mercoledì 1 aprile 2020

Fiera di Milano: l’ospedale della Regione Lombardia ha 24 letti. - Alessandro D'Amato


fiera di milano wuhan

Gallera dice che nell'ospedale costruito alla Fiera di Milano nell'immediato "apriranno tra i 12 e i 24 posti". In conferenza stampa ne annunciano 53. L'opera è costata 21 milioni e verrà smontata alla fine dell'emergenza. Ma le promesse non erano altre?


Alla Fiera di Milano si doveva aprire un ospedale da 600 posti in sei giorni il 12 marzo scorso. Cinquecento posti in terapia intensiva in meno di una settimana, annunciava l’assessore Giulio Gallera. Di più: ai 500 posti di terapia intensiva si aggiunge il recupero «anche nei sottoscala – proseguiva il responsabile del Welfare – di altri 200 letti» in modo da arrivare alla massima “capacità” di copertura assistenziale.

Fiera di Milano: l’ospedale della Regione Lombardia ha 24 letti.

Oggi l’assessore Gallera e il presidente Attilio Fontana hanno presentato l’ospedale. Di giorni ne sono passati 19, ma non è certo questo il problema. Il problema è che le cifre annunciate sono completamente sballate rispetto a quello che i responsabili del Pirellone hanno detto oggi: “apriranno tra i 12 e i 24 posti”, ha detto l’assessore. “Potenzialmente saranno 350 posti, abbiamo acquistato ventilatori per quel numero. Inizieremo ad aprire i primi moduli anche perché c’è il tema della formazione del personale”, ha concluso facendo quindi capire che ci vorrà tempo affinché sia pienamente operativo. All’Ospedale Fiera di Milano, una volta a regime, ci saranno 200 posti di terapia intensiva e altrettanti medici anestesisti, che dovrebbero arrivare a 220, con circa 500 infermieri, secondo quanto emerge dalla conferenza stampa per l’inaugurazione della struttura a Milano. “Credo sia la terapia intensiva più grande d’Italia”, afferma il presidente della Fondazione Fiera Milano, Enrico Pazzali.


Guido Bertolaso, tornato in Italia per seguire il progetto ma che nei giorni scorsi è stato ricoverato per Coronavirus, ha scritto nel messaggio, letto da un suo delegato, che quello a Fiera Milano non è un “un ospedale da campo, non è un lazzaretto”, ma una struttura specialistica che mette al centro “la figura del paziente” grave colpito da COVID-19. Un ospedale realizzato, ha aggiunto, “in tempi inconsueti e insperati”. E la scelta di Fontana di farlo “ha assunto un carattere esemplare”. E ancora: “al grido di aiuto dell’Italia si risponde, anche se con rischi a cui sapevo che avrei potuto andare incontro”. Pazzali ha spiegato che i primi ad aprire saranno 8 reparti, con 53 letti per la terapia intensiva, poi in una seconda fase verrà aperto il padiglione sottostante con 104 letti e in una terza il padiglione 2 con altri 48 posti per un totale di 200 posti letto.


Una struttura da 21 milioni di euro che non vedono l’ora di smontare.

Sono stati oltre 1200 i donatori che hanno contribuito alla costruzione dell’ospedale in Fiera Milano, ha spiegato il presidente della Fondazione Fiera Enrico Pazzali, ringraziando “la signora che ha dato 100 euro e chi ha dato 10 milioni” (ovvero Silvio Berlusconi). È grazie a loro che “abbiamo raccolto 21 milioni di euro” con cui è stato realizzata la struttura mostrata oggi alla stampa e in diretta video su facebook.  Ma Pezzali ha anche detto che l’ospedale verrà smontato:  “Questa struttura rimarrà finché sarà necessario che sia una diga o un faro della speranza, non so quando finirà ma non vedo l’ora di smontarla, abbiamo già predisposto con il Policlinico lo smontaggio e lo stoccaggio in magazzino per riutilizzare i materiali, la speranza è smontare domani mattina ma è un’ illusione”.
ospedale fiera milano 24 posti
E allora la domanda sorge spontanea: posto che bisogna ringraziare chi si è dedicato al progetto, ma le premesse (e le promesse) non erano diverse?

Ue lancia 'Sure', la 'cassa integrazione europea'.

Ue lancia 'Sure', la 'cassa integrazione europea'

La Commissione Europea "proporrà questa settimana un nuovo strumento per sostenere il lavoro a orario ridotto", che si chiamerà 'Sure' ('sicuro' in inglese, starebbe per State sUpported shoRt-timE work), grazie al quale "più persone manterranno il loro posto di lavoro durante la crisi provocata dal coronavirus e ritorneranno al lavoro a tempo pieno quando finirà, quando la domanda tornerà a salire e gli ordini ritorneranno". Lo dice la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, in un videomessaggio.

"Abbiamo imparato la lezione della crisi finanziaria", continua, quando gli Stati che avevano strumenti simili sono stati capaci di ripartire più rapidamente, dato che le aziende non avevano dovuto licenziare dipendenti, mantenendo quindi intatto il loro potenziale produttivo. "E' cruciale far ripartire il motore dell'economia senza ritardo" quando la crisi sarà finita.  Le aree di Milano e di Madrid, sottolinea von der Leyen, fanno parte della "spina dorsale dell'economia europea".
Sure "aiuterà i Paesi più colpiti ed è garantito da tutti gli Stati membri: questa è la solidarietà europea in atto. E' per l'Italia, per la Spagna, per gli altri Paesi e per il futuro dell'Europa", dice ancora von der Leyen.
"Oggi lanciamo Sure un fondo europeo a sostegno di strumenti tipo Cassa Integrazione per difendere il lavoro nei paesi più colpiti nel tempo difficile della crisi. Un primo passo. Importante. #Solidarietà", twitta il commissario Paolo Gentiloni.
"Oggi dalla Commissione una decisione storica. Parte il #Sure, una cassa integrazione europea, un fondo che fornisce risorse comuni di tutti gli stati membri per finanziare un assegno ai lavoratori colpiti dalla crisi del coronavirus", scrive su Facebook il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, su Fb. "Questa è l'Europa che vogliamo. L'Europa della solidarietà e del lavoro. Ora avanti e massimo sostegno al Governo italiano per una politica economica e industriale comune".


Sanno fare anche cose buone, allora.
Speriamo che non si tratti soltanto del canto di una sirena ammaliatrice e non debba comportare, in seguito, un aggravio delle nostre già depauperate risorse economiche. C.

Inps, Conte: 'Problemi per hackeraggio del sistema'. 300mila domande in un giorno.

Il logo dell'Inps © ANSA

Tridico: "Attacchi anche nei giorni scorsi, per il sussidio non c'è fretta, non ci sarà alcun ordine cronologico per l'evasione delle richieste".

All'Inps sono giunte 100 domande al secondo, con 300mila richieste ad oggi, e questo ha creato qualche problema. Lo ha detto, a quanto viene riferito, il premier Giuseppe Conte alle opposizioni riunite a Palazzo Chigi. Il premier avrebbe spiegato che c'è stato anche un hackeraggio del sistema.
La notizia è stata confermata all'ANSA anche dal presidente dell'Inps, Pasquale Tridico. "Abbiamo ricevuto nei giorni scorsi, e anche stamattina, violenti attacchi hacker. Questa mattina si sono sommati ai molti accessi, che hanno raggiunto le 300 domande al secondo, e il sito non ha retto. Per questo abbiamo ora sospeso il sito''. "Ovviamente nei giorni scorsi - ha aggiunto - abbiamo informato le autorità di sicurezza nazionale, polizia e ministri vigilanti".
Tridico ha fatto sapere che il sito dell'Inps sarà riaperto con orari diversi per chiedere le prestazioni per patronati e consulenti e per i cittadini. "Lo riapriremo dalle 8.00 alle 16.000 per patronati e consulenti e dalle 16.00 per i cittadini".
Il disguido sul sito dell'Inps con lo scambio di identità tra gli utenti "è una cosa gravissima che non deve succedere" e "sarà oggetto di verifica", ha spiegato la vicepresidente dell'Inps Maria Luisa Gnecchi sottolineando che il disguido è durato cinque minuti. Gnecchi ha detto comunque che nessuno perderà il sussidio e che se le risorse dovessero esaurirsi saranno rifinanziate. Nessuno, ha detto, "resterà senza bonus. Cerchiamo di collaborare".
Le dichiarazioni della Gnecchi sono arrivate dopo molteplici segnalazioni che riferivano di difficoltà nell'accedere al sito dell'Inps a causa dell'enorme quantità di richieste per l'indennità ai lavoratori autonomi che hanno dovuto interrompere la loro attività a causa dell'emergenza coronavirus.
"Questo data breach è un fatto gravissimo, siamo molto preoccupati", dice il Garante per la Privacy Antonello Soro. "Abbiamo immediatamente preso contatto con l'Inps - aggiunge Soro - e avvieremo i primi accertamenti per verificare se possa essersi trattato di un problema legato alla progettazione del sistema o se si tratti invece di una problematica di portata più ampia. Intanto è assolutamente urgente che l'Inps chiuda la falla e metta in sicurezza i dati".
"Dall'una di notte alle 8.30 circa, abbiamo ricevuto 300mila domande regolari - ha affermato il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico all'ANSA -. Adesso stiamo ricevendo 100 domande al secondo. Una cosa mai vista sui sistemi dell'Inps che stanno reggendo, sebbene gli intasamenti siano inevitabili con questi numeri". 
"Nessun click day - assicura il presidente dell'Inps - non ci sarà alcun ordine cronologico e le domande potranno essere inviate anche nei giorni successivi al primo aprile collegandosi al sito e cliccando sul banner dedicato". "Come abbiamo detto più volte - afferma Tridico - le domande possono essere fatte per tutto il periodo della crisi, anche perché il Governo sta varando un nuovo provvedimento sia per rifinanziare le attuali misure sia per altre".
Altre misure sono già attive, come il bonus babysitter e il congedo speciale covid, la procedura cig è attiva dalla scorsa settimana.
Su Twitter il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, dopo le notizie degli attacchi hacker ai siti dell'Inps e dello Spallanzani, ha scritto: "Alcune infrastrutture strategiche sono state sotto attacco di hacker. Bisogna subito convocare il Copasir per chiedere al Dis quale reazione è in atto. Questi sciacalli vanno fermati immediatamente". 
"Possiamo anche pensare che il sito Inps abbia subito un attacco hacker, circostanza che andrà valutata con gli accertamenti e con la velocità con cui le autorità competenti si muoveranno, ma è evidente che la procedura è stata messa in piedi in pochissimo tempo e forse non si è avuta la possibilità di testarla a sufficienza e renderla più sicura": è il parere di Gabriele Faggioli, presidente del Clusit, l'Associazione italiana per la Sicurezza Informatica. "Magari si sono unite diverse circostanze ma appena ho letto dei problemi degli utenti ho pensato ad un bug".
AGENZIA DELLE ENTRATE: Aiutare chi lavora in nero, ma no ai condoni. Lo dice a Circo Massimo, su Radio Capital, il direttore dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, spiegando che "mai come in questa fase è giusto dire che non si può lasciare nessuno indietro. Le fasce di popolazione che vivono ai margini vanno sostenute, e il governo sta cercando di introdurre le misure necessarie. Non è una questione fiscale ma una questione di equità". "Non è allo studio" invece, una nuova "pace fiscale", come quella proposta da Matteo Salvini.
INPS: La domanda per il bonus autonomi, secondo le istruzioni pubblicate dall'Inps in una circolare, potrà invece essere presentata sul sito Inps anche con il Pin semplificato che si può chiedere proprio per queste richieste. La ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo ha annunciato che con il decreto di aprile si rifinanzierà la misura per aprile e maggio ampliandone probabilmente l'importo. La ministra ha annunciato anche di star lavorando a un reddito di emergenza. Si guarda al reddito di cittadinanza e alla revisione di alcuni requisiti per ottenerlo legati al patrimonio immobiliare. La misura sarebbe temporanea. Ecco in sintesi cosa prevedono le regole sull'indennità e chi riguardano:
LAVORATORI INTERESSATI: sono interessati all'indennità di 600 euro i lavoratori autonomi (commercianti, artigiani e coltivatori diretti), i liberi professionisti non iscritti a casse di previdenza obbligatoria, i collaboratori coordinati e continuativi, i lavoratori stagionali e quelli dello spettacolo.
600 EURO A MARZO, VERSO AUMENTO PER APRILE E MAGGIO: l'indennità non contribuisce alla formazione del reddito e quindi non può essere tassata. Non dà luogo a contribuzione figurativa (come la cassa integrazione, anche in deroga).
DOMANDA ALL'INPS CON PIN SEMPLIFICATO: la domanda andrà fatta per via telematica con il Pin, lo Spid, la Carta nazionale dei servizi o la carta di identità elettronica. Chi non ha il Pin può chiedere un Pin semplificato accorciando i tempi di arrivo. In alternativa si può usare il Contact center o i patronati. L'accredito arriva sul conto corrente.
RISORSE PER QUASI TRE MILIARDI: per i collaboratori e i liberi professionisti titolari di partita Iva ci sono 203,4 milioni; per i commercianti, gli artigiani i coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni iscritti alla gestione speciale dei lavoratori autonomi lo stanziamento è di 2.160 milioni; per i lavoratori stagionali, del turismo e degli stabilimenti termali le risorse ammontano a 103,8 euro; per gli operai agricoli a tempo determinato lo stanziamento è di 396 milioni mentre per i lavoratori dello spettacolo lo stanziamento è di 48,6 milioni. Se si considerano le risorse per un mese potrebbero avere il bonus circa 4,8 milioni di lavoratori.
PER LAVORATORI SPETTACOLO LIMITE REDDITO: potranno chiedere l'indennità anche i lavoratori dello spettacolo purché abbiano versato nel 2019 almeno 30 contributi giornalieri e non abbiano avuto un reddito superiore a 50.000 euro. Questi lavoratori non devono essere titolari di rapporto di lavoro dipendente al 17 marzo per chiedere l'indennità.
INCOMPATIBILITA' E INCUMULABILITA': l'Inps ricorda che queste indennità non sono cumulabili e che sono incompatibili non solo con la pensione ma anche con il reddito di cittadinanza, la cosiddetta Ape sociale e con l'assegno ordinario di invalidità. L'indennità è invece cumulabile con la Naspi per i lavoratori dello spettacolo e per quelli stagionali. Il bonus è cumulabile anche con le erogazioni monetarie derivanti da borse lavoro, stage e tirocini.

Coronavirus, passeggiate con i bambini: è polemica.

Bimbi portati dal papà a fare una passeggiata (Ansa)

La precisazione del Viminale. Il viceministro Crimi: "La possibilità vale solo per i bimbi piccoli, non per i 15enni". Ma Gallera (Lombardia): "Teneteli a casa. cercheremo di vanificarla". Fontana: "Da noi non cambia nulla. Con Lamorgese risolto ogni problema". A Verona le passeggiate restano proibite. 

Roma, 1 aprile 2020 - Una gran confusione. La circolare del ministero dell'Interno sulla possibilità di far fare una passeggiata ai bambini, oltre a provocare la reazione di Regioni come la Lombardia e la Campania ("Una follia"), ha determinato uno stato di incertezza, tanto che in piena notte il Viminale ha fatto uscire una nota esplicativa. Che alla Lombardia non basta: "Speriamo che l'ordinanza venga revocata".  Come non basta a moltissimi amministratori da Nord a Sud. A Verona il sindaco Sboarina dice: "Da noi le passeggiate restano proibite. Resta in vigore la mia ordinanza". Stessa cosa a Viterbo Palermo. Deciso anche il no dei sindaci del Piacentino. "Le regole sugli spostamenti - si legge - non cambiano. La circolare del ministero dell'Interno del 31 marzo si è limitata a chiarire alcuni aspetti interpretativi sulla base di richieste pervenute al Viminale. In particolare, è stato specificato che la possibilità di uscire con i figli minori è consentita a un solo genitore per camminare purché questo avvenga in prossimità della propria abitazione e in occasione di  spostamenti motivati da situazioni di necessità o di salute".                                                                                                                                                                                                    https://www.quotidiano.net/cronaca/passeggiate-con-i-bambini-coronavirus-1.5089880
...Disse il sindaco che organizzò l'inaugurazione dell'ospedale di Bertolassinoberlusconino che ospiterà all'incirca 25 malati e, probabilmente non basterà ad accogliere tutti gli intervenuti all'inaugurazione...
Ma bravo! L'importante per lui non è proteggere la popolazione, ma essere in controtendenza con le direttive del governo ed in linea con i desiderata del suo capitano... 
Poverini... 
Spero, come si ventila in giro, che quando tutto si sarà ristabilito, lo inquisiscano per tuttte le fesserie commesse in nome di chissà quale logica leghista. 
C. 

J’accuse di Arcuri: “Chiedete alle Regioni che cosa fanno…”. - Marco Palombi

J’accuse di Arcuri: “Chiedete alle Regioni che cosa fanno…”
Volano stracci - Da ieri online la mappa che riporta ogni prodotto consegnato dallo Stato dal primo marzo: circa 50 milioni di pezzi di materiale sanitario


- Che la risposta, anche “industriale”, al coronavirus sia stata lenta e inadeguata tanto a livello centrale che regionale non è un mistero. Nella penuria di attrezzature sanitarie per far fronte all’onda del Covid-19 in queste settimane si è scatenata una polemica quasi continua tra il governo e le Regioni, specie la Lombardia, più esposta al virus e alle polemiche sulla sua gestione. La novità è che i governatori finora hanno fatto la parte degli accusatori, ma ora il gioco potrebbe essersi rovesciato: “Chiedete alle Regioni cosa stanno distribuendo, sarebbe interessante saperlo”, ha detto ieri ai giornalisti il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri scatenando, come vedremo, una sorta di guerra con Attilio Fontana e il resto della sua giunta.
Una premessa. L’idea, a Roma, è che ormai la filiera della produzione e degli acquisti dei “dispositivi di protezione” (dalle mascherine in giù) e dei macchinari più complessi sia rodata dopo le iniziali defaillance: per questo da ieri è online una mappa detta “Ada” (Analisi distribuzione aiuti) che giorno per giorno riporta ogni singolo prodotto consegnato dallo Stato alle Regioni nell’ambito dell’emergenza Coronavirus dal 1° marzo in poi. Aggiornato a lunedì, si tratta di circa 50 milioni di “pezzi” di materiale sanitario di vario genere, arrivato ovviamente in larga parte nelle regioni più colpite (oltre il 20% alla Lombardia). La pubblicazione è stata fortemente voluta dal governo e un po’ meno dai presidenti di Regione: a quanto risulta al Fatto, quasi la metà si è dichiarata contraria nella video-conferenza di lunedì. L’idea dell’esecutivo è che ora siano i governatori a dover spiegare cosa hanno fatto col materiale consegnato: il sotto-testo, neanche troppo nascosto, è che in questo mese i livelli locali non si siano invece organizzati a sufficienza per far arrivare i dispositivi medici dove servono. Tanto più che il ruolo dello Stato centrale in questa vicenda non è unico, ma concorrente con le Regioni: “E a volte supplente”, butta lì Arcuri.
La reazione della Giunta lombarda – la cui narrazione finora è ruotata attorno al concetto “è tutta colpa di Roma” – è stata un clamoroso autogol: “Sto leggendo dal sito del governo la lista del materiale che presumono di averci inviato. O si è perso qualcosa tra Roma e Milano o hanno sbagliato l’indirizzo del destinatario”, ha detto in diretta Facebook l’assessore al Bilancio Davide Caparini. Peccato che quella lista di oltre 10 milioni di pezzi – tra cui 6,8 milioni di mascherine di vari tipi e 458 ventilatori per terapia intensiva e sub-intensiva, oltre un terzo di quelli distribuiti – sia stata vidimata dalla stessa Regione: “Evidentemente Caparini non è informato che domenica 29 marzo, alle ore 21.59, la dottoressa Maddalena Branchi (delegata della Regione Lombardia alle relazioni con gli Uffici del commissario) con una mail ha dato conferma dei materiali inviati dal governo nell’intero mese di marzo alla Regione”, gongola Arcuri nella sua nota di risposta. Il paradosso è che, essendoci una differenza sul numero di un prodotto (i monitor), “in via prudenziale” nel sistema sono stati immessi i numeri della Lombardia e non quelli del governo.
Lo scontro tra Roma e la giunta leghista sembra essere ormai totale. Ieri, per dire, Fontana – finito di celebrare l’ospedale costruito alla Fiera di Milano – in Consiglio regionale è tornato a ricordare che lui ha chiesto misure restrittive per settimane, mentre il governo spandeva ottimismo sull’epidemia. La replica del governo, affidata a fonti anonime, testimonia lo stato dei rapporti: oltre a ricordare i materiali sanitari e le decine di medici inviati (russi, albanesi, italiani tanto civili che militari), la costruzione di due ospedali da campo (Crema e Cremona), il trasporto di 73 pazienti gravi fuori regione, dal governo fanno notare “che i presidenti delle Regioni sono stati sempre liberi di intervenire con misure maggiormente restrittive. Il presidente Fontana, se lo riteneva giusto, avrebbe ben potuto adottare misure restrittive anche in passato, senza ridursi alla sera del 21 marzo, nelle stesse ore in cui le agenzie di stampa davano la notizia che il governo stava per annunciare il nuovo decreto per sospendere le attività produttive non essenziali”. In una giornata così non poteva mancare nemmeno la polemica, ormai rituale, sulle mascherine: un’azienda lombarda “può produrre 900 mila mascherine al giorno”, ha detto Fontana, ma il prodotto non ha ancora l’autorizzazione dell’Istituto superiore di sanità. Arcuri però, che pure ha promesso autorizzazioni più rapide, non pare preoccupato dai numeri: “Abbiamo acquisito 300 milioni di mascherine, che arriveranno progressivamente” e in generale “abbiamo una dotazione di dispositivi di protezione individuale che crediamo ci serva per due mesi”.

martedì 31 marzo 2020

Benzina sul fuoco. - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 30 Marzo:

L'immagine può contenere: una o più persone

So già che quello che sto per scrivere verrà usato dal Partito Divanista Italiano per attribuirmi cose mai dette né pensate: e cioè che il governo Conte è infallibile e incriticabile perchè va tutto bene. Ma lo scrivo lo stesso. Quello che si sente e si legge in certi social, talk e giornali è benzina sul fuoco della rivolta popolare. E in questo momento di tutto abbiamo bisogno, fuorché di irresponsabili che soffino sulla cenere che cova nelle case di molti degli italiani ai domiciliari, senza lavoro nè stipendio, terrorizzati dal contagio e dal futuro, in cerca di un colpevole visibile su cui scaricare la rabbia, essendo il virus invisibile e inadatto alla bisogna. Chiedere un pizzico di responsabilità agli irresponsabili è forse fatica sprecata. Ma forse non tutti lo sono e comunque vale la pena tentare.
Caro Vittorio Feltri, titolare a tutta prima pagina “Assalto ai supermercati”. Il cibo c’è, mancano i soldi per comprarlo” per un paio di episodi circoscritti al Sud (enfatizzati anche da Maurizio Molinari su La Stampa) significa incoraggiare altri a provarci. E descrivere l’Italia come un lazzaretto di mendicanti fa a pugni con la tua teoria della “presunta povertà” che ti fece scrivere su Libero il 13.4.18: “Non è vero che siamo alla canna del gas, al contrario il nostro è uno dei Paesi più ricchi del mondo. Peccato che non ce ne accorgiamo perché ci descriviamo quali straccioni… I numeri della nostra economia, anche domestica, sono invidiabili. I risparmi privati sono mostruosamente alti…”. E il 12.5.19 aggiungevi con la consueta eleganza: “Probabilmente quelli che noi, semplificando, cataloghiamo alla voce pezzenti non sono altro che lavoratori in nero, in grado di guadagnare quanto basta onde sopravvivere. Non pagano le tasse e magari ottengono il reddito di cittadinanza… I poveri sono più finti che reali, e non abbocchiamo.
Chi è squattrinato muore di fame e al presente non si registrano decessi per inedia”. Possibile che, dopo un mese scarso di quarantena, siamo già tutti alla fame?
Caro Maurizio Belpietro, continua pure a raccontare ai lettori de La Verità che in Italia il problema non è il virus, ma Conte. Quella è una sciocchezza (secondo me), ma innocua. Però forse titolare sulla “Rabbia di esercito e polizia” e tradurre l’allarme dei Servizi sul Sud “Meridione affamato: tira aria di rivolta” potrebbe rivelarsi un tantino pericoloso. Dai un’occhiata al video postato su Facebook da una gentildonna beneventana che minaccia il sindaco Mastella di andarlo a prendere con 5mila squadristi armati di “mazze di ferro” e capirai cosa potrebbe uscire dal vaso di Pandora, se lo apriamo.
Caro Alessandro Sallusti, il tuo editoriale sullo statista di Rignano che vuole riaprire tutto e dovrebbe fare da cavia con tutta la famiglia, è perfetto. So che sei contro il reddito di cittadinanza, ma non credi che ora sia una benedizione dal cielo che mette al riparo 2,5 milioni di italiani dalla miseria (e da certe idee strane) e andrebbe allargato anziché abolito (come chiede il centrodestra e dunque l’Innominabile)? Persino B., in un lampo di saggezza, lo propose nel 2017. Se non a me, dài retta a lui.
Cari dirigenti dell’Unione sindacale di base, ma che vi dice il cervello quando postate su Fb “Reddito o rivolta”? Ma lo sapete che vuol dire “rivolta”? E contro chi?
Caro Cazzaro Verde, capisco che tu sia in lutto perchè Conte ti ha strappato di mano, anzi di bocca pure la bandiera della polemica contro quest’Europa di bottegai. Dunque continua pure a martellarlo su tutto lo scibile umano. Ma evita, se puoi, di impartirgli lezioni di matematica, tu che non riesci neppure a calcolare il Pil (sbagli di tre zeri), i metri quadri di casa tua (“un bilocale in periferia”: sì, buonanotte) e temo pure la tabellina del 2. Prendi nota: se il governo aggiunge per l’emergenza, cioè per questi giorni, 400 milioni al fondo semestrale di solidarietà di 4 miliardi per i Comuni (anche a quelli governati dalla Lega) affinchè aiutino i poveri a fare la spesa, non puoi dividerli per 60 milioni e ricavarne una mancia di “7 euro a testa”. Perchè i poveri non sono 60 milioni (altrimenti ci saresti pure tu), e neppure 5 milioni (grazie al Rdc votato anche da te e subito rinnegato come le altre poche cose buone fatte a tua insaputa). Sono molti meno: i 400 milioni aiutano le famiglie bisognose per 3 settimane con buoni pasto di 3-400 euro.
Caro (si fa per dire) Innominabile, continua pure a trafficare per buttar giù il governo che hai contribuito a creare. Ma, siccome fino all’altroieri volevi “Tutta l’Italia zona rossa”, piantala di chiedere di riaprire tutto dopo il 3 aprile (prima scadenza del “lockdown”). Non per coerenza, che per te è un vizio capitale insieme alla lealtà e alla correttezza, ma per motivi di ordine pubblico. I gruppi Facebook che minacciano rivolte, jacquerie, grand guignol, assalti ai forni e ai supermercati fissano tutti il D-Day al 3 aprile. Quindi evita, per il tuo e nostro bene, di alimentare quest’attesa messianica del 3 aprile. Si dice che chi gioca col fuoco fa la fine del pollo arrosto. Tu pollo già lo sei: vuoi pure finire arrosto?


https://www.facebook.com/TutticonMarcoTravaglioForever/photos/a.438282739515247/3222996847710475/?type=3&theater

Vito Crimi: “780 euro di reddito universale, prestiti di 10mila euro per cittadini e 250mila per le imprese, senza interessi. Siamo d’accordo col Pd”.



Coronavirus, scarica il documento della Fp Cgil al decreto 'Cura ...

“780 euro di reddito universale, prestiti di 10mila euro per cittadini e 250mila per le imprese, senza interessi. Siamo d’accordo col Pd”.
Abbiamo in mente un piano di emergenza per far ripartire l’economia. Con il reddito universale, con presto d’onore garantiti senza condizioni: 10mila mila euro per le persone fisiche e le partite iva. Fino a 250 mila euro per le imprese.
Senza nessun vincolo, a erogazione istantanea.

Ho le idee molto chiare sulla portata dell’emergenza, sulla scala delle priorità è anche sui mezzi. L’ho chiamato Elicopter money, denaro che arriva presto. Con il Pd c’è la sintonia maggiore da quando è nato il governo, anche e proprio su questi temi”.
Vogliamo anche un taglio sugli stipendi di tutti i parlamentari e non solo loro. Chiunque abbia uno stipendio importante, oggi, dirigenti dello Stato e manager in prima fila, potrebbe aderire per finanziare il reddito di emergenza che stiamo preparando in queste ore. Non basterebbe, ovviamente, a coprire tutta la spesa. Ma sarebbe molto più di una cifra simbolica.Se fossero cinque milioni di euro al mese – per dire – grazie a questo taglio 5mila persone al mese usufruiranno di un reddito. Non mi pare poco.
Il Reddito di emergenza io me lo immagino come una misura di tipo universale: cioè rivolto a tutti coloro che nell’ultimo mese non hanno percepito un reddito e che non sono coperti da altre misure.Se io ne parlo ora è perché negli ultimi giorni abbiamo fatto calcoli e simulazioni. Il sottosegretario Villarosa ha dato forma e struttura a questa proposta, abbiamo ponderato le cifre: non stiamo parlando di costi insostenibili.
La cassa integrazione straordinaria del Cura Italia è stata un’ottima prima risposta, ma non arriva ancora a tutti.Penso a diverse categorie. In primo luogo tutti coloro che lavorano nel mondo del turismo che hanno una ciclicità stagionale, e che quando è esplosa la crisi non avevano contratti attivi. Sono i primi che dobbiamo proteggere.
L’Inps ha battuto molti record in questi giorni, per emanare le circolari necessarie ad attivare le misure del Cura Italia. Ma fuori dei suoi canali dobbiamo immaginarci degli strumenti che consentano, a presentazione della domanda, una erogazione immediata.Dobbiamo immaginare requisiti semplicissimi, senza vaglio,niente Isee, niente parametri di filtro…Una sola condizione. Hai avuto un reddito a marzo? Se la risposta è sì non hai diritto alla misura. Se la risposta è no, ne ha diritto. Se hai una soglia di reddito molto alta – immaginiamo di fissarla a 50mila euro, ma è da definire – perdi il reddito. C’è solo una condizione di recesso. Se con un controllo a posteriori risulta che non avevi diritto per una delle condizioni perdi il reddito.Controllando prima, impiegheremmo troppo tempo.
Sono molti anni che ci definiscono statalisti e assistenziali. Ma le faccio questa domanda: riesce ad immaginare qualcuno meno statalista di Trump o di Johnson?
A mio parere chiunque dovrebbe avere almeno i 750 euro che abbiamo immaginato come soglia del suo reddito.
Stiamo cercando di mettere in sicurezza una intera economia. In questo momento la metafora che immagino è un motore a bassissimo regime.Se non metti l’olio mentre sei sotto sforzo il motore si ingrippa. E poi lo butti via. Noi non possiamo bucare il motore dell’economia italiana in questa crisi.
Gualtieri condivide la linea e la nostra preoccupazione: ha solo il problema di chi deve far quadrare i conti, ma non è affatto contrario, glielo assicuro. Lo rispetto perché so quali difficoltà dovrà affrontare.
Ma non basta.
Serve anche un’altra misura essenziale: un altro tipo di erogazione. Non un sussidio, ma un fondo che possa diventare un prestito condiviso. Per molti cittadini oggi il problema non è il guadagno, che non è venuto meno, ma la liquidità che rischia di far fallire le imprese. Questa misura la immagino come una sorta di super garanzia bancaria, che viene concessa a tutti, in Banca e senza nessun interesse na con una garanzia offerta dallo Stato per le aziende o per i privati, con soglie diverse. Senza nessuna valutazione, per chi ha perso un reddito e per le aziende che hanno perso un fatturato. Ma con un tetto. Parliamo di una cifra solo relativamente bassa: l’equivalente di tre mesi di fatturato o di reddito. Fino a 10mila euro di finanziamento ai privati e fino a 250mila per le imprese. Ci sarà il rischio di qualche insolvenza ma è un rischio molto minore di arrivare troppo tardi. Ma sarà meno di quello che lei crede. La rigorosa Svizzera, non un paese di economia comunista, segue questa strada. Lo strumento – anche se pochi incredibilmente lo sanno – non solo è condiviso, ma esiste già. Avevamo già previsto col decreto Cura Italia, e anche già coperto con un finanziamento, una misura simile con una cifra limitata a 3mila e con un vincolo legato a determinate categorie.
Si tratta solo di sollevare il massimale ed estendere la platea.
Queste proposte sono frutto di un lavoro di squadra. È ciò che presentiamo al paese. È stato chiamato, in quel decreto, “Reddito di ultima istanza”, perché interveniva per chi non usufruiva delle altre misure. Penso a chi non lo aveva redditi. Io dico così, perché nulla deve suonare come un incentivo al lavoro nero. Mai come in questa occasione la gente ha capito che non conviene lavorare in nero. Se sei un fantasma non accedi alle misure. Anche in questo il Covid cambierà il nostro modo di pensare. Il prestito sarà per tutti coloro che erano precari, occasionali, saltuari. Lavoratori, diciamo così, irregolari. Sono tantissimi, nelle casistiche più svariate, e sono quelli che hanno bisogno di più protezione, perché hanno per definizione meno riserve di risparmio. Nessuno deve pensare di salvarsi da solo. Se intorno ci sono macerie non si va da nessuna parte. Due calcoli fatti a spanna ci fanno pensare ad una copertura di 3-4 miliardi. Parliamo di 2-3 milioni di famiglie. Il costo è al mese per quattro mesi. Sarà meno di quello che stanno spendendo tanti paesi.
Poi ci sono i prestiti per le imprese. Anche qui dobbiamo lavorare sulle piccole e le medie imprese. Un tessuto prezioso di questo paese, un ecosistema economico che va tutelato. Ma il prestito ha un costo diverso dal reddito.
Abbiamo immaginato un massimale. Ma qui il totale del finanziamento è inferiore al costo, perché come è noto c’è un meccanismo di leva legato al credito bancario.
Essendo un credito senza interessi l’impresa non si indebita ulteriormente. Funziona come un grande anticipo di cassa ai capillari del sistema paese.
Da lombardo devo dire che la sanità in Lombardia è stata massacrata. Formigoni è stato condannato per il sistema che noi denunciavamo: non ora, ma nel 2010! Fontana parla con orgoglio di questo sistema ma è un modello squilibrato, e dopo la crisi dovremo capire che effetti questo problema ha avuto. Nel sistema del privato lombardo – ne sono consapevole – puoi fare bene e velocemente gli interventi e qualsiasi tipo di analisi. E paghi quasi come nel pubblico: questo è un segnale di un disequilibrio che ora stiamo pagando. Con il modello delle convenzioni tutti i settori dicesi così “a perdere”, urgenze e terapie intensive sono stati lasciati al pubblico. E sono stati sostanzialmente disarmati di fronte all’emergenza Covid. Queste sanità era una rete molto forte nei settori di convenzione, ma molto debole – come abbiamo visto – nei settori che hanno dovuto reggere l’urto del Covid. Esaltando le grandi eccellenze è stata smantellata ogni capillarità della rete di assistenza. Non a caso la trincea sono diventati gli ospedali, senza avere una adeguata medicina del territorio.Senza lo Stato centrale Lombardia e Veneto non ce l’avrebbero fatta.
In Lombardia hanno solo messo in piedi l’infrastruttura ospedaliera: ma il personale medico lo ha messo lo Stato. I ventilatori li sta acquistando lo Stato. I primi 330 sono andati tutti al Nord, come era giusto, perché abbiamo dato priorità assoluta rispetto alle altre regioni.