sabato 30 gennaio 2021

Il senatore, il principe e il patto di Abramo. - Gad Lerner

 

Anche la settimana scorsa al Senato, nella sua requisitoria anti-Conte, Matteo Renzi non aveva mancato di esaltare gli “accordi impressionanti nel mondo arabo” conseguiti nel summit di Al-Ula da Mohammed bin Salman. Un omaggio preventivo al “grande principe ereditario” saudita che si apprestava a vezzeggiare di persona a Riyad, con toni apologetici. In effetti quel raduno delle petromonarchie sunnite del Golfo, revocando l’embargo imposto al Qatar, chiudeva felicemente il triangolo delle amicizie mediorientali di Renzi: l’israeliano Netanyahu, l’emiro qatarino Al-Thani e la dinastia regnante sulla Mecca. Un accordo propiziato da Trump demolendo la politica distensiva di Obama, garantito dal riarmo di regimi ferocemente reazionari e fondato sulla supremazia della finanza. Ma questo per Renzi e i suoi consiglieri è solo un dettaglio trascurabile. Conta di più la propensione agli affari sviluppata al tempo del suo governo, spaziando dalle compagnie aeree all’esportazione di armi, dai giacimenti di gas alla cybersecurity in cui gli ha fatto da battistrada il fido Marco Carrai.

“Gli 80 mila euro percepiti per sedere nel board della Future Investment Initiative? Sono spiccioli rispetto a ciò che Renzi potrebbe guadagnare se anteponesse il denaro al potere”, mi spiega un uomo della finanza milanese. Nel cosiddetto Patto di Abramo sottoscritto da Israele con gli Emirati e incoraggiato dall’Arabia Saudita, Renzi aspira a ritagliarsi il suo piccolo spazio. Ci lavora fin da quando era primo ministro e instaurò un solido rapporto col leader della destra israeliana, facendo tesoro delle entrature dell’allora corrispondente de La Stampa

a Gerusalemme, Maurizio Molinari. Una politica estera “in proprio” che lo ha portato sempre più spesso anche nel Golfo, dove cercava ristoro anche per le sorti di Monte dei Paschi e della Roma.

Il record di condanne a morte per decapitazione? La legislazione che sottomette le donne? I diritti umani calpestati? Bazzecole di fronte all’opportunità di sedere tra i vincenti. Meglio Trump di Obama, quando si tratta di investimenti. E del resto, come si è visto, qualche spicciolo in tasca da lì te ne verrà.

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