Tutti conoscono il nome d' “o' mericano”, in provincia di Caserta. Il suo è uno di quei nomi che non si pronunciano così per strada. Nicola Cosentino politico di Casal di Principe è conosciuto in ogni angolo di Terra di Lavoro, dai monti del Matese al litorale Domitio, da Sessa Aurunca a Maddaloni, passando per l'Agro Caleno. E si, l'Agro Caleno, un territorio formato da tanti piccoli paesi confinanti gli uni con gli altri: Sparanise, Calvi Risorta, Vitulazio, Pignataro Maggore, comune dove alle provinciali del 2005 Cosentino ottenne un numero di consensi in proporzione addirittura maggiore rispetto a quelli presi a Casal di Principe, suo paese natale.
Ma procediamo per gradi. Oggi Nicola Cosentino è Sottosegretario di Stato all'Economia e alle Finanze nel Governo Berlusconi, una carica istituzionale importante che giunge dopo una brillante carriera politica iniziata, da giovanissimo, alla fine degli anni settanta.
Dapprima diventa consigliere comunale in quella Casal di Principe che Roberto Saviano ha portato all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale con il suo best seller “Gomorra”, poi passa alla provincia come consigliere e, dall'83 all'85, all'età di soli 24 anni, è Assessore provinciale con delega ai servizi sociali. Sempre nell'85, alla nuova tornata elettorale, Cosentino viene nominato Assessore alla Pubblica Istruzione e, non c'è due senza tre, nel 1990 ricopre la carica di Assessore provinciale all'Agricoltura.
Secondo i magistrati che in questi giorni hanno richiesto misure cautelari nei suoi confronti, è a partire dagli anni '90 che Cosentino si avvale di consolidati rapporti con il clan dei casalesi per ricevere un consistente ritorno elettorale. Nel 1995 riportando il 31,50% dei voti di preferenza espressi nella sola Provincia di Caserta, viene eletto Consigliere Regionale della Campania e, l'anno dopo, finalmente, approda in Parlamento con i favolosi 35.560 voti riportati nel collegio Capua-Piedimonte Matese. Da allora è un susseguirsi di successi, è membro della Commissione Parlamentare per le questioni regionali e della Commissione Difesa ma, dalla fine degli anni novanta in poi, il suo impegno è per il partito a cui appartiene, Forza Italia, di cui diventa coordinatore per la Provincia di Caserta e, dopo aver ricevuto divina investitura direttamente dalle mani di Silvio Berlusconi, assume la carica di coordinatore Regionale nel giugno del 2005. Sotto la sua guida, Forza Italia fa un balzo di ben 16 punti percentuali: dall’11% dei consensi registrati nelle elezioni regionali dell’aprile 2005 al 27% delle politiche di appena un anno dopo.
E diviene il primo partito della Campania.
Cosentino tesse, grazie agli incarichi ricevuti in questi anni, una fitta rete relazionale con politici, consiglieri, sindaci e amministratori di comuni grandi e piccoli, divenendo un vero e proprio Deus ex Machina della politica che conta, sia nel suo territorio d'origine e vero e proprio feudo, la provincia di Caserta, sia nel resto del territorio campano. Si dice che nulla si muova, soprattutto nel settore dei rifiuti, che non passi per la sua approvazione. Ma non è solo con la politica e con i suoi rappresentanti che Cosentino esprime le sue doti di politico navigato, conosce l'importanza dell'immagine e della comunicazione ed in molti raccontano di quelle sue frequenti visite alla redazione di un noto quotidiano casertano, accompagnato dal suo fedele ed immancabile autista “don Peppe”.
Tuttavia sono i rifiuti, a giudicare da quanto emerge dalle inchieste giudiziarie e dalle proverbiali malelingue dei casertani che “dal basso” hanno già emesso la propria personale sentenza, ad interessare l'attività dell'imprenditore casalese. La munnezza, nelle parole di molti pentiti, è oro. È oro perché smaltirla illegalmente rende enormi profitti, è oro perché i consorzi hanno a che fare con tutti i comuni, con le istituzioni e sono capaci di determinare equilibri importanti spostando rilevanti somme di denaro, è oro perché attraverso la gestione dei posti di lavoro legati alla filiera dello smaltimento, legale ed illegale, si ha la possibilità di tessere una solida e pervasiva rete clientelare. Soldi, voti e potere.
Un mix del genere mal si concilia con la litania della lotta tra Stato e Anti-Stato che si fronteggiano in una battaglia senza quartiere per la legalità. E lo sanno bene quanti, in provincia di Caserta ma non solo, hanno subìto la dura repressione poliziesca per aver osato opporsi ai progetti criminali generati da questo diabolico intreccio di potere. Lo sanno bene, ad esempio, gli abitanti di Santa Maria La Fossa, che hanno lottato contro l'ennesimo inceneritore made in Campania e targato FIBE, necessario a risolvere il problema rifiuti secondo Commissari Straordinari, Prefetti e Questori ed ora al centro delle dichiarazioni di Gaetano Vassallo. Secondo il pentito che, insieme ad altri cinque, è bene ricordarlo, tira in ballo il sottosegretario Cosentino l’”individuazione dei terreni [avvenne] da parte della criminalità organizzata, [...]
vi fu una forte pressione da parte di Michele e Sergio Orsi, insieme all’onorevole Cosentino e all’onorevole Landolfi (al tempo in cui Landolfi era alla commissione vigilanza RAI) e al sindaco di Santa Maria La Fossa, affinché si costruisse il termovalorizzatore dopo che era fallito il progetto di realizzare una discarica nello stesso posto. Era il periodo subito prima che fosse nominato Catenacci Commissario Straordinario per l’Emergenza Rifiuti in Campania[...]”. E pensare che Cosentino, l'onorevole Coronella ed il Sindaco di Santa Maria La Fossa, Abbate, andavano pure ai cortei contro l'eco-mostro, ma questa è un altra storia.
Michele e Sergio Orsi, entrambi DS, sono gli imprenditori che gestivano l'ECO4.
Quest'ultimo è stato per anni il braccio operativo per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti del consorzio Ce4, consorzio che raggruppa 18 comuni dell'area casertana.
L'Eco4 è stato oggetto di diverse inchieste che hanno coinvolto boss della camorra, politici (anche di rilievo nazionale, come il mondragonese onorevole Mario Landolfi di AN), imprenditori ed anche uno dei tanti sub commissari all'emergenza rifiuti che si sono susseguiti nel tempo, Claudio de Biasio. Nel 2006 i fratelli Orsi finiscono in manette, accusati di essere il tramite tra la camorra e la politica casertana. Uno dei due, Michele, decide di collaborare con i magistrati. Lo fa cominciando a parlare di un vero e proprio sistema clientelare basato su assunzioni chieste da politici e personalità di vario genere, tra cui spunta anche il Cardinale Sepe, oltre che di irregolarità nel sistema di smaltimento. Michele fa nomi illustri e il 1 giugno 2007, mentre si reca al bar per comprare delle bibite, un commando lo trivella di colpi in una piazza di Casal di Principe. Lo Stato non aveva ritenuto opportuno affidargli una scorta. Al funerale non c'erano rappresentanti istituzionali, a trasportare il feretro un carro funebre di un'azienda sottoposta a sequestro (poi dissequestrata) in un'inchiesta
della Dda sul boss Francesco Bidognetti, «Cicciotto 'e mezzanotte», ras di Casale di Principe ora in carcere. Anche quando muori, in Terra di Lavoro, paghi la tangente.
Secondo il pentito Vassallo in realtà dietro il consorzio ECO4 ci sarebbe l'on.
Cosentino: “quella società song’ io”, avrebbe affermato in uno dei tanti incontri tra i due.Ormai noto è l'episodio della busta gialla, busta contenente la tangente da 50mila euro che i fratelli Orsi, mensilmente, avrebbero dovuto versare al clan Bidognetti.
Sempre secondo Vassallo, la tangente veniva consegnata direttamente nelle mani dell'onorevole di Casal di Principe, a casa sua.
Gaetano Vassallo, tesserato di Forza Italia, socio dell'Eco4 e referente, per sua stessa ammissione, del clan Bidognetti all'interno di tale struttura, è l'uomo che per vent'anni ha inondato la Campania di rifiuti di ogni genere. È uno di quei personaggi che ha permesso a decine, centinaia di aziende di tutta Italia di tagliare i costi per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi prodotti. In che modo? Sversandoli nei terreni della Campania Felix, nelle cave del casertano, devastando il litorale domitio, imbottendo ettari ed ettari di terreno coltivato di scorie, liquami e munnezza d'ogni sorta.
Inondando le discariche fatte per i rifiuti solidi urbani, il celeberrimo 'tal quale', di rifiuti speciali che non sarebbero mai dovuti finire li dentro. È chiaro allora, il motivo per cui le popolazioni campane da un certo punto in poi hanno cominciato a protestare contro un sistema che inquinava ed inquina la terra in maniera irreversibile, che trasforma la monnezza in oro, che fa schizzare il tasso di morti per tumore a livelli record in molti territori oramai al collasso. Ma risulta essere più chiaro anche il perché per più di 15 anni la gestione del ciclo dei rifiuti in Campania è avvenuto secondo logiche 'emergenziali', attraverso un commissariamento che con poteri speciali e molto poco trasparenti ha sollevato da ogni possibilità di controllo un settore che pare sia stato completamente gestito dalla camorra. Molte delle discariche abusive di cui parla Vassallo sono state direttamente o indirettamente legalizzate dallo Stato attraverso i Commissari di volta in volta succedutisi, in nome dell'emergenza, della salute pubblica e della legalità.
Vero eroe dei nostri tempi, mi verrebbe da dire, con un pizzico di umorismo noir, Gaetano Vassallo afferma di aver conosciuto il sottosegretario Cosentino prima della costituzione dell'Eco4 quando, su invito diretto di «Cicciotto 'e mezzanotte», alias Francesco Bidognetti boss di spicco del clan dei casalesi, si incontrò con il politico che, a dire suo e di altri pentiti, era stato prescelto dal clan come uomo da sostenere politicamente alle scadenze elettorali.
Vassallo, anche in questo caso, era l'uomo giusto nel momento giusto, una sorta di 'grande elettore' che con le sue conoscenze e la famiglia allargata di cui faceva parte, forniva sistematico appoggio elettorale agli uomini indicati dal clan dei casalesi.
Il quadro che emerge, insomma, rappresenta un sistema di potere che si fonda su una stretta commistione tra criminalità organizzata e politica all'insegna del profitto.
Montagne di soldi ricavati controllando l'intero sistema di smaltimento dei rifiuti, che andavano a finanziare investimenti e business sempre maggiori, specie in settori in cui l'appoggio delle istituzioni, per avere permessi e coperture legali, è fondamentale.
Una delle nuove frontiere del profitto assicurato è, per esempio, quella dell'energia.
Un recente caso giudiziario ha mostrato come, anche in questo settore, la corruzione e la longa manu dei clan si mescolano in un intrigo perverso. Parliamo del grande business delle centrali elettriche.
Il 28 Aprile del 2009 la Guardia di Finanza di Caserta esegue 23 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di soggetti responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, alla corruzione, alla rivelazione di segreti di ufficio ed alla realizzazione di falsità in atti pubblici. Oggetto dell'inchiesta è la realizzazione di una centrale a “Biomasse vergini” nel territorio del comune di Pignataro Maggiore, nell'Agro Caleno. La maggior parte degli indagati sono personaggi pubblici, la maggioranza legati al PD, che rivestono importanti cariche politiche, sia a livello provinciale che regionale: oltre a funzionari del Genio Civile di Caserta, assessori comunali e lo stesso sindaco PDL di Pignataro Maggiore Giorgio Magliocca, tra gli indagati figurano anche Gianfranco Nappi, capo della segreteria politica di Bassolino, l'assessore regionale Cozzolino e l'assessore con delega alle attività produttive della provincia di Caserta Capobianco. Secondo gli inquirenti, dietro la costruzione della centrale della “Biopower” ci sarebbe un complesso giro di tangenti. Quello che di inquietante emerge dalle intercettazioni è che con ogni probabilità il modus operandi per la realizzazione della centrale in oggetto fosse un vero è proprio sistema utilizzato consuetudinariamente per la attuazione di opere simili. Gli atti sono stati secretati, ma dalle indiscrezioni sembrerebbe che tale sistema possa aver riguardato la realizzazione di un altra, contestatissima, centrale elettrica stavolta a turbogas, entrata in funzione nel 2007 e realizzata sempre nell'Agro Caleno, nel vicino comune di Sparanise.
Sorta nell'area, ormai lottizzata, della ex Pozzi, una fabbrica di piena era fordista che occupava migliaia di lavoratori e che rappresentava il cuore non solo produttivo ed economico dell'area, la centrale termoelettrica di Sparanise è stato uno degli impianti più contestati e discussi realizzati in Campania negli ultimi anni. Eppure, nonostante le lotte della popolazione schiacciata tra la paura dei poteri forti e la preoccupazione per il proprio futuro, la centrale termoelettrica da 800 Megawatt è stata sostenuta da un impressionante schieramento bi-partisan. Ognuno ha fatto la sua parte, dal maresciallo dei carabinieri che intimoriva i giovani ambientalisti, agli uomini della DIGOS che si presentavano a bussare alle case degli agricoltori contrari, dal sindaco forzista d'allora Antonio Merola pronto a fornire il sito idoneo per un impianto del genere, fino all'assessore regionale DS Cozzolino che definì la centrale “un esempio di Campania positiva”.
Se come esempio di Campania positiva prendiamo un eco-mostro totalmente inutile che sorge in un luogo dove prima venivano impiegate migliaia di persone, se come modello di politica del territorio prendiamo un lembo di terra con un valore archeologico inestimabile sventrato dalla TAV, riempito di rifiuti e asfissiato dalle polveri sottili di mezzi pesanti e centrali, allora è alquanto evidente che ci troviamo sull'orlo del baratro.
Ma anche ora, con calma, procediamo per gradi. Per fortuna la storia non la fanno solo le Procure, la magistratura ed i giudici. Per fortuna, certe volte, la cronaca giudiziarie viene a valle di eventi molto più complessi di cui protagoniste sono le persone, i loro sogni, le loro lotte. E la storia della centrale termoelettrica di Sparanise fa parte di una più ampia storia che vede un gruppo di persone scegliere la strada dell'opposizione sociale, la strada dell'autonomia e dell'indipendenza praticate in un territorio che lascia poco spazio sia all'una che all'altra. Il centro sociale Tempo Rosso, occupato dal '99, nasce a Pignataro Maggiore e da subito entra in rotta di collisione con l'apparato politico che fin qui abbiamo visto descritto, tutto intento ad assicurarsi che gli affari, quelli degli amici soprattutto, vadano a buon fine.
In un articolo del 2003, a firma di uno sconosciuto Roberto Saviano per conto de “Il Manifesto” le dichiarazioni degli attivisti di Tempo Rosso, anticipatrici di quanto emergerà molti anni dopo in una inchiesta ad opera del settimanale “L'Espresso”: «Noi siamo contrari ad un sud che per rilanciarsi economicamente diventi l'immondezzaio d'Italia. Serve energia e quindi edifichiamo centrali che genereranno enormi danni [...]. La centrale a nostro avviso serve solo a far rimpinguare le tasche di alcuni esponenti del centrodestra che sono i proprietari delle terre [...]». Ed è così che ritorniamo là dove eravamo partiti.
Sul finire degli anni novanta l'Immobiliare 6C, di proprietà della famiglia Cosentino, acquista ad un prezzo di favore parte dei terreni dell'area industriale ex Pozzi dalla SCR, società con capitali provenienti dalla Campania ma con sede legale a Roma. Il prezzo di vendita di tali terreni è talmente basso (310 milioni di lire) che, nonostante la SCR sia una società anonima, la circostanza ingenera forti sospetti che abbia un legame con la famiglia Cosentino. Ma questo è solo un indizio, occorre andare oltre per farsi un'opinione più precisa.
La SCR, nel 1999, aveva acquistato in verità la totalità dei terreni dell'area ex Pozzi disponibili, per più di 2 milioni di euro, e nel 2001 rivende ad un prezzo molto elevato ciò che le resta dopo la cessione alla 6C dei Cosentino. Ad acquistare, questa volta, è una municipalizzata, la AMI, azienda municipalizzata di Imola.
Quest'ultima, però, pone una precisa condizione: pagherà a patto che le autorità permetteranno la realizzazione di una centrale termoelettrica turbogas su quei terreni.
Il caso ha voluto che, pochi mesi prima che tale accordo fosse stato stipulato, il sindaco di Sparanise, il forzista Antonio Merola notoriamente vicino a Cosentino, individua proprio quei terreni come idonei a costruire la centrale. Un raro esempio di lungimiranza della politica. L'affare è concluso, la Ami si fonde in Hera e, insieme alla SCR, nel 2004 mettono sul mercato il pacchetto di terreni ed autorizzazioni per la realizzazione dell'impianto. Il gruppo svizzero Egl compra tutto. Dall'operazione la SCR guadagna complessivamente ben 10 milioni di euro e si garantisce un flusso di 1 milione di euro l'anno grazie all'ottenimento di una partecipazione che vale il 5% degli utili prodotti dalla vendita dell'energia. A questo punto, arriva un secondo indizio: indovinate da chi si fa rappresentare l'anonima SCR nel consiglio di amministrazione di Hera Comm Med? Dall'imprenditore Giovanni Cosentino, fratello di Nicola.
Non sappiamo con certezza se in questa vicenda, oltre alla prontezza di riflessi della politica nell'assicurare il buon esito di affari che riguardano potentati economici legati a familiari dei politici stessi, vi sia anche un giro di tangenti. Quello che è certo è che il bene comune sembra essere sparito dall'agenda di amministratori del calibro di Merola. Così come resta evidente che, in tempi non sospetti, le denunce dei cittadini sono state ignorate e le autorità dello Stato, non solo quelle elettive e quindi politiche, si sono guardate bene non dico dall'intervenire ma finanche dall'assumere un atteggiamento imparziale.
Il caso dell'ex prefetto di Caserta Elena Maria Stasi, colei che fece avere il tanto agognato certificato antimafia all'Aversana Petroli, l'azienda madre della famiglia Cosentino, quella a cui erano diretti i serbatoi di gpl esplosi a Viareggio il giugno scorso, è emblematico a riguardo. Il certificato antimafia è indispensabile per
permettere alle aziende di avere rapporti con la pubblica amministrazione. Ed analizzando la posizione dei titolari dell'azienda, i fratelli Cosentino, la Prefettura di Caserta, nel 1997, la nega all'Aversana Petroli: Giovanni, è sposato con la figlia del boss defunto Costantino Diana, Mario è sposato con Mirella Russo sorella di Giuseppe Russo, alias 'Peppe 'u Padrino', condannato all'ergastolo per associazione mafiosa e omicidio e un terzo fratello, Antonio, è stato beccato nel 2005 in compagnia di un soggetto con precedenti per tentato omicidio, associazione mafiosa e tentata estorsione. Il Tar del Lazio, al quale i Cosentino presentano ricorso, conferma: “[...]ragionevolmente può dedursi che sussisteva il pericolo di infiltrazione mafiosa". Ma il nuovo prefetto, utilizzando una procedura usata molto raramente, sollecita il comitato per l'ordine e la sicurezza a riconsiderare il caso. L'Aversana Petroli ottiene il certificato antimafia senza il quale rischiava di vedere bloccata la propria espansione. Alle ultime elezioni Elena Maria Stasi viene candidata in un collegio blindato nelle liste del PDL e diviene Deputata con il sostegno esplicito del sottosegretario Cosentino.
A lei il compito di difendere gli interessi dell'abusivismo edilizio, altro terreno privilegiato della cosca cosentino: le sue proposte di legge spaziano infatti dalle "Disposizioni per accelerare la definizione delle pratiche di condono edilizio" alle "Disposizioni per la sospensione dell'esecuzione delle demolizioni di immobili nella regione Campania a seguito di sentenza penale di condanna".
Il 9 dicembre 2009 la Camera dei Deputati respinge la richiesta di arresto per concorso esterno in associazione mafiosa e salva Nicola Cosentino dal carcere. Tra i deputati del centro-destra che festeggiano l'esito del voto, l'ex-prefetto è lì, applaude felice, seduta al fianco del boss parlamentare.
Da T. L. per Spider Truman