sabato 15 maggio 2021

Berlusconi verso le dimissioni, lo conferma Licia Ronzulli.

 

Il leader azzurro ricoverato da lunedì al San Raffaele.

Silvio Berlusconi sarà dimesso presto dal San Raffaele dove è ricoverato dall'11 maggio scorso per una complicanza legata al post covid. Lo ribadisce la senatrice di Forza Italia, Licia Ronzulli, raggiunta telefonicamente. "Si va verso le dimissioni", ha detto Licia Ronzulli.

Tutto è cominciato lunedì sera, quando Berlusconi, avrebbe accusato un certo malessere che lo avrebbe spinto al ricovero al San Raffaele dove poter eseguire terapie specifiche per lenire alcuni disturbi sorti dopo il Covid.

Tre giorni dopo il ricovero sono iniziate le indiscrezioni circa un suo aggravamento, i rumors su presunti attacchi di gastrite e di difficoltà di ossigenazione del sangue. Fonti ben informate non negavano la complessità dei problemi ma assicuravano che non c'era "nessun allarme rosso, nessun pericolo di vita".

Ieri le prime notizie, non del tutto rassicuranti. "Mi ha chiamato Berlusconi, non sta benissimo ma ne uscirà", ha riferito il leader della Lega, Matteo Salvini. Nel pomeriggio notizie più confortanti sul miglioramento e le imminenti dimissioni confermate oggi dalla Ronzulli.

ANSA

Ieri lo davano aggravato, oggi pensano di dimetterlo.
Non che io abbia mai creduto alle paventate complicanze del post covid e tanto meno ad un aggravamento della sintomatologia, ho pensato, piuttosto, a qualche marachella sessuale dalla quale potrebbe esserne uscito alquanto malconcio, vista l'età avanzata, oppure alla paura di una condanna penale che, dati i suoi precedenti, non gli permetterebbe di perdurare ancora nella carica rivestita in Parlamento, anche se spesso latita da esso.
Questo essere spregevole usa il Parlamento come fosse una cosa di sua proprietà e ciò che più fa impressione è che c'è chi lo segue e lo osanna come un dio.
Poveri esseri senza senno o, peggio ancora, senza dignità.
Cetta

Pure Salvini incontrò lo 007 Mancini durante la crisi Conte. - Alessandro Mantovani e Giacomo Salvini

 

Tra le frequentazioni politiche di Marco Mancini, sempre meno saldo nel suo incarico di caporeparto al Dis, dopo il polverone sollevato dall’incontro con Matteo Renzi, c’era anche Matteo Salvini. E adesso si spiega meglio l’immediata, convinta difesa che il leader della Lega ha offerto all’altro Matteo, messo sulla graticola da Report per il curioso rendez-vous sotto Natale con il dirigente dei Servizi: “Incontrare uomini dei Servizi segreti è assolutamente normale – aveva detto Salvini – anch’io ho incontrato, e continuerò a farlo, decine di uomini dei Servizi”. Anche Mancini, sì, dicono nella Lega. Anche a dicembre, lo stesso mese del colloquio Renzi-Mancini all’autogrill di Fiano Romano, mentre iniziava la crisi del governo Conte-2 e il capo di Italia Viva attaccava l’allora presidente del Consiglio anche per la sua decisione di mantenere la delega ai Servizi, senza affidarla a un sottosegretario. In quei giorni si discuteva anche della nomina dei vicedirettori dei Servizi: Mancini aspirava a un incarico che non avrà; probabilmente cercava – e magari ottenne – l’appoggio di Renzi. Ma si capisce fino a un certo punto l’urgenza di un incontro il 23 dicembre, antivigilia di Natale, in quella particolare location autostradale, durato 40 minuti secondo la professoressa che ha assistito.

Lo stesso Salvini ha confermato a Report, in un’intervista che andrà in onda lunedì, di aver incontrato Mancini “più volte, da ministro” e sulle prime dice di averlo visto “in ufficio, al ministero, non all’autogrill”. Quando però Walter Molino di Report gli dice di avere “una fonte che dice che invece lei lo avrebbe incontrato proprio in un autogrill”, Salvini sembra meno sicuro: “Non mi sembra di averlo incontrato in autogrill”. Poi, a domanda secca: “A mia memoria non l’ho incontrato in autogrill”. Insomma, potrebbe esserselo dimenticato. Una cosa è certa, la frequentazione tra i due ha radici antiche: “Mancini – racconta Salvini – l’ho incontrato ripetutamente, lo andai a visitare per la prima volta in carcere a San Vittore quando fu arrestato ed ero consigliere comunale”. Fu arrestato due volte a giugno e a dicembre del 2006, quando Salvini era consigliere a Milano, prima per il sequestro di Abu Omar e poi per lo spionaggio alla Telecom. Il suo vecchio amico Giuliano Tavaroli, che era alla Telecom, alla fine patteggiò, mentre Mancini ne uscì prosciolto, come per il rapimento dell’imam da parte della Cia, anche perché i governi confermarono il segreto di Stato sulle attività del Sismi di Nicolò Pollari di cui faceva parte, con ruoli di crescente rilievo fino all’incarico di capodivisione operazioni.

Mancini è ancora al Dis, il Dipartimento per le informazioni e la sicurezza che coordina le agenzie operative, Aisi e Aise. Si occupa dei finanziamenti, materia delicata su cui è entrato in conflitto con alcuni ex colleghi. Gennaro Vecchione, il capo del Dis nominato da Conte, martedì scorso l’ha difeso davanti al comitato parlamentare di controllo, il Copasir. Ma non sapeva granché dell’incontro con Renzi, definito “privato”. L’audizione, che non ha soddisfatto tutti i parlamentari, non deve aver favorito la sua permanenza al Dis, infatti Draghi l’ha rimosso appena 24 ore dopo sostituendolo con una diplomatica di lungo corso come Elisabetta Belloni, che lascia l’incarico di segretaria generale della Farnesina al capo di gabinetto di Luigi Di Maio, l’ambasciatore Ettore Francesco Sequi. Era una decisione già presa, dicono a Palazzo Chigi, la cui accelerazione risale a lunedì, dunque prima dell’audizione.

Ora bisognerà vedere se il Copasir vorrà sentire anche Salvini dopo aver chiesto al Dis un’indagine interna su Mancini, anche sulla base delle rivelazioni dell’ex emissaria del cardinale Angelo Becciu, Cecilia Marogna.

Sempre ai microfoni di Report , la donna sostiene che Tavaroli avrebbe cercato di usarla contro l’allora direttore dell’Aise, il generale Luciano Carta, ma l’ipotesi non è affatto accreditata in ambienti dell’intelligence. Anche Tavaroli nega tutto. I giorni di Mancini al Dis sembrano contati, peraltro lì si occupa dei fondi riservati ed è entrato già in contrasto. Intanto gli tolgono la scorta dell’Aisi, a Palazzo Chigi sono convinti che non sia necessaria. Ne elimineranno anche altre. Ed è ricominciata la guerra per bande nei Servizi e il Copasir è in stallo da tre mesi. Perché la presidenza dovrebbe andare all’opposizione, dunque ad Adolfo Urso di Fratelli d’Italia, ma il leghista Raffaele Volpi, vicino a Giancarlo Giorgetti, non la molla. A impuntarsi è stato proprio Salvini. Ora c’è il rischio che l’incontro tra i leader del centrodestra, previsto giovedì per sbloccare la situazione, non basti. Qualunque scelta sulla presidenza potrebbe essere letta come un favore o un dispetto a Salvini. E intanto il Comitato è azzoppato: due membri su dieci, Urso e il forzista Elio Vito, non partecipano. Giorgia Meloni attacca: “Così si piccona la democrazia, intervenga Mattarella”.

IlFQ

Perplessità.

 

Interessante, anzi, interessantissimo, leggere i giudizi espressi da alcuni giudici in alcune situazioni;
secondo il loro parere Salvini, ministro degli interni, non permette ad una nave di attraccare in porto, ma non viene neanche processato perchè il fatto non sussiste; se ne deduce, pertanto, che fosse la nave a non voler attraccare;
l'Appendino, sindaco di Torino, invece, viene condannata a 18 mesi per i fatti successi in piazza ad opera di alcuni scalmanati; se ne deduce, pertanto, che il compito di un sindaco è andare in giro per la città ventiquattrore su ventiquattro, spada in resta, per evitare che fatti simili non avvengano più.
Ancora più incomprensibile è il fatto che una persona inqualificabile, per arrivare alla prescrizione, prendendosi gioco di una intera nazione e di tutta la magistratura nazionale, adotti il metodo inusuale di ricovero ospedaliero ad ogni approssimarsi di udienza in tribunale, per sopravvenute o persistenti cause di salute malferma... senza che qualcuno di loro intervenga per appurarne la veridicità... lascia basiti, perplessi... 

cetta

Professione pericolo. - Marco Travaglio

 

Le motivazioni della condanna di Chiara Appendino a 18 mesi per la disgrazia di piazza San Carlo confermano tre impressioni che avevamo avuto a caldo. 

1) L’apprezzamento perché la sindaca non dice una parola contro il giudice (qualunque altro politico tirerebbe in ballo Palamara, che ormai si porta su tutto, e ora pure Amara). 

2) Lo sconcerto per il fatto stesso che sia stata processata, e per giunta condannata per disastro, omicidio e lesioni colpose, pur avendo adottato tutte le misure di sicurezza in un evento organizzato – come sempre in questi casi – da una società ad hoc. 

3) Il timore che, letta una simile sentenza, nessuno in Italia voglia più fare il sindaco o che, se qualcuno lo fa, proibisca qualunque evento di piazza, fosse anche una sagra di paese o una festa rionale. Quella sera del 3 giugno 2017, durante la proiezione in piazza di Juve-Real Madrid, una banda di rapinatori armati di spray al peperoncino scatenò un falso allarme bomba, un’ondata di panico e un fuggifuggi che provocò la morte di due donne e il ferimento di centinaia di tifosi, caduti o calpestati su un tappeto di vetri rotti (le bottiglie di birra che incredibilmente la polizia aveva lasciato vendere nella piazza transennata, dopo aver perquisito a uno a uno i tifosi). Il tipico evento imprevedibile, aggravato dalle colpe di chi gestiva l’ordine pubblico.

Invece il giudice fa di tutta l’erba un fascio: la sindaca fu “frettolosa, imprudente e negligente” (ma il transennamento e il filtraggio della piazza e la proiezione in un altro spazio, il Parco Dora, per alleggerire l’afflusso dicono l’opposto). Motivo? “È prevedibile che in un assembramento di migliaia di persone… possa accadere un qualunque avvenimento, naturalistico o antropico, atto a innescare una prima scintilla di panico”: “petardo, rissa, grido d’allarme per scherzo, infiltrazione di terroristi o squilibrati”. Siccome tutto ciò può accadere anche allo stadio, alle feste di quartiere, alle sagre patronali, ai concerti al palasport o all’aperto, nelle arene estive, nelle discoteche, se la sentenza diventasse definitiva nessun sindaco autorizzerebbe più nulla per non rischiare la galera. Quindi si spera che venga rivista in appello, assegnando a ciascun imputato le sue responsabilità personali, e non vaghe colpe “oggettive”. Nell’attesa, il M5S dovrebbe cogliere l’occasione dell’arrivo di Conte per metter mano al Codice etico. Giusto l’automatismo tra condanne e dimissioni per reati dolosi e gravi. Per il resto, l’ultima parola va a un collegio di probiviri: se i fatti non sono incompatibili con cariche pubbliche, niente dimissioni neppure in caso di condanna definitiva; se invece i fatti sono infamanti, fuori subito anche con un semplice avviso di garanzia.

IlFQ

venerdì 14 maggio 2021

Grazie a tutti. - Luciano Scanzi

 

Sono abili, confondono le idee, ci spacciano la merda per finissima cioccolata. E noi abbiamo i neuroni rattrappiti da un devastante e perenne lockdown mentale, che rende quello dovuto alla pandemia una piccola pausa di riflessione.

Ci fregano facile. Ci fregano sempre. Ne compriamo a barattoli.
Certo, la mia è una visione di parte, essendo io ignorante, grillino, populista, qualunquista, massimalista, giustizialista e ovviamente comunista di merda, perciò vale quello che vale. Ma voi andate oltre, fate finta che da qui in avanti a scrivere sia uno intelligente, democratico e obiettivo come per esempio… sì insomma tipo… che somigli a… va be’, fate finta e basta.
Pd e 5s hanno contribuito a formare il governo del federisarcatuttinabarca, voluto da un Presidente troppo di parte, sostenuto da confindustria, appoggiato dalle banche e presieduto da una sorta di epica divinità evocata come un messia da quasi tutti i media.
Questo dopo che il precedente era stato eliminato da un killer, e per ogni killer c’è un mandante, come previsto dal piano segreto noto con il nome in codice “togliersi di culo Conte e i 5S”.
Ora, non potendo chiamare questo nuovo esecutivo “God and the New Providence” perché pareva troppo anche a loro, l’hanno chiamato “Governo dei migliori”, così, per complimentarsi un po’, però con sobrietà.
Costoro hanno proseguito il percorso già tracciato da quelli di prima, e questa è stata la sola cosa giusta, ma l’hanno fatto peggio e hanno farcito il tutto impreziosendolo con piccole gemme lucenti, tipo il ripristino dei vitalizi per il celeste, a ribadire la vocazione mistica, nuovi condoni, abolizione del salario minimo, braccino corto sulla Sanità, i viaggi della Serbelloni Mazzanti, di nuovo ‘sto cazzo di Ponte sullo Stretto, i silenzi complici su durigon e renzi, e soprattutto quello che ancora non sappiamo, o dovrà succedere quando si aprirà il barattolo della marmellata.
Però fanno tutto questo per noi, per renderci meno traumatico il passaggio quando al governo andrà la destra più becera e pericolosa, che nel frattempo sta acquattata nell’ombra e aumenta il proprio consenso fingendo un’opposizione che non fa.
Un po' come quando il mio urologo, per curarmi le ragadi, mi segnò una serie di supposte graduate, da piccola a enorme, che dovevo mettermi via via aumentando la misura, e io mi tenni le ragadi.
In attesa che succeda e che mi ritrovi la meloni presidentessa del consiglio, con le altre due grazie a corredo, vorrei ringraziare tutti per questo grandissimo risultato.
Grazie a letta e al suo pd, fonti imperiture di vuoto cosmico, eredi di una tradizione di delusioni inenarrabili che si tramanda ormai da decenni, ideologi dell’assenza più dannosa e colpevole rispetto ai bisogni delle persone che dovrebbero rappresentare; e grazie ai 5S, che, con audacia e sprezzo del periglio, si stanno consegnando al martirio e quindi alla leggenda in nome di non si sa cosa, o forse si sa fin troppo bene.
Entrambi, in questo governo contano meno di Ringo Starr nelle canzoni dei Beatles e di quell’altro negli 883.
Grazie ai media, agli opinionisti, ai salottieri mentani, agli intell… va be’, davvero un bel risultato quello del partito unico, dalle prospettive entusiasmanti.
E grazie a quei miei connazionali che appena si è parlato di riaperture hanno festeggiato inondando i social di selfie dove inneggiavano alla libertà brandendo uno spritz.
Grazie a tutti.
Io però ho un’altra idea di libertà.

Orso Grigio, blog

Gli inutili idioti. - Marco Travaglio

 

Appena nacque il governo Draghi, M5S, Pd e Leu annunciarono un intergruppo parlamentare per affrontare compatti la sfida ai neoalleati forzati di centro-destra (Lega, FI, Iv e altri centrini sfusi). Poi, siccome era un’ottima idea, la lasciarono cadere. Risultato: i forzaleghisti fanno il bello e il cattivo tempo, ottenendo da Draghi quasi tutto quel che vogliono. Le teste di Arcuri, di Borrelli, di metà dei membri del Comitato tecnico-scientifico. Poi le riaperture premature il 26 aprile all’insaputa del nuovo Cts. E l’altroieri il licenziamento del capo del Dis, generale Vecchione. Pezzo per pezzo si sta smontando l’esperienza giallo-rosa, come se la maggioranza di Draghi potesse esistere senza M5S, Pd e Leu. La domanda è semplice: quousque tandem subiranno in silenzio? Che aspettano a coordinarsi in un intergruppo che restituisca loro un’influenza sul governo pari al peso parlamentare? Il caso 007 è emblematico: nessuno discute le capacità della nuova direttora Belloni, beatificata dai soffietti dei giornaloni come estranea alla politica, come se non navigasse alla Farnesina nel sistema dei partiti dalla notte dei tempi e l’avesse portata la cicogna. La verità la conoscono tutti: Vecchione ha l’unica colpa di essere stato nominato da Conte, dunque dava noia ai due Matteo. Infatti è l’unico a saltare, senza uno straccio di spiegazione, mentre i capi di Aise e Aisi, trasversalmente protetti, restano. E resta incredibilmente pure il caporeparto del Dis Mancini, malgrado l’incontro carbonaro con l’Innominabile, o forse proprio per quello.

La situazione è aggravata da due fatti. 

1) Draghi ha affidato la delega dei Servizi a Gabrielli, tutt’altro che neutrale nella partita, essendo stato il capo del Sisde e dell’Aisi e avendo ricevuto incarichi tanto da destra e da sinistra (altro che estraneo alla politica). 

2) Il presidente del Copasir, che per legge dev’essere dell’opposizione e va preventivamente consultato sulle nomine degli 007, è il leghista Volpi, esponente della maggioranza. Così, sul nuovo capo del Dis, il premier e Gabrielli hanno consultato un alleato del loro governo, ovviamente favorevole.

Tutto in famiglia. E su queste vergogne non s’è levata una sola voce di protesta. Così come quando Draghi ha glissato in Parlamento sul sottosegretario leghista al Mef Durigon, che non dovrebbe restare al suo posto un minuto di più dopo aver detto che l’ufficiale della Guardia di Finanza che indaga sulla Lega “l’abbiamo messo noi” (la Gdf dipende dal Mef). Resta da capire quale sia la funzione di M5S, Pd e Leu, le tre forze maggioritarie che sostengono Draghi: a parte quella degli (in)utili idioti che tacciono e acconsentono, ingoiano e votano tutto.

IlFQ

Navigator, previsti 11.600 posti nei centri per l'impiego dopo il 2021. - Giorgio Pogliotti

 

I 2.549 navigator di Anpal possono ora puntare a un posto fisso negli stessi centri per l’impiego dove operano dall’estate del 2019 da precari.

I punti chiave

I 2.549 navigator di Anpal servizi hanno ottenuto una proroga del contratto di collaborazione fino a fine anno, ma nel futuro di molti di loro c’è un posto fisso negli stessi centri per l’impiego dove operano dall’estate del 2019 da precari. Sono giovani (età media 35 anni, in prevalenza donne), tutti in possesso di laurea (prevale giurisprudenza), non stupisce che in molti si stiano candidando per gli 11.600 posti banditi dalle regioni nei centri l’impiego.

Navigator versus dipendenti delle regioni.

La loro vicenda sin dall’inizio è stata accompagnata da polemiche. In origine i navigator erano 2.980, ma il loro ingresso nei centri per l’impiego è stato oggetto di un lungo braccio di ferro con le regioni che non vedevano di buon occhio la presenza nelle loro strutture di dipendenti di altre amministrazioni, così si è trovata la soluzione “ibrida”; possono svolgere l’attività diretta o in affiancamento al dipendente del centro per l’impiego, sempre d’intesa con il responsabile dei Cpi. «Erano un tentativo di costruire un sistema parallelo ai Cpi senza avere strutture e competenze, vista la competenza delle regioni in materia - sostiene Maurizio Del Conte ordinario di diritto del lavoro alla Bocconi di Milano -. I navigator andrebbero impegnati non solo per i percettori del reddito di cittadinanza, ma per tutta la rete di politiche attive».

Pochi i dati sull’attività svolta dai navigator.

Non esiste un quadro aggiornato delle attività dei navigator, o dei risultati che hanno conseguito nei Cpi. L’ultimo report ufficiale di Anpal risale a ottobre 2020. Il presidente Mimmo Parisi - in uscita a breve, prima della scadenza del contratto (febbraio 2021) su istanza del ministro del Lavoro Andrea Orlando, che intende commissariare l’Agenzia in previsione di un cambio di governance - ha annunciato che prima di andar via farà uscire i dati. Ma la conoscenza di questi dati non dovrebbe essere lasciata alla discrezionalità dei vertici.

Tuttavia un documento interno, ancora non pubblicato, contiene la fotografia al 31 gennaio: da settembre 2019 i navigator hanno supportato gli operatori dei Cpi nell’accoglienza dei beneficiari di RdC, tramite 994.981 convocazioni o colloqui realizzati (37.068 a gennaio), nell’attività di “presa in carico” di 469.578 beneficiari del RdC per la stipula del Patto per il Lavoro; nelle regioni che autorizzano i Navigator ad operare direttamente, hanno seguito 228.484 piani personalizzati di accompagnamento al lavoro, ne hanno monitorati 156.980 e hanno svolto attività di verifica dell’attuazione delle azioni previste dai Piani con 739.764 contatti con i beneficiari. Complessivamente hanno reso disponibili ai beneficiari RdC 429.984 tra vacancies, opportunità formative o orientative.

Il sistema informativo di Anpal non è mai decollato.

Il problema è che i navigator sono solo un tassello di un sistema che non è mai decollato, la cosiddetta seconda gamba del reddito di cittadinanza, ovvero le politiche attive del lavoro. Al 31 ottobre 2020 i beneficiari del reddito di cittadinanza (RdC) occupabili erano 1.369.779, di questi in 352.068 hanno avuto almeno un rapporto di lavoro successivo alla domanda, ma alla stessa data i rapporti di lavoro ancora attivi erano 192.851. Del resto, anche guardando oltre il Rdc è tutto il sistema informativo unitario di Anpal a non essere mai decollato, l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro per cittadini, aziende e operatori con il portale MyAnpal fa registrare numeri assai bassi (22mila rapporti di lavoro avviati dal 1 gennaio 2020).

Lenzi (navigator): «Spesso mancano competenze digitali».

«Da luglio del 2019 ho seguito oltre 200 percettori del Rdc - racconta Antonio Lenzi (42 anni), navigator, laurea con 110 e lode in scienze politiche e dottorato, portavoce di Anna (associazione di navigator) -. Con le persone convocate nei Cpi facciamo più colloqui, per spiegare come funziona il percorso di attivazione, vagliare le carenze formative. Spesso abbiamo in carico ultracinquantenni con bassa scolarizzazione, competenze digitali quasi nulle, carriere discontinue e bassa qualificazione professionale. Costruire con loro un piano personalizzato non è semplice. In molti casi hanno spesso bisogno di formarsi, di avere cognizioni informatiche di base per potersi ricollocare. Monitoriamo se si sono attivati nella ricerca di un posto disponibile e se c’è una posizione aperta li prepariamo al colloquio di lavoro. La soddisfazione più grande è aver convinto dei giovani a completare gli studi».

Verso il concorso per il posto fisso.

Per il futuro? «Ho superato la prova di preselezione per un posto nel centro per l’impiego - aggiunge Lenzi -, qui in Lombardia a fine mese c’è il concorso». Le posizioni nei Cpi riguardano spesso profili amministrativi, perchè buona parte dell’attività dei dipendenti è per sbrogliare pratiche burocratiche. «Serve una revisione complessiva della rete di 550 centri per l’impiego - aggiunge Del Conte -. Si parla molto delle 11.600 assunzioni, ma il problema non è solo quantitativo, è anche qualitativo. La riforma va fatta d’accordo con le regioni, per costruire un modello di centri ad assetto variabile, con una griglia di servizi di base che assicuri gli stessi tempi e le stesse modalità di erogazione delle prestazioni su tutto il territorio».

IlSole24Ore