giovedì 6 marzo 2025

Gunung Padang: la piramide più antica del mondo nascosta sotto la Terra. Indonesia. - Nicolas Kess Jighu

Gunung Padang: la piramide più antica del mondo nascosta sottoterra.
E se la piramide più antica del mondo non fosse in Egitto ma in Indonesia? Gunung Padang, un sito misterioso nella Giava Occidentale, potrebbe essere proprio questo. Sebbene sembri una semplice collina ricoperta di fitta vegetazione, sotto la sua superficie si trova un'enorme struttura antica, che potrebbe riscrivere la storia umana.

Studi recenti che utilizzano il georadar (GPR), la tomografia sismica e gli scavi archeologici suggeriscono che Gunung Padang sia una piramide a più strati, costruita nel corso di migliaia di anni. Lo strato più alto, visibile oggi, è costituito da colonne di pietra, muri, sentieri e spazi aperti, datati a circa 3.000-3.500 anni fa (1.000 a.C.). Ma gli strati più profondi rivelano scoperte ancora più sorprendenti.

A una profondità di 3 metri, un secondo strato di blocchi di basalto colonnare è stato datato tra 7.500 e 8.300 anni fa (circa 6.000 a.C.), precedente alle prime civiltà conosciute. Al di sotto di questo, un terzo strato si estende per 15 metri di profondità e si stima abbia circa 9.000 anni. Ancora più sorprendentemente, un quarto strato, secondo la datazione al radiocarbonio C14, potrebbe essere antico quanto 28.000 anni, spingendo la civiltà umana indietro a un'epoca molto prima della storia registrata.

Questa scoperta sfida l'archeologia tradizionale, che tradizionalmente sostiene che gli umani fossero cacciatori-raccoglitori primitivi a quel tempo. Gunung Padang suggerisce che società avanzate potrebbero essere esistite molto prima di quanto abbiamo mai immaginato. I ricercatori ritengono che prima della fine dell'ultima era glaciale, una vasta massa continentale chiamata Sundaland si estendesse attraverso l'attuale Indonesia. Quando il livello del mare si innalzò 14.000 anni fa, gran parte di essa fu sommersa, nascondendo potenzialmente centinaia di civiltà perdute sotto le onde.

Gunung Padang potrebbe essere la chiave per svelare il nostro passato dimenticato? Con tre camere sotterranee ancora da esplorare, i segreti di questa antica piramide aspettano ancora di essere svelati.

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martedì 4 marzo 2025

Justin Trudeau. - Lorenzo Tosa

 

Il premier canadese Justin Trudeau ha risposto agli sciagurati dazi americani con quella che è, a tutti gli effetti, una vera e propria lezione al mondo su come si risponde, politicamente, economicamente e pure dialetticamente a Donald Trump.

“Il Canada non lascerà che questa decisione ingiustificata rimanga senza risposta.
Se le tariffe americane dovessero entrare in vigore questa notte, il Canada, a partire dalle 12:01 di martedì, risponderà con tariffe del 25% sui 155 miliardi di dollari di beni americani. Partiremo con i dazi su merci dal valore di 30 miliardi di dollari e poi continueremo il lavoro tra 21 giorni.
Le nostre tariffe rimarranno in vigore fino a quando l’azione commerciale degli Stati Uniti non sarà ritirata. Mentre esortiamo l’amministrazione statunitense a riconsiderare la sua decisione, il Canada rimane fermo nel difendere la sua economia, i suoi posti di lavoro, i suoi lavoratori e un accordo equo”.

Non una virgola di più, non una di meno.

Ecco, io i patrioti, quelli veri, me li immagino così. Come Justin Trudeau.

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sabato 1 marzo 2025

VAE VICTIS. - Daniele Dell'Orco

 

Di fronte alla scazzottata in mondovisione tra Donald Trump, JD Vance e Volodymyr Zelensky, il tribunale del web si è pronunciato nel modo più prevedibile e immaturo possibile.
I pro-Zelensky lo sono ancora di più.
I pro-Trump lo sono ancora di più (una prece per i furbetti che fino ad ora hanno sempre provato a tenere il piede in due scarpe).
Tuttavia, analizzando a mente un po' più fredda questa pagina di storia in diretta TV, è come sempre necessario sgombrare il campo dall'emotività.
Innanzitutto, il contesto.
Alla corte di Trump sono passati già Emmanuel Macron e Keir Starmer, e abbiamo visto come sono stati trattati. Anche in quei casi la stampa occidentale ha "celebrato" le "sfide" mosse da questi leader a Trump come una dimostrazione del risveglio dell'Europa.
Bugia.
Sono stati ridicolizzati entrambi.
Alla luce di ciò, della considerazione che Trump ha dell'Europa e dei suoi politici, delle frasi già pronunciate all'indirizzo di Zelensky, dei colloqui con Putin e, cosa da non dimenticare mai, dei VOTI ottenuti affinché facesse proprio ciò che sta facendo (possiamo discutere sul come), è stato davvero ingenuo da parte di Zelensky aspettarsi nella sua trasferta a Washington uno scenario rispetto a quello dell'agguato a favore di telecamera.
L'America del MAGA, una grande potenza e dunque situazionale come tutte le grandi potenze, non crede e non può credere che gli ucraini stiano combattendo per lei e per i suoi valori. L'America del MAGA crede che sia lei ad aver fatto un favore a Zelensky affinché restasse vivo, in buona salute e in grado di mettere una firma per saldare la cambiale ricevuta tre anni fa nei tempi e nei modi stabiliti dal creditore.
Dicendo alla fine persino grazie per i mesi concessi e per non aver permesso che su Bankova sventolasse il tricolore russo.
Zelensky, invece, pensa ancora che quello ucraino sia un esempio per il mondo libero e che sia quindi il mondo libero a dover dire grazie a lui e all'Ucraina. Ecco perché nell'intervista tv post-scontro ha persino definito l'America "partner".
Da questo palesemente lacunoso reality check nasce lo scazzo, giacché nello Studio Ovale la situazione è degenerata quando Zelensky ha "risposto" a JD Vance dicendogli in sostanza in pieno volto che in virtù di ciò che sta succedendo in Ucraina dal 2014 sarebbe improprio parlare di "diplomazia".
Il virgolettato chiave è: "Di quale diplomazia stai parlando, JD?"
Vance, che comunque deve essere sempre chiamato "Mr Vice-President" specie a casa sua, è il secondo uomo più potente del mondo che risponde a un elettorato che ha votato per lui e per Trump affinché potessero cambiare rotta in politica estera smettendo di spendere soldi per imprese militari che le persone non capiscono.
Così, di fronte alla reprimenda di Zelensky che vorrebbe invece che gli Usa si impegnassero ancora di più garantendo a Kiev le armi per essere abbastanza potenti da trattare con i russi alla pari e soprattutto le famose "garanzie" in caso di futuri attacchi russi, JD Vance ha detto ciò che TUTTI i suoi elettori pensano, ovverosia che Zelensky è un ingrato che ha fatto circonvenzione di incapace nei confronti di Joe Biden frodando l'America per miliardi di dollari per una faccenda privata della famiglia Biden e di una cricca liberal.
Subito dopo, con l'intervento di Trump a gamba tesa, la seconda leggerezza dialettica di Zelensky è stata quella di dire al Presidente americano che si sarebbe trovato nella sua "stessa situazione" molto presto.
Come può il leader di un Paese al collasso spiegare al leader della più grande potenza al mondo (e che vuole fare di tutto per dimostrare di esserlo) che "presto" si troverà nei guai come fosse un'Ucraina qualunque?!
È necessario allora ricordare chi sia davvero Volodymyr Zelensky: una figura cruciale del "Resistance Operating Concept", lo schema multifattoriale applicato affinché il "progetto Ucraina" non si sciogliesse dopo due ore dall'ingresso dei carri armati russi.
Pur animato da indubbio coraggio proprio nella concitata fase iniziale di conflitto nel 2022, la sua notorietà è stata estremamente caricata in modo artificiale affinché potesse essere accettato da tutto l'Occidente come leader da sostenere senza pensare alle conseguenze.
Dai mancati accordi di Istanbul in poi, però, qualcosa è iniziato a cambiare e, col passare dei mesi e con l'aumento del malcontento generale, la sua immagine si è sovrapposta a quella dell'establishment che una buona parte di opinione pubblica occidentale ormai odia in modo viscerale.
Contro il "sistema", già in crisi per via della gestione della pandemia, si è incanalata un'insofferenza visibile nei processi elettorali ma in generale nel crollo di fiducia da parte dei cittadini. E siccome quello stesso "sistema" ha sponsorizzato anche Zelensky, passato lo shock dell'inizio della guerra la gente ha iniziato a considerare anche lui parte di una impalcatura volta all'inganno, alla corruzione, all'incapacità nella gestione dei bisogni della gente comune.
Ciò, accompagnato da una carrellata davvero imbarazzante di stupidate da nebbia di guerra a cui si è prestato lo stesso Zelensky, ha contribuito via via ad offuscarne il mito.
Da par suo, Zelensky sta confondendo tuttora il suo ruolo e nello Studio Ovale ha dimostrato di fraintendere il coraggio con l'incoscienza. Essendo forse entrato un po' troppo nella parte, non ha capito che il patto col Diavolo non lo sta firmando oggi per la cessione di ricchezze agli Usa, ma l'ha firmato nella primavera del 2022 quando gli venne offerta la prospettiva di poter tenere vivo con flebo perenni e in stato comatoso un Paese che altrimenti sarebbe sparito del tutto.
E, in cambio, avrebbe comunque dovuto cedere tutto ciò che quel Paese ha da offrire.
Lui che per qualche ragione ha creduto che gli stessero offrendo la possibilità di vincere, si ritrova oggi incapace di accettare che l'offerta è sempre stata questa fin dall'inizio, ma i dem americani lo allisciavano mentre guardavano l'Ucraina sanguinare, Trump e JD Vance gli ricordano a brutto muso che ha già da tempo venduto l'anima al Diavolo.
E ora il Diavolo ha bisogno di incassare.
L'America del MAGA, alla luce di ciò, sta dicendo a Zelensky che l'accordo non si cambia e non c'è margine per "trattare" alcunché di nuovo, men che meno "garanzie di sicurezza" a tutela di qualcosa il cui destino è già legato al volere dell'America del MAGA.
Mostrare empatia nei confronti di uno sconfitto è comprensibile.
Il totale ribaltamento della realtà che va avanti da tre anni ad oggi però no.
Quando occupò Roma Brenno disse "vae victis", infierendo su coloro che non si erano ancora resi conto della portata della disfatta e provavano a reclamare tributi di guerra più leggeri. Ci si può impietosire al solo pensiero ma, pur nella sua crudeltà, è una scena che rientra nell'ordine naturale delle cose.
Oggi come allora.

MARCO TRAVAGLIO - Voleva essere un duro - IFQ - 1 MARZO 2025

 

A Zelensky era già accaduto di beccarsi le lavate di capo di un presidente Usa: era Biden che lo cazziava ora per la pretesa di miliardi e armi a getto continuo senza mai ringraziare, anzi rimproverando l’alleato di fare sempre troppo poco; ora per le bugie sul missile ucraino caduto in Polonia e spacciato per russo per trascinare gli Usa e il mondo nella terza guerra mondiale. Ma una scena come il match Trump-Zelensky nello studio ovale a favore di telecamere è un unicum nella storia, figlio dell’Èra Donald che sconvolge non solo la sostanza, ma anche le forme della diplomazia mondiale.
Zelensky era stato avvertito: o vieni e firmi l’accordo sulle terre rare, prologo della tregua, o stai a casa. Lui è andato senza firmare nulla. Ha anteposto la sua immagine agli interessi del suo Paese, sfidando Trump perché gli ucraini intendessero.
Voleva essere un duro, o almeno sembrarlo agli occhi del popolo che lo ama sempre meno, ricordando di essere il leader coraggioso che tre anni fa rifiutò un comodo esilio e restò a Kiev (anche perché Putin gli aveva garantito l’incolumità via Bennett). Forse s’è rafforzato con i nazionalisti che non vogliono sentir parlare di pace e compromessi. Ma non certo con la maggioranza non ideologizzata degli ucraini che non vede l’ora di chiudere la guerra e ci penserà bene prima di rivotare un nemico degli Usa chiamato “stupido” da Trump e cacciato dalla Casa Bianca.
Così Zelensky ha, se possibile, ancor più indebolito il suo Paese, sconfitto in guerra, spopolato da morti, profughi, disertori e renitenti alla leva, economicamente fallito e ora anche platealmente scaricato dal primo alleato. Che, se non è diventato nemico, poco ci manca.
Trump gli ha sbattuto in faccia le verità scomode che tutti conoscono benissimo, ma che lui si era illuso (perché era stato illuso da Biden e continua a essere illuso dall’Ue) di poter continuare a ignorare all’infinito: Ucraina e Nato hanno perso la guerra; Kiev senza gli Usa non si regge in piedi e ora che dice di no agli Usa non ha più carte in mano; Trump non si pone nel negoziato come alleato di Kiev, ma come “arbitro” fra Ucraina e Russia, neppur troppo equidistante visti i rapporti di forza.
E ora, giocandosi il rapporto con gli Usa, Zelensky si è conficcato in un vicolo cieco: o torna alla Casa Bianca, anzi a Canossa, col capo cosparso di cenere, sottoponendosi a forche caudine ancor più umilianti di quelle subìte finora e firmando qualsiasi cosa Trump gli metta sotto il naso; oppure resta solo, in balia delle truppe russe che avanzano e senza più aiuti dagli Usa, mentre Trump si accorderà con Putin.
La classica alternativa del diavolo: o un disastro o un disastro. Dopo aver perso la guerra, Zelensky rischia di aver perso anche la pace.

venerdì 28 febbraio 2025

VADIM PAPURA ERA UN GIOVANISSIMO COMUNISTA UCRAINO, DI 17 ANNI, CHE MORÌ ARSO VIVO NEL ROGO DELLA CASA DEI SINDACATI DI ODESSA,

 

appiccato da milizie neonaziste ucraine. Orde utilizzate per realizzare e consolidare il colpo di stato del 2014.
Un colpo di stato che rovesciò il governo eletto, colpevole di essere troppo "filorusso", cioè troppo poco "filostatunitense".
Ricordate l'assalto alla CGIL dello scorso anno da parte di Forza Nuova. Immaginate che quell' assalto si fosse concluso con un rogo e la morte di decine di persone innocenti. Immaginate che quel manipolo fosse parte di un'orda utilizzata per un colpo di Stato violento in Italia.
Che cosa avreste detto? E perché non un solo ricordo di quel tragico evento di 8 anni fa in queste ore?
Perché da noi se ne parlò pochissimo, come pochissimo si riflette sulla "denazificazione" citata da Putin. Forse perché nella "nuova" Ucraina i nazisti hanno potuto fare il bello e cattivo tempo per 8 anni.
Già, perché pochissimo si è parlato del fatto che la guerra in Ucraina dura da 8 anni. Non è iniziata nella giornata di oggi. Nulla si è detto sul fatto che a morire e ad essere minacciati fossero, continuamente, i civili dei territori del Donbass.
Tutto in funzione dell'ingresso di quel Paese nella NATO. Al fine di dispiegare bombe, arsenale nucleare e truppe atlantiche comodamente ai confini russi.
Non mi soffermo molto sul fatto che il nuovo regime ucraino, tra i primi atti, adottò la messa al bando del partito comunista (un partito rappresentativo di circa il 15% dell'elettorato) ed iniziò a perseguitare i suoi militanti e a colpire le sue sedi.
Non c'è stato un solo Tg o Talk che ne abbia parlato in questi 8 lunghi anni da noi.
Spegnete TV e lasciate perdere siti mainstream. La guerra è una cosa terribilmente seria. Non nascondiamoci nemmeno dietro l'equa distribuzione delle responsabilità "tra tutte le parti" in guerra. Blocchiamo questo accanimento contro la verità. Leggete questo post saprete cose che non sono state mai scritte....