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mercoledì 4 marzo 2020

Consip, chiusa indagine su Lotti e Saltalamacchia, accusati di rivelazione segreto d’ufficio. Stralciata posizione di Del Sette.

Consip, chiusa indagine su Lotti e Saltalamacchia, accusati di rivelazione segreto d’ufficio. Stralciata posizione di Del Sette

Dopo la decisione del gip che ha respinto la richiesta di archiviazione, la Procura di Roma va verso la formulazione della richiesta di rinvio a giudizio per l'ex ministro e il generale dei carabinieri. Sarà giudicato da un altro collegio, invece, l'altro alto ufficiale.

Chiusa l’indagine per rivelazione di segreto d’ufficio nei confronti di Lotti e Saltalamacchia, stralciata la posizione di Tullio Del Sette. È quanto fatto dalla Procura di Roma, che dopo la decisione del gip che ha respinto la richiesta di archiviazione, ha proceduto alla chiusura di un filone della maxinchiesta sul caso Consip che vede indagati proprio per il reato di rivelazione del segreto d’ufficio l’ex ministro dello Sport del governo Gentiloni e il generale dei carabinieri, Emanuele Saltalamacchia. I due già compaiono come imputati assieme ad altri nel processo principale per l’accusa di favoreggiamento. Nei confronti di Lotti e Saltalamacchia il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi dovranno, ora, formulare la richiesta di rinvio a giudizio. Alla luce di questa novità il processo principale, che si celebra davanti alla ottava sezione collegiale, è stato aggiornato al prossimo 30 giugno in attesa dell’udienza preliminare per Saltalamacchia e Lotti.

Secondo la Procura, l’ex ministro Lotti, il 3 agosto del 2016, ha rivelato all’allora ad di Consip Luigi Marroni “l’esistenza di una indagine penale che interessava gli organi apicali passati e presenti di quella società e, in particolare, di una attività di intercettazione telefonica sull’utenza in suo uso”, mentre Saltalamacchia secondo l’accusa ha rivelato allo stesso Marroni che la procura di Napoli indagava su Consip. Dal processo ha invece chiesto ed ottenuto di essere stralciato il generale dei carabinieri Tullio Del Sette, imputato per rivelazione del segreto di ufficio e favoreggiamento per aver informato nell’estate del 2016, Luigi Ferrara, all’epoca presidente di Consip, che c’era un’inchiesta penale sul conto dell’imprenditore campano Alfredo Romeo e di essere cauto “nelle comunicazioni a mezzo telefono”. “Alla base di questa scelta – ha spiegato il difensore di Del Sette, l’avvocato Fabio Lattanzi – c’è l’interesse ad una veloce definizione della sua posizione”. L’alto ufficiale sarà quindi giudicato da un altro collegio.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/03/consip-chiusa-indagine-su-lotti-e-saltalamacchia-accusati-di-rivelazione-del-segreto-dufficio-stralciata-la-posizione-di-del-sette/5723906/?fbclid=IwAR2El69S0q0Ynttk0OfL0kf_SoyodqDRBrAaFVJ38bWOiAe9mp-bvWLXyIs

venerdì 12 luglio 2019

Caos Procure, il Csm: “Le intercettazioni tra Palamara, Ferri e Lotti possono essere utilizzate: captate in modo casuale”.

Caos Procure, il Csm: “Le intercettazioni tra Palamara, Ferri e Lotti possono essere utilizzate: captate in modo casuale”
Cosimo Ferri, Luca Lotti, Luca Palamara.

Respinta la richiesta della difesa di dichiararle inutilizzabili, perché per ascoltare i parlamentari sarebbe stata necessaria l'autorizzazione della Camera, in virtù del fatto che "la direzione dell'atto di indagine non è volta ad accedere alla sfera delle comunicazioni parlamentari, la cui partecipazione all'incontro non era in alcun modo nota". Su Palamara: "Da parte sua risiko giudiziario, fatti contestati hanno compromesso, al momento, credibilità, prestigio e immagine".

Le intercettazioni fra Luca Palamara e i parlamentari Cosimo Ferri e Luca Lotti sono state captate in modo casuale e quindi possono essere utilizzate. Anche perché gli investigatori non sapevano che si sarebbero incontrati e quindi in alcun modo avrebbero potuto spegnere il trojan inoculato nello smartphone del magistrato. Di più: i loro colloqui sono stati ascoltati il giorno dopo, quando ormai erano avvenuti. Lo sostiene la Sezione Disciplinare del Csm nell’ordinanza con la quale ha sospeso il pubblico ministero Palamara, indagato per corruzione dalla procura di Perugia, definendo i suoi rapporti un “risiko giudiziario” per “occupare le procure” e i fatti contestati talmente gravi da aver “irrimediabilmente compromesso”, al momento, la sua “credibilità, prestigio e immagine”.
“Sono casuali, nessun dubbio” – Per quanto riguarda l’utilizzabilità delle intercettazioni, osserva il Collegio, quelle “rilevanti per il presente procedimento devono senz’altro essere reputate casuali, non potendosene certamente predicare la natura diretta né, più semplicemente, indiretta”, scrive il presidente della Sezione Disciplinare, Fulvio Gigliotti. E trattandosi di “intercettazioni casuali – si legge nell’ordinanza – nessun dubbio può sorgere intorno alla circostanza che esse siano liberamente utilizzabili, in confronti dei terzi per i quali si procede (Palamara, ndr), a prescindere della mancanza di autorizzazione (anche ex post) della Camera di appartenenza del parlamentare”. Appare, secondo il membri della Sezione Disciplinare, “del tutto evidente” stando ai “criteri sedimentati” sulla utilizzabilità o meno di dialoghi captati nei quali sia coinvolto un parlamentare che nel caso dei colloqui tra i tre ci sia un carattere “casuale e fortuito”.
“Ascoltate solo dopo l’incontro” – Le indagini all’interno delle quali vengono ascoltati Ferri e Lotti, infatti, si legge nell’ordinanza, “non sono in alcun modo fatti riferibili” agli stessi parlamentari. Non esiste, ricorda la Sezione Disciplinare, “alcuna frequenza di contatti” tra Palamara e i due esponenti dem “tale da consentire una prevedibile partecipazione degli stessi alle attività (dell’incolpato) oggetto di monitoraggio”. È agli atti, infatti, “una sola intercettazione con l’onorevole Cosimo Ferri, collocata in un arco temporale che si pone a strettissimo ridosso (alcune ore prima) dell’incontro in oggetto di captazione”. Ma soprattutto, si sottolinea nell’ordinanza, “l’attività di ascolto e trascrizione della predetta intercettazione, nella quale l’incontro veniva programmato, è avvenuto” da parte della polizia giudiziaria “soltanto dopo che l’incontro captato aveva avuto luogo”.
“Ignari di presenza Ferri e Lotti” – Insomma, conclude l’ordinanza, non può essere accolta la richiesta della difesa di Palamara di dichiarare inutilizzabili le intercettazioni con Ferri e Lotti, perché per ascoltare i parlamentari sarebbe stata necessaria l’autorizzazione della Camera, in virtù del fatto che “la direzione dell’atto di indagine non è volta, in concreto, ad accedere alla sfera delle comunicazioni parlamentari, la cui prossima partecipazione all’incontro non era in alcun modo nota agli investigatori”.

mercoledì 3 luglio 2019

Lotti intercettato: ‘Ho incontrato Giorgetti e Verdini jr. Lega al 35 o governo avanti. Renzi ha perso il filo dopo referendum’.

Lotti intercettato: ‘Ho incontrato Giorgetti e Verdini jr. Lega al 35 o governo avanti. Renzi ha perso il filo dopo referendum’

Dai dialoghi tra l'ex sottosegretario e il pm Luca Palamara, pubblicati da La Verità nelle edizioni di sabato e lunedì, emerge come, secondo Lotti, l'ex premier sarebbe dovuto restare in disparte dopo il k.o. del 4 dicembre 2016. E in un'altra occasione i 'timori' in caso di crisi di governo: "Non saremmo mai pronti ora".

Matteo Renzi che dal “4 dicembre non ha ritrovato il filo”, gli incontri con Giancarlo Giorgetti e Francesca Verdini e quindi la previsione sul futuro del governo Lega-M5s. Nelle intercettazioni captate dal trojan installato sul telefono del pm Luca Palamara, durante un incontro con Luca Lotti, l’ex sottosegretario dem immagina le strategie politiche future, racconta dei faccia a faccia con il leghista che ha preso il suo posto da un anno e con la compagna del ministro dell’Interno Matteo Salvini e si lascia andare a un commento sulla ‘visione’ dell’ex premier Renzi. 

“Lui dal 4 dicembre non ha ritrovato il filo… dopodiché l’unico che ha i numeri per ritrovare il filo… si lo sappiamo tutti […] è un po’ come un Ronaldo che…”, dice il fedelissimo del Giglio Magico al magistrato romano, indagato a Perugia nell’inchiesta sulle nomine del Csm. Dai dialoghi, pubblicati da La Verità nelle edizioni di sabato e lunedì, emerge come, secondo Lotti, Renzi sarebbe dovuto restare in disparte dopo il k.o. al referendum costituzionale del 2016.

Palamara, a un certo punto, lo incalza facendo un paragone con la sua storia dopo la presidenza della Anm: “È un po’ come ho fatto pure io che so’ stato in disparte… mo’ adesso sto rimettendo la testa fuori… porto, porto”. Quindi Lotti: “È così, bravo… qual è il problema, che te l’hai capito… Matteo secondo me ancora non è su questa linea”. “Faccio vince’ la squadra – aggiunge Palamara – La se ricompatta, no? Eh… questo…”.  E ancora l’ex sottosegretario: “Luca, Matteo non è su questa linea… mi dispiace”. 
Palamara è molto interessato anche alle sorti del governo, a una possibile crisi e Lotti risponde su tutto, compresi gli scenari che a quel punto di aprirebbero per i dem. Lo spiega tra a tarda sera, tra il 15 e il 16 maggio, quando mancano dieci giorni alle Europee. Il magistrato, durante una cena, si chiede “questi così come fanno ad andare avanti” e chiede a Lotti di “fargli capire” perché “adesso stanno esagerando”. A quel punto, l’ex sottosegretario racconta dei suoi incontri con Giorgetti e la figlia di Denis Verdini, a lungo stampella del Pd al Senato nella scorsa legislatura: “Eh lo so ho visto Giorgetti prima, poi Francesca Verdini mi ha detto che poi ti racconterò… loro se non fanno il 35… loro vanno avanti Luca”. Per Lotti, stando all’intercettazione, il proseguo del governo non sarebbe un problema per il Pd, anzi: “Che è un bene anche per noi.. che non saremmo mai pronti ora”.

mercoledì 27 marzo 2019

Tiziano Renzi, “aperto un fascicolo per traffico di influenze”. A Roma pm hanno chiesto archiviazione per vicenda Consip.

Tiziano Renzi, “aperto un fascicolo per traffico di influenze”. A Roma pm hanno chiesto archiviazione per vicenda Consip

È quanto scrive Panorama. Secondo il magazine l'ipotesi di reato è il traffico di influenze: tutto ruota intorno a un personaggio già noto nelle vicende del padre dell'ex premier: Luigi Dagostino, ex socio dei genitori di Renzi, arrestato lo scorso giugno per fatture false e coimputato con loro in un processo per false fatture.

Un nuovo fascicolo d’inchiesta, aperto a Firenze, sugli affari di Tiziano Renzi. È quanto scrive Panorama nel numero in edicola. Secondo il magazine l’ipotesi di reato è il traffico di influenze: tutto ruota intorno a un personaggio già noto nelle vicende del padre dell’ex premier: Luigi Dagostinoex socio dei genitori di Renzi, arrestato lo scorso giugno per fatture false e coimputato con loro in un processo, iniziato il 4 marzo scorso, per due fatture considerate false, pagate alla madre e al padre dell’ex segretario dei Democratici. Nella fattispecie si tratta di due pagamenti, per un totale di 195mila euro, che l’imprenditore di origini pugliesi ha versato nelle casse della Eventi 6, la società in cui i Renzi hanno ormai lasciato le cariche societarie, per la realizzazione di una struttura ricettiva all’interno del The Mall di Leccio Reggello.
Il nuovo fascicolo, secondo Panorama, punterebbe al movente di quei versamenti: ovvero un’attività di lobbying di cui lo stesso Dagostino aveva parlato con La Verità: “Perché faceva parte del suo lavoro, quello della lobby. Era un’epoca, quella, dove incontravi un tale per strada e voleva stare con Renzi… Come l’arbitro che dà il rigore alla Juventus per condizionamento psicologico“. La prima fattura di circa 20mila euro, ricostruisce Panorama, viene inviata a Rignano sull’Arno il 17 giugno 2015. La data coincide il tuor che l’imprenditore pugliese fa fare a tre persone: il magistrato Antonio Savasta, l’avvocato Ruggiero Sfrecola e il tributarista Roberto Franzé. Il primo arrestato nell’ambito di un’inchiesta per corruzione in atti giudiziari perché stando alle indagini evitò di indagare su Dagostino in cambio di un appuntamento con l’allora Sottosegretario del consiglio Luca Lotti: il pm aveva procedimenti disciplinari  e penali a suo carico e voleva trasferirsi a Roma. Mentre stando a quanto rivela Panorama Franzé ha raccontato agli inquirenti fiorentini che nei primi mesi del 2015 l’imprenditore gli riferì che che si rinnovavano per scadenza naturale i consigli d’amministrazione di alcune società partecipate dallo Stato. Il traffico di influenze è già stato contestato nell’inchiesta Consip a Tiziano Renzi, ma per i pm di Roma, nonostante l’inattendibilità dell’indagato, non ci sono le prove di aver cercato denaro promettendo favori con la pubblica amministrazione. E oggi il Fatto Quotidiano pubblica in esclusiva le chat tra Renzi senior e l’imprenditore Carlo Russo, per cui però la procura di Roma aveva derubricato il reato in millantato credito.

venerdì 17 febbraio 2017

Tiziano Renzi indagato a Roma sugli appalti Consip: è accusato di concorso in traffico di influenze.

Tiziano Renzi indagato a Roma sugli appalti Consip: è accusato di concorso in traffico di influenze

L’inchiesta della Procura capitolina è uno stralcio di quella napoletana, svelata il 21 dicembre in esclusiva da Marco Lillo sul Fatto Quotidiano. Il padre dell'ex premier: "Ammetto la mia ignoranza ma prima di stamattina neanche conoscevo l’esistenza di questo reato che comunque non ho commesso essendo la mia condotta assolutamente trasparente come i magistrati - cui va tutto il mio rispetto - potranno verificare".


Tiziano Renzi, padre dell’ex presidente del consiglio Matteo Renzi, è indagato dalla Procura di Roma nell’inchiesta sugli appalti Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione. L’accusa nei suoi confronti è concorso in traffico di influenze. L’inchiesta romana è uno stralcio di quella aperta a Napoli e svelata il 21 dicembre in esclusiva da Marco Lillo sul Fatto Quotidiano. Si tratta dello stesso procedimento (inviato a Roma per competenza territoriale) in cui è indagato il ministro dello Sport Luca Lotti, accusato a sua volta di rivelazione di segreto e favoreggiamento al pari del generale dei carabinieri Tullio Del Sette e il comandante della Legione Toscana dei carabinieri, il generale Emanuele Saltalamacchia.
Il padre del segretario del Pd ha ricevuto oggi un invito a comparire nel quale si ipotizza il reato a suo carico. I magistrati di piazzale Clodio intendono sentirlo a breve, già la prossima settimana. La notifica è arrivata a Renzi senior alle ore 13 a Scandicci, come confermato dall’avvocato Federico Bagattini, legale di Tiziano Renzi. “Il fatto è totalmente incomprensibile – ha detto il difensore – perché nell’atto è riportato solo il numero della norma violata. Prenderemo contatto con il pm per capire quali sarebbero i fatti contestati”.
Anche il diretto interessato ha detto la sua circa l’iscrizione nel registro degli indagati: “Ammetto la mia ignoranza ma prima di stamattina neanche conoscevo l’esistenza di questo reato – ha detto Tiziano Renzi – che comunque non ho commesso essendo la mia condotta assolutamente trasparente come i magistrati, a cui va tutto il mio rispetto, potranno verificare. I miei nipoti sono già passati da una vicenda simile tre anni fa – ha aggiunto – e devono sapere che il loro nonno è una persona perbene: il mio unico pensiero in queste ore è per loro”.
Il reato di traffico di influenze, contestato al padre dell’ex premier in concorso con altri, è stato introdotto nel codice penale nel 2012: mira a colpire anche il mediatore di un accordo corruttivo al fine di prevenire la corruzione stessa. Il ruolo del padre del segretario Pd ha attirato le attenzioni dei magistrati poiché strettamente collegato a quello del suo vecchio amico Carlo Russo, un imprenditore toscano molto vicino ad Alfredo Romeo, protagonista principale dell’inchiesta della Procura partenopea.
Il primo a commentare la notizia è il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio del M5s, che su twitter scrive: “Padre di Renzi e suo braccio destro Lotti indagati in inchiesta Consip. Renzi era a conoscenza del traffico di informazioni? #Renzisapeva?”. Dello stesso tenore il commento del capogruppo M5s Vincenzo Caso. “L’inchiesta Consip – dice – che riguarda una commessa miliardaria si conferma un caso giudiziario da approfondire, su cui è necessaria la massima attenzione di tutta l’opinione pubblica. Bisogna accendere un faro sulla vicenda”.
Nell’indagine, che di fatto viene coordinata da due Procure, il focus principale degli inquirenti è rivolto alla gara d’appalto, bandita nel 2014, denominata Fm4 (facility management) del valore di 2,7 miliardi di euro e che era stato suddiviso in una serie di lotti.  I magistrati capitolini intendono approfondire i rapporti tra il padre dell’ex premier e l’imprenditore Russo, in contatto con Romeo. Agli atti dell’indagine anche decine di intercettazioni telefoniche acquisite nel filone napoletano dell’inchiesta tra Romeo e l’ex deputato Italo Bocchino, “consulente” dell’imprenditore.
Per l’inchiesta Consip, nel dicembre scorso, dopo aver ricevuto gli atti da Napoli, i pm capitolini hanno ascoltato il ministro dello Sport Lotti e il comandante generale dell’Arma, Del Sette. Entrambi hanno respinto le accuse, sostenendo di non aver mai rivelato ai vertici di Consip l’esistenza di indagini. In particolare Lotti, interrogato il 27 dicembre scorso, ha affermato di “non avere mai saputo nulla di indagini” relative alla Consip. Riferendosi all’amministratore delegato della società, Luigi Marroni, che sentito come persona informata sui fatti dai magistrati di Napoli aveva fatto il nome dell’allora sottosegretario, Lotti ha detto di “non frequentarlo” e di “averlo visto solo due volte nell’ultimo anno”.

martedì 3 gennaio 2017

Il Giglio Putrido e il potere truffa del PD. - Rosanna Spadini

renzi e il giglio magico

Mentre il bullo di Palazzo Chigi è momentaneamente scomparso dai radar dei media politicamente asserviti, un altro soporifero cattokomunista si è insediato sulla poltrona del comando, sfoderando le solite bufale, più spudorate di sempre: il Jobs Act è stata un’ottima riforma e i voucher «non sono il virus che semina il lavoro nero» … intanto sono partite le lettere di licenziamento per 1666 lavoratori dell’Almaviva di Roma, i sindacati svaporano come neve al sole, la povertà è in progressivo aumento e l’Italia rischia il commissariamento dalla Troika per la storia del Monte Paschi di Siena.
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Nel frattempo Luca Lotti, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e rinominato Ministro dello Sport nel governo Gentiloni, 4° governo non votato da nessuno, è sotto indagine per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento nell’ambito dell’indagine avviata dalla Procura di Napoli sulla corruzione in Consip, la centrale di appalti della Pubblica amministrazione.
Immediatamente compare un post stranito su FB: «Sarei indagato per rivelazioni di segreto d’ufficio. È una cosa che semplicemente non esiste. Inutile stare a fare dietrologie o polemiche. Sto comunque tornando a Roma per sapere se la notizia corrisponde al vero e, in tal caso, per chiedere di essere sentito oggi stesso. È una cosa che non esiste e non ho voglia di lasciarla sospesa».
E poi continua: «Noi non scappiamo dalle indagini: siamo a totale disposizione di ogni chiarimento da parte dell’autorità giudiziaria.  La verità – del resto – è più forte di qualsiasi polemica mediatica e non vedo l’ora di dimostrarlo».
La famiglia Renzi, il ministro Lotti, la Consip, altissimi esponenti dei Carabinieri … insomma un giglio putrido invischiato in un caso di corruzione da 2,7 miliardi di euro, ma tutti i riflettori e le sirene del mainstream sono accese sulla giunta Raggi che «potrebbe essere indagata», sull’indagine Muraro, sulla bocciatura del bilancio, sull’arresto di Marra … vicende che vengono ripetute fino alla nausea sulle prime pagine e in tutti i tg, mentre lo scandalo napoletano è rapidamente scomparso dai radar, dopo i titoli rassicuranti sul comandante Del Sette subito ascoltato in Procura e seguito a ruota da Lotti.
Eppure anche l’inchiesta di Napoli meriterebbe qualche attenzione in più. L’appalto che i pm ritengono truccato è piuttosto consistente: acquisti per 2,7 miliardi deliberati dalla Consip (società pubblica al 100% del Tesoro) per la PA. E i personaggi coinvolti sono tra i più potenti d’Italia: Renzi, suo padre, il suo più fedele ministro, i comandanti dei Carabinieri italiani e toscani, i vertici della prima agenzia appaltante del Paese.
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I fatti … i pm Woodcock, Carrano e Parascandolo incaricano i carabinieri di riempire di microspie gli uffici Consip, dove il dirigente Marco Gasparri avrebbe promesso alcuni lotti della maxi commessa all’imprenditore Alfredo Romeo, anch’egli indagato per corruzione. Ma immediatamente l’amministratore di Consip Luigi Marroni chiama una ditta per bonificare gli uffici, che toglie le cimici due giorni dopo l’installazione. Gli inquirenti allora se ne accorgono e interrogano Marroni, il quale spiffera 4 nomi: Del Sette, Saltalamacchia, Luca Lotti e Filippo Vanoni.
Vannoni, amico da una vita di Renzi, che l’ha nominato presidente della municipalizzata Publiacqua, dichiara che non solo Lotti&C, ma anche Matteo sapeva in anticipo dell’indagine segreta. Molto strano che tutti i protagonisti dello scandalo siano fedelissimi di Renzi, sia i due generali (uno comandante in Toscana, l’altro nominato comandante generale proprio da Renzi), che i due imprenditori (Russo, compagno di viaggio di Tiziano Renzi e Romeo, finanziatore dichiarato della fondazione renziana Big Bang).
Il padre del premier Matteo Renzi, Tiziano, fotografato a Roma, 23 Dicembre 2014. La procura di Genova ha chiuso le indagini per la vicenda che vedeva coinvolto il padre del premier, Tiziano Renzi, accusato di bancarotta fraudolenta ed ha chiesto l'archiviazione. Il gip decidera' se accoglierla o meno. L'indagine era nata dopo il fallimento della società Chil Post srl, che distribuiva giornali e volantini. ANSA/GIUSEPPE LAMI
(Tiziano, il padre dell’ex premier Matteo Renzi. La procura di Genova ha chiuso le indagini per la vicenda che lo vedeva coinvolto, accusato di bancarotta fraudolenta ed ha chiesto l’archiviazione. L’indagine era nata dopo il fallimento della società Chil Post srl, che distribuiva giornali e volantini.)
E Renzi perché non smentisce e non querela Vannoni? Forse perché dice la verità? L’unico che sembra aver avuto un briciolo di dignità sembra essere il generale Del Sette, che ha chiesto di non essere confermato nel suo incarico, che scade tra poco … e invece il governo Gentiloni ha deciso di prolungare l’incarico per altri due anni. (Marco Travaglio, 28 dicembre 2016). Perché i generali avvertono subito l’entourage di Renzi, rischiando grosso, se nessuno del Giglio Putrido era indagato? Forse sanno che nel gioco ad incastro sono tutti coinvolti e cercano di proteggere il premier e la sua famiglia. Lotti e Del Sette dicono naturalmente che è tutto falso, allora perché non querelano Marroni per calunnia e non lo fanno licenziare dalla Consip? Forse perché dice la verità?
Luca Lotti e compagni sono innocenti fino a prova contraria e Tiziano Renzi non è indagato, però resta una domanda: Marroni è amico dei Renzi, padre e figlio, allora perché l’amministratore di una società nominato dal governo Renzi dovrebbe accusare gli amici di Matteo Renzi di avergli rivelato l’esistenza di un’indagine nelle cui carte potrebbero esserci elementi imbarazzanti su Tiziano Renzi?
Del resto il fatto che esistesse un sistema corruttivo all’interno di Consip era già stato rivelato da una puntata di Report del dicembre 2013.  Cos’è dunque Consip ? È una società partecipata al 100 per cento dal Ministero dell’economia e delle finanze, istituita in origine per la gestione di attività informatiche riservate allo Stato in materia di contabilità e finanza pubblica, poi diventata centrale di committenza nazionale, con il fine di razionalizzare gli acquisti nella pubblica amministrazione.
L’inchiesta di Report mostrava una malata connessione tra poteri politici e affari, e denunciava il cosiddetto “sistema Romeo”, che fa capo all’imprenditore campano Alfredo Romeo, proprietario della Romeo Gestioni, una società di servizi che si era aggiudicata una larga fetta del miliardo e 34 milioni di euro di appalti gestiti da Consip per conto di svariati enti pubblici. Tali servizi riguardavano la gestione di pulizia, facchinaggio e manutenzione di enti, quali il Senato della Repubblica, la Presidenza del Consiglio, comuni, province e regioni, tribunali e altri. Tale sistema si fonderebbe sulla capacità del Romeo, condannato in secondo grado per corruzione in concorso e turbativa d’asta dalla Corte d’appello di Napoli (assolto poi in Cassazione nel maggio 2016 con formula piena), accusato di tessere strette relazioni con influenti politici locali e nazionali, le quali garantirebbero un occhio di riguardo nei confronti delle società dello stesso Romeo per l’aggiudicazione di alcune gare di appalto (sintesi dell’Interpellanza presentata alla Camera da Luigi Gallo deputato del M5S).
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Gruppo Romeo Gestioni
Fatto sta che nel 2014 la società pubblica bandisce un’altra gara d’appalto di facility management, suddivisa in più lotti, forniture pluriennali a università e pubbliche amministrazioni, per un valore totale di circa 2,7 milioni di euro. Ora, tre di questi lotti se li aggiudicano le società di Alfredo Romeo. Dunque a distanza di nove anni Romeo torna nell’occhio del ciclone, per un presunto reato di corruzione, in quanto avrebbe offerto somme consistenti di danaro in contanti a Marco Gasparri, alto dirigente Consip, in cambio dell’assegnazione di appalti alle sue società. Già da tempo i pm monitoravano le attività del gruppo Romeo e avevano predisposto una serie di intercettazioni ambientali, facendo innestare un virus spia Trojan sul cellulare di Romeo e di altri indagati.
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(Alfredo Romeo)
Nell’indagine è coinvolto anche un personaggio non comune. Si chiama Carlo Russo, 33 anni, imprenditore di Scandicci, amico di Tiziano Renzi e in ottimi rapporti con l’imprenditore Alfredo Romeo. Sarebbe interessante capire se ci sono rapporti triangolari tra Tiziano Renzi, Carlo Russo e Alfredo Romeo. Ma l’ipotesi probabilmente non potrà avere riscontro dalle microspie in Consip che sono state neutralizzate dalla soffiata.
Non è la prima volta che il nome del padre dell’ex premier, Tiziano Renzi, da agosto scorso segretario del PD di Rignano sull’Arno, si trova coinvolto in indagini giudiziarie, all’inizio dell’anno era stato sfiorato dalla triste vicenda di Banca Etruria. Solo la scorsa estate era arrivata per lui l’archiviazione circa l’indagine che lo vedeva accusato di bancarotta fraudolenta nel quadro del fallimento della società di distribuzione editoriale Chil Post. Sembra che avesse chiesto agli ospiti che andavano a trovarlo di lasciare il cellulare dentro casa e di appartarsi con lui in un bosco vicino per parlare: segno che avrebbe temuto la presenza di cimici in casa.
Sarebbe dunque necessario riflettere sul diffuso malaffare che coinvolgerebbe importanti membri del Giglio Magico, che troverebbe la sua naturale matrice in terra toscana, dove il Partito Democratico sostanzialmente ha un potere incontrastato dal secondo dopoguerra, attraverso un’odissea paradossale che passa dal PCI, PDS, DS fino al PD renziano, un partito sfacciatamente neoliberista.
coop
Un potere accumulatosi nel tempo anche grazie allo stretto intreccio tra cooperative rosse e bianche, supermercati Coop, Arciconfraternita della Misericordia, clero progressista e banche locali. Un potere che inizia molto prima di Renzi, che spicca il volo proprio grazie alla promessa di rottamare una classe politica invischiata in affari con la famiglia Ligresti o garante della nomina di Mussari a MPS, uomo molto vicino a D’Alema. Insomma il sistema piovra del PD toscano ha progressivamente allargato i tentacoli sul territorio italiano fino ad arrivare a Palazzo Chigi. Ma niente paura, molto meglio parlare di terrorismo e della sindaca Raggi.
Semplicemente perché i mezzi di distrazione di massa orientano le opinioni dell’elettorato verso notizie irrilevanti rispetto all’agenda dettata dall’establishment finanziario, e dunque la gestione truffaldina del potere avviene sotto gli occhi di tutti i cittadini spettatori, senza che questi però se ne possano accorgere, perché quello che non serve alle élites deve essere taciuto e oscurato.
La corruzione politica del paese dunque non è un problema minimamente marginale rispetto alla sudditanza europea e alla perdita di senso dello stato, dato che sono le tre componenti necessarie per la conduzione a buon fine del processo di dissoluzione della sovranità politica italiana in quell’organismo sovraordinato che si chiama Unione Europea.
giglio-rospo
Del resto il giglio, le fleur-de-lys, è una figura ambivalente della simbologia araldica (informazione di sanpap) … a partire dal Medioevo  divenne l’emblema della regalità, ma dietro l’immagine stilizzata del fiore cela l’ombra di un rospo o di una rana, abitanti della palude, che sguazzano volentieri tra il fango … come tra il fango dell’ipocrisia e della truffa sguazzano i componenti del giglio putrido del renzismo italiano.