A questo personaggio sono stati attribuiti i "Funerali di Stato", quindi, a spese mie e di noi tutti.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 16 giugno 2023
giovedì 15 giugno 2023
La leggenda del santo corruttore. - Marco Travaglio
Il giorno di lutto nazionale e i sette di lutto parlamentare, più che a B., sono un omaggio a Fantozzi e ai funerali della madre del megadirettore naturale conte Lamberti, immaturamente scomparsa all’età di 126 anni. Ora mancano solo la Coppa Cobram di ciclismo da Arcore a Pinerolo e la statua del de cuius all’ingresso del fu Parlamento, con inchino forzato e craniata incorporata per i cari inferiori.
Le cascate di saliva che tracimano da ogni canale tv e da ogni giornale regalano perle inimmaginabili persino nei suoi anni d’oro. L’ex conduttore Mediaset intervista su La7 il suo editore ex Mediaset su quanto era buono e democratico l’editore precedente che stipendiava entrambi prima che lo mollassero perché era troppo buono e democratico. L’ex direttore del Corriere Paolo Mieli si pente in diretta dell’unico scoop della sua vita, sull’invito a comparire del ’94 a B. per le mazzette alla Guardia di Finanza, accusa i pm di non averlo torchiato a dovere per estorcergli le sue fonti che lui avrebbe senz’altro spiattellato in barba alla deontologia professionale, e comunque si scusa pubblicamente per aver pubblicato una notizia vera. Renzi, un Berlusconi che non ce l’ha fatta, saltella da una rete all’altra per leccare la bara a distanza, sperando di ereditare qualche briciola dal desco del caro estinto, peraltro invano (a parte i processi). Il rag. Cerasa, un Sallusti che non ce l’ha fatta, dipinge sul Foglio col pennino intinto nella bava il leader più estremista e populista mai visto in Europa come “argine all’estremismo e al populismo” e, siccome era culo e camicia con Putin, pure come “seduttore atlantista”. Attori, registi e soubrette “de sinistra” spendono capitali in necrologi piangenti per l’amico Silvio, sperando che pure gli eredi si ricordino degli amici. Francesco Gaetano Caltagirone svela finalmente chi fa i titoli e gli editoriali del suo Messaggero, firmandone finalmente uno al posto dei soliti nom de plume: “Un uomo che ha lasciato un’orma profonda”. Più che altro, un’impronta digitale. E un vuoto incolmabile nelle casse dell’Erario.
Il Corriere fa rivoltare nelle tombe Montanelli, Biagi e Sartori col titolo cubital-vedovile “L’Italia senza Berlusconi”, presidiato da una schiera di lingue erette sul presentat’arm e seguito dalla doverosa intervista all’editore Cairo, che parla alla sua tv ma anche al suo giornale, casomai qualcuno pensasse che il berlusconismo è morto con B.. La Moratti assicura che la sua Rai del ’94 era liberissima perché B. l’aveva nominata presidente, ma poi non fece mai pressioni (non ce n’era bisogno), così lei poté nominare direttori i berlusconiani Rossella, Mimun e Vigorelli a sua insaputa.
Le Camere Penali smentiscono persino Coppi (“B. perseguitato dai pm? Mai pensato”) e piangono comprensibilmente il cliente più illustre e munifico della categoria, “oggetto di una aggressione politico-giudiziaria che non ha precedenti nella storia della Repubblica”, visto che ha subìto “decine e decine di indagini e processi, con accuse fino alla collusione mafiosa e al ruolo di mandante di stragi, conclusesi con una sola condanna per elusione fiscale”. A parte il fatto che non fu per elusione né per evasione, ma per una frode fiscale pluriaggravata da 368 milioni di dollari, di cui 360 prescritti (come altri nove processi per gravissimi reati accertati, ma rimasti impuniti perché l’imputato aveva dimezzato i termini di decorrenza, senza dimenticare i fedelissimi finiti in galera al posto suo e i soldi alla mafia consacrati dalla sentenza Dell’Utri), le Camere Penose potrebbero vergare una nota identica per Al Capone: perseguitato con accuse di mafia, ma condannato “solo per elusione fiscale”.
Un solo beneficato, Vittorio Feltri, ha il coraggio di dire la verità: “Non posso parlarne male perché mi ha fatto ricco”. Tutti gli altri ammantano le pompe funebri di “rivoluzione liberale” che “ha cambiato l’Italia”, anche se si scordano le 60 leggi ad personam e non riescono a citare uno straccio di sua riforma che abbia migliorato la vita di qualcuno che non fosse lui. Infatti vanno forte le corna a Caceres, il cucù alla Merkel, lo sguardo lubrico alla Obama e la spolverata alla sedia, come se uno statista si misurasse dal numero di guittate. Ma il ridicolo eccesso santificatorio non si deve solo al fatto che B. s’è comprato mezza Italia che conta e l’altra mezza avrebbe pagato per vendersi. Chi ha retto il sacco a un bandito per decenni ora deve dimostrare che era cosa buona e giusta. E chi vorrebbe delinquere anche lui in santa pace, avendo perso il grande alibi, cerca almeno un lasciapassare e un santo patrono. Oscar Wilde diceva che “certi uomini migliorano il mondo soltanto lasciandolo”. Ma, ora che ha raggiunto il paradiso (fiscale), possiamo dire senza tema di smentita che il padrone morto era molto meglio dei servi vivi.
SILVIO BERLUSCONI: SE NE VA UN UOMO DI POTERE O DEL POTERE? - Megas Alexandros
E’ morto Silvio Berlusconi, per tutti il Cavaliere, e con lui certamente si chiude un’epoca!
Quando muoiono personaggi del calibro del Silvio nazionale i bilanci sono d’obbligo come o forse più delle condoglianze, e stante la prolungata influenza che il suo operato di uomo pubblico ha avuto sulle nostre vite, ognuno di noi ha tutto il diritto di non attendere la Storia, per giudicare un uomo piacevole e simpatico ma che ne ha fatte di cotte e di crude.
Silvio Berlusconi un uomo di potere o del “Potere”? Questa è la domanda che tutti noi ci siamo sempre posti pensando a cosa ha fatto e dov’è riuscito ad arrivare nella sua vita, ma soprattutto per quello che non ha fatto, per le nostre di vite, quando ha avuto tutto il potere per farlo.
Il percorso terreno di Berlusconi in relazione al suo operato, va diviso in modo netto in due parti: quello che ha fatto da imprenditore prima e quello da politico poi.
Fermo restando che anche i successi nel mondo imprenditoriale, quando raggiungono i livelli che ha raggiunto Berlusconi, sono sempre frutto di una liaison di interessi quanto mai stretti con il mondo politico e le lobby che lo comandano. La storia del Cavaliere, è l’ennesima conferma della totale metamorfosi che ogni uomo subisce quando da normale cittadino si trova catapultato nello spregevole mondo della politica.
L’imprenditore di grande successo nel campo immobiliare, il precursore dei tempi in quello televisivo ed il presidente di calcio più titolato al mondo, hanno lasciato il posto al politico che ha contribuito (naturalmente insieme agli altri che si sono alternati), a catapultare il nostro paese nei suoi anni peggiori, dal punto di vista del benessere comune e del degrado morale raggiunto negli ultimi trenta anni.
L’imprenditore che creava migliaia di posti di lavoro ed inanellava successi e miliardi uno dietro l’altro ed il presidente della squadra del Milan, che vinceva in tutti campi del mondo, ha lasciato il posto al politico che ha condotto l’Italia nell’euro, condividendo in pieno tutto il progetto europeo funzionale al saccheggio del paese messo in atto dalle nostre élite, che ha portato disoccupazione, precarietà ed un impoverimento generalizzato mai visto fin dai tempi delle guerre mondiali.
Tra la figura imprenditoriale e quella politica di Silvio Berlusconi c’è poi un comune denominatore, che unisce queste due parti inversamente proporzionali tra loro in fatto di risultati. Un comune denominatore, che si compone dalla classica invidia per chi ha successo. Elemento questo che ha però reso poi difficile decifrare dove sia la verità sulla reale provenienza dei capitali che hanno dato l’avvio alla sua ascesa e che, come sappiamo, sono a tutt’oggi ancora oggetto di indagini in alcune procure.
La classica e fisiologica invidia che alberga tra la gente non sarebbe stata un ostacolo alla verità, se le nostre istituzioni che gestiscono la “Giustizia” non fossero anch’esse state prese d’assalto dagli stessi poteri profondi a cui Berlusconi stesso apparteneva. Finendo per creare quella voluta confusione, dove indagini e processi servono più alle campagne elettorali che a determinare quella verità che uno stato di diritto ed il suo popolo meriterebbero.
Persino le accuse di contiguità con la Mafia che da anni vengono attribuite a Berlusconi, finiscono per lasciare il tempo che trovano, in un paese dove oggi il cancro mafioso è totalmente asservito alla metastasi massonica.
Non voglio e non mi interessa entrare su questi aspetti della vita di Berlusconi, lo faranno i magistrati di Firenze (dove ancora sono in corso le indagini sulle stragi di mafia); naturalmente, se riusciranno a staccarsi dal Sistema di potere che sappiamo ancora essere ben presente nei nostri luoghi di giustizia.
C’è una cosa però che mi interessa in modo particolare dell’operato del Berlusconi-politico; una cosa che, a dire il vero, interessa a tutti noi italiani e che ci dà la risposta alla domanda oggetto del titolo del presente articolo.
In questi giorni, dopo la sua morte, stiamo ascoltando di tutto sulla vita di Silvio Berlusconi. La stampa main- stream, come sempre si divide a metà tra i suoi detrattori e gli innamorati cronici, ma nessuno (e sottolineo nessuno) ricorda quel fatidico anno 2011, quando la nostra democrazia subì un vero e proprio “golpe bianco”.
Gli stessi poteri che nel 1992, con ancora caldo nelle strade il sangue di Falcone e Borsellino, abbatterono la prima Repubblica – e scelsero Silvio Berlusconi come l’uomo che a breve avrebbe fondato un nuovo partito dal nulla (Forza Italia) per condurre il paese – solo pochi anni dopo, con Draghi e l’allora presidente Napolitano al comando, decisero che per la democrazia nel nostro paese l’ora della fine era scoccata.
La storia la conosciamo tutti, Berlusconi se ne va ed arriva a Palazzo Chigi Mario Monti, per mettere in atto le famose politiche fiscali lacrime e sangue, per un massacro sociale funzionale al saccheggio del paese e tenersi l’euro; una valuta di stampo coloniale sostanzialmente a cambio fisso, con la quale è stato ricreato un “gold standard” di fatto, per mantenere intonsi i risparmi delle élite nostrane.
Berlusconi, che negli anni a venire ha poi dimostrato di conoscere il funzionamento della moneta moderna, e quindi cosa sarebbe successo al paese con l’arrivo del governo tecnico, di fronte al golpe ed in totale spregio al bene degli italiani, col quale sempre si sciacquava la bocca nei suoi innumerevoli discorsi pubblici, si fece da parte come un agnellino e addirittura andò anche in sostegno del governo-Monti.
Arrivarono immediatamente la distruzione della domanda interna e quella di un tessuto produttivo che ci aveva reso i migliori al mondo. A fermare lo spread ci pensò immediatamente Draghi, con le ormai note politiche monetarie che avrebbe potuto mettere in atto anche con Berlusconi. Ma quello che ai poteri interessava fermare, per continuare il saccheggio, erano le politiche fiscali e la certezza che gli stessi potessero ricevere 80 miliardi all’anno di interessi dal sangue degli italiani.
Tutto questo Silvio Berlusconi lo sapeva ma, come un vigliacco più totale, rinnegando se stesso e gli italiani, decise di tacere per ordine di scuderia e, naturalmente, per interesse personale.
Non solo, la discesa morale di uomo che invecchiando non si poteva più guardare – noi in TV e lui allo specchio – è continuata quando in seguito, per esclusiva finalità di campagna elettorale, ci ha fatto capire che sapeva benissimo come stavano le cose e cosa stava succedendo al suo popolo.
Basterebbe ascoltare il suo discorso del 2013 al Consiglio Nazionale del Popolo delle Libertà (che riporto qua sotto), per comprendere come Silvio Berlusconi sia stato un appartenente fedele, di quelli che tengo famiglia, alla stregua di un Bagnai qualsiasi (tanto per fare un nome, all’interno dei numerosi esemplari che il Parco della nostra politica contiene):
https://www.facebook.com/100008866261137/videos/638413197899476/
Era il 2012, aveva da poco ceduto la poltrona a Mario Monti quando, in vista della nuova campagna elettorale, Silvio fingeva di minacciare la UE con quello che non aveva fatto appena un anno prima sulla poltrona di governo:
«vi dico l’idea pazza: la Banca d’Italia stampi euro», se la Bce non vuole farlo. «Se l’Europa non dovesse ascoltare le nostre richieste – ha poi aggiunto – dovremmo dire “ciao ciao” e uscire dall’euro» [1]
L’ultima considerazione su Berlusconi la voglio fare a livello morale. Non vi è dubbio che in quel fatidico anno 2011 Berlusconi si è dimostrato tutt’altro che Uomo Vero, poiché invece che essere fedele agli italiani ed alla Repubblica, in virtù del giuramento fatto quando è divenuto Presidente del Consiglio, la sua fedeltà l’ha riservata alle oligarchie che hanno in mano il paese ed alle quali lui stesso apparteneva.
Questo lo rende a pieno titolo uomo del Potere!
Nel paese della normale devianza, come è il nostro attualmente; per molti certamente Berlusconi avrà scritto la storia in senso positivo. In un paese dove i deviati sono considerati normali ed i normali sovversivi, è giusto che Berlusconi si sia meritato i funerali di Stato…..
non per il sottoscritto!
di Megas Alexandros
https://comedonchisciotte.org/silvio-berlusconi-se-ne-va-un-uomo-di-potere-o-del-potere/
Cinque cose da sapere sulla villa di Silvio Berlusconi: a chi andrà ora? - Fabrizio Gatti
1 – Il giallo di via Puccini.
Sono le sette e un quarto di una domenica sera, il 30 agosto 1970, in via Giacomo Puccini 9 a Roma. È l'ultimo cancello a sinistra, una meraviglia in ferro battuto, prima di via Pinciana e di Villa Borghese. Agli ultimi due piani vivono il ricco marchese brianzolo, Camillo Casati Stampa, 43 anni, e la moglie Anna Fallarino, 41.
Sposati da undici anni, non hanno figli. Ma frequentano un'ampia cerchia di amici e amiche con cui condividono tutto. Anche le loro intimità, come scopriranno le indagini. La vita di Anna diventa ancor più complicata quando nel suo cuore entra un pariolino romano, Massimo Minorenti, 25 anni, il suo giovane amante.
2 - Anna Fallarino e l'amante.
La sera del 30 agosto si ritrovano tutti e tre nell'appartamento di via Puccini. Forse Camillo ha intenzione di chiudere con Anna e suicidarsi. Lo lascia intendere un biglietto trovato durante le perquisizioni. Forse Anna e Massimo hanno l'obiettivo di farsi mantenere da Camillo. Non ci sono testimoni. Il marchese prende uno dei suoi fucili da caccia è spara sei colpi calibro dodici. Uccide per primo il ragazzo. Due colpi. Poi il suo amore. Tre colpi. L'ultimo sparo è per sé.
I Casati Stampa sono una famiglia nobile lombarda. Camillo Casati Stampa di Soncino aveva ereditato una distesa di terreni a Segrate, appena fuori Milano. Palazzi e appartamenti ovunque. Un'intera isola nel Tirreno, la scenografia naturale per le sue trasgressioni con Anna e gli amici. E una villa antica ad Arcore, in viale San Martino, nelle campagne appena fuori Monza. Una dimora che quando era proprietà dello zio, il conte Alessandro Casati, aveva ospitato più volte il filosofo Benedetto Croce.
3 - Due minuti per l'eredità.
Una volta uccisi la moglie, l'amante e se stesso, rimane una sola discendente: Anna Maria Casati Stampa di Soncino, nata dal primo matrimonio di Camillo. Ma la ragazza ha 19 anni e, per la legge di allora, è ancora minorenne e non può toccare nulla. Il testamento di Camillo, aperto davanti a un notaio, tra l'altro dichiara la moglie erede universale. Il patrimonio per miliardi di lire rischia così di finire alla modesta famiglia di Anna Fallarino, partita a 16 anni da Amorosi, un piccolo paese in provincia di Benevento. Ma è necessaria una condizione: che Anna, pur ferita gravemente, sia morta dopo Camillo. In caso contrario, l'erede sarà la figlia del marchese.
Come spiegare ai nostri figli i funerali di Stato - di Fabrizio Gatti
“È l'autopsia a ristabilire la verità – spiega Marco Marra nel documentario di RaiTre – a calcolare la manciata di secondi che separa le vite dei due amanti”. La differenza, stimano i medici legali, è di due minuti e mezzo a favore del marito.
4 – Cesare Previti, ministro.
La giovane figlia di Camillo Casati Stampa è quindi la legittima proprietaria dell'immenso patrimonio. Ma anche dei debiti del padre con il fisco. Poiché è ancora minorenne, come tutore le viene assegnato un amico di famiglia: il senatore liberale Giorgio Bergamasco, avvocato a Milano e ministro per i Rapporti con il Parlamento nel secondo governo di Giulio Andreotti. Ma nella gestione delle sue proprietà è seguita personalmente da un avvocato nato a Reggio Calabria e cresciuto professionalmente a Roma, Cesare Previti, 36 anni, futuro parlamentare e ministro della Difesa nel primo governo di Silvio Berlusconi. Rimaniamo a quegli anni.
L'avvocato Cesare Previti nel documentario di RaiTre
La ricostruzione della tv pubblica entra nei dettagli: “Nel 1973 è proprio l'avvocato a fare una proposta alla sua assistita – sostiene il documentario di RaiTre –. Anna Maria, infatti, insieme al patrimonio del marchese Camillo, ha ereditato un discreto debito che il padre ha contratto con il fisco italiano. Un debito pari a un miliardo 278 milioni e 520mila lire. E se vendessimo quella villa in Brianza? Non sappiamo che farcene di quel casale diroccato”.
5 – Il giovane Silvio Berlusconi.
Le condizioni di Villa San Martino non sono infatti quelle attuali. Anche se all'interno ci sarebbero una biblioteca con migliaia di volumi, arredi e opere d'arte di grande valore non ancora valutati. Secondo la stima comunicata alla figlia del marchese, non merita più di cinquecento milioni di lire, circa 260 mila euro, al valore di allora. Troppo poco per coprire il debito con lo Stato. Ci sono però i terreni della dinastia Casati Stampa. Quelli a sud di Milano e gli altri a est, a Segrate. Ettari di campi agricoli. Si arriva così a un accordo preliminare per la compravendita.
“La società interessata – dice il conduttore di RaiTre – è una società immobiliare di Milano che fa capo a un giovane e ambizioso imprenditore edile milanese”. Il costruttore si chiama Silvio Berlusconi, ha 37 anni e un progetto tra i tanti: realizzare a Segrate una seconda Milano, ma a misura di persona, per chi se lo può permettere. Con il verde, il lago artificiale, gli appartamenti, i balconi grandi, la chiesa e le scuole sotto casa. La futura Milano 2.
Anna Maria accetta, ma passano gli anni. “Dopo varie peripezie, nel 1979 – sostiene il documentario – si sancisce con un ennesimo atto notarile che la tenuta verrà pagata con 800 azioni di una delle tante società dell'imprenditore milanese. Le dicono che varrebbero queste azioni la bellezza di un miliardo e settecento milioni. Ma quando Anna Maria, dal Brasile dove si è trasferita per sempre tenta di venderle, solo uno si fa avanti. È proprio quell'imprenditore che però le riprende a metà prezzo. Alla fine la villa sarà venduta, terreni a parte, per cinquecento milioni di lire. Oggi sfiora i cinquantadue milioni di euro”. Se la stima è corretta, cinquantadue milioni attuali equivalgono, dopo i lavori di restauro e l'allargamento del parco, a una dimora di oltre cento miliardi di lire: a chi andrà ora?
https://www.today.it/attualita/silvio-berlusconi-funerali-villa-arcore.html
mercoledì 14 giugno 2023
CAIMANI DI FATA: LA SCOMPARSA DI BERLUSCONI. - Di Accattone il Censore, per comedonchisciotte.org
Il clown felliniano delle declinanti stagioni ha fatto l’ultimo capitombolo della sua vita.
Nei commenti del poi, tutto si trasfigura e qualcuno lo innalza addirittura al ruolo di statista. Ma i rialzi che pare portasse nelle scarpe non possono fare tanto.
Ci lascia da uomo di spettacolo, con un giallo che non avrà soluzione come ogni giallo italiano che si rispetti. Chiunque abbia visto quel suo ultimo video di 21 catatonici minuti, palesemente manipolato, ha avuto più di un sospetto: quando è morto Silvio Berlusconi? Dopo l’uscita dal San Raffaele sono apparsi comunicati, ma non si è più vista una fotografia… Simbolico contrappasso per un uomo che ha fatto della propria immagine un culto da vendere a un popolo in cerca di un Messia finalmente mondano e vincente sui campi di calcio.
La fine di Berlusconi, che ha portato l’America in televisione e da lì nella testa degli italiani, è degna di una commedia hollywoodiana: Week end con il morto. Dietro le quinte, forse c’erano troppe faccende da sistemare: equilibri familiari e internazionali. E il coro doveva fare le prove per il de profundis al governicchio Meloni: sotto il belletto appaiono già i foruncoli del governo tecnico.
Sicuramente Berlusconi era già morto dal 2011, quando a Dauville si dice che Obama gli avesse sussurrato: «O non cadi, o cadi in piedi». E così ci fu il golpe Monti e la magica interruzione della persecuzione giudiziaria. Probabilmente, Berlusconi pagò una politica estera (Gheddafi e Putin) poco gradita ai padroni atlantici, contraria ai programmi che abbiamo visto svilupparsi fino ai giorni nostri.
Qualcuno avrebbe voluto che riuscisse a resistere, che, insomma, avesse la tempra dell'”eroe”. Ma quanti eroi abbiamo in Italia, oltre a quelli falsi che ci fanno studiare sui libri di storia?
La scomparsa di Berlusconi è tuttavia un evento, perché Berlusconi ha rappresentato un’era, un inganno, un sogno, una proiezione, che hanno inciso in profondità nella cultura italiana. È stato l’italiano più famoso degli ultimi trent’anni, forse insidiato da Francesco Totti e con questo abbiamo detto tutto sul degrado del Paese.
Dall’operazione Tangentopoli in poi – grande messa in scena con la quale si travestì da pulizia morale un colpo di Stato che prevedeva l’eliminazione di un ceto politico legato alla prima repubblica e ostile alla marginalizzazione dell’Italia prevista dal progetto europeo – la politica è cambiata: le parole d’ordine del marketing imperano e sono tutte telegeniche e tutte provenienti dall’America: spettacolarizzazione, personalizzazione, carisma.
Berlusconi e le sue convention le interpretano subito alla perfezione, maldestramente imitate dalle altre forze politiche. Arrivano gli appassionanti e reclamizzati duelli televisivi, rodati già da decenni sugli schermi del nuovo continente: Occhetto contro Berlusconi, come Kennedy contro Nixon.
Berlusconi è il profeta della americanizzazione della tv e della politica: l’uomo che si è fatto da sé, che porta in Italia il sogno a stelle e strisce dell’uomo qualunque che ha costruito una fortuna e, in aggiunta, con sanguigno e indomito spirito latino, organizza, ultrasettantenne, festini orgiastici in grado di rivaleggiare con antichi baccanali o suggestioni da Mille e una notte. L’italiano medio va in visibilio di fronte a questa luccicante proiezione dei propri desideri elevata al cubo: donne, potere, miliardi. E il frustrato Nando Mericoni di Un americano a Roma è finalmente compensato e sublimato dal suo contraltare: l’imprenditore milanese che ha trovato una via italiana all’America e fonda città e imperi televisivi come un novello pioniere della frontiera del benessere.
Oggi la Milano da bere è finita in una flebo, nel triste sorriso chirurgico di un clown morente. L’ultimo rappresentate della Madison Avenue de noantri è stato Salvini, l’ex ragazzo prodigio de Il pranzo è servito; pallido imitatore del carisma cristallino, inimitabile dono di Dio, uomo sandwich che ha sostituito i cartelli pubblicitari con le felpe e del Milan può solo essere tifoso.
Eppure, nonostante il suo impero televisivo sembri l’attuazione del piano della loggia Propaganda Due di costituire un polo televisivo privato, alternativo alla Rai, Berlusconi è stato anche un perseguitato. Considerato un parvenu dalla nobiltà – si fa per dire – economico finanziaria italiana, isolato nei ricevimenti al Quirinale. Bersaglio per decenni della stampa, utilizzato come capro espiatorio, con l’antiberlusconismo unico contenuto e cifra espressiva della pseudo sinistra italiana della seconda repubblica. Attraverso la militanza contro di lui – vera o falsa – si sono costruite le carriere di acclamati registi e giornalistucoli da strapazzo, che si sono arrogati il diritto spocchioso di un giudizio morale.
Berlusconi ha fatto molto comodo: è stato il paravento, la cortina fumogena che ha coperto (oltre alle proprie) le malefatte altrui e la distruzione dell’Italia.
E veniamo al lascito culturale, secondo me l’aspetto più importante e deleterio del passaggio del nostro a queste latitudini. L’americanismo più deteriore (ce n’è forse un altro?), fatto di superficialità, vuotezza, volgarità, ha inondato attraverso i teleschermi le case, trovando facile asilo nei cervelli disabitati degli italiani. La televisione di Stato, che, fino a quel punto, aveva offerto – tra enormi limiti e condizionamenti – alcuni contenuti di indubbia qualità, anche sul piano della confezione e del gusto (pur tra palesi ammiccamenti alla BBC), ha rincorso sullo stesso terreno il nuovo modello.
Oggi l’esito di questa competizione al ribasso è sotto gli occhi di tutti: il deserto culturale, l’annichilimento del pensiero, la trasformazione antropologica dell’Italia in una colonia. Uno svuotamento culturale che ha accompagnato lo svuotamento istituzionale.
Questa transizione ha preparato anche la volgarità e il vuoto pneumatico di internet, che sarebbero altrimenti impossibili.
Consegnandoci un Paese culturalmente invivibile, l’opera e l’eredità di Berlusconi sono indelebili e imperdonabili.
Poi c’è il lato umano. Come quando regalò, durante il loro primo incontro, a Cossutta e Bertinotti una spilletta a forma di falce e martello. Di fronte a questi suoi gesti, si rimaneva sempre nel dubbio di essere di fronte all’ipocrita affabilità del venditore porta a porta, o ad una sincera sensibilità umana.
Ma sull’uomo, sulla sua interiorità, non è lecito alcun giudizio.
Qualcosa di tutti noi – chi lo ha amato e odiato – muore con lui. Muore un po’ il sogno, la falsa speranza cui ognuno di noi dentro di sè si aggrappa; e, dietro le promesse bugiarde, resta solo il tragico presente italiano.
Berlusconi andrà, forse, a fare spettacolo da qualche altra parte. Chissà se lassù dove si odono musiche celestiali, si potrà iniziare di nuovo dal piano bar; intanto, qui, la camera ardente sarà sostituita da una camera al dente, sponsorizzata da qualche nota ditta di pastasciutta.
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