Dunque, chiusa la verifica in Parlamento, Berlusconi è andato al Quirinale e, dinanzi al capo dello Stato, ha garantito: “Ho la maggioranza assoluta, vado avanti con le riforme”.
È l’ennesimo inganno. Ancora una volta il Cavaliere cerca di tramutare i suoi desideri in certezze. Certo, la maggioranza numerica c’è. Appena si sente parlare di crisi, c’è una maggioranza pronta ad alzare le trincee pur di garantirsi la sopravvivenza. Però, non c’è il governo perché a Palazzo Chigi siede un leader poco vitale, imbalsamato. Berlusconi continua a fare discorsi propagandistici, proclama che questo esecutivo è destinato ad arrivare alla scadenza naturale della legislatura. Tuttavia, il 2013 è un traguardo lontano, pensare di raggiungerlo è un’illusione. Grava su Palazzo Chigi la manovra economica annunciata dal ministro Tremonti e concordata con la Ue. A chiedere sacrifici al Paese sarà un premier investito dagli scandali, che gli italiani ora scoprono condizionato e guidato, assieme a tanti suoi ministri, dal potere oscuro della P4 e chissà di quanti altri faccendieri tipo Bisignani. Lo strapotere mediatico, questa volta, non basta per mettere al riparo il Cavaliere. I progetti del suo governo debbono essere più limitati: superare in qualche modo l’estate. Il guaio è che, se la maggioranza sta male, neppure il centrosinistra sembra godere di buona salute, malgrado i successi nelle amministrative come nel referendum. E il metodo Di Pietro, nella sua nuova versione, divulgata durante la verifica parlamentare, minaccia di accrescere la confusione.
Se l’obiettivo è quello di “scavallare” l’estate, come dice una fonte anonima berlusconiana, il premier può dirsi soddisfatto. Il Cavaliere, per il momento, è in grado di controllare il malumore leghista. Il Carroccio intende mettere fine all’era berlusconiana. Però, oggi non può farlo. Ha problemi interni seri perché la leadership di Bossi non è più indiscussa come in passato. La debolezza del senatur si salda, quindi, con quella di Berlusconi. Entrambi sono ormai nell’impossibilità di operare un cambiamento di passo. E hanno bisogno di sostenersi a vicenda, sapendo che una caduta del governo a breve scadenza segnerebbe la fine dell’avventura politica di entrambi. Comunque, tanto nel Pdl quanto nella Lega, è solo questione di tempo. I colonnelli si attrezzano per il “dopo”. Si moltiplicano le grandi manovre. Data prevista, per la crisi e il ritorno alle urne, il 2012. E il centrosinistra che fa? La confusione che regna alla corte di Berlusconi offre le condizioni propizie per affondare il colpo. Si dovrebbe, dunque, lavorare alacremente per mettere in piedi una coalizione alternativa vincente e convincente. Sono queste le invocazioni. Che non possono restare, ancora una volta, parole al vento.
Tanto al Senato quanto alla Camera, Berlusconi ha ripetuto l’eterna litania: a questo governo non c’è alternativa perché “le tre o quattro opposizioni sono divise e non sono in grado di esprimere un leader”. C’era da attendersi una replica tempestiva ed efficace. È accaduto, invece, esattamente il contrario. Perché è stato proprio Di Pietro a offrire l’assist migliore al Cavaliere, attaccando l’assenza di una proposta alternativa da parte del centrosinistra e l’inerzia che avrebbe palesato il segreterio del Pd, Bersani. Una mossa inaspettata all’interno di un discorso che ha preso di petto più Bersani che lo stesso Berlusconi. È chiaro che nel mirino del leader dell’Idv c’è anzitutto Vendola, quando emerge la sua diffidenza verso leader che “magari affabulano, parlano bene , ma poi non si sa che abbiano in capo”. Tuttavia, non si capisce se Di Pietro intenda fermarsi a questo primo sbarramento oppure, nel momento in cui rivendica l’identità non di sinistra del suo partito, voglia negare allo stesso Bersani il lasciapassare per emergere in futuro come candidato premier del centrosinistra. Sono dubbi che vanno chiariti al più presto. Si può comprendere che Di Pietro voglia contare di più dopo i risultati straordinari dei referendum. Ma è inaccettabile la vecchia pratica del “fuoco amico” che miete vittime soprattutto nel campo della sinistra. Conviene che l’Idv recuperi un’identità “moderata” per parlare anche ai delusi del centrodestra? E’ possibile. Ma non può accadere che si alzino steccati per difendere il proprio orticello. Dia finalmente la prova, il centrosinistra, di un’unità troppe volte messa in forse. Sia messo in campo, al più presto, un programma credibile della coalizione. Si chiarisca, senza ambiguità, con chi si intende costruire l’alleanza per l’alternativa. E si affronti, al tempo debito, senza sotterfugi e lacerazioni, la competizione per il candidato premier. La politica del rinvio non serve. Non si può pensare che l’opposizione si rafforzi quasi senza far niente, grazie agli errori altrui.
http://www.libertaegiustizia.it/2011/06/23/linganno-2/
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