domenica 26 aprile 2020

Coronavirus, in Africa mancano terapie intensive, ventilatori e il lockdown è inapplicabile. Così i 30mila casi (ufficiali) fanno paura. - Giusy Baioni

Coronavirus, in Africa mancano terapie intensive, ventilatori e il lockdown è inapplicabile. Così i 30mila casi (ufficiali) fanno paura

I letti in intensiva vanno dai 3mila del Marocco, 2.500 dell’Algeria e mille del Sudafrica ai 15 di Burkina Faso e Somalia. In molti Paesi i macchinari per la respirazione assistita sono meno di dieci. I governi attuano la serrata, ma è una misura difficile da imporre con la maggior parte dell’economia che è informale, i lavori alla giornata e stipendi, contratti e tutele statali inesistenti.
Quasi 30mila casi, più di 1.300 morti: sono le cifre che provengono dall’Africa. O perlomeno le cifre ufficiali. Ben poca cosa rispetto ai numeri del resto del mondo. Tuttavia, qui più che altrove, non v’è certezza alcuna sui numeri reali della pandemia. Quello che è noto, invece, è la mancanza delle terapie intensive e dei ventilatori polmonari. Ma anche qui, senza certezze: i numeri sono aleatori, tanto che alcuni giorni fa la stessa direttrice dell’Oms per l’Africa, Matshidiso Moeti, ha lanciato l’allarme, deplorando la mancanza di informazioni attendibili.
La rivista Jeune Afrique ha tentato di calcolare i numeri delle terapie intensive e dei respiratori: c’è una grande disparità fra i pochi paesi che dispongono di un numero decente di presidi e i molti che invece non hanno quasi nulla. I letti di terapia intensiva vanno dai 3mila del Marocco, 2.500 dell’Algeria e mille del Sudafrica ai 15 di Burkina Faso e Somalia, con diversi altri Paesi che ne hanno sotto i 100. Ancora peggiore la situazione dei respiratori: 3 per tutta la Repubblica Centrafricana, 4 in Togo (ma ne sono stati ordinati 250), 5 in Niger, 10 in Congo Brazzaville, 11 in Burkina Faso, fra i 15 e i 20 in Camerun. In tutta la Sierra Leone, secondo il Financial Times, ce ne sarebbe uno solo. Qualche decina in altri Paesi, per poi trovarne 2.500 in Algeria, 3mila in Marocco e ben 6mila in Sudafrica, 4mila dei quali in mano però nella sanità privata.
I numeri sono ancora più drammatici se si considera che diversi di questi Paesi hanno focolai attivi piuttosto rilevanti. Nell’Africa settentrionale e nel Sud sono concentrate le situazioni peggiori: circa 4mila casi in Sudafrica, Egitto e Marocco, pochi meno in Algeria. Ma hanno superato i mille casi Camerun e Ghana. Oltre 900 contagi in Tunisia, più di mille in Costa d’Avorio e anche nella piccola Gibuti, dove potrebbe aver inciso la presenza di basi militari straniere, fra cui la prima base navale cinese nel continente.
In molti altri paesi i numeri restano sotto controllo, in genere qualche decina. Poche unità si segnalano in MauritaniaBurundiSao Tomè e Sud Sudan. Zero casi, per ora, solo nelle isole Comore e nel piccolo Lesotho, dove è stato comunque dichiarato lo stato di emergenza per due settimane, data la posizione geografica nel mezzo del Sudafrica.
Le misure intraprese dai vari governi sono quasi ovunque molto rigide e puntano sulla prevenzione. Il lockdown, unica prevenzione efficace, è stato dichiarato quasi ovunque, con la consapevolezza però che misure come quelle cinesi o europee non sono proponibili in un continente dove la maggior parte dell’economia è informale, i lavori alla giornata, stipendi e contratti inesistenti, tutele statali pure. Impensabile imporre di “restare a casa” nelle baraccopoli, dove la “casa” è solo un luogo coperto in cui dormire. Impensabile imporre di non uscire dove non esistono frigo per conservare gli alimenti e il cibo va comprato fresco ogni giorno. Vietate quasi ovunque invece le celebrazioni religiose, sia nei paesi a maggioranza cristiana che in quelli musulmani. Basti dire che l’unico luogo dove si è celebrata la Pasqua con messe affollate di fedeli è stato il Burundi, che ufficialmente è fermo a 8 casi.
Le forti restrizioni decise dal governo sudafricano, che ha imposto chiusure draconiane provocando lo stop del commercio informale, stanno già provocando problemi di ordine pubblico, saccheggi dei supermercati, rivolte sociali duramente represse. Ogni giorno, oltre al bollettino dei contagi, arriva quello degli arresti. Per evitare tali rischi, il governo del Senegal ha optato per un modello ibrido, con il coprifuoco dalle 20 al posto del lockdown: attività commerciali aperte, ma alla sera tutti a casa.
Diversi Paesi stanno adottando come farmaco la clorochina, antimalarico abbondantemente disponibile e a prezzo contenuto. Si sta inoltre estendendo l’obbligo di mascherine e laddove mancano i presidi supplisce il fai-da-te in coloratissimi wax (la tipica stoffa africana), ma anche in foglie o vimini intrecciati. Non manca chi raccoglie per strada le mascherine usate, le lava bene con acqua e sapone e le riutilizza o le rivende.
Di altro tenore l’impegno degli atenei africani: molti laboratori universitari hanno avviato la produzione di gel idroalcolici, mentre altri si sono dedicati alla produzione di mascherine e soprattutto visiere per il personale medico con le stampanti 3D. In Marocco e Tunisia diverse fabbriche si sono rapidamente riconvertite per produrre mascherine e respiratori.
E se diversi cantanti hanno lanciato nuovi brani di sensibilizzazione sul Covid-19, anche molti leader politici si stanno esponendo in prima persona sui social per sponsorizzare le misure di prevenzione: Alpha CondéFélix TshisekediMohammed VIAlassane OuattaraPaul Kagame mostrano come lavarsi le mani e invitano a portare la mascherina in luoghi affollati. Di contro, il presidente malgascio Andry Rajoelina ha appena annunciato la creazione di una mistura a base di artemisia in grado di prevenire e sconfiggere il coronavirus: “È un rimedio a base di piante officinali locali. Dà risultati in 7 giorni”. Che il Madagascar sia terra unica per biodiversità è noto, ma l’Oms si è affrettata a dichiarare che ad oggi non esistono evidenze scientifiche che tale preparato sia efficace.

sabato 25 aprile 2020

Uguaglianze e disuguaglianze.


Redditi, si allarga la forbice tra ricchi e poveri: in Italia ...











A leggere i titoli di alcuni giornali di tendenza destroide, si avverte un falso allarmismo oltremodo inusitato.
Il fatto che questo governo voglia fare pulizia della corruzione, fa scattare negli scribacchini la paura che tutto ciò che era, potrebbe non essere più possibile, quindi, si attiva in loro una molla che gli fa prendere lucciole per lanterne.
Per cui, se un male intenzionato attinge ad un tipo di aiuto statale, come i reddito di cittadinanza, o ai 600 euro di bonus messi a disposizione dal governo e, nel frattempo, ottiene anche un cospicuo bonifico sul c/c, e, se scoperto, rischia di essere sanzionato, per loro scatta l'abuso di potere da parte del fisco.
A me pare normale e naturale che ciò avvenga, ma ciò che per me e per la giustizia è normale e naturale, non lo è per chi è abituato ad abusare di ciò che non gli spetta, pur non avendone bisogno o diritto, poiché gli bastava avere le conoscenze giuste e allungare qualche mazzetta...per attingere alla manna che cola dagli alberi!
Bisognerebbe spiegare loro che, mentre il fisco prima controllava e sanzionava solo noi poveri mortali, ora controlla anche loro.
FINALMENTE, dico io!!!!
Io li sanzionerei anche per aver creato, in controtendenza a quanto sancito dalla Costituzione all'art. 3, 2° capoverso:
- "E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." -
quelle differenze sociali e pecuniarie che hanno di fatto posto una barriera invalicabile tra le loro e noi in termini di diritti e doveri.

Cetta.

Lombardia: i pazienti ex Covid continuano a essere trasferiti oggi. - Maddalena Oliva, Valeria Pacelli e Natascia Ronchetti

Lombardia: i pazienti ex Covid continuano a essere trasferiti oggi

Succede nel Bresciano come a Pavia: "Le Ats chiamano ogni giorno per capire se possiamo accogliere malati."
Al Santa Margherita di Pavia, istituto di riabilitazione e di cura geriatrica, nelle settimane scorse sono arrivati a contare fino a 20 contagiati, tra i circa 200 anziani ricoverati. La situazione ora sta piano piano rientrando, ma il telefono dell’istituto continua a squillare. “È l’Ats che chiama tutti i giorni”, racconta Maurizio Niutta, direttore amministrativo del Santa Margherita. “Monitorano le strutture del territorio per verificare se le nostre condizioni, essendo migliorate, sono idonee a ricevere pazienti Covid sulla base della delibera dell’8 marzo. Ma qui noi, voglio chiarirlo subito, non abbiamo avuto né ordini né pressioni…”. È Priamo, la piattaforma digitale della Regione che collega ospedali a territorio, che “smista” il traffico dei pazienti.
“Online è visibile tutto il percorso di un paziente, anche di quelli Covid: da quando è dimissionabile dall’ospedale a quando può tornare a casa”, spiega, a qualche centinaio di chilometri di distanza, nel Bresciano, Luca Magli, presidente della casa di riposo di Orzinuovi, Orzivecchi e Barbariga (tre sedi e 190 anziani). “I malati Covid noi non li abbiamo presi: mi sono sempre opposto. Ma – racconta – abbiamo dato piena disponibilità ad accogliere i pazienti ex Covid dimessi dagli ospedali, che non possono ancora rientrare a casa. Due giorni fa i militari russi hanno sanificato tutte le Rsa della zona, e così li abbiamo presi: sono già arrivati 4-5 pazienti”. I pazienti ex Covid dimessi dagli ospedali e che non possono ancora rientrare nelle proprie abitazioni continuano quindi a essere trasferiti nelle Rsa. Sono i cosiddetti “clinicamente guariti”, come indicati da delibera regionale del 23 marzo. “Per noi la condizione ovviamente – precisa Magli – è che tali pazienti abbiano il doppio tampone negativo, ma per noi è un dovere etico e morale accoglierli. Li ‘segregheremo’ in una struttura apposita, ma non possiamo girarci dall’altra parte…”.
Per la Regione restano sempre 147. Ma – come abbiamo raccontato ieri nella nostra inchiesta – i conti non tornano. Tanto più se, per quello che riguarda i pazienti ex Covid, i trasferimenti dagli ospedali alle Rsa stanno proseguendo. Dalla Regione non vogliono commentare. Anche se sono in molti a far notare, ultimamente, una certa ritrosia da parte dell’assessore al Welfare e Sanità, Giulio Gallera, attorniato da un cerchio ristretto di collaboratori che un po’ velenosamente qualcuno definisce “il giglio tragico”, e pressoché sparito dalle scene. Gallera stesso, due giorni fa, si era fatto sfuggire in un’intervista a 7Gold che “le Rsa sono enti gestiti da soggetti privati o da fondazioni, quindi che non avevano capacità di affrontare la gestione dei pazienti Covid”. Eppure, passano i giorni, ma la confusione – nel rimpallo generale di responsabilità, e tra le polemiche (e le indagini della magistratura) – aumenta. Ecco perché, visto quanto raccontato dal Fatto sulle Rsa dall’inizio dell’emergenza, abbiamo posto a Regione Lombardia 10 domande sul tema dei trasferimenti e della nostra inchiesta. Aspettiamo fiduciose.
1. È stata Regione Lombardia, con la delibera dell’8 marzo, a chiedere la facoltà a Rsa con determinate condizioni (strutture separate e personale dedicato) di accogliere i pazienti Covid “a bassa intensità”. A oggi di quanti pazienti si tratta?
2. È da inizio aprile che Regione Lombardia parla di “147 pazienti accolti in 15 strutture”. Abbiamo chiesto quotidianamente aggiornamenti alla Regione su questo numero. La risposta è sempre stata 147. Come è possibile che, a distanza di giorni, questo numero sia invariato?
3. Dei 147 pazienti che per Regione Lombardia sono stati trasferiti nelle Rsa, ve ne sono alcuni deceduti? Quanti?
4. Quanti pazienti ex Covid “clinicamente guariti”, ossia che non hanno più i sintomi ma che potrebbero continuare ad avere una carica virale, sono stati trasferiti negli hospice, in seguito alla delibera del 23 marzo?
5. I pazienti ex Covid sono sottoposti a doppio tampone prima di essere trasferiti? Se sì, quando è iniziata questa procedura?
6. Da quando i tamponi vengono effettuati, Ats per Ats, nelle Rsa a degenti e a operatori?
7. Regione Lombardia ha assicurato che il trasferimento dei pazienti nelle Rsa non è mai avvenuto in presenza di “contaminazioni”. Si è detto anche che “sono le Ats ad avere il compito di sorvegliare sulle condizioni delle strutture che hanno accolto pazienti”. C’è stata una verifica da parte della Regione sulle Ats per capire se questo è avvenuto?
8. Come hanno fatto le Ats a verificare che nelle Rsa ci fossero o meno già casi positivi al Covid, se i tamponi in molte Rsa ancora oggi non sono stati eseguiti?
9. Diverse Rsa denunciano di aver subito “pressioni”, “fino a venti telefonate al giorno dalle Ats” per accettare pazienti Covid o ex Covid dimessi. Regione Lombardia ne è a conoscenza? Come risponde?
10. Alla luce di quanto sta emergendo, Regione Lombardia ha intenzione di continuare a inviare pazienti alle Rsa?

Maledetto Antonio - Marco Travaglio

Panorama annuncia: Padellaro lascerà la direzione del 'Fatto'. Al ...
Caro Antonio (ma dovei dire maledetto Antonio, visto che questa condanna della direzione me l’hai inflitta tu, cinque anni fa, con tutte le pene accessorie), il tuo smarrimento è anche il mio. Anche se ti confesso che l’altra sera, preso com’ero a capire se nel vertice europeo avesse perso Conte (come sostenevano i patrioti Salvini&Meloni) o avesse vinto Macron (come sostenevano i patrioti Innominabile&Boschi), mi son perso l’imperdibile nota sul giro di direttori in casa Gedi, che peraltro mi ha sempre fatto pensare a un personaggio del bar di Guerre Stellari.
Sì, nel nostro piccolo siamo fortunati e lo sono anche i nostri lettori. Che ci conoscono da almeno 10 anni, o addirittura da prima, quando il Fatto non esisteva, ma noi già facevamo danni qua e là. E ci prendono per quello che siamo: una ciurma di bucanieri e gianburrasca che si divertono a scovare notizie e a rompere i coglioni a chiunque lo meriti, senza prendersi troppo sul serio anche quando conducono battaglie molto serie.
Sanno chi siamo, coi nostri pregi e i nostri difetti, i nostri meriti e i nostri errori, senza mai intravedere dietro di noi Qualcuno che – da palazzi o terrazze o salotti o logge o partiti o banche o cantieri o aziende o multinazionali o paradisi fiscali – ci dica cosa scrivere e cosa non scrivere. E senza mai temere che un giorno arrivi un nuovo padrone a imporci la sua “linea”. Snaturando la nostra.
Ed è un bel fardello di responsabilità, perché tutto quel che esce sul Fatto, nel bene e nel male, è farina del nostro sacco: merito nostro o colpa nostra. È il nostro modo – lo dico sottovoce per non indulgere alla retorica né perdere il senso della misura – di onorare quella Costituzione che abbiamo scelto come unica linea politica nell’editoriale che tu firmasti sul nostro primo numero, il 23 settembre 2009. Quella Costituzione di cui oggi, 25 Aprile, festeggiamo i genitori: i partigiani della Liberazione.
Io sono sempre stato un solista e non ho mai pensato di fare il direttore, né ho mai brigato per farlo. Ma riesco a farlo, da dilettante del ramo, soltanto grazie al fatto che il nostro editore siamo noi e i lettori: se ricevessi ordini da ectoplasmatiche “cornurbazioni di dividendi”, non ce la farei proprio a obbedire, portato come sono a fare l’esatto contrario di quel che mi viene detto. Quindi ringrazio i lettori e gli abbonati di averci mantenuti in salute e in grazia di Dio. E la cosiddetta “concorrenza” di spalancarci oceani di conformismo, censura e autocensura da solcare col nostro vascello corsaro.
Pensa, Antonio, che – te lo sussurro all’orecchio, per scaramanzia – in queste settimane di arresti domiciliari al 41-bis per tutti gli italiani, le nostre vendite in edicola sono persino aumentate, abbiamo raccolto 12 mila nuovi abbonamenti digitali e le lettere al Fatto si sono moltiplicate per dieci. Un premio a tutta la redazione e ai collaboratori che lavorano in condizioni difficili, spesso proibitive.
Fra pochi giorni annunceremo importanti novità in casa nostra, che riguardano il giornale, la sua veste grafica e una serie di nuove iniziative per affrontare il mondo nuovo post-Covid all’insegna di una vera normalità, cioè di un autentico cambiamento, onde evitare che qualcuno ci riporti alla falsa normalità di prima, quando di normale accadeva ben poco.
In questi momenti di disorientamento, mi capita spesso di immaginare che cosa direbbe Indro Montanelli se fosse vivo. Così apro a caso uno dei suoi libri, o vado sul sito della Fondazione Montanelli che ogni giorno distilla una sua perla, e trovo compagnia.
E, a proposito di cambi di direzione, mi sono imbattuto nel suo commiato a noi redattori del Giornale l’11 gennaio 1994, quando ci annunciò che se ne sarebbe andato a fondare La Voce per le intromissioni di B. prossimo alla discesa in campo: “È un po’ tardi, ma alla fine mi sono convinto che di padroni non bisogna averne. Perché, anche quando cominciano bene, finiscono male… La libertà, che non consiste nell’avere un padrone giusto, ma nel non averne alcuno”.

IL COVID-19 SCOMPARIRÀ DA SOLO A BREVE! (Luc Montagnier - premio Nobel e scopritore dell'HIV)



Sapremo mai la verità?

venerdì 24 aprile 2020

Coronavirus, mascherine senza certificazioni sequestrate a Milano in 12 farmacie. Lodi, denunciato venditore per ricarico del 700%.

Coronavirus, mascherine senza certificazioni sequestrate a Milano in 12 farmacie. Lodi, denunciato venditore per ricarico del 700%

Continuano le speculazioni sui dispositivi di protezione individuale che sono necessari per arginare l'epidemia e saranno indispensabili nella fase 2 del lockdown. Le forze dell'ordine sono impegnate da settimane a vigilare e continuano i sequestri di materiale illegale o venduto a prezzi esorbitanti.
Continuano le speculazioni sui dispositivi di protezione individuale che sono necessari per arginare l’epidemia di Sars Cov 2 e saranno indispensabili nella fase 2 del lockdown. Le forze dell’ordine sono impegnate da settimane a vigilare e continuano i sequestri di materiale illegale o venduto a prezzi esorbitanti. Erano senza certificazioni, quindi illegali e chissà se non addirittura pericolose, le oltre 240.000 mascherine sequestrate dai finanzieri del Comando provinciale di Milano, in parte in dodici farmacie milanesi (oltre 30mila) e in parte nel magazzino di una società fornitrice.
Coronavirus, a Lodi sequestro di mascherine: rincari del 700 per cento
Volume 90%
I militari sono risaliti, poi, alla catena di distribuzione individuando il fornitore dei dispositivi di protezione individuale in una società di Milano, che opera nel settore della grande distribuzione farmaceutica, che le aveva importate dalla Cina e messe in vendita senza aver prima provveduto agli adempimenti finalizzati a garantire la sicurezza e l’adeguatezza dei dispositivi. Nel magazzino della società sono state sequestrate quasi 210.000 mascherine. Il responsabile della cooperativa di farmacie e il rappresentante legale della società fornitrice ed importatrice sono stati denunciati alla Procura di Milano.
Erano invece tutti conformi i dispositivi venduti dal titolare di una società operante in provincia di Milano, a Segrate e a Pioltello, che le vendeva effettuando “una rilevante speculazione sui prezzi di vendita”. L’uomo è stato denunciato dalla Guardia di finanza di Lodi.
“La percentuale di ricarico, in alcuni casi, ha raggiunto anche il 700% rispetto al normale valore di mercato – ha precisato la Finanza – Guanti e camici mono uso e le famigerate mascherine sia chirurgiche sia di tipo Ffp1, Ffp2 e Ffp3 tutti conformi alla norma tecnica di riferimento, sono state poste in vendita con smisurati aumenti percentuali di prezzo, senza alcuna giustificazione tanto che il titolare dell’azienda, B.R. di anni 58 anni, è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Milano, per violazione dell’articolo 501 bis del Codice Penale: “Manovre speculative sulle merci”. Le Fiamme gialle hanno sequestrato 500mila dispositivi di protezione. Proprio in tema di speculazioni ieri i carabinieri di Bari hanno denunciato in stato di libertà la titolare di un negozio autorizzato alla vendita di mascherine poiché erano state messe in vendita, in quest’ultimo periodo, con una percentuale di ricarico pari al 129%.
Negli ultimi giorni, nel corso di tre distinte attività investigative, le Fiamme gialle hanno sequestrato 21mila mascherine protettive, riportanti indebitamente il marchio CE o vendute, in maniera ingannevole, come dispositivi di protezione individuale. Le indagini hanno interessato un produttore, un importatore e un distributore dei dispositivi nonché una rivendita al dettaglio tra Montesilvano, Pescara, Manoppello Scalo e Lettomanoppello. Le mascherine, molte delle quali in poliuretano, recavano la marcatura CE pur essendo prive della prevista certificazione, non essendo mai stata conseguita dal produttore e dall’importatore. Inoltre, la maggior parte dei prodotti veniva pubblicizzata per la vendita, tramite brochure e video su siti internet, traendo in inganno gli ignari consumatori, convinti di acquistare veri e propri Dispositivi di Protezione Individuale efficaci con marcatura CE, mentre in realtà compravano dei semplici copri bocca.
“Le mascherine sono un bene prezioso e come avviene quando la domanda schizza e l’offerta è limitata, il prezzo si forma a un valore elevato. Credo sia necessario e doveroso – aveva detto appena ieri il capo della Protezione civile Angelo Borrelli – e questa è una scelta politica, prevedere un prezzo massimo per tipologia di mascherine per evitare fenomeni speculativi.”
“Da cittadino aggiungo che sono fenomeni speculativi altamente deprecabili e biasimevoli“, ha aggiunto il presidente del Consiglio superiore della sanità Franco Locatelli.

Sì alla fiducia sul Cura Italia, le misure: dallo stop ai mutui al bonus baby sitter.

Una deputata in Aula con la mascherina © ANSA
Una deputata in Aula con la mascherina.

Il voto finale sul decreto legge da 25 miliardi di euro è previsto nel pomeriggio.

La Camera conferma la fiducia al governo sul decreto legge Cura Italia. I voti a favore sono stati 298, 142 i contrari, due gli astenuti.
Il voto finale sul provvedimento è previsto nel pomeriggio. 
Il decreto Cura Italia è lo strumento con cui, a metà marzo, il governo ha stanziato 25 miliardi per il contrasto al coronavirus, intervenendo su: potenziamento del Sistema sanitario, sostegno all'occupazione e ai lavoratori, supporto al credito per famiglie e pmi, sospensione degli obblighi fiscali. Molte delle misure, adottate per coprire la falla provocata dall'emergenza sanitaria, sono state poi riprese e modificate nei successivi decreti. Da un punto di vista politico, il percorso parlamentare del Cura Italia ha messo in piazza la rottura della fragile 'unità nazionale' che ha caratterizzato le prime ore dell'emergenza. In mancanza di un accordo fra maggioranza e opposizione, e per velocizzare i tempi, il governo ha chiesto la fiducia anche alla Camera dopo averla posta al Senato in prima lettura. Il provvedimento si avvia così al voto finale in Parlamento. Questi alcuni degli interventi principali.
- SANITA': il decreto ha individuato le coperture per 20 mila assunzioni nel Sistema sanitario nazionale, ha stanziato risorse per gli straordinari, ha finanziato l'aumento dei posti letto in terapia intensiva e ha fatto sì che per combattere l'emergenza fossero messi a disposizione anche personale, locali e apparecchiature delle strutture private.
- MUTUI: possono chiedere la sospensione del mutuo per la prima casa i lavoratori dipendenti, autonomi e i professionisti che abbiano subito forti ripercussioni di stipendi e entrate.
- BONUS BABY SITTER: per i genitori è previsto l'incremento di 15 giorni del congedo parentale retribuito al 50%. In alternativa, è previsto un bonus per i servizi di baby-sitting, nel limite di 600 euro.
- BONUS AUTONOMI: indennizzo di 600 euro per i lavoratori autonomi e le partite Iva.
- REDDITO ULTIMA ISTANZA: è stato istituito un fondo per il reddito di ultima istanza per tutti gli esclusi dall'indennizzo di 600 euro.
- CASSA INTEGRAZIONE: con uno stanziamento di 4 miliardi di euro, la Cassa integrazione in deroga è stata estesa all'intero territorio nazionale (inizialmente era per le sole zone rosse), per tutti i dipendenti, di tutti i settori produttivi. Anche le aziende con meno di 5 dipendenti possono ricorrere alla cassa integrazione guadagni in deroga. - PMI: Potenziato di 1,5 miliardi il Fondo Centrale di Garanzia per le Pmi. L'obiettivo è fornire garanzie per oltre 100 miliardi di finanziamento alle imprese. La garanzia è dell'80% per i prestiti fino a 1,5 milioni. Al di sopra di quell'importo, la percentuale viene modulata.
- FISCO IN STANDBY: è stabilito il differimento delle scadenze e la sospensione dei versamenti fiscali e contributivi per tutte le imprese di piccola dimensione, per i professionisti e per gli autonomi.
- RICONVERSIONE: stanziati 50 milioni di euro per sostenere le aziende che vogliono ampliare o riconvertire la propria attività per produrre ventilatori, mascherine, occhiali, camici e tute di sicurezza.
- SCUOLA DIGITALE: incrementate le risorse per il 2020 del Fondo per l'innovazione digitale e la didattica, per l'acquisto di piattaforme e strumenti digitali da parte delle scuole e per mettere a disposizione degli studenti i dispositivi digitali.
- STRAORDINARI FORZE DELL'ORDINE: stanziati oltre 100 milioni di euro per il pagamento degli straordinari per polizia, Forze armate, polizia penitenziaria, Vigili del Fuoco.