venerdì 19 marzo 2021

Scoperto a 100 metri di profondità, il corallo rosso è tornato in Calabria. - Antonio Cianciullo

 

Dal robot sottomarino della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli "un segnale di speranza, di resilienza del mare.”


Dai sumeri ai fenici il corallo rosso ha segnato la storia del Mediterraneo. E ora, a un secolo dalla grande razzia che lo ha fatto scomparire da buona parte dei nostri mari, è riapparso in Calabria, nell’alto Ionio. Un Rov, un robot teleguidato dotato di telecamere ad alta definizione, si è tuffato raggiungendo i 100 metri di profondità e lì, sulla secca di Amendolara, ha trovato la sorpresa.

“E’ stata una scoperta emozionante”, racconta Silvestro Greco, direttore della nuova sezione calabrese della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli. “Non ce l’aspettavamo. Avevamo organizzato una campagna oceanografica mirata alla mappatura di quei fondali utilizzando un sofisticato ecoscandaglio che permette una valutazione visiva mediante immagini raccolte con un Rov, un Remotely Operated Veichle. All’improvviso, a un centinaio di metri di profondità, è apparso uno stupendo banco di corallo rosso. Un fatto di rilevante importanza scientifica perché nell’alto Ionio calabrese non era mai stata segnalata la sua presenza”.

Probabilmente è una new entry in quei mari. Forse agevolata dai mutamenti creati dal cambiamento climatico. Di certo un allargamento delle zone in cui il corallo rosso sopravvive in Italia, finora limitate alla Sardegna e, in misura minore, ad alcuni tratti di costa ligure e siciliana. 

È stato il ventesimo secolo a creare una situazione di penuria. Il corallo è stato utilizzato probabilmente già nella preistoria. Le prime testimonianze storiche sono emerse dagli ornamenti nella tomba di una dea sumerica, dai reperti archeologici trovati in Sicilia, Sardegna, Siria. E sappiamo che i Romani lo usavano come sostanza medicinale per lenire vari dolori, mentre i celti lo utilizzavano per ornare le briglie dei loro cavalli.

Dalla seconda metà del Settecento all’Ottocento la pesca del corallo ha avuto il suo maggiore sviluppo. I pescatori scendevano in apnea fino a una ventina di metri e sul fondo, ad attenderli, c’erano rami di corallo rosso lunghi fino a mezzo metro. Ci si immergeva nei mari di Algeria e Tunisia, nelle acque della Sicilia e della Calabria; nel golfo di Napoli che con Torre del Greco è diventato il più importante centro di lavorazione mondiale; in Sardegna e in Corsica; sulla costa catalana e in Provenza; intorno alle Baleari e lungo le coste della Toscana.

Spettacolare per i colori e duttile per la lavorazione, il corallo ha però un punto critico: la lentezza della crescita. Un elemento incompatibile con oltre un secolo di saccheggio sfrenato dei banchi. Così la specie Corallium rubrum è diventata prima rara e poi inserita nell’allegato V della Direttiva Habitat, nell’allegato III della Convenzione di Berna, nell’allegato III del Protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona. L’estinzione è dietro l’angolo.

“La nostra scoperta è un segnale di speranza, di resilienza del sistema marino”, continua Greco. “Ma ora si tratta di difendere il corallo rosso dall’inquinamento che lo minaccia. Ad esempio in Calabria il sistema fluviale ha un andamento fortemente torrentizio: le fiumare vanno tenute pulite dalla plastica che le invade. Così come, a livello nazionale ed europeo, bisogna frenare le microplastiche. Il fatto che il mare abbia ancora capacità di conservare i suoi tesori è un buon incoraggiamento.”

Huffpost.

Coronavirus, AstraZeneca: cosa rischia chi rifiuta il vaccino. - An. Ga.

 

Solo quando la disponibilità dei vaccini non sarà più un problema e quando le categorie più fragili e più esposte al rischio saranno state vaccinate potrebbe rientrare in gioco chi decide di rinunciare ad AstraZeneca.

Il via libera dell’Ema al vaccino AstraZeneca fa ripartire già da venerdì 19 marzo le somministrazioni a tappeto in tutta Italia. Con l'incognita però delle diserzioni di chi, malgrado le rassicurazioni, rifiuterà di vaccinarsi con questo siero. Una parte delle persone prenotate non si presenterà.

Operazione fiducia,

Tanto che si moltiplicano le voci che chiedono una strategia informativa istituzionale per convincere gli italiani a vaccinarsi contro il Covid, che vedrebbe politici e ministri utilizzare il vaccino AstraZeneca. «Sarebbe importantissimo se le autorità, come il ministro Speranza, il premier Draghi o il presidente dell'Aifa si vaccinassero con AstraZeneca, un gesto convincente per la popolazione», dice Silvio Garattini, direttore dell'Istituto farmacologico Mario Negri. Sulla falsariga di quanto annunciato dal premier britannico Boris Johnson, cui venerdì sarà somministrato il vaccino anglo-svedese.

Quando è possibile rientrare in gioco.

Dopo il pronunciamento dell’Ema, è chiaro che chi rinuncia a un vaccino considerato sicuro rischia di scorrere a fine lista. Sia nel caso che non si presenti ad un appuntamento già prenotato, sia nel caso non si prenoti prima della scadenza prevista per la propria categoria, che sia una fascia d'età oppure professionale, come gli insegnanti. In concreto vuol dire che chi non si presenta o non fa domanda potrebbe essere vaccinato tra vari mesi. Solo quando la disponibilità dei vaccini non sarà più un problema e quando le categorie più fragili e più esposte al rischio saranno state vaccinate potrebbe infatti rientrare in gioco chi decide di rinunciare ad AstraZeneca.

D’Amato (Lazio): chi rifiuta Astrazeneca va in coda.

«Quando il vaccino è approvato, è sicuro ma questo non significa che non ci siano reazioni avverse. Nel Lazio abbiamo avuto poche cancellazioni delle prenotazioni per AstraZeneca. Chiaramente le sconsigliamo perché chi lo farà, finirà in coda ed è un rischio rilevante» ha precisato nei giorni scorsi l'assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D'Amato, rispondendo alle domande sulle disdette per il vaccino AstraZeneca.

Il Sole 24 Ore

Amici loro. - Marco Travaglio

 

Spunti per la commedia all’italiana. Titolo: Amici loro.

Episodio 1. Mentre i giornali festeggiano l’assoluzione dell’Eni a Milano nel processo per le presunte tangenti in Nigeria perché “il fatto non sussiste”, dopo aver nascosto la condanna dell’Eni a Potenza per traffico illecito di rifiuti perché il fatto sussiste, l’Eni vuole patteggiare a Milano 11 milioni di risarcimento e 800mila euro di multa per tangenti in Congo (induzione indebita). Quindi il fatto che non sussisteva in Nigeria sussiste in Congo. Il sito di Rep parla pudico di “attività Eni in Congo”: le mazzette sono un’“attività” come un’altra. La storia ricorda quella di Fabio Riva (ex Ilva), assolto dalla bancarotta perché “il fatto non sussiste” tra gli alti lai dei “garantisti” che gridano al martirio: peccato che avesse tentato di patteggiare 5 anni e il gup li avesse rifiutati perché erano pochi. Cioè: era innocente, ma non lo sapeva, causa un grave difetto di autostima. Fortuna che poi gliel’ha spiegato il giudice.

Episodio 2. Non contento delle nomine di Brunetta, Gelmini, Garofoli, Funiciello, Vezzali, Borgonzoni e altri migliori, il Governo dei Migliori si migliora vieppiù inserendo nel Cts in quota Lega l’ingegnere padovano Alberto Giovanni Gerli, “Big Data Scientist” e inventore di un “sistema predittivo” sui contagi (ma anche sui “numeri per avere successo in amore”) che non azzecca una previsione manco per sbaglio. “Veneto in zona bianca” (è rosso). “350 casi in Lombardia salvo varianti” a marzo” (4mila al giorno). E così via. Ieri s’è dimesso come un Gallera qualsiasi (“a seguito delle inattese e sorprendenti polemiche”), non prima di aver chiarito chi l’ha nominato. Siccome lo staff Draghi, in comprensibile imbarazzo, non rispondeva, ci ha pensato lui: “Ringrazio la Presidenza del Consiglio per la nomina”. Se questi non fossero i Migliori, sarebbero financo sospettabili di essere i Peggiori.

Episodio 3. Rep ordina un sondaggio sulle Comunali a Roma, dove stando ai media la Raggi non la rivotano neppure i gatti e i ratti. Purtroppo la sindaca è prima col 26%, contro il 19% di Bertolaso e il 17 di Gualtieri. Mannaggia, che fare? Il sondaggio finisce in cronaca locale, con un titolo di consolazione: “Raggi in fuga, ma Gualtieri vincerebbe tutte le sfide a due”. Segue un appello strappalacrime a “centrosinistra e centrodestra” perché non “regàlino il Campidoglio alla solita Virginia. Sarebbe diabolico”. Ma una soluzione c’è. Siccome Gualtieri vincerebbe tutti i ballottaggi, ma non ci arriva perché è terzo, basta sostituire la legge elettorale col regolamento del tennis: tabellone con sfide a due. O mandare al ballottaggio il secondo e il terzo classificato. Anzi, meglio: abolire il primo turno e passare direttamente al secondo.



giovedì 18 marzo 2021

Caso Palamara, ora la Procura di Perugia apre indagine sul disciplinare a Woodcock. - Antonella Mascali

 

Le chat di Luca Palamara, e pure le sue dichiarazioni mediatiche, fanno aprire un nuovo fascicolo alla Procura di Perugia: sul processo disciplinare ai pm di Napoli Henry John Woodcock e Celeste Carrano, accusati e poi assolti per presunte scorrettezze durante l’indagine su Consip. Il fascicolo è stato aperto per capire come mai la sentenza non sia stata emessa dal collegio di cui faceva parte Palamara, presieduto da Giovanni Legnini. Secondo quanto risulta al Fatto, nei giorni scorsi, il Csm ha trasmesso, su richiesta, l’incartamento di quel processo alla Procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone, che ha aperto un’indagine per ora contro ignoti. Secondo la versione di Palamara mai smentita né dall’ex vicepresidente del Csm Legnini né dall’attuale consigliere del Csm Giuseppe Cascini, chiamati in causa, quel processo disciplinare a Woodcock e a Carrano fu rinviato all’esame dell’attuale Consiglio perché Legnini avrebbe espresso, in mezzo al processo, un giudizio negativo su Woodcock con Cirino Pomicino. L’ex ministro avrebbe riferito del presunto atteggiamento preconcetto di Legnini verso Woodcock mentre era intercettato indirettamente per l’inchiesta Consip della Procura di Napoli, trasmessa poi per competenza a Roma. Di un motivo “segreto” per il rinvio del processo disciplinare ai pm napoletani a un nuovo collegio, Palamara ne vorrebbe parlare alla stampa a scandalo nomine appena deflagrato, nell’estate 2019: si consiglia, intercettato, proprio con Legnini che gli dice: “Io la vicenda Woodcock non la sfruculierei, alla fine abbiamo rinviato… certo per quel motivo, però alla fine era anche una decisione ragionevole”. Quale motivo nascosto? Legnini risponde ad Antonio Massari che lo interpella per il libro Magistropoli edito dalla nostra PaperFirst: “Palamara mi aveva parlato di una intercettazione in cui Pomicino diceva di avermi incontrato… Nell’intercettazione avrebbe sostenuto che io mi ero espresso in termini non lusinghieri nei confronti di Woodcock… È vero che incontrai Pomicino ed è anche vero che lui si lamentò di Woodcock, ma io gli risposi soltanto che non potevo farci niente”. Sempre Palamara sostiene che di quella intercettazione, il 5 luglio 2018, gli avrebbe parlato Cascini, allora procuratore aggiunto di Roma. Il consigliere ha annunciato querela contro Palamara e nella mailing list dei magistrati ha scritto: “Non so se una tale intercettazione esista. Non parlo con Woodcock da anni e certamente non mi ha riferito il contenuto di una intercettazione del genere”.

Il Fatto Quotidiano

“Tra Pd e Forza Italia non vedo differenze. Ci manca la sinistra”. - Silvia Truzzi

 

MicroMega torna. Dopo l’annuncio della chiusura da parte della nuova proprietà (il gruppo Gedi, controllato dalla famiglia Elkann) il direttore Paolo Flores d’Arcais rilancia la rivista che per tre decenni ha nutrito la sinistra, da sinistra: “Non potevo rassegnarmi a che la storia di MicroMega finisse qui. Non volevo accettare che il panorama culturale italiano perdesse – bando all’ipocrisia delle false modestie – una delle sue voci più autorevoli. Negli anni a venire ci sarà sempre più bisogno di un impegno intellettuale e politico per ‘giustizia e libertà’, e di pensiero critico, spirito illuminista, intransigenza laica”, ha scritto sul nuovo sito. Da queste parole ripartiamo.

Direttore, da dove ricomincia la seconda vita di MicroMega?

Il numero che esce oggi era già pronto – avrebbe dovuto uscire in febbraio, ma la chiusura della testata ha creato diversi problemi – ed è dedicato ai cento anni del Partito comunista. I lettori troveranno testimonianze preziose, da Tortorella a Macaluso a Castellina, Asor Rosa, Giulia Mafai, Marisa Cinciari Rodano. Il numero di maggio sarà in due parti: MicroMega compie 35 anni, in edicola andrà un volume con oltre 50 testimonianze e un secondo con testi introvabili: dal primo numero abbiamo ripreso un carteggio tra Ingrao e Bobbio e un saggio sul welfare di Federico Caffè, per dire.

Avete lanciato una sottoscrizione.

Per rilevare la testata è stato necessario accettare la proibizione di avere, per quattro anni, anche come soci di minoranza, società editrici, anche non italiane, o soci di società editrici. La nuova società, senza fini di lucro (il che vuol dire che tutti i proventi vengono reinvestiti) ha bisogno per sopravvivere che i lettori partecipino. Quindi abbiamo lanciato una campagna abbonamenti e una sottoscrizione: se ci sarà una seconda vita dipende dalla risposta. Altrimenti vorrà dire che avrà vinto Elkann. Ma io credo che esista un importante strato di lettori-elettori che non si rassegna, nonostante le difficoltà del momento, all’alternativa che si pone oggi.

E qual è?

O Draghi o la destra estrema: è un aut aut a cui non voglio credere. Non ho alcuna obiezione al fatto che il presidente della Repubblica abbia scelto una personalità fuori dai partiti. Lo avevo proposto all’indomani delle ultime elezioni, indicando anche alcuni nomi di ministri: da Gustavo Zagrebelsky a Fabrizio Barca, da Tomaso Montanari a Piercamillo Davigo (i famosi “migliori”). L’involuzione dei partiti è tale per cui bisogna cercare nella società civile. Per quali politiche, però? Con quale maggioranza?

Nel nostro caso tutti i partiti. È una scelta sensata?

Quando D’Alema fece la bicamerale con Berlusconi si parlò di inciucio. Oggi siamo davanti a un mega inciucio, al tutti dentro. Un’ammucchiata di forze politiche che hanno posizioni diametralmente opposte. Il guaio è che tra il Pd e Forza Italia le differenze sono sempre più scolorite.

Lei ha scritto: “Draghi ha una superiorità, rispetto a tutti i politici, nello stile e nella credibilità. Con il “whatever it takes” ha prevalso su Merkel e i banchieri tedeschi, e non sono pinzillacchere”. C’è un ma?

Gigantesco: noi abbiamo bisogno di politiche anti-liberiste, di ritorno alla giustizia e all’eguaglianza sociale. Sulla giustizia la riforma Bonafede della prescrizione era blanda: dovrebbe cessare già dopo il rinvio a giudizio. Ai grandi evasori va fatta la guerra, le misure marginali non servono. Questo governo andrà in direzione opposta. Mario Draghi ha uno spessore che altri non hanno, ma nei ministeri e nei ruoli da sottosegretario ha messo una quantità pantagruelica di impresentabili. E sulla politica economica ha scelto liberismo e giavazzismo, quando c’è bisogno dell’opposto: solo l’eguaglianza ci può salvare.

Che impressione le ha fatto il discorso di Enrico Letta?

Vale quanto detto per Draghi. Letta è uomo serio, ha una professione anche fuori della politica, cacciato da Renzi non si è dedicato ai giochi di corrente e di poltrone, è andato a fare il professore in una delle più prestigiose istituzioni universitarie francesi. Le pagliacciate di Renzi ci saranno risparmiate, ma Letta è del tutto inadeguato alle necessità del Paese, che in questa congiuntura coincidono con le necessità dal Pd. In Italia manca la sinistra, manca il partito dell’eguaglianza. L’abbiamo visto con l’emergenza sanitaria: la crisi in cui ci troviamo dipende dall’assenza della sinistra. Per quarant’anni, invece di rafforzare e ampliare il welfare, i governi lo hanno smantellato con tagli dissennati alla sanità e all’istruzione. Questo è avvenuto perché il brodo di coltura della nostra politica è stato il liberismo. La pandemia era stata annunciata, dall’Oms e perfino da Bill Gates: per fronteggiarla bisognava fare l’opposto di quello che è stato fatto. A questo serviva e serve la sinistra. Che nel “Palazzo”, Pd compreso, però non c’è.

Fonte - Il Fatto Quotidiano

Il nuovo Cts: Speranza declassato, Salvini gode. - Marco Palombi

 

E tre… - Dopo le teste di Borrelli e Arcuri, Draghi dà alla Lega un Comitato più “aperturista”. Il caso Gerli: il suo modello previsivo non prevede per niente bene.

In assenza di novità sostanziali nelle politiche che riguardano la pandemia, Mario Draghi continua a offrire senza risparmio ai suoi alleati di centrodestra, Matteo Salvini in primis, se non altro qualche scalpo simbolico. A fronte delle nuove chiusure, per prepararsi al futuro gli “aperturisti” vogliono almeno isolare Roberto Speranza, rimasto ministro della Salute solo grazie a un diktat di Sergio Mattarella: prima venne la sostituzione del capo della Protezione civile Angelo Borrelli, poi quella politicamente più rilevante del commissario all’emergenza Domenico Arcuri e ora si passa al Comitato tecnico scientifico, la cui “riforma” è stata subito festeggiata da Matteo Salvini.

La scelta del premier di modificare il Cts – tecnicamente attraverso un’ordinanza di Protezione civile – ha ovviamente delle sue ragioni: intanto un’assemblea più snella è un bene (da 26 a 12 membri), come pure l’ingresso di un immunologo come Sergio Abrignani (specializzazione finora mancante nel Comitato). In generale, però, è alla presa del ministero della Salute sul Cts che mirano le novità: prima aveva al suo interno quattro direttori generali, oggi il solo Giovanni Rezza. Ma al di là dei numeri, anche i nomi scelti segnano il cambio di orizzonte verso la nuova “unità nazionale”, ovviamente da realizzare attraverso l’asse Draghi-destra (senza, d’altra parte, non ci sarebbe discontinuità).

Ad esempio l’Agenzia del farmaco (Aifa) resta nel Cts: non più però col dg Nicola Magrini, ma col presidente Giorgio Palù, virologo con ottimo curriculum che fu consulente di Luca Zaia e – essendosi spesso schierato su posizioni “moderate” rispetto alla pandemia – spesso citato da Salvini lungo quest’anno per dimostrare che era possibile “aprire”. Palù, peraltro, firmò a giugno una dichiarazione che metteva in dubbio che gli asintomatici potessero trasmettere il virus con Donato Greco, ex dirigente del ministero e dell’Iss e autore del Piano pandemico del 2006: anche lui entra nel Cts e molti ricordano una sua presa di posizione di settembre (“anche se il Covid circola ancora, l’emergenza è finita a maggio”).

Un certo scalpore ha destato la scelta di Alberto Gerli, ingegnere gestionale che ha elaborato un suo modello matematico di previsione dei contagi amato dai giornali e poco dagli epidemiologi, che sostiene – all’ingrosso – che i cicli di espansione della curva dei contagi durino 40 giorni, sempre: “A fine febbraio il Veneto sarà zona bianca” (era rossa), “a metà marzo in Lombardia 350 contagi al giorno” (4.700), prevedeva a fine gennaio. Va detto che il modello Gerli a volte sbaglia pure per eccesso, come nei casi dei contagi nelle province di Como e Bergamo. Ora la sua stima è che siamo vicini al picco, a prescindere dalle chiusure decise dal governo, che vanno quindi considerate inutili.

A capo del Comitato, dimessosi Agostino Miozzo, sarà il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, storicamente più “aperturista” dei colleghi. Il numero 1 dell’Iss Silvio Brusaferro sarà invece il portavoce: ruolo che lo ingabbierà nella necessità di fare sintesi con gli altri. Il segretario del Comitato, infine, non sarà più il medico della PS Fabio Ciciliano (che resta nel Cts), ma l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino: scelto dal nuovo capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, che è uomo assai legato a Franco Gabrielli, a sua volta sottosegretario alle grane di Draghi.

Un altro nome nuovo è quello di Cinzia Caporale, dirigente del Cnr e membro del Comitato nazionale per la bioetica, sia detto en passant moglie di Angelo Maria Petroni, che i più ricordano in un mitico cda Rai regnante Berlusconi e oggi segretario generale dell’Aspen (l’unica altra donna è Alessia Melegaro, che insegna Demografia e Statistica sociale e dirige il Covid Crisis Lab della Bocconi).

Vanno infine notate almeno un paio di assenze: escono dal Cts sia Kyriakoula Petropulakos, dg della Sanità emiliana indicata a suo tempo dal presidente della Conferenza Stato-Regioni Stefano Bonaccini, sia Sergio Iavicoli dell’Inail, assenza sorprendente mentre si riscrivono i nuovi protocolli anti-Covid per i luoghi di lavoro (bizzarramente silenti i sindacati). Non bastasse il Cts, al povero Speranza è toccato pure ingoiare la nomina (in quota Gelmini e FI) dell’infettivologo della Cattolica Roberto Cauda al tavolo tecnico che dovrà rivedere i famosi 21 parametri di rischio epidemiologico odiati dalle Regioni, Lombardia su tutte, che com’è noto ha problemi a inviare i dati giusti.




Il Banal Grande. - Marco Travaglio

 

Un giorno Indro Montanelli domandò a Leo Longanesi perché scrivesse pochi libri. “Perché – gli rispose Longanesi – se vuoi raccontare qualcosa di organico, devi piegarti ogni tanto al banale. Perfino Tolstoj deve dire che ‘Anna Karenina si alzò e andò ad appoggiare la fronte ai vetri della finestra’. Ecco: io non sarò mai capace di seguire un’Anna Karenina in un movimento così ovvio e usuale. Che me ne frega, a me, che quella brava signora vada alla finestra? Anche la mia serva ogni tanto ci va… Eppure, se vuoi scrivere un romanzo, devi rassegnarti a seguirne i personaggi anche in queste faccenduole private”. Invece il bello della cronaca è che ti impone di concentrarti sulle novità. La notizia è l’uomo che morde il cane, non viceversa. Eppure i giornaloni ci ammorbano di non-notizie, per giunta spacciate per eventi sensazionali, epocali, rivoluzionari. Draghi chiama Macron per parlare degli effetti del loro stop ad AstraZeneca (inglese) contro il parere di Ema e Aifa per correr dietro alla Germania (che con gli Usa produce il Pfizer-Biontech). E che si dicono, di straordinario? Se domani l’Ema dà l’ok, venerdì si riprende. E, per usare un francesismo, grazie al cazzo: sarebbe una notizia se, malgrado il via libera dell’Ema che peraltro non aveva mai dato lo stop, si continuasse a non vaccinare. Ma il Corriere ci apre la prima pagina: “Pronti a ripartire con i vaccini”, “Se l’Ema dà l’ok, si riparte subito” (non fra un mese), . Stampa: “Telefonata Draghi-Macron, stupiti dall’annuncio unilaterale tedesco” (e allora perché si sono accodati, rendendolo trilaterale?).

Repubblica: “Patto Draghi-Macron”. Messaggero e Corriere: “Asse Draghi- Macron”. Ora, noi non escludiamo affatto che i due statisti si siano detti: “Ehi Manu/ Mario, allora ripartiamo subito”. Sarebbe strano il contrario. Ma che bisogno c’è di “patti” o “assi” per cose tanto scontate?

A proposito: la sapete “la tesi di Cottarelli”? La svela un paginone del Corriere: “Ricominciare dal merito”. Capito? Non dal demerito. Da leccarsi i baffi. E la “ricetta di Cingolani”? “Taglio alla burocrazia”, rivela Repubblica a chi temeva che volesse più burocrazia. Perbacco. Dei “due pilastri” del gen. Figliuolo abbiamo detto: prima “ricevere i vaccini”, poi “somministrarli”, e non viceversa. E i licenziamenti? “Da luglio ripartono, ma solo per le grandi aziende in crisi” (Rep), anche perché quelle in piena salute non han bisogno di licenziare. E i processi? La Cartabia li vuole “giusti e brevi”: una bella svolta rispetto ai predecessori, che li volevano ingiusti e lenti. Ma, quando arrivano i Migliori, non ce n’è più per nessuno. Presto avremo un “patto/asse Draghi-Biden” perché respirano entrambi.