Il testo - La maggioranza d’accordo su una legge “inattaccabile” che leghi le mutate esigenze antivirus al nuovo pronunciamento dei magistrati di sorveglianza.
Giorni fittissimi di confronto fra i tecnici del ministero della Giustizia e il decreto voluto da Alfonso Bonafede per provare a far tornare in carcere boss e loro gregari, finiti ai domiciliari in tempo di coronavirus, è in dirittura di arrivo. Forse già oggi in un consiglio dei ministri straordinario o domenica se ci sarà il consiglio dei ministri sul “Decreto rilancio”.
Il sigillo di tutta la maggioranza è stato messo poco prima delle 22 di ieri sera dopo una riunione di un paio d’ore in videoconferenza. Mai c’era stato un vertice così disteso, specie in tema di Giustizia. Basti pensare alle riunioni sula prescrizione sempre sull’orlo della rottura.
In collegamento ci sono il sottosegretario Andrea Giorgis, Walter Verini e Franco Mirabelli per il Pd, Piero Grasso e Federico Conte per Leu e Lucia Annibali per Iv. I renziani di Italia Viva hanno provato a porre qualche cavillo, ma almeno su questo provvedimento, che avviene dopo 376 scarcerazioni decise da giudici per l’emergenza Covid-19, il governo vuole dare un segnale univoco.
Tutti d’accordo sulla necessità di questo decreto e tutti attenti a che non violi il principio costituzionale dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura. Ecco perché il testo definitivo non c’è ancora, si sta limando riga per riga.
Durante la riunione è emerso che il testo avrà due direttive principali. Si vuole coniugare la volontà di far tornare dentro i boss e i gregari ma non si vuole andare contro la magistratura.
Ai magistrati competenti viene chiesta la rivalutazione perché si è nella cosiddetta fase 2 e i numeri dei contagi per coronavirus sono in calo. Tra i provvedimenti degli ultimi due mesi, la maggior parte sono stati presi dai giudici che hanno considerato troppo alto il rischio di contagio in strutture carcerarie per detenuti già malati per altre patologia. Quando si troveranno a dover riesaminare questi provvedimenti (o si troveranno di fronte a istanze nuove) c’è una novità che sarà contenuta nel decreto: il coinvolgimento decisamente maggiore del Dap, il dipartimento affari penitenziari che dovrà indicare quali sono i circuiti carcerari-sanitari consoni affinché sia coniugato il diritto alla salute dei detenuti a regime speciale (41 bis e alta sicurezza) e quello della sicurezza per i cittadini.
Al Fatto risulta che il ministro Bonafede abbia già parlato con Domenico Arcuri, Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, affinchè vengano individuate nuove strutture sanitarie che possano funzionare da reparti di medicina protetta come l’ospedale di Viterbo o il Pertini di Roma in grado di accogliere detenuti per mafia. È un modo, questo, perchè sia sempre possibile per il giudice, in caso di necessità di cure per il detenuto, fornire una soluzione diversa dai domiciliari. Il decreto, dunque, dovrebbe arrivare prima che Bonafede vada alla Camera, martedì, per una informativa su quanto successo intorno alle scarcerazioni. Il decreto che sta per essere varato, il ministro lo aveva annunciato mercoledì scorso alla Camera dove era andato per riferire sulla mancata nomina di Nino Di Matteo a capo del Dap, nel giugno 2018. È stata la sua risposta al centro-destra che lo ha accusato di essersi piegato alla mafia (in Senato, il centro-destra, ricompattato per l’occasione, ha comunque, presentato una mozione di sfiducia individuale contro il Guardasigilli). Il ministro, in Aula per un question time sulla vicenda Di Matteo, ha però lanciato un affondo: “Invito tutti a fare un’operazione di verità, che nella lotta alla mafia è fondamentale. È totalmente infondato il collegamento”tra i fatti relativi alla mancata nomina di Di Matteo al Dap nel 2018 e le scarcerazioni, frutto di decisioni di magistrati che hanno applicato leggi che nessuno aveva mai modificato fino al decreto approvato la scorsa settimana da questo governo, con il quale si stabilisce che, rispetto alle istanze di scarcerazione, è obbligatorio il parere della Dna e delle Dda”.
Lo stesso Bonafede ha confermato che con l’arrivo del vice capo Dap Roberto Tartaglia, il 2 maggio, è subito partita una circolare ai direttori delle carceri in modo che il Dipartimento fosse informato da loro su “qualsiasi istanza” di detenuti mafiosi . Contemporaneamente queste informazioni le deve ricevere anche la procura nazionale antimafia
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