Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
martedì 23 febbraio 2021
Gli scienziati hanno trovato un portale per la quinta dimensione, dicono. - Simone Cosimi
Secondo un nuovo studio la materia oscura può essere il frutto dei fermioni spinti, e bloccati, in una quinta dimensione.
Che cos’è la materia oscura? Si tratta, almeno per i cosmologi, di un’ipotetica componente che, al contrario di tutto ciò che conosciamo, non emetterebbe radiazione elettromagnetica e dunque sarebbe rilevabile solo in modo indiretto. Ad esempio tramite i suoi effetti gravitazionali. Dovrebbe costituire quasi il 90% della massa dell’universo. In un nuovo studio un gruppo di scienziati afferma ora di poterla spiegare ipotizzando una particella in grado di collegarsi alla quinta dimensione, sorta di dimensione parallela dove i parametri (appunto, le dimensioni) superano di gran lunga quelle di altezza, larghezza e profondità per come le conosciamo.
La ricerca, pubblicata nell’Europea Physical Journal C, sarebbe la prima – spiega Popular Mechanics – a utilizzare in modo coerente una teoria introdotta nel 1999 per spiegare l’enigma della materia oscura all’interno del campo della teoria delle particelle. Si tratta della teoria nota come modelli di Randall-Sundrum, descrizioni del mondo in termini di un universo ad alta dimensione a geometria deformata, o più concretamente come uno spazio anti-de Sitter a cinque dimensioni in cui le particelle elementari sono appunto localizzate su una brana a-dimensionale o brane. A sua volta una tesi che si ricollega alla teoria delle stringhe che interpreta l’universo come una specie di “sandwich” tridimensionale immerso in iperspazio a undici dimensioni.
La nostra conoscenza dell’universo fisico è condannata ad affidarsi all’idea della materia oscura, che come dicevamo ne occuperebbe la parte preponderante e ci consentirebbe di spiegare il funzionamento della gravità per il semplice fatto che senza questa sorta di “infrastruttura” di sostegno nascosta molte teorie crollerebbero. Ciononostante la materia oscura non compromette le particelle che vediamo e sentiamo, “e questo significa che deve avere altre proprietà speciali”. Ci sono per esempio, raccontano gli scienziati spagnoli e tedeschi, alcune domande a cui il modello standard della fisica non riesce a rispondere: “Uno dei più significativi esempi è il cosiddetto problema della gerarchia, cioè la questione per cui il bosone di Higgs sia più leggero” della massa di Planck. “La fisica teorica non riesce poi a risolvere altri fenomeni che osserviamo. E uno dei più evidenti è l’esistenza della materia oscura”.
Il nuovo studio tenta dunque di spiegarne l’esistenza attraverso l’uso di un modello basato sulle teorie descritte prima: “Gli scienziati hanno studiato le masse dei fermioni che ritengono possano comunicare con la quinta dimensione attraverso dei portali, creando quindi della materia oscura fermionica all’interno di quello spazio". Cosa sono i fermioni? Prendono il nome da Enrico Fermi e sono l’altro lato dei bosoni, cioè una delle due famiglie fondamentali in cui si dividono le particelle (quest'ultime sono particelle-forza, le altre particelle-materia). Hanno spin – cioè un momento angolare intrinseco - semintero e sono sempre dotati (al contrario dei bosoni come fotoni o gluoni) di massa visto che di fatto tutta la materia conosciuta e rilevabile è costituita da fermioni (quelli fondamentali sono i quark, come protoni e neutroni, e i leptoni, come gli elettroni). Rispondono al principio di eslcusione di Pauli, che è un principio seminale della meccanica quantistica secondo cui due fermioni identici non possono occupare simultaneamente lo stesso stato quantico.
Questi fermioni in grado di comunicare fra le diverse dimensioni potrebbero almeno spiegare parte della materia oscura che gli esperti non sono in grado di osservare: “Sappiamo che non esiste un candidato a spiegare la materia oscura praticabile nel modello standard della fisica", dicono gli scienziati,"quindi già questo fatto richiede la presenza di nuova fisica". Dunque secondo l’indagine masse di fermioni riuscirebbero a manifestarsi nella quinta dimensione e lì rimanere bloccati, sfuggendo a ogni misurazione a nostra disposizione almeno relativa al modello standard che infatti riesce a descrivere tutte le particelle che conosciamo, e non le altre.
Come osservare questo tipo di materia è il problema di tutte le teorie che hanno tentato di postularne l’esistenza. Ma tutto ciò che serve per identificare la materia oscura fermionica in una quinta dimensione deformata sarebbe un dispositivo paragonabile al rivelatore di onde gravitazionali. Che potrebbe appunto svelarci, su un diverso livello superiore a geometria deformata, la presenza di quelle stesse particelle che conosciamo.
domenica 21 febbraio 2021
È anche la prescrizione ad allungare i processi. - Piercamillo Davigo
Il lettore Salvatore Griffo domanda: “Per quale ragione la riforma della prescrizione del ministro Bonafede determinerebbe processi ‘infiniti’ come sostenuto dai politici che vorrebbero abolirla per tornare al sistema precedente? Ma, prima della sciagurata riforma del governo Berlusconi, la durata dei processi era così lunga?”. È necessario chiarire bene che cos’è la prescrizione penale in Italia. L’art. 157 del codice penale (come modificato dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, detta “ex Cirielli” perché l’on. Cirielli, che l’aveva proposta, chiese di non chiamarla più con il suo nome) stabilisce: “La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria”.
La prescrizione decorre dalla consumazione del reato e non da quando la notizia di questo reato perviene all’autorità giudiziaria. Per esempio, in materia di reati fiscali, poiché di frequente gli accertamenti vengono fatti dagli uffici finanziari dopo cinque anni dalla commissione, le notizie di reato pervengono quando gran parte del termine è decorso, anche se i termini sono prolungati di un terzo. Il compimento di determinati atti (sentenza di condanna, ordinanza cautelare personale, interrogatorio e altri) interrompe il decorso della prescrizione, che poi ricomincia a decorrere, ma il termine complessivo non può superare quello iniziale aumentato di un quarto. Questa, insieme ai criteri di priorità, spiega perché molte prescrizioni maturano in fase di indagini preliminari. In quasi tutti gli Stati la prescrizione è un istituto di natura processuale e non sostanziale e smette di decorrere con l’inizio del processo. Anche in Italia, nel processo civile la prescrizione cessa di decorrere con l’inizio del processo. La Corte di giustizia dell’Ue ha ritenuto che il precedente sistema di prescrizione penale italiano contrasti col diritto comunitario e consentito solo per il tempo anteriore alla direttiva 2017/ 1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, perché impedisce l’adozione di sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate su gravi frodi dell’Iva. I fautori del ritorno alla prescrizione che decorre durante le impugnazioni sostengono che il suo blocco farebbe durare all’infinito i processi. È vero il contrario. Anzitutto esistono reati imprescrittibili: quelli puniti con la pena dell’ergastolo anche per effetto di circostanze aggravanti. Se fosse fondata la tesi che la prescrizione accelera i processi quelli per reati imprescrittibili non si farebbero mai. Quali sono le ragioni della durata dei processi? La causa principale deriva dal loro numero. Semplificando: se un giudice ha un processo da fare e questo richiede quattro udienze durerà quattro giorni. Se sono necessari adempimenti fra un’udienza e l’altra (disporre perizia, acquisire documenti, citare testi) che richiedono, ad esempio, un mese, il processo durerà quattro mesi. Ma se il giudice ha duemila processi sul ruolo e la prima udienza libera è dopo un anno, un processo di quattro udienze durerà quattro anni. L’idea che i giudici italiani non facciano nulla e che solo la prescrizione imminente li induca a trattare i processi è falsa. La loro produttività è una delle più alte d’Europa.
La vera anomalia italiana è la dimensione del contenzioso: le sopravvenienze civili annue contenziose di primo grado per ogni giudice in Italia sono 438,06; in Francia 224,15; in Germania 54,86. Le sopravvenienze penali annue di reati gravi per ogni giudice, in Italia sono 190,71; in Francia 80,92; in Germania 42,11 (dati Cepej 2008; per il 2010 non sono disponibili i dati della Germania). La diminuzione del numero dei procedimenti si può ottenere in sede penale riducendo drasticamente le fattispecie di reato con un’ampia depenalizzazione, riduzione della perseguibilità d’ufficio e introducendo apprezzabili margini di rischio per chi propone impugnazioni infondate e dilatorie.
Neppure è vero che il numero dei giudici di professione in Italia sia insufficiente. Tale numero, come indicano i rapporti della Commissione europea per l’efficienza della giustizia, è in linea con quello di uno Stato per certi versi simile come la Francia. La strada percorribile per fronteggiare i tempi inaccettabili della durata dei procedimenti non sembra quindi quella di aumentare il numero di giudici (e quindi in generale dei magistrati, dovendo coerentemente in tale ipotesi incrementare il numero degli addetti al pubblico ministero), anche perché gli esiti degli ultimi concorsi non consentono illusioni in proposito, salvo che si ritenga di abbassare la soglia qualitativa oggi richiesta per superare la giustamente rigorosa selezione (un recente concorso a 500 posti di magistrato ordinario in tirocinio ha prodotto 253 idonei su decine di migliaia di domande).
In Italia vengono proposte impugnazioni in un numero che non ha eguali in altri Paesi: la Cassazione italiana tratta quasi 90.000 processi ogni anno (di cui quasi 60.000 penali), quella francese 1.000. La Corte suprema degli Stati Uniti d’America ne tratta 80! Le ragioni delle impugnazioni così numerose stanno nell’assenza di deterrenze a proporre appelli e ricorsi solo dilatori (confidando nell’arrivo della prescrizione e comunque per differire l’esecuzione della pena). Nel caso di ricorso inammissibile viene inflitta una sanzione amministrativa di circa 2.000 euro, ma di queste sanzioni viene incassato solo il 4%. Il resto sono chiacchiere.
Sottosegretari: Annibali di Iv punta alla Giustizia. - Giacomo Salvini
Le richieste - B. ha mandato 20 nomi, la Lega vuole il lavoro: Chigi fa i calcoli.
Raccontano che Roberto Garofoli, neo sottosegretario a Palazzo Chigi, abbia la scrivania sommersa di carte: sono le richieste dei partiti per i posti di sottogoverno. A lui, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha affidato il primo dossier che scotta ed è lui che in queste ore, tabelle (e calcolatrice) alla mano, fa i conti, smista le deleghe e riempie le caselle. Con una scadenza precisa: non andare oltre lunedì quando si terrà il primo vero consiglio dei ministri dell’èra Draghi. Il premier ha chiesto al suo braccio destro di avere il governo al completo per inizio settimana.
Restano quindi poco più di 24 ore e il compito di Garofoli non è semplice: oltre a dover accontentare tutti, nelle ultime ore si è aggiunta la questione del M5S che, avendo perso 50 parlamentari, dovrà cedere qualche posto al centrodestra, ma anche il problema dei veti e controveti dei partiti. Soprattutto quelli del Pd che non vede di buon occhio le “candidature” di sottosegretari leghisti in dicasteri chiave come l’Interno, Nicola Molteni, e il Lavoro, Claudio Durigon, a cui il ministro Andrea Orlando ha detto “no”.
Alla fine, secondo le tabelle che girano a Chigi in base alla proporzione “gruppo parlamentare-ministri con portafogli”, lo schema dovrebbe essere questo: su 40 sottosegretari da assegnare, 11 andranno al M5S, 8 alla Lega, 7 a Forza Italia e Pd, 2 a Italia Viva e centristi e uno a testa ai partitini (Cambiamo!, Più Europa, LeU). Inoltre, non ci dovrebbero essere viceministri (“Contano le deleghe, non il biglietto da visita” dice chi ha parlato col premier) ed è quasi sicuro che Draghi terrà per sé la delega agli Affari europei.
Nel M5S, dopo la retromarcia di Vito Crimi, quasi certi sono Laura Castelli al Mef, Pierpaolo Sileri alla Sanità, Francesca Businarolo alla Giustizia, Emanuela Del Re agli Esteri e Carlo Sibilia all’Interno. Chi scalpita per entrare è il siciliano Giancarlo Cancelleri, in competizione con l’ex sindaco di Livorno Filippo Nogarin che ha un rapporto consolidato con Beppe Grillo per finire al Mit o al Sud, ma anche Stefano Buffagni che potrebbe andare alla Transizione Ecologica. Gli altri grillini in pole position sono Angelo Tofalo (Difesa), Mirella Liuzzi (Mise) e Luca Carabetta al Digitale.
Matteo Salvini punta a piazzare suoi uomini nei ministeri più autonomi: “Torneremo al Viminale” ha detto venerdì. E infatti il primo obiettivo è provare a “controllare” Luciana Lamorgese sui migranti con Stefano Candiani, ma anche Roberto Speranza con Luca Coletto. Edoardo Rixi invece andrà alle Infrastrutture. Obiettivo: far ripartire le grandi opere, dal ponte sullo Stretto al Tav. Se sono quasi certi Massimo Bitonci al Tesoro e Massimo Volpi alla Difesa, il leader della Lega sogna anche Giulia Bongiorno alla Giustizia e Massimiliano Romeo all’Agricoltura.
Nel Pd, dopo la polemica sulle “quote rosa” mancate, Nicola Zingaretti ha indicato quasi tutte donne: oltre a Matteo Mauri (Viminale) e Antonio Misiani (Mef), si punta alla riconferma di Anna Ascani, Sandra Zampa, Simona Malpezzi e Alessia Morani, mentre al Digitale dovrebbe andare Marianna Madia. Silvio Berlusconi invece ha mandato a Chigi una lista di oltre 20 nomi rispetto ai 7 necessari, dentro la quale ci sono soprattutto senatori (da Pichetto Fratin a Battistoni e Giammanco) mentre tra i deputati sono in pole Valentino Valentini (Esteri) Francesco Paolo Sisto (Giustizia). Tra i renziani dovrebbero essere premiati Lucia Annibali (Giustizia) e Davide Faraone (Mit) mentre Benedetto Della Vedova dovrebbe approdare alla Farnesina.
Luna di Mieli. - Marco Travaglio
Se Paolo Mieli fosse uno dei tanti cazzari della cosiddetta informazione, non meriterebbe una riga di replica. Ma siccome non dice mai nulla per niente, i suoi apparenti deliri a Radio24-Confindustria vanno segnalati e decrittati: “Guardo cosa bolle in pentola e vedo che il Fatto Quotidiano è schierato con gli scissionisti 5Stelle… Sarebbe una forma di libera espressione giornalistica se non sapessimo che il Fatto è molto caro alla magistratura più militante…”. Già, perché “ogni tipo di governo ha avuto problemi con magistrati più o meno combattivi” (ecco, più o meno), come nel 2008, quando Prodi cadde per l’inchiesta di S. Maria Capua Vetere su Mastella, che poverino voleva “riformare la giustizia”. E, appena ciò accade, “qualche pm di qualche parte d’Italia parte con un’inchiesta… perché sa di trovare il consenso della categoria”. Segue una supercazzola sul caso Palamara (che si porta su tutto, ma non ha svelato una sola indagine o una sola sentenza condizionata, ma solo bieche storie di carriere), poi la conclusione: “La ribellione di un nutrito gruppo di 5Stelle e l’appoggio evidente del Fatto quotidiano sono campane che mandano un suono distinto e che si sente bene. Chi vivrà vedrà. Di sicuro, dalle parti della magistratura militante, sta ribollendo qualcosa”.
Ora, per strano che possa sembrargli, la linea del Fatto la decide il Fatto, non i dissidenti M5S né i pm militanti (più o meno). Ed è la stessa da sempre: no a governi-ammucchiata usciti dal cilindro del Colle all’insaputa degli elettori e guidati da tecnici-salvatori della patria; fuori dalle istituzioni il partito del pregiudicato-prescritto-imputato finanziatore della mafia. Quanto alle inchieste che han messo nei guai premier o ministri, nascevano da notizie di reato. Non certo dalla prava volontà di pm militanti (più o meno) di compiacere il Fatto o colpire chi riforma la giustizia (peraltro riformata 120 volte in 27 anni). L’idea che il sottoscritto sia il capo dei pm militanti (più o meno) è affascinante. Ma purtroppo il primo premier della II Repubblica nei guai con la giustizia fu B. col famoso invito a comparire per corruzione (23.11.1994). E la notizia non fu anticipata né dal Fatto (ancora in grembo a Giove) né dal sottoscritto, ma dal Corriere, diretto indovinate da chi? Da Mieli, of course. Quindi, se Mieli teme che sia indagato qualche ministro di Draghi, cosa assai possibile visto il ritorno in maggioranza di tutto il vecchio magnamagna, non ha che da invitarli tutti a rispettare il Codice penale o a riesumare il Lodo Alfano per metterli al riparo dalla giustizia. Se invece sa qualcosa di indagini già aperte e tenta di screditarle o bloccarle preventivamente, lo dica e lasci perdere il Fatto. Questi giochetti, con noi, non attaccano.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/21/luna-di-mieli/6108459/
AGORA' SENZA STELLE. - Rino Ingarozza
C'è poco da fare il rospo di Rignano, Rospo Bean è riuscito nel suo intento. Voleva far cadere Conte e c'è riuscito. Voleva spaccare la maggioranza e c'è riuscito. Voleva spaccare il Movimento 5 stelle e c'è riuscito.
Possibile entrare nei sogni altrui e stabilire un dialogo.
L'opera “Flamig June” di Frederic Leighton, al Museo d'arte di Ponce a Porto Rico (fonte: Wikipedia) |
Scoperta utile per fare luce sui misteri del sonno.
E' davvero possibile entrare nei sogni di una persona e stabilire con lei un dialogo, proprio come nel film 'Inception' con Leonardo di Caprio: lo dimostra l'esperimento condotto da quattro gruppi di ricerca indipendenti tra Stati Uniti, Francia, Germania e Paesi Bassi. I risultati, pubblicati sulla rivista Current Biology, aprono un'inaspettata finestra sul mondo onirico, che potrebbe essere sfruttata per risolvere problemi di natura psicologica e per capire meglio il rapporto tra sonno e memoria.
Nello studio sono stati arruolati 36 volontari, suddivisi tra la Northwestern University nell'Illinois, la Sorbona di Parigi, l'Università di Osnabruck nella Bassa Sassonia e il Radboud University Medical Center vicino a Nimega, nei Paesi Bassi. Tra i partecipanti, alcuni erano dei 'sognatori lucidi', ovvero persone consapevoli dei propri sogni tanto da essere perfino in grado di controllarli, mentre gli altri volontari sono stati addestrati a diventarlo.
L'attività del loro cervello è stata registrata durante il sonno grazie all'elettroencefalogramma, mentre venivano monitorati i movimenti degli occhi e le contrazioni dei muscoli facciali, tutti indicatori della fase Rem.
Nei quattro laboratori sono stati sperimentati metodi diversi per entrare in contatto con la persona immersa nel sogno (attraverso la voce, stimoli luminosi o il contatto fisico), in modo da chiederle di seguire istruzioni, fare semplici calcoli numerici o riconoscere la differenza tra diversi stimoli sensoriali. “E' come trovare un modo per comunicare con un astronauta su un altro pianeta, anche se nel nostro caso il pianeta è interamente basato sui ricordi memorizzati nel cervello”, spiegano i ricercatori.
In tutto sono 158 le domande che gli studiosi hanno posto ai sognatori: questi hanno risposto correttamente (attraverso il movimento degli occhi o la contrazione dei muscoli facciali) nel 18% dei casi mentre hanno sbagliato il 3% delle volte; la risposta non è stata chiara nel 17% dei casi, mentre il 60% delle domande è rimasto senza risposta.
Secondo i ricercatori, questi numeri dimostrano che una comunicazione a doppio senso è possibile, anche se non è facile. “Abbiamo scoperto che persone immerse nella fase Rem possono interagire e ingaggiare una comunicazione in tempo reale”, commenta Ken Paller della Northwestern University. “Abbiamo anche dimostrato che chi sogna è capace di comprendere domande, cimentarsi in compiti che impegnano la memoria operativa e produrre delle risposte”. Questa condizione è stata definita come 'sogno interattivo'.
Al risveglio, al termine dell'esperimento, alcune persone ricordavano le domande che erano state poste come fossero parte integrante del sogno: un partecipante, per esempio, ricordava i quesiti matematici come provenienti da un'autoradio, mentre un altro volontario aveva avvertito la voce del ricercatore che gli faceva una domanda come la voce fuori campo di un film.