martedì 4 dicembre 2018

Banche, bomba da 6.800 miliardi di titoli tossici nei bilanci degli istituti tedeschi e francesi. - Morya Longo




Nei bilanci delle banche europee c’è una montagna di attivi e di passivi, pari a 6.800 miliardi di euro, con una caratteristica che non può non inquietare almeno un po’: l’opacità. A tanto ammontano infatti i cosiddetti titoli illiquidi, quelli nel gergo tecnico chiamati di «Livello 2 e 3» e nel linguaggio più popolare «titoli tossici».
Sebbene questo appellativo sia sbagliato per molti aspetti, nei bilanci delle banche europee c’è un gigantesco rischio potenziale e imponderabile: gli attivi e passivi illiquidi hanno un ammontare 12 volte superiore a quello dei crediti deteriorati e per il 75% sono concentrati in due soli Paesi. Cioè Germania e Francia. Basterebbe che subissero una svalutazione del 5% per erodere mediamente il capitale delle banche più esposte di 330 punti base. Con punte di 1.500. Insomma: se accadesse, buona parte del cataclisma patrimoniale colpirebbe gli istituti di due soli Paesi. Quelli ritenuti più solidi...
Ecco perché la Banca d’Italia, in un Convegno organizzato dall’Università Cattolica con Crif e Credit Risk Club, ricordando questi dati emersi in un suo studio, ha ancora una volta puntato il dito sugli attivi e passivi illiquidi: perché rappresentano un potenziale problema sul quale la Vigilanza europea deve alzare la guardia. «Possono non essere tossici - commenta Fabio Panetta, Vicedirettore generale della Banca d’Italia e componente del Consiglio della Vigilanza Bce -, ma producono potenzialmente rischi materiali».
«La pericolosità è sconosciuta - gli fa eco Rosario Roca, ispettore senior di Bankitalia -, ma verosimilmente non è distante da quella dei crediti in sofferenza». Questo perché gli attivi di «Livello 2 e 3» sono tutti gli strumenti (spesso complessi e opachi) per i quali non esiste un mercato di riferimento che stabilisca un prezzo: non avendo un valore certo, dunque, le banche li iscrivono nel bilancio a un prezzo ricavato o dal confronto con titoli simili (nel caso del «Livello 2») oppure da complessi calcoli matematici (nel caso del «Livello 3»). Insomma: una montagna da 6.800 miliardi di euro è iscritta nei bilanci a valori opinabili. E non verificabili da parte della Vigilanza.
È Rosario Roca ad elencare i potenziali rischi. Uno: il processo di valutazione da parte delle banche è discrezionale. «Gli istituti creditizi sono incentivati a usare la discrezione nel valutare questi attivi a proprio vantaggio». Due: «Le banche hanno l’interesse a classificare il più possibile gli strumenti al Livello 2 piuttosto che al Livello 3, per evitare una stigmatizzazione sul mercato». Questo perché quelli di Livello 3 sono ritenuti da mercato e agenzie di rating più “tossici”. Tre: per le banche è difficile fare corrette coperture dei rischi (hedging). Negli ultimi stress test l’Eba ha imposto di stimare shock esterni sugli attivi tossici, dimostrando crescente attenzione sul tema. Ma c’è un problema, evidenziato da Andrea Resti, Professore della Bocconi: il valore di partenza di questi attivi è stato, anche negli stress test, quello che le banche le banche si auto-assegnano. E, come detto, proprio questo valore è opinabile.
Fonte: ilsole24ore - 1 dicembre 2018

domenica 2 dicembre 2018

Macron.

L'immagine può contenere: una o più persone, persone in piedi e vestito elegante

Arsenale k
Quando hai quella la strana sensazione di non essere molto considerato..

Potere, disagio, ribellione.

Immagine correlata

La campagna mediatica che sta facendo tutta l'opposizione al governo ha come fine ultimo la caduta dello stesso. Praticamente, è un colpo di stato.
Perdere il potere, dopo averlo assaporato, non è accettabile; avere il potere di coercire e schiavizzare un'intera popolazione non è da tutti e procura lauti vantaggi economici e prestigio a chi questo potere lo esercita per compiacere chi comanda. 
E' alquanto strano, infatti, notare come gravi fatti riguardanti personaggi dal discutibilissimo comportamento non vengano sciorinati pubblicamente in un battage continuo, martellante, mentre vengono proposti, con dovizia di particolari, le minuzie, le futilità del soggetto da colpire e che, oltretutto, non riguardano lo stesso, ma chi gli ruota attorno,
E' come quando si cerca il pelo nell'uovo degli altri e non si nota la trave nel proprio occhio.
Un mediatico e massiccio sfiancamento che mira a riportare lo status quo che tanto piace a chi vuole crogiolarsi in una giostra in cui le leggi varate vengono ideate per essere rispettate solo dai poveri imbecilli tartassati e sottomessi ai quali, sadicamente, si sottraggono quotidianamente i diritti sanciti dalla Costituzione, conquistati, oltretutto, con lotte di costosi scioperi.
Ci si domanda, infine, ma come è possibile che chi ha rovinato l'economia di un paese riesca ad avere ancora un seguito?
Elementare! il seguito è formato da chi, da quel sistema bacato, è riuscito ad ottenere un beneficio, ignaro del fatto che, prima o poi, toccherà anche a lui dover subire le angherie di uno strapotere che si regge sul do ut des.
Solo ripristinando rispetto, onore, onestà, trasparenza, cultura si può sperare di crescere.
La mancanza di queste basilari basi di crescita, fomenta il disagio che crea destabilizzazione e, quindi, possibili rivoluzioni.
E' il disagio, infatti, che ha mosso i francesi ad opporsi alle leggi create da un governo incapace di ribellarsi alla pressione esercitata da chi detiene il potere economico.
La storia vanta tanti esempi di cruente ribellioni del popolo contro i potenti dell'epoca, ma siamo in pochi a studiarla, ed a trarne profitto, evidentemente.


Cetta

sabato 1 dicembre 2018

Misurata la luce di tutte le stelle dell'universo.

La mappa della luce delle stelle dell’universo (fonte: Nasa/Doe/Fermi Lat Collaboration) © Ansa

La mappa della luce delle stelle dell’universo (fonte: Nasa/Doe/Fermi Lat Collaboration) © ANSA/Ansa


E’ un numero gigantesco, un 4 seguito da 84 zeri.


Misurata la luce di tutte le stelle dell'universo: è un numero gigantesco, un 4 seguito da 84 zeri, ed è stato calcolato grazie ai dati del telescopio Fermi della Nasa, costruito con un importante contributo italiano. Pubblicato su Science, il risultato si deve alla collaborazione Fermi-Lat coordinata dall'astrofisico Marco Ajello, che lavora negli Stati Uniti, alla Clemson University. 

Della collaborazione fanno parte tantissime università italiane, come quelle di Padova, Trieste, Perugia, Politecnico di Bari, e centri di ricerca, tra i quali Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e Agenzia Spaziale Italiana (Asi). "Grazie ai dati raccolti dal telescopio Fermi, siamo stati in grado di misurare l'intera quantità di luce emessa dalle stelle: una cosa mai vista prima", rileva Ajello. "Questo - aggiunge - ci permette di comprendere meglio il processo di evoluzione stellare". 

Si calcola che l'universo, che ha circa 13,7 miliardi di anni, abbia cominciato a formare le prime stelle quando aveva poche centinaia di milioni di anni. Da allora, l'universo è diventato una fabbrica di stelle e oggi ne conta un numero incredibile, pari a miliardi di miliardi, ma finora è stato impossibile quantificare tutta la luce che producono perché, viste dalla Terra, queste stelle sono estremamente deboli e i telescopi non riescono a osservarle. Se si escludono il Sole e le stelle della Via Lattea, la luce delle stelle presenti nelle altre galassie, che raggiunge la Terra, equivale infatti a una lampadina da 60-watt osservata al buio da circa 4 chilometri di distanza. 

I ricercatori sono stati in grado di aggirare questo problema utilizzando lo strumento italiano Lat (Large Area Telescope), nato grazie ai contributi di Asi, Infn e Inaf, installato sul telescopio Fermi. Il telescopio è riuscito infatti a misurare il numero di particelle di luce (fotoni) emesse dalle stelle, analizzando la nebbia cosmica, chiamata luce di fondo extragalattica, che è composta da tutta la luce ultravioletta, visibile e infrarossa emessa dalle stelle, che sfugge dalle galassie e permea tutto l'universo.

Fonte: ansa 30 nov. 2018

giovedì 29 novembre 2018

La Verità: “Lavoro nero e babbo Renzi, tutte le sentenze” - Giacomo Amadori e Simone Di Meo



Attaccando il genitore di Di Maio, il padre dell’ex premier si è tirato la zappa sui piedi. Il suo passato è pieno di brutte storie di dipendenti irregolari. E anche sugli abusi edilizi non ha affatto le carte in regola. 

Davanti alle accuse contro il papà di Di Maio, Tiziano Renzi ha colto la palla al balzo: «Mai avuti dipendenti in nero, né capannoni abusivi», ha tuonato orgoglioso, Peccato che, come dimostrano sentenze e verbali, abbia avuto entrambi anche lui.
Per riabilitare sé stesso, Tiziano si è scagliato contro Di Maio senior: «Non ho dipendenti in nero, né capannoni abusivi» Peccato che ci siano sentenze contro di lui per lavoratori irregolari e un verbale dei vigili urbani su fabbricati senza licenza
Se Tiziano Renzi non esistesse bisognerebbe inventarlo. L’altro ieri pomeriggio, saltando sull’onda montante contro Antonio Di Maio, dimentico di essere plurindagato per reati gravi, ci ha tenuto a prendere le distanze dal genitore del vicepremier: «Non ho capannoni abusivi, non ho dipendenti in nero, non dichiaro 88 euro di tasse». Tre frasi che valgono probabilmente per il presente, ma non per il passato. Infatti, per quanto riguarda i lavoratori in nero, abbiamo già scritto che diverse sentenze hanno condannato Renzi senior a risarcire strilloni e volantinatori per l’irregolarità dell’inquadramento. Quanto ai guadagni, quando il figlio non era premier, nel 2013, Renzi senior dichiarò all’erario 4.952 euro, non molto di più del padre di Luigi Di Maio. Ma negli anni successivi, con il figlio Matteo a Palazzo Chigi, il reddito è salito sopra i 100.000 euro.

COLATA DI CEMENTO.

Infine non si capisce perché Tiziano Renzi abbia voluto infilarsi, non richiesto, nella questione dei capannoni. Nel febbraio 2002 i vigili di Rignano sull’Arno entrano nel piazzale della sua Chil Srl per un accertamento e trovarono diverse opere per cui non erano state rilasciate concessioni edilizie né autorizzazioni: un capannone con struttura in ferro e tamponatura con pannelli in plastica e lamiera, una tensostruttura di 24 metri per 10, un’altra di 22 per 10,5, un piccolo locale in cemento armato e un muro di notevoli dimensioni dello stesso materiale, Il piazzale era stato coperto da una colata di cemento. La polizia locale osservò che anche se quasi tutte le strutture erano ancorate al suolo tramite bulloni, e quindi apparentemente precarie, in realtà non sembravano destinate «a risolvere esigenze contingenti e temporanee» e venivano utilizzate per ricoverare mezzi e macchinari. Insomma erano vere e proprie strutture abusive.
C’è poi la questione dei lavoratori con contratti irregolari. L’avvocato genovese Simona Nicatore, che ha difeso una coppia di nigeriani ingaggiati dalla Arturo Srl, di cui è stato amministratore proprio il papà dell’ex premier, non usa giri di parole: «È stata riconosciuta l’illegittimità del licenziamento verbale dei miei clienti e la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato che non era regolarizzato». Facciamo la fatidica domanda: si può parlare di lavoro nero? «Sì», è la risposta.

I NIGERIANI.

I due sfortunati ex distributori di giornali si chiamano Evans Osahon Omoigui e Mercy Omorodion. All’epoca distribuivano agli abbonati, con la loro auto, le copie del Secolo XIX di Genova. I turni erano terribili. «Il mio fidanzato lavorava tutti i giorni della settimana, sette ore al giorno. Se i giornali arrivavano in ritardo, lavorava fino alle 8-8.30», racconta la donna al giudice del lavoro che si occupa del caso. «Non c’erano controlli», prosegue la nigeriana. «Qualche volta è successo che il cliente non ha trovato il giornale dietro alla porta, in questi casi ci decurtavano una parte dello stipendio». Per quell’attività la paga era di 28 euro lordi al giorno da cui detrarre eventuali penalità. Come succedeva quando, a causa della rottura della macchina, la copertura della linea saltava. Dalla Arturo Srl tolsero a Evans «300 euro» in un colpo solo.
L’uomo venne licenziato, a voce, due mesi dopo la lettera di preassunzione firmata da babbo Tiziano. Aveva osato chiedere la regolarizzazione e il rimborso della benzina insieme a un’altra decina di connazionali. «Ho trovato i cancelli chiusi», spiegò al magistrato. «Sono comunque riuscito a entrare e ho parlato con il nostro supervisore capo, Adeniji. Mi disse che non poteva più farmi lavorare. E che per chiarimenti dovevo rivolgermi al signor Tiziano Renzi di Firenze». Evans fece ricorso alla magistratura e ottenne giustizia, ma servì a poco. Il 20 settembre 2011 il giudice del lavoro di Genova, Margherita Bossi, condannò la Arturo Srl a pagare circa 90.000 euro e inviò una lettera di precetto al «sig. Tiziano Renzi, presso la sua residenza in Rignano sull’Arno». Ma il babbo dell’ex premier aveva già chiuso bottega e non pagò mai. Comunque nel magnifico mondo dell’imprenditoria renziana non sono solo gli africani ad essere sfruttati.
È emblematica la vicenda dei lavoratori della Delivery Service, che questo giornale ha raccontato circa un anno fa. Per il fallimento di quell’azienda i genitori del fu Rottamatore sono indagati per concorso in bancarotta, visto che dietro ai rappresentanti legali della cooperativa, secondo gli inquirenti, a tirare le fila c’erano Tiziano Renzi e il suo ex socio di fatto Mariano Massone.
Nel luglio 2010 il direttore dell’ufficio di Pisa, Luigi Corcione, preso dallo sconforto, informa i due referenti che «non intendeva trovarsi in situazioni scomode suo malgrado», e per questo dà le dimissioni. Nessuno gli risponde. E allora lui prende la sua auto, la parcheggia all’aeroporto e vola in Spagna. L’uomo, in preda allo stress, sembra che sia andato a ritrovare sé stesso a Santiago di Compostela. Nel piazzale restano e resistono i lavoratori. Uno solo di loro è assunto in modo ufficiale, mentre un altro paio hanno una posizione parzialmente regolarizzata. Gli altri erano dei fantasmi.

ACCUSE PESANTI. 

Scrivono: «Accusiamo e denunciamo […] che la situazione lavorativa, nella quale siamo tutti coinvolti e che non possiamo, dal primo giorno a oggi. definire professionale, si è fatta per noi parzialmente assunti e ancora più precari al nero (contro la nostra volontà) sempre più insostenibile». In due diverse istanze, tra luglio e agosto 2010, mettono nero su bianco in che condizioni siano costretti a operare. Sono inquadrati come corrieri, mentre invece gli «tocca fare facchinaggio». Nella denuncia accusano i dirigenti delle società di aver inscenato un “valzer delle bugie” e di non aver mantenuto alcuna «rassicurazione su assunzioni promesse e sempre rimandate».

DOPPIA MORALE.

E se i Renzi, padre e figlio, si sono scandalizzati per il dito ferito di Salvatore Pizzo, l’operaio in nero dell’azienda del papà di Luigi Di Maio (Tiziano ha detto di non aver mai registrato incidenti sul lavoro in azienda), potrebbero dare un’occhiataa quel che accadde a Pisa. Alcuni dei dipendenti della Delivery hanno letteralmente rischiato la vita: Fabio M. ha subito un incidente sul lavoro che l’ha costretto a tre giorni di riposo forzato; Massimiliano C. ha perso il controllo del mezzo e solo per miracolo non ha riportato ferite; Valerio B. è stato costretto invece a restare un mese a riposo per un frontale su strada. Nonostante tutto, l’unica preoccupazione dimostrata dall’azienda fu quella di informarsi […] dello stato salute… dei furgoni», contestano nella loro lettera di protesta i lavoratori. I quali uscivano con camioncini con l’assicurazione «scaduta», pur dovendo garantire dalle 25 alle 30 consegne al giorno ed erano costretti ad anticipare i soldi del gasolio e dei pedaggi. Si erano persino ritrovati – da un momento all’altro – con un taglio dei pagamenti nell’ordine di «250-300 euro al mese», senza sapere il motivo. Tutto era precario. Il lavoro, l’esistenza, le prospettive.
«A loro (i vertici della coop, ndr) non gliene frega un cazzo se noi abbiamo bisogno di certezze o di essere regolarmente pagati perché abbiamo famiglia», fu la spiegazione che un esasperato Corcione offrì ai dipendenti a conclusione dell‘ennesimo, inutile, faccia a faccia. Prima di scappare. Lontano.
Fonte: infosannio del 28 novembre 2018

Dl sicurezza: Camera, passa con 396 sì.


L'Aula della Camera approva in via definitiva il decreto sicurezza.

Approvazione definitiva, provvedimento è legge.


L'Aula della Camera approva in via definitiva il decreto sicurezza. Dopo aver incassato il voto di fiducia, il provvedimento passa a Montecitorio in via definitiva con 396 sì, 99 no. Il testo, che era già stato approvato al Senato, dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale diventerà legge.
"Sono felice, è una giornata memorabile", ha detto il vicepremier Matteo Salvini ai cronisti a Montecitorio. E a chi gli chiede se sia soddisfatto del voto di tutto il centrodestra sul decreto Salvini risponde: "sono soddisfatto che sia rimasto qualche reduce di sinistra che pensa che l'immigrazione clandestina non sia un problema e che la sicurezza sia un tema di destra quando è un tema di tutti".
Oltre alla maggioranza si esprimono a favore del provvedimento anche FdI e FI. La Lega esulta con una "ola" in Aula, mentre i deputati M5S restano immobili. Il Pd, insieme a LeU, fa interventi fiume anche sui vari ordini del giorno e protesta con maschere bianche sul volto.
Questo in sintesi il contenuto del decreto:
- STRETTA SUI PERMESSI - Si abroga il permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituito da 'permessi speciali' temporanei, 6 le fattispecie previste: motivi di salute di particolare gravità; calamità nel paese d'origine; atti di valore civile; vittime di tratta; violenza domestica e grave sfruttamento.
- PIU' TEMPO NEI CPR - La durata massima del trattenimento degli stranieri nei Centri di permanenza per il rimpatrio passa da 90 a 180 giorni. Si introduce la possibilità di trattenere i migranti in attesa di espulsione in altre strutture di Ps, in mancanza di posti nei Cpr, e la possibilità di trattenere i richiedenti asilo negli hotspot.
- PIU' REATI PER REVOCA ASILO, ANCHE FURTO - Si amplia la platea di reati che comportano la negazione o revoca della protezione internazionale: violenza sessuale, lesioni gravi, rapina, violenza a pubblico ufficiale, mutilazioni sessuali, furto aggravato, traffico di droga. Al Senato si aggiunge il reato di furto in abitazione, anche non aggravato.
- VIA CITTADINANZA PER REATI TERRORISMO - La cittadinanza viene revocata ai condannati per reati di terrorismo.
- STOP ASILO DOPO DECISIONE COMMISSIONE - Esame immediato della domanda di protezione internazionale per i richiedenti che hanno in corso un procedimento penale per un reato che in caso di condanna definitiva comporterebbe il diniego della protezione. L'esame scatta per chi ha già una condanna anche non definitiva. In caso di diniego il richiedente deve lasciare l'Italia.
- SISTEMA SPRAR - Potranno accedervi solo i titolari di protezione internazionale e minori non accompagnati. Chi è già nel sistema vi rimarrà fino alla conclusione dei progetti.
- FINO A 4 ANNI PER CITTADINANZA - Si ampliano i termini (da 2 a 4 anni) per l'istruttoria della domanda di concessione della cittadinanza, che verrà concessa solo se si conosce l'italiano.
- LISTA PAESI SICURI - Esame accelerato delle domande di protezione per chi proviene dai paesi inseriti nella lista.
- BRACCIALETTO ELETTRONICO PER STALKER - Controllo con il braccialetto elettronico degli imputati per maltrattamenti in famiglia e stalking.
- CONTRATTI NOLEGGIO AUTO-CAMION A FORZE PS - Norma voluta dall'antiterrorismo per prevenire attentati con auto e camion contro la folla. I dati di chi stipula contratti di noleggio devono essere preventivamente comunicati alle forze di Polizia.
- TASER A VIGILI URBANI - Si prevede la sperimentazione della pistola a impulsi elettrici anche per i corpi di polizia municipale di tutti i capoluogo di provincia.
- DASPO URBANO - Si estende il Daspo per le manifestazioni sportive agli indiziati di terrorismo e si può applicare il Daspo urbano anche nei presidi sanitari e in aree destinate a mercati, fiere e spettacoli pubblici.
- STRETTA SU SGOMBERI - Sanzioni più severe per chi promuove od organizza l'occupazione di immobili (da 2 a 4 anni) e estensione dell'uso di intercettazioni nelle indagini nei loro confronti.
- ACCATTONAGGIO MOLESTO E PARCHEGGIATORI ABUSIVI - Introduzione del reato di 'esercizio molesto dell'accattonaggio (fino a 6 mesi che aumenta a 3 anni nel caso si impieghino minori) e sanzioni più aspre per i parcheggiatori abusivi: in caso di utilizzo di minori o di recidiva scatta l'arresto e si rischia un anno di carcere.
- SINDACI DECIDONO SU 'NEGOZIETTI ETNICI' - I primi cittadini potranno disporre, fino a 30 giorni, limitazioni agli orari di vendita degli esercizi commerciali interessati da "fenomeni di aggregazione notturna" anche in zone non centrali.
- DA SQUADRE PIU' SOLDI PER SICUREZZA STADI - Le società sportive dovranno versare più soldi per garantire la sicurezza negli stadi. La percentuale della vendita dei biglietti che dovrà essere destinata a questo scopo passa dall'1-3% al 5-10%.
Fonte: ansa del 28 novembre 2018

mercoledì 28 novembre 2018

IL “FATTO QUOTIDIANO” SCENDE IN CAMPO A DIFESA DI LUIGI DI MAIO: “IL CASO DI SUO PADRE NON E’ PARAGONABILE AI CASI DI MARIA ELENA BOSCHI E MATTEO RENZI - IL PUNTO VERO NON È CIÒ CHE HA FATTO PAPÀ DI MAIO AI LAVORATORI MA CIÒ CHE HA FATTO LUIGI - GRAZIE AL SUO RUOLO - PER IL PAPÀ O PER LA SUA AZIENDA. DA QUESTO PUNTO DI VISTA, ALMENO FINORA, LE SITUAZIONI SONO DIVERSE…”



Marco Lillo per il “Fatto quotidiano”

marco lilloMARCO LILLO

Di Maio ha annunciato che entro la fine dell' anno venderà, insieme alla sorella, la società Ardima Srl. Una scelta opportuna e non scontata che il Fatto aveva sollecitato ieri in un articolo basato su considerazioni ovvie. Finora grazie alle inchieste de Le Iene è emerso che l'azienda dei genitori del vicepremier ha usato tre o quattro lavoratori in nero 9 anni fa, quando Luigi Di Maio non era un politico e non aveva ruoli nell'impresa. Però il Fatto ha sottolineato ieri anche che l'azienda, in senso tecnico, cioé il complesso dei beni organizzati per fare impresa, è passato nel 2014 a Luigi e alla sorella.

boschi renziBOSCHI RENZI
Grazie alle perforatrici, alle betoniere, all'autocarro ma soprattutto grazie all'avviamento dell' azienda donata a Luigi e Rosalba Di Maio dai genitori, il capitale della Ardima Srl è salito di 80 mila euro. Poiché quel valore sarebbe stato creato anche grazie al lavoro nero del passato, Luigi Di Maio, pur non essendo provata una sua responsabilità diretta, deve cedere le quote. Questo avevamo scritto ieri. Però di qui a dire che, dal punto di vista dell'etica pubblica, Luigi Di Maio sia paragonabile a Maria Elena Boschi e Matteo Renzi ce ne corre.
RENZI BOSCHIRENZI BOSCHI

Il punto vero non è ciò che ha fatto papà Di Maio ai lavoratori ma ciò che ha fatto Luigi - grazie al suo ruolo - per il papà o per la sua azienda. Il punto non è se sia più grave il comportamento con i lavoratori di papà Renzi o di papà Di Maio ma ciò che ha fatto il papà di Di Maio per sé stesso, per i suoi amici o per la sua famiglia grazie al ruolo di Luigi.
Da questo punto di vista, almeno finora, le situazioni sono diverse.

pierluigi boschiPIERLUIGI BOSCHI
Matteo Renzi è stato assunto dall'azienda del padre e della madre nel 2003 alla vigilia della sua candidatura con certa elezione alla Provincia di Firenze. Grazie a quell'assunzione Matteo ha avuto 9 anni di anzianità contributiva e un tfr invidiabile a spese della provincia e poi del Comune con il giochino dei contributi figurativi pagati dall'ente locale mentre il presidente della Provincia poi eletto sindaco, restava in aspettativa nella società di famiglia. Quella furba assunzione permetterà a Matteo di andare in pensione 9 anni prima e gli ha già permesso di incassare decine di migliaia di euro sul conto per il TFR maturato dal 2004 al 2013.

lotti tiziano renziLOTTI TIZIANO RENZI
Veniamo al babbo: Tiziano Renzi, secondo quanto ha riferito ai pm Luigi Marroni, ha chiesto all' amministratore di Consip di aiutare il suo amico Carlo Russo che voleva entrare nel gran ballo delle gare. Tiziano Renzi nega ma i pm credono a Luigi Marroni. Bene. Tiziano non avrebbe potuto fare quella raccomandazione a Russo se non avesse avuto alle spalle la carica del figlio.

Finora nessun pubblico ufficiale ha descritto un tentativo simile del padre di Di Maio per far ottenere a sé, alla sua azienda o a quella di un suo amico un incontro o un vantaggio, grazie al peso del figlio. Non solo: Luigi Di Maio si è sottoposto alle domande delle Iene senza gridare al complotto e ha ammesso le colpe del padre. Mentre Matteo Renzi in privato nel 2016 non credeva al Babbo (che negava di ricordare di avere incontrato Alfredo Romeo) ma in pubblico non lo ha mai scaricato. Anche ora che i pm hanno finalmente scritto che 'probabilmente' quell' incontro tra il babbo e Romeo c'è stato a luglio 2015, Matteo non ha detto una parola critica sul padre.
Ghizzoni funerale MorattiGHIZZONI FUNERALE MORATTI

Anche Maria Elena Boschi, secondo l'allora numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni, gli chiese di comprare e quindi salvare la banca di cui il padre era vicepresidente.
Di Maio non ha chiesto a una grande società di comprare la Ardima di papà né ha partecipato a una riunione con un possibile acquirente. Mentre l' ex amministratore di Veneto Banca Vincenzo Consoli ha raccontato che il ministro Boschi fece capolino per pochi minuti a un incontro con i vertici di Banca Etruria e di Veneto Banca nella casa di famiglia nel 2014. Però non proferì parola. Un atteggiamento consigliabile anche oggi.

Fonte: Dagospia del 28 novembre 2018