fu evidente a tutti che in questa strana guerra le forze del bene avevano un maledetto bisogno del male assoluto, che continuava a fornire loro energia vitale attraverso gli oligarchici rubinetti di Gazprom. Per settimane la questione sembrò volteggiare nei cieli del non detto, pur con l’Ucraina sottoposta ai più feroci bombardamenti. Fino a domenica scorsa, quando le immagini dei corpi martoriati a Bucha dalle squadracce putiniane hanno richiesto un supplemento di sacrosanta indignazione. Moto dell’animo che Enrico Letta ha subito esplicitato in un tweet ( “Quante altre Bucha prima di un pieno embargo a petrolio e gas russi?”), scritto in inglese a significare che il fatale interrogativo riguardava l’Europa tutta (vasto concetto, i tedeschi si sono già sfilati). E non era certo mirato a mettere in imbarazzo il governo di cui il Pd è pilastro. Con la stessa lodevole intenzione di non creare grane il ministro M5S Patuanelli, a domanda della Stampa, ha risposto che l’“embargo totale è praticabile”, che è una di quelle constatazioni fattuali, inoppugnabili, quasi una verità filosofica. Del resto, ve lo immaginate un Consiglio dei ministri convocato per approvare il blocco del gas russo, con tutti gli annessi e connessi? Con Matteo Salvini chiamato a sottoscrivere lo strangolamento economico di quel despota che, fino a ieri, effigiava sulla maglietta e di cui oggi non si azzarda neppure a pronunciare il nome? Perciò, rassegniamoci, guerra o non guerra i vasi di ferro (Russia e Usa) fanno il prezzo. E a chi è vaso di coccio non resta che pagare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/05/franco-tiratore-rassegniamoci-i-vasi-di-coccio-devono-pagare/6548732/

I morti al balzo. - Marco Travaglio

 

L’unica certezza sull’orribile strage di Bucha è che 410 esseri umani sono morti. Quasi sicuramente per mano russa: sapremo tutto, forse, da un’inchiesta internazionale alla fine della guerra (e molto dipenderà da chi l’avrà vinta). Ma francamente importa poco chi li abbia uccisi, e dove, e quando: chiunque sia stato non sposta di un millimetro il giudizio sulla guerra, che è sempre sterminio e distruzione. Nemmeno se si scoprisse che la strage – come sostengono i russi e i complottisti – è opera degli ucraini, o di qualche milizia più o meno nazi o mercenaria, si ribalterebbe il capitolo delle colpe. Che sono chiarissime: dal 24 febbraio sono di Putin, mentre fino a quel giorno se le dividevano equamente la Russia, la Nato (soprattutto gli Usa) e il governo ucraino. Ne vedremo tante, di scene come Bucha, o come il video di soldati ucraini che gambizzano soldati russi imprigionati e ammanettati, se non si arriverà presto a una vera trattativa con reciproche concessioni fra i veri protagonisti della guerra per procura: Russia e Nato (soprattutto Usa), con l’Ue in mezzo.

Questi sono i tipici orrori di ogni guerra, nessuna esclusa: basta leggere i libri di Gino Strada, che ne ha visti tanti (Una persona alla volta, postumo, è il saggio più venduto in Italia). Se durante le nostre guerre – contro Serbia, Afghanistan, Iraq, Libia ecc. – ne abbiamo visti molti di meno, anche se moriva molta più gente, non è perché mancassero le fosse comuni e le strade lastricate di cadaveri. Ma solo perché non li volevamo e non li dovevamo vedere, quindi non ce li facevano vedere: gli aggressori eravamo noi “buoni”; i nostri inviati embedded sui carri armati Nato (mai su quelli “nemici”) vedevano solo quello che voleva la Nato; e noi occidentali siamo molto più abili di libici, serbi, afghani e sunniti iracheni a orientare le telecamere e i social. Altrimenti chi promette di trascinare Putin al Tribunale dell’Aja come Milosevic vi avrebbe già processato i coniugi Clinton, Bush jr., Blair, Berlusconi, Aznar, Sarkozy, senza dimenticare Assad e tanti altri (e ora dovrebbe sincerarsi che i nostri crimini contro l’umanità siano caduti in prescrizione, onde evitare che finiscano sul banco degli imputati pure i giudici di Putin). Basta ipocrisie. La strage di Bucha non aggiunge né toglie nulla a ciò che già si sa della guerra: non solo quella in Ucraina, ma tutte (nel solo Yemen le bombe iraniane e quelle saudite, cioè nostre, han già fatto 370 mila morti e 23 milioni di affamati). Chi coglie al balzo lo sdegno su quelle scene di ordinaria guerra per allungarla mettendo in circolo ancora più armi lavora per altre dieci, cento, mille Bucha. E il modo peggiore per onorare quei morti è usarli per moltiplicarli.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/05/i-morti-al-balzo/6548806/

Dichiarazione dei Redditi 2022, novità e scadenze del 730.

 

Dichiarazione dei Redditi 2022 con il modello 730: quali sono le date da ricordare quest’anno e cosa c’è di nuovo.

È tempo di cominciare a pensare al modello 730 utile per la Dichiarazione dei Redditi. Da quando c’è stata l’emergenza pandemica il termine ultimo è ritardato quindi bisogna assolvere tutto entro il 30 settembre 2022.

Un giorno lontano ma è bene cominciare a organizzarsi da adesso anche per evitare gli affollamenti ai Caf e non solo: nel caso dovessero esserci rimborsi, più tardi si presenta la documentazione e più tempo passerà per ricevere i soldi.

Perché uno dei modi per presentare la proprio Dichiarazione è affidarsi a un Centro di Assistenza Fiscale (Caf) oppure a un professionista come il commercialista. Ma si può fare anche tutto da soli grazie al modello 730 precompilato. Scendiamo nei dettagli e vediamo bene quali sono le scadenze e cosa ha di nuovo la Dichiarazione di quest’anno.

Dichiarazione dei Redditi 2022, quali detrazioni inserire.

Ricordiamo che i dati a cui si fa riferimento la Dichiarazione dei Redditi 2022 sono relativi al 2021. A partire dal 2 maggio prossimo sul sito dell’Agenzia delle Entrate è possibile presentare la dichiarazione precompilata con i dati che l’ente ha a disposizione. Per due settimane successive sipotrà solo consultarlo poi si potrà modificare le parti che si ritengono “sbagliate” o comunque non aggiornate. Così, restando comodamente a casa, è possibile inviare la propria Dichiarazione all’Agenzia.

Se si vuole invece operare tramite Caf o professionista, è già possibile farlo. Questa è la via consigliata a chi non ha mai fatto una dichiarazione precompilata e teme di sbagliare.

In questo caso c’è bisogno del CU 2022 (Certificazione Unica) insieme ad altri documenti. A fornirlo deve essere il sostituto d’imposta (il datore di lavoro o l’ente pensionistico) che ha già a disposizione per inviarlo all’interessato.

È un obbligo di legge dare il documento al lavoratore o al pensionato ma ciò non avviene sempre in tempi rapidi. Se non dovesse essere inviato, si può invitare il sostituto d’imposta a farlo il prima possibile e se ciò non dovesse avvenire, tramite i Caf si possono ottenere informazioni su come procedere per ottenerlo.

Per quanto riguarda le agevolazioni nuove che quest’anno vanno introdotte nella Dichiarazioni, c’è il Bonus prima casa per gli under 36 e il Bonus Acqua potabile. Dello scorso anno sono confermati il Superbonus 110% e il Bonus mobili ed elettrodomestici.

https://www.bonificobancario.it/2022/04/03/dichiarazione-dei-redditi-2022-novita-cadenze-730/amp/?fbclid=IwAR1MGuXOBdyVc7Zg6vmuIvKavkT7u1WZrS--79NXAkuIUMpWeWsCH75HR3A

Cui prodest?

 

Non voglio prendere le difese del russo Putino, ma avremmo dovuto adottare gli stessi metodi che stiamo adottando contro la Russia anche contro gli USA, non credete?
La verità è che sia gli uni che gli altri vorrebbero dominare il globo terrestre ognuno a suo modo e noi non dovremmo prendere le difese di nessuno dei due per correttezza mentale!

Vogliono farsi la guerra? Che se la facciano tra di loro sullo stretto di Bering, senza scomodare il resto del mondo e consiglierei, altresì, lor signori di andarci di persona a fare la guerra, potremmo avere anche la fortuna di vedere Putino, Bidet e Zelensky combattersi strenuamente con la speranza che la paura di morire li induca a riflettere su ciò che la guerra comporta in negativo!

Non esistono positività in una guerra, ma solo paura, morte, dispendio spropositato ed inutile di denaro pubblico che potrebbe essere impiegato per migliorare la vita sociale...

cetta.

lunedì 4 aprile 2022

Altro che “eroi” in camice: ecco i 66 mila esodati-Covid. - Natascia Ronchetti

 

IL 30 GIUGNO - Scadono i contratti: zero assunzioni.

In teoria dovrebbero essere quasi tutti stabilizzati. Solo in teoria, però. Perché in concreto si scontrano contro un muro: quello dei vincoli di bilancio. Per ora i quasi 54 mila operatori sanitari reclutati con contratti flessibili per far fronte alla pandemia hanno una sola certezza. Quella che il 30 giugno scadrà la proroga dei loro contratti. Sono medici (20.064), infermieri (23.233), operatori sociosanitari e altri professionisti come i tecnici di laboratorio o di radiologia (22.732). Totale: oltre 66 mila, ma solo 54 mila candidati all’assunzione a tempo indeterminato (vanno esclusi infatti gli specializzandi e il personale in quiescenza). La legge di Bilancio ha aperto uno spiraglio concedendo la possibilità di assumere coloro che alla fine di giugno hanno maturato almeno 18 mesi di servizio, di cui sei nel corso dell’emergenza. Ad avere i requisiti fissati dalla legge sarebbero in 43 mila.

Ma le incognite sono tante anche per questi ultimi. E per molti motivi. Perché fatta la legge dovranno poi essere le aziende sanitarie a procedere con le assunzioni cercando di far comunque quadrare i conti. E non c’è nulla di scontato, anzi. Poi perché non tutte le Regioni sono nelle stesse condizioni. Sette – Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia e Sicilia – sono sottoposte a piani di rientro per risanare il disavanzo finanziario. Due, Calabria e Molise, sono commissariate. Un bluff? “Non c’è nessun automatismo, la legge si limita a offrire questa possibilità”, dice Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao, uno dei più rappresentativi sindacati dei medici ospedalieri. Il fatto è che oltre due anni fa, quando è scoppiata la pandemia, il Servizio sanitario nazionale era già stremato dai tagli – 46 mila posti in dieci anni – imposti dalla spending review. Mancavano allora, tra ospedali e territorio, 63 mila infermieri. E mancavano, nelle varie specialità, oltre 10 mila medici. Di questi ultimi, secondo una proiezione realizzata da Fiaso con il supporto di Sda Bocconi (Fiaso è l’associazione a cui fanno capo l’85% delle aziende sanitarie e ospedaliere italiane), andranno in pensione entro il 2024 in oltre 35 mila. Gli infermieri in uscita saranno invece 58.339. Le stabilizzazioni non risolverebbero affatto il problema perché continuerebbero a mancare all’appello in 18.353, tra camici bianchi e infermieri: una voragine. Ma almeno tamponerebbero qualche falla qua e là. Quanto basta per tentare almeno in parte di affrontare un’altra emergenza, quella del recupero delle lunghe liste d’attesa accumulate a causa della pandemia. “Tra visite specialistiche, interventi chirurgiche e ed esami diagnostici saltati, è un problema che ci trascineremo per molto tempo – prosegue Palermo –. Sempre sperando che non arrivi una nuova pandemia. Con il risultato di uno spostamento sempre più massiccio verso la sanità privata. Il pubblico è sempre più proiettato verso le terapie per gli acuti e il privato continua ad assorbire medici”.

Con la legge di Bilancio il governo ha aumentato la dotazione del fondo sanitario nazionale. Due miliardi all’anno per tre anni, si passa dai 124 miliardi per il 2022 ai 128 per il 2024. Soldi che dovrebbero servire – anche ma non solo – a stabilizzare i precari. Risorse che secondo Fiaso potrebbero essere del tutto insufficienti. Proprio come sono insufficienti, secondo le Regioni, gli stanziamenti a loro favore per coprire i maggiori oneri sostenuti a causa della pandemia. Come sappiamo hanno chiesto due miliardi ma finora ne hanno ottenuto uno. “Abbiamo un’opportunità – spiega il presidente di Fiaso, Giovanni Migliore – che deve fare i conti con un grosso limite legato al tetto di spesa per problemi di finanza pubblica”.
Tradotto: la responsabilità è tutta politica, alla fine dei conti la palla è nelle mani delle Regioni e del governo. C’è chi sta cercando di spostare il ragionamento sui vincoli dal tetto di spesa allo standard di personale da fissare per raggiungere un determinato obiettivo di salute. “Si tratta di definire per ogni servizio sanitario da erogare il numero delle risorse umane necessarie – osserva Migliore –. Ma è chiaro che se non ci si sottrae alla logica del tetto di spesa, la stabilizzazione potrebbe anche essere difficile o impossibile”. Per capire: Federsanità, l’associazione legata all’Anci, finora non ha negato le sue perplessità sulle stabilizzazioni.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/03/altro-che-eroi-in-camice-ecco-i-66-mila-esodati-covid/6546679/?utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_campaign=Echobox2021&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR2XwJZhoPY-_XKhh2UWyYvUVagWAjUKHlFUHHWlQn3ojpWMtdaeUBjkRww#Echobox=1648980466