martedì 28 dicembre 2021

Caos FFP2: le mascherine più protettive diventano obbligatorie, ma senza prezzo calmierato. Costi moltiplicati per le famiglie e rischio speculazione. - Thomas Mackinson

 

L'ex commissario Arcuri riconobbe l'errore sulle chirurgiche: "Avrei dovuto fissare il prezzo calmierato prima". Ma a distanza di un anno, nel tempo dei "migliori", ci risiamo: il nuovo decreto rende obbligatori al chiuso i dispositivi che costano anche sei volte tanto le chirurgiche ma non fissa un prezzo scaricando il costo sulle famiglie e prestando il fianco a chi ne approfitta. Ecco dove costano meno e come verificare l'autenticità.

Alla farmacia di viale Brianza costano 3 euro l’una. Appena novecento metri più in là, alla Sansovino, vengono 2.50 mentre alla Stazione Centrale di Milano le trovi a due euro. In San Lorenzo a Roma costano la metà: 1.50 se bianche, 2 euro se colorate. L’unica certezza? Ora che sono obbligatorie per legge, le FFP2 te le paghi tu. Perché, per ragioni poco comprensibili, l’obbligo è arrivato senza un prezzo calmierato, che vale fino a fine emergenza (31 marzo 2022) solo per le vecchie mascherine chirurgiche e per i tamponi. Il regalo di Natale per gli italiani alle prese con la variante Omicron è un nuovo “rebus mascherine” di quattro lettere: FFP2, quelle a forma triangolare che garantiscono più protezione grazie alla maggiore capacità filtrante in entrata. Con l’ultimo decreto il governo le ha rese obbligatorie per accedere agli “spettacoli aperti al pubblico, sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali assimilati, nonché per gli eventi e le competizioni sportivi che si svolgono al chiuso o all’aperto”. L’obbligo scatta anche sui mezzi pubblici, ma con un piccolo “giallo”, perché le norme appena varate escludono il trasporto regionale, dove il dettato della legge consentirebbe ancora di sfoderare la vecchia chirurgica. Il tema è spinoso e delicato perché anziché 0.50 centesimi le FFP2 costano anche sei volte tanto ma – a differenza delle prime – non sono stati varati tetti al prezzo che viene praticato. Da qui, accorati appelli a non commettere l’errore di scaricare il costo della sicurezza sulle sole spalle dei cittadini e delle famiglie lasciate sole davanti a un vero e proprio salasso, agli speculatori o ai truffatori. Ma facciamo il punto.

IL (COSTOSO) ADDIO ALLE CHIRURGICHE NEI LUOGHI PUBBLICI.
Il nuovo decreto del governo, pubblicato la vigilia di Natale, ha prorogato lo stato di emergenza fino al 31 marzo e ha introdotto una stretta alle restrizioni anti Covid in vigore. Tra le misure a maggior impatto, quelle che segnano un cambio di rotta nelle abitudini quotidiane: le mascherine con cui tutti hanno dovuto imparare a convivere. L’orientamento del governo è di pensionare dai luoghi chiusi quelle chirurgiche che l’hanno fatta da padrone per quasi due anni ma che lo stesso Cts, alla fine, ritiene inidonee come strumento di protezione. Disco verde in favore delle FFP2 che hanno una capacità filtrante in ingresso pari al 90% contro il 20% delle prime. Il ragionamento è che le prime, in microfibra, proteggono prevalentemente verso l’esterno, per cui sono utili solo se indossate da tutti, le altre garantiscono una barriera doppia. Entrambe, va ribadito, sono monouso: dopo 8 ore andrebbero gettate. Ma qualcosa tra le une e le altre, fatalmente, si è perso: sulle prime lo Stato ha investito per garantire un prezzo d’acquisto bloccato. Non da subito, va detto. Fu proprio uno dei crucci dell’ex commissario Domenico Arcuri non fissare prima il calmiere a 50 centesimi: “Dovevo farlo prima per abbattere la vergognosa speculazione”, disse a luglio del 2020, dopo sei mesi di emergenza. Ma l’errore pare si stia ripetendo, e su dispositivi che costano anche sei volte tanto. Una dimenticanza o una scelta? In vero il 23 dicembre, prima che il consiglio dei ministri approvasse il decreto n. 305, un’agenzia (AdnKronos) batteva la notizia secondo cui il governo stava valutando di introdurre prezzi calmierati. Il fatto che non sia poi successo depone non a favore della dimenticanza ma per scelta, magari provvisoria in attesa misure specifiche e approvvigionamenti, ma comunque problematica.

LA POLEMICA PARTE DALLA SCUOLA.
Il 10 gennaio si tornerà in classe: gli studenti potranno continuare a utilizzare le mascherine chirurgiche, ma la struttura commissariale fornirà al personale scolastico mascherine Ffp2 e Ffp3 nel caso in cui ci siano alunni esentati dall’utilizzo dei Dpi. Il generale Figliuolo ha anche garantito 5 milioni di euro per questo. La scelta ha mandato subito in ebollizione il mondo della scuola. I sindacati e l’associazione dei presidi contestano apertamente la decisione di non garantire i dispositivi di protezione indicati come idonei a tutto il personale scolastico, specie da che diventa presidio obbligatorio in tutti i luoghi chiusi, mezzi pubblici compresi, anche in riguardo al fatto che i numeri dei contagiati indicano che proprio i minori in fase scolare sono la fascia più colpita, mentre le vaccinazioni per quell’età sono ancora poche.

GLI APPELLI: “EVITARE COSTI E SPECULAZIONI.”
Fuori dalla scuola sono amministratori e sindaci i primi ad avvertire il rischio che il mancato intervento pubblico generi il caos, speculazione sui prezzi, garanzie di sicurezza legata al censo dei cittadini. “Mi auguro che il Governo riesca a introdurre un costo calmierato per l’utilizzo delle mascherine Ffp2” ha detto oggi il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Gli fanno eco vari sindaci come Nario Nardella (Firenze) e associazioni dei consumatori che avvertono il rischio di un’impennata incontrollata dei prezzi con relative speculazioni e di un costo sociale enorme che si abbatte sulle famiglie. Del resto se le FFP2 sono monouso, dopo otto ore si buttano. E una famiglia con figli potrebbe arrivare a spendere cifre considerevoli per ottemperare alle nuove norme. A chiedere “subito il prezzo fisso” è anche Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

OBBLIGATORIO SU TUTTI I MEZZI?
Il nuovo decreto impone l’obbligo di indossare le mascherine anche all’aperto. L’art. 4 estende tale obbligo ai mezzi di trasporto, ma richiamando il decreto sul greenpass, che escludeva i regionali, finisce per creare lo stesso buco. In sostanza l’accesso ai treni, navi, traghetti, treni ad alta velocità, intercity etc non contemplava la categorie del trasporto regionale, e facendo riferimento alle stesse categorie, anche l’obbligo di FFP2 appena introdotto, a regola, sarebbe escluso da tale ambito. Più che la svista però conta di poterle comprare queste mascherine, che fino a ieri venivano scartate perché più care, ma domani potrebbero essere irreperibili e innescare così la corsa al rialzo che da più parti si chiede di scongiurare con intervento pubblico.

DOVE COMPRARE, COME CONTROLLARE.
Se la farmacia sotto casa è un incognita per chi dovrà munirsi di FFP2 fornitori che praticano prezzi accettabili si trovano online, sui vari marketplace come Amazon, che al momento in cui scriviamo propone set da 30 a 50 mascherine con prezzo variabile da 0,70 a 0,93 euro ciascuna. In ogni caso è fondamentale che il dispositivo sia certificato e garantito, diversamente da quanto avvenuto con le mascherine chirurgiche per le quali, per ovviare alla mancanza, si sono accordate varie deroghe. Come controllare? La Commissione Europea ha messo a disposizione uno strumento online di verifica (database Nando) di non proprio agevole consultazione. Bisogna inserire il numero a quattro cifre stampigliato accanto al marchio CE (“Keyword On Notified body number”), cliccare il tasto “research” e appare il nome dell’ente certificatore. Se non accade, si devono consultare gli elenchi dei dispositivi validati in deroga dall’Inail ai sensi del decreto Cura Italia del 17 marzo 2020. Il secondo step è cliccare sul nome dell’ente e assicurarsi che nella scheda “Legislation” compaia la dicitura “Personal protective equipment”. Nel corrispondente file dovrebbe essere riportata la voce “Equipment providing respiratory system protection”: è la garanzia che le mascherine sono state validate da un’agenzia autorizzata dall’Unione Europea.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/12/27/caos-ffp2-le-mascherine-piu-protettive-diventano-obbligatorie-ma-senza-prezzo-calmierato-costi-moltiplicati-per-le-famiglie-e-rischio-speculazione/6438584/

sabato 25 dicembre 2021

Buon Natale!

 

Enel.


Enel... voglio ricordarlo com'era quando era un ente statale; ora che è una società per azioni, distrutta e venduta dalla becera politica che batte cassa, per dare più soldini agli azionisti, toglie a chi l'ha resa grande con il lavoro.

E per peggiorare la sua situazione in termini di visibilità e serietà aziendale, addebita l'importo delle bollette 2 giorni prima della scadenza...

Si sa, gli azionisti premono per avere i soldini che servono per andare a Cortina... e l'Enel, ormai asservita agli oscillamenti di Borsa e ai dictat della politica imbastardita, obbedisce...
Amen.

cetta

giovedì 23 dicembre 2021

Superbonus 110% senza tetto Isee per le villette. Lavori, 30% entro giugno. - Marco Mobili e Marco Rogari

 

Vale anche se l’immobile da riqualificare energeticamente o da mettere in sicurezza antisismica è un vecchio rudere o una villetta al mare, in campagna o in montagna.

I proprietari di unità immobiliari unifamiliari tirano un sospiro di sollievo. Per tutto il 2022 potranno accedere al superbonus del 110% senza dover sottostare ai tanti vincoli inseriti dal governo nel disegno di legge di bilancio. E questo anche se l’immobile da riqualificare energeticamente o da mettere in sicurezza antisismica è un vecchio rudere o una villetta al mare, in campagna o in montagna.

Non tutti i dubbi di operatori e contribuenti vengono però risolti dal nuovo emendamento riformulato dai relatori al disegno di legge di bilancio Daniele Pesco (M5S), Vasco Errani (Leu) ed Erica Rivolta (Lega), approvato dalla Commissione Bilancio del Senato. Dal destino del bonus facciate a quello dei ritocchi al decreto anti frodi i nodi da sciogliere sono ancora molti.

Anche se la versione finale del correttivo si è fatta attendere, e malgrado maggioranza e fonti di governo abbiano comunque continuato a parlare di accordo chiuso, vediamo in sintesi le novità in arrivo e le questioni rimaste aperte.

Salta il tetto Isee la prima casa.

L’accordo raggiunto al Mef tra maggioranza e governo sulle modifiche da apportare per allentare la stretta sul Superbonus prevede non solo l’eliminazione del tetto reddituale e patrimoniale dell’Isee a 25mila euro, ma anche la cancellazione dell’obbligo di dover effettuare i lavori agevolati con il 110% se la villetta è adibita ad abitazione principale.

Lavori al 30% entro giugno.

Tra le altre novità in arrivo per le villette ammesse alla proroga del 110% per tutto il 2022 anche l’eliminazione dell’obbligo della Certificazione di inizio lavori asseverata (Cila) e soprattutto la riduzione dal 60% al 30% dei lavori già realizzati alla data del 30 giugno.

Proroghe sfalsate tra bonus.

La proroga al 2022 dovrebbe riguardare anche l’installazione dei pannelli solari, così come dovrebbero riallinearsi le proroghe tra il 110% e i cosiddetti bonus edilizi trainati dai lavori agevolati con il Superbonus.

Bonus facciate in lista d’attesa.

Molto attese da condomini e imprese anche le possibili modifiche al bonus facciate. Il Governo ne ha previsto la proroga per il 2022 ma ha ridotto dal 90% al 60% la percentuale della detrazione spettante. L’idea della maggioranza era quella di una proroga di 6 mesi fino a giugno con aliquota al 90%, ma l’alto costo del nuovo differimento, salvo ripensamenti notturni, ha bloccato la proposta.

Misure anti frode in dubbio.

In salita anche i possibili correttivi sul decreto anti frodi. La richiesta di escludere dall’asseverazione gli interventi di piccola entità (si era ipotizzato fino a 20mila euro) sarebbe stata bloccata dal Mef per possibili elusioni della norme con un semplice frazionamento degli importi legati agli interventi ammessi alle agevolazioni.

Raddoppia il bonus mobili.

Il bonus mobili raddoppia ma solo nel 2022. Con un altro emendamento riformulato secondo gli accordi tra maggioranza e governo e approvato dalla commissione Bilancio di Palazzo Madama il tetto di spesa in base al quale è calcolata la detrazione del 50% per il bonus sugli arredi sale da 5mila a 10mila euro. Resta invece la soglia di 5.000 euro per il 2023 e il 2024. Il bonus, che per il solo anno 2021 è stato di 16mila euro, riguarda la spesa per gli acquisti di mobili o elettrodomestici destinati all’arredo di immobili sui quali il contribuente ha effettuato lavori di ristrutturazione.

Bonus idrico prorogato al 2023.

Anche se fuori dai bonus edilizi va evidenziata l’estensione al 31 dicembre 2023 dell’agevolazione per l’acquisto e l’installazione di sistemi di filtraggio dell’acqua. Il credito d’imposta del 50%, previsto dalla legge di bilancio 2021, è finalizzato a razionalizzare l’uso dell’acqua e ridurre il consumo di contenitori di plastica.

https://24plus.ilsole24ore.com/art/superbonus-110percento-senza-tetto-isee-le-villette-lavori-30percento-entro-giugno-AE3bCp3?s=hpf

Quirinale, Draghi si autocandida presidente. Ma l’aut aut fa arrabbiare i partiti. - Wanda Marra

 

SEGNALE DIRITTO - L'ex Mr. Bce si sbilancia durante la conferenza di fine anno. “Ricatto” alla maggioranza: la strada è tutta in salita.

Tra un applauso della stampa ancora prima che inizi a parlare e una quasi ovazione alla fine, Mario Draghi mette sul tavolo la propria candidatura al Quirinale nella conferenza stampa di fine anno. Con un linguaggio chiaro, ma sufficientemente elusivo da non essere diretto. “Abbiamo reso l’Italia uno dei Paesi più vaccinati del mondo, abbiamo consegnato in tempo il Pnrr e raggiunto i 51 obiettivi”. Dunque, l’operato del governo può continuare “indipendentemente da chi ci sarà”. La risposta chiave arriva alla prima domanda, il premier si mette in campo. Il segnale arriva più diritto rispetto alle previsioni. Non ha aspettato di farsi ulteriormente logorare dai partiti, Draghi, e neanche ha atteso il ritiro di Silvio Berlusconi. Ha lasciato dire a Sergio Mattarella il suo ennesimo “no” al bis. E poi ha voluto chiarire di persona quello che da Palazzo Chigi raccontavano ormai da settimane: “È immaginabile una maggioranza che si spacchi sulla elezione del presidente della Repubblica e si ricomponga nel sostegno al governo? È la domanda che dobbiamo farci”.

Di fatto, di rimanere a Palazzo Chigi con un altro presidente non ha alcuna intenzione. Forza fino a dove può Draghi, sapendo che i partiti a questo punto lo soffrono. Per questo ha giocato di anticipo, per questo non ha esitato a dettare le sue condizioni: se lo vogliono, il suo ruolo sarà un altro. Sa bene che non sarà facile dire di no a quello che suona come un aut aut. Delinea pure un percorso e una road map il premier. L’elezione dovrà avvenire con una maggioranza se possibile ancora più ampia di quella attuale. Il messaggio è per Giorgia Meloni, che però lo accusa a caldo di “autocelebrarsi”. Nelle intenzioni del premier, la legislatura deve andare avanti. Esattamente quello che la Meloni non vuole. Però ci tiene a restituire al Parlamento il suo ruolo, il premier: la responsabilità è “nelle mani delle forze politiche”. Si tratti di vita del governo o di voto per il Colle. Ma poi si definisce “un nonno al servizio delle istituzioni”. Anche questo, un messaggio chiarissimo, che evoca presidenti come Sandro Pertini e Sergio Mattarella. Si dà anche un profilo da presidente: non “notaio”, ma “garante”, come il suo precedessore. Di certo è l’attuale presidente della Repubblica “il modello” a cui guardare per come ha affrontato “momenti difficilissimi nel settennato con dolcezza e fermezza, lucidità e saggezza”. Senza travalicare il “governo parlamentare” previsto in Costituzione. Da una parte vuole assicurare che non ci sarà un presidenzialismo di fatto, dall’altra è già pronto a supplire alle carenze della politica. Verso la quale riesce a essere pure quasi sprezzante. “Il mio successore? Lo chieda ai partiti”. I partiti sono tutt’altro che entusiasti. “Non ha i voti, non ce la fa”, è il commento che si sente di più. E se Silvio Berlusconi non si ritira e chiede che il premier resti a Palazzo Chigi, Matteo Salvini, mentre si esprime perché il premier resti dov’è e annuncia nomi per i prossimi giorni, gli chiede un incontro.

La partita è aperta. Con Forza Italia e la Lega divise, così come sono divisi Pd e M5S. Renzi è indeciso: con il premier in campo non può lavorare per un’altra candidatura, ma appoggiarlo potrebbe far naufragare il suo desiderio di fare da ago della bilancia. Potrebbe, visto che in realtà i margini per guidare il processo esistono. Fonti M5S, a caldo, fanno trapelare la “necessità” della “continuità dell’azione di governo”. Una locuzione che ha usato lo stesso premier, ma che fa capire anche il disappunto. In corso di giornata, infatti, il M5S rafforza la tesi che Draghi debba rimanere dov’è. Dal Nazareno sono più aperti. Si schierano per la tutela di Draghi e mettono l’accento sul fatto che l’importante è che la soluzione Colle e la soluzione governo vengano prese insieme. Un punto dolente. Draghi, per ora, lo ha detto chiaro e tondo: sta ai partiti trovare la soluzione. Un modo anche per inchiodarli alle loro responsabilità. E per precostituirsi la via d’uscita di fronte al caos. Ma anche per trovarla lui la soluzione, ove evidentemente mancasse.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/12/23/quirinale-draghi-si-autocandida-presidente-ma-laut-aut-fa-arrabbiare-i-partiti/6435350/

Draghi si celebra: ecco cosa torna e cosa no. - Nicola Borzi, Calro Di Foggia, Alessandro Mantovani

 

LA CONFERENZA DI FINE ANNO - Le risposte alle 44 domande: dagli aiuti fiscali ai ricchi alle scelte della campagna vaccinale fino al Pil. Abbiamo verificato quel che c'è di vero e di falso nelle uscite più rilevanti.

Nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, Mario Draghi ha risposto a 44 domande, toccando moltissimi temi, dai vaccini alla manovra all’economia. Il senso, in sintesi, è che il grosso del lavoro è stato fatto, e bene, e può continuare anche senza di lui (il famoso “pilota automatico” sulle riforme di cui parlò dopo le Politiche del 2013). Verificarle tutte è impossibile, ecco però una breve e inesaustiva analisi di quelle più rilevanti.

Taglio delle tasse.

Draghi: “I principali beneficiari della riforma fiscale sono i lavoratori e pensionati a reddito medio-basso. In termini percentuali i maggiori benefici uniti al taglio contributi per il 2022 si concentrano sui lavoratori con 15 mila euro di reddito e se si considerano gli effetti dell’assegno unico dei figli, a beneficiare della riduzione fiscale saranno soprattutto le famiglie a basso reddito

Usare il valore “percentuale” è fuorviante, come pure mischiare tutte le varie misure. Il taglio Irpef premia in valore assoluto i redditi tra i 42 mila e 54 mila euro (765 euro), il 3,3% del totale (a cui va il 14,1% delle risorse). Addirittura 270 euro in media vanno ai redditi sopra i 75 mila euro (l’1,1% più ricco). Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, se si considerano i nuclei familiari: il 20% più povero è escluso per motivi di incapienza fiscale, il 50% di quelli in condizione economica meno favorevole prende un quarto delle risorse mentre il 10% più ricco più di un quinto delle risorse. La decontribuzione poi vale solo per il 2022, mentre il taglio Irpef è permanente. Sull’assegno unico, inoltre, stimarne l’entità è difficile perché dipende dall’Isee.

Spread e crescita.

Draghi: “Se lo spread è più alto di quando sono arrivato vuol dire che io non sono uno scudo. Se si continua a crescere la preoccupazione diventa minore, i mercati guardano alla crescita prima di tutto, che non era così dagli Anni 60”.

Il premier giustamente ricorda che lo spread dipende da fattori che non si possono ridurre al capo del governo. Ad ogni modo, negli Anni 60 la crescita seguiva ad anni di crescita, mentre il +6,3% del Pil previsto per il 2021 segue il -8,9% del 2020: è soprattutto un rimbalzo e, peraltro, sia nel 73 che nel 76 è stata più alta (6,7% e 6,6%).

Superbonus.

Draghi: “Il governo non voleva estendere il Superbonus perché ha creato distorsioni. La prima è un aumento straordinario dei prezzi delle componenti che servono a fare le ristrutturazioni. (…) Chiaro che le emissioni vanno giù, ma non così tanto per assorbire questo aumento di prezzo. È la logica del 110% che in un certo senso non rende più la contrattazione di un prezzo rilevante. Secondo: ha incentivato le frodi. Questa mattina l’Agenzia delle Entrate ha bloccato 4 miliardi di crediti come cedibili”.

È vero che uno sconto fiscale così alto disincentiva l’interesse a ridurre i costi perché paga lo Stato, non è chiaro però se Draghi depuri dall’effetto del fortissimo rialzo dei prezzi che da un anno riguarda le materie prime. Sull’effetto di riduzione delle emissione: è vero che a fronte di una spesa oltre 10 miliardi finora i lavori riguardano assai meno dell’1% di abitazioni e condomini. Sui 4 miliardi di frodi: la cifra è corretta, ma riguarda tutti i bonus edilizi.

Camere esautorate.

Draghi: “È indubbio che ci sia un affanno finale sulla discussione e approvazione della manovra, ma questo non è senza precedenti. È successo tantissime volte. La manovra è stata accompagnata da un lunghissimo confronto politico.

Come noto, comprimere la discussione parlamentare sulla legge più importante dell’anno non è una novità ma ormai prassi (illegale) da anni. Il Parlamento però ha espresso il suo primo voto sulla manovra 2022 in commissione Bilancio al Senato nella notte tra lunedì e martedì. Questo è un record, e racconta di una procedura largamente extraparlamentare. Il ddl Bilancio sarà approvato al Senato il 24 e dalla Camera tra il 28 e il 31 senza discussione (un monocameralismo di fatto). È il terzo anno di fila che si arriva al via libera tra Natale e Capodanno, ma non era mai successo che si iniziasse a votare così tardi.

Pnrr.

Draghi: “ Abbiamo consegnato in tempo il Pnrr e abbiamo raggiunto i 51 obiettivi del 2021.

È senz’altro vero, ma avremmo preferito avere a disposizione la relazione semestrale sul Pnrr che permette di verificare questo dato. È prevista ogni 6 mesi, ma sarà approvata solo oggi.

Chi vaccina e chi no.

Draghi: “Il 13 febbraio l’Italia era l’ultimo tra i grandi Paesi Ue per la somministrazione di prime dosi. Oggi circa l’80% della popolazione ha ricevuto almeno una dose, una proporzione più alta di Gran Bretagna Francia e Germania.

È tutto vero, però così sembra che fino al 13 febbraio, giorno del giuramento di Draghi, nessuno o quasi si fosse vaccinato. La campagna vaccinale comincia il 27 dicembre 2020 sotto il Conte 2, compatibilmente con qualche ritardo nelle consegne da parte dei produttori che penalizza il nostro Paese più di altri: tra il 6 e il 19 gennaio l’Italia fa anche meglio di Francia, Germania e Spagna quanto alle prime dosi in percentuale sulla popolazione, poi viene superata ma il 13 febbraio siamo tutti fra il 3,6 (Francia) e il 2,9% (Italia) almeno secondo ourworldindata.org/covid-vaccinations. La Gran Bretagna, fuori dall’Ue è già molto più avanti (21%). Solo il 1° marzo Draghi nomina Figliuolo che si insedia dopo una decina di giorni: il 13 marzo Figliuolo presenta un nuovo piano e quel giorno gli italiani che hanno avuto la prima dose sono l’8%, un dato sotto quello della Spagna (8,4%) ma sopra quelli di Francia (7,9%) e Germania (7,8%). Un mese dopo, il 13 aprile, con il generale al comando è al 16%, gli altri tre grandi Paesi al 17% e così per diverse settimane. Nei mesi seguenti l’Italia vaccina più di Francia e Germania e anche Gran Bretagna, probabilmente pure per l’effetto del Green pass (ma le 500 mila dosi al giorno annunciate per la seconda metà di aprile sono arrivate solo per due giorni, il 29 e il 30, ai primi di maggio eravamo di nuovo a 400 mila, soprattutto per la carenza di dosi). Se poi Figliuolo non avesse promesso l’immunità di gregge a settembre, sarebbe andata pure meglio per la credibilità delle istituzioni.

Comunicazioni sbagliate.

La comunicazione sul Green pass e sul Super Green pass si è sviluppata in base alle conoscenze ottenute fino a quel momento (…) Si è scoperto che la seconda dose declina più rapidamente di quanto si pensasse all’inizio.

Qualche volta invece le conoscenze sono state piegate alla propaganda. È il caso della conferenza stampa del 22 luglio in cui Draghi annuncia il Green pass dal 6 agosto per i ristoranti e i bar al chiuso: “L’estate è già serena e vogliamo che rimanga tale. Il Gp è una misura con i quali i cittadini possono continuare a svolgere attività con la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”. E questo non è vero, il vaccino riduce in misura variabile la possibilità di contagiarsi e contagiare ma la garanzia è un’altra cosa, i vaccini non sono sterilizzanti: si sa da prima ancora che fossero approvati. A luglio Israele già lavorava per la terza dose, ma per non allarmare chi doveva fare la prima il governo ne ha parlato solo a settembre.

Stato di emergenza.

Draghi: “Lo stato di emergenza come stato di rassegnazione? No, come atto di necessità. Con i dati di inizio ottobre si poteva cominciare a ragionare di non prorogare tutto il contesto legato allo stato di emergenza ma di valutare misura per misura. L’evoluzione dei dati ha dimostrato che non valeva la pena farlo e che tutto il blocco sanitario e normativo andava prorogato.

I dati di inizio ottobre facevano ben sperare, tanto che il ministro Renato Brunetta ha disposto la fine dello smartworking per il pubblico impiego dal 1° novembre. Però a fine novembre gli anestesisti hanno lanciato i primi allarmi su quello che sarebbe accaduto nelle terapie intensive di lì a un mese e i dati dell’Istituto superiore di sanità, con l’indice di riproduzione del virus Rt ben oltre l’1,2, consentivano di prevedere quello che oggi tutti i giornali scrivono: alcune Regioni, Veneto e Liguria ma non solo, rischiano la zona arancione ai primi di gennaio. Il Fatto l’ha scritto il 4 dicembre in base alle tabelle previsionali dell’Iss. Da allora c’era tutto il tempo per costruire una cornice legale per conservare il commissariato straordinario e quanto necessario per gestire questa fase senza l’ennesima proroga dello stato di emergenza oltre il limite di due anni stabilito dalla legge quadro sulla Protezione civile.

Terapie intensive.

Draghi: “Per ora non parliamo di lockdown per i non vaccinati ma ogni risposta è sul tavolo, faccio però presente che i due terzi delle terapie intensive sono occupate da non vaccinati”.

È vero. Nell’ultimo rapporto dell’Iss (17 dicembre) si legge che tra il 29 ottobre e il 28 novembre sono stati ricoverati in terapia intensiva 747 non vaccinati, 21 vaccinati con una dose, 174 con due dosi fatte meno di 150 giorni prima, 220 con due ma fatte da oltre 150 giorni e 12 con tre dosi, per un totale di 427 che è poco più di un terzo dei 1.174 totali. Calcolati in proporzione, tenendo conto che i vaccinati sono molto di più, l’Iss stima che il rischio relativo di andare in terapia intensiva è 10,6 superiore per un non vaccinato rispetto a un vaccinato da più di 150 giorni, di oltre 17 volte rispetto a un vaccinato da meno di 150 giorni o a chi ha fatto tre dosi.

Generosità e brevetti.

Draghi: “La Ue ha fatto più di tutti in termini di donazione di vaccini, gli Usa hanno fatto promesse gigantesche ma consegne molto più limitate di quelle europee. Sui brevetti per i vaccini la Commissione europea ha presentato una proposta al Wto per permettere una deroga temporanea, gli Usa si oppongono”.

In realtà il 28 ottobre, alla vigilia del G20 ospitato da Roma, le Ong Oxfam, Emergency e Amnesty hanno criticato i Paesi ricchi per aver donato solo 261 milioni di dosi a quelli poveri, a fronte di promesse per 1,8 miliardi. Secondo gli ultimi dati, l’Italia ha inviato 8,2 milioni di dosi su 35,7 donate e ne ha 1,1 milioni annunciate ma non ancora donate. Gli Usa ne hanno promesse 857,5 milioni, 664,1 non ancora donate e 140,3 milioni già inviate, mentre la Ue, a fronte di promesse per 451,5 milioni di dosi, ne ha spedite appena 57,8 e 153,2 milioni non ancora donate. Quanto ai brevetti, sono stati gli Usa ad aprire per primi alle sospensioni. Il 30 novembre la Ue, che è contraria alla sospensione generale dei brevetti su scala globale, si è detta pronta a superare la sua posizione “per ottenere il consenso su una rinuncia che abbia senso e che aumenterà la produzione”. “La sospensione dei brevetti fa parte del contributo che possiamo fornire, ma in modo molto mirato per non minare il valore del sistema di proprietà intellettuale. Se dovessimo avere un tipo di deroga molto ampio, tutti questi elementi verrebbero interrotti e questo non sarebbe affatto utile per il nostro obiettivo che è aumentare la produzione di vaccini. E aumentare gli investimenti per produrre vaccini nei Paesi in via di sviluppo”, ha detto un funzionario della Ue. All’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) sono in corso negoziati su una deroga mirata. Se si raggiunge un accordo, un Paese che voglia autorizzare un’azienda a produrre vaccini dovrà essere immediatamente in grado di farlo “senza temere un contenzioso da parte dei titolari del brevetto” a condizione che i vaccini siano prodotti al costo industriale e non a scopo di lucro. Oxfam contesta un sistema di licenze obbligatorie paese per paese, complesso, lento e legalmente difficile, ma aziende e Paesi produttori sono preoccupati di avvantaggiare Cina o India nell’usare la tecnologia a proprio vantaggio. Fonti Ue si dicono “molto deluse” dalla mancanza di input da parte degli Usa alla Wto, visto l’impegno preso da Biden.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/12/23/draghi-si-celebra-ecco-cosa-torna-e-cosa-no/6435364/