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giovedì 23 settembre 2021

La voce del padrone. - Marco Travaglio

 

Da quando han cominciato a votare contro le élite politiche, finanziarie ed editoriali, gli elettori godono di pessima fama. Sono populisti, giustizialisti, poco riformisti, scarsamente moderati, insufficientemente europeisti, non abbastanza atlantisti e affetti da una preoccupante cultura anti-impresa. I padroni del vapore e i loro pennivendoli li avevano avvertiti: votate come vi diciamo noi, cioè i soliti B. o Renzi, che poi fa lo stesso. Ma quelli niente: non ne han voluto sapere. E sono stati puniti: il solito banchiere al governo. Eravate contro l’establishment e gli inciuci? E noi vi piazziamo la quintessenza dell’establishment sostenuto da un inciucione. Così imparate. Ora però abbiamo un problema: prima o poi si vota, al più tardi nel 2023. E quei rompicoglioni degli elettori hanno financo la pretesa di decidere da chi farsi governare. Con l’aggravante, sondaggi alla mano, di non essere guariti dalla grave patologia chiamata democrazia. Infatti i politici più popolari sono Conte e la Meloni. Come si fa? Semplice: si decide nelle segrete stanze chi deve governare gli italiani, così quelli si adeguano e votano bene oppure se ne stanno a casa e lasciano votare chi vota bene. Lo spiegava ieri, nel 40° anniversario de La voce del padrone di Franco Battiato, il sincero democratico Stefano Folli su Repubblica (un ossimoro: dovrebbe chiamarsi almeno Monarchia): siccome Conte riporta su il M5S nei sondaggi e riempie le piazze, “assistiamo al rapido tramonto di Conte”, un “declino veloce e forse inarrestabile” (l’ha deciso lui).

Quindi “il centrosinistra deve chiedere a Draghi di proseguire la sua opera a Palazzo Chigi”. E – tenetevi forte – “dovrebbe farlo il centrodestra non meno del centrosinistra”. Destra e sinistra con lo stesso premier. Qualcuno domanderà: ma gli elettori che ci stanno a fare? E in quale Paese, a parte Cuba, la Russia e qualche repubblichetta delle banane, tutti i partiti indicano lo stesso capo del governo? Beata ingenuità: è proprio questo che sognano lorsignori e i loro manutengoli a mezzo stampa. Anzi, non si limitano a sognarlo: lo confessano nero su bianco. Sentite il seguito del piano Folli, che delizia: “Offrire una base politica a Draghi, magari senza bisogno che egli si candidi formalmente alle elezioni”. Ecco, Draghi “formalmente” non si candida, se no poi la gente capisce: si candidano tutti gli altri per poi re-issare SuperMario sul trono regale. I programmi, le idee, le diverse visioni dell’Italia e del mondo, naturalmente la sovranità popolare, cioè la Politica e la Democrazia, possiamo scordarcele: “Tra un anno (cioè subito prima delle elezioni, ndr) occorrerà fare delle scelte in vista del dopo”. Prima si decide, poi si vota: non è meraviglioso?

ILFQ

mercoledì 22 settembre 2021

Milano, l’Anpi si appella agli elettori: “Non date il voto a liste e candidati fascisti”. Bernardo un mese fa costretto alla giravolta. - Thomas Mackinson

 

Dopo la bega dei soldi per i comizi e l'alterco con Sala sui milanesi "pistola" un'altra grana per il pediatra sostenuto dal centrodestra. Ignorati gli appelli per rimuovere i simpatizzanti di estrema destra dalle liste, l'associazione partigiani e le altre che si rifanno alla Resistenza si rivolgono direttamente ai cittadini.

Il tempo di tirare un sospiro di sollievo che Luca Bernardo, candidato sindaco di Milano per il centrodestra, si ritrova di nuovo accerchiato tra un botta-risposta con Sala e l’accusa di contiguità con l’estrema destra. Il presidente dell’Anpi di Milano anticipa al fattoquotidiano.it che a breve tutte le associazioni che si rifanno alla resistenza faranno un appello pubblico non più a liste e candidati, ma direttamente ai cittadini perché “non votino liste con candidati non dichiaratamente antifascisti”. Una posizione che, nella città medaglia d’Oro della Resistenza, può far presa nella corsa elettorale che si gioca tra il centro e la periferia. Può diventare anche un grimaldello ulteriore perché la Lega è ormai dilaniata tra la linea moderata di Giorgetti e quella di Salvini. La seconda per altro è diventata plasticamente minoritaria sulla questione green pass e no-vax , con tanto di scavalco sia dei governatori del Carroccio che degli esponenti con impegni di governo.

La polemica, va detto, in città c’è sempre stata, dai tempi della Moratti, De Corato e del centrodestra a Palazzo Marino che ha sempre strizzato l’occhio alla galassia dei movimenti della destra radicale. E’ successo anche stavolta, alla vigilia della tornata elettorale alle porte. Il 27 agosto scorso il consigliere regionale Max Bastoni, candidato con la lista di Bernardo per Palazzo Marino, aveva inaugurato il comitato elettorale in via Pareto 14, nei locali milanesi del movimento di estrema destra Lealtà Azione. Allora fu la segreteria metropolitana del Pd a sollevare la questione della scelta di condividere gli spazi con “un movimento che ogni anno organizza le celebrazioni al Campo X del Cimitero Maggiore, tra saluti romani e inni ai caduti di Salò”. Bernardo all’epoca dichiarò che “non c’è differenza tra fascisti e antifascisti”, scatenando polemiche che lo costrinsero poi alla giravolta repentina: “Sono antifascista come tutti gli italiani, si condannino tutte le ideologie folli”.

Stavolta però l’Anpi si rivolge direttamente agli elettori. Il presidente della sede provinciale di Milano Roberto Cenati anticipa al fattoquotidiano.it che a breve tutte le associazioni che si rifanno alla Resistenza (Anpi ma anche Aned, Fiap e Partigiani Cristiani) faranno ai cittadini un appello perché non diano il voto alle liste e ai candidati che non si dissociano dal fascismo. “A 76 anni dalla liberazione di Milano lo avrei considerato scontato”, dice Cenati. “In questi mesi però il nostro accorato appello ai candidati e ai partiti non ha sortito, evidentemente, gli effetti sperati”. Nel frattempo infatti il quartier generale del consigliere regionale Bastoni è rimasto negli stessi locali. Ha anche ribadito di “impegnarsi per far confluire i voti dell’estrema destra su Luca Bernardo”. Ma l’Anpi alza il livello della richiesta spostando la responsabilità della scelta sugli elettori: “A questo punto confidiamo siano loro a dare un segnale, noi non arretriamo sul fatto che chi si candida a governare Milano debba necessariamente ispirarsi ai valori della Costituzione e della Resistenza”.

ILFQ

lunedì 23 aprile 2018

Il governo dell’Alta Finanza e gli elettori coglionati. - Eugenio Orso



Chi è che decide il governo, nella democrazia italiana, prossima, come un frutto troppo maturo, quasi allo sfacimento?
Aristotele, in veste di costituzionalista ateniese nel mondo degli Elleni al crepuscolo, riteneva che solo i governi espressione dei possidenti di medio bordo potessero dare stabilità a uno stato sovrano, sebbene limitato a una illustre città.
Oggi che lo stato unitario, nazionale e sovrano è al crepuscolo, come la Polis ateniese al tempo di Aristotele, il governo democratico lo decidono pochi attori di una nuova classe dominante, al di fuori dello stato e sopra di lui.
Da noi non è passato Filippo II il Macedone, re conquistatore padre di Alessandro il Grande e distruttore di città, vittorioso nella battaglia di Cheronea, ma si è verificato qualcosa di peggio, dagli anni novanta a oggi: il dominio del sopranazionale e dell’Alta Finanza.
Un giorno futuro, in altro Evo della storia, si ricorderà il momento della nascita formale dell’Unione Europea, con il trattato di Maasticht del 7 febbraio 1992, come l’inizio di un processo che ha tolto progressivamente ossigeno alla nazione italiana e l’ha portata all’irrilevanza.
Per la verità, l’embrione di questo processo maligno, la cui fine segnerà il definitivo trionfo della Classe Globale Finanziaria dominante, attore impersonale del nuovo capitalismo, è la dichiarazione (solenne!) sulla UE del 1983, a Stoccarda, che prevedeva il pensionamento della CEE.
La sottomissione militare e in termini di definizione della politica estera data dalla fine della seconda guerra mondiale e si è concretizzata nella Nato, con un centinaio di basi militari sul suolo nazionale, e per noi il 1945 è un po’ come fu il 338 avanti Cristo per gli Elleni, quando furono sconfitti a Cheronea da Filippo II.
Grazie al percorso maligno che conosciamo, dal febbraio del 1992 ai giorni nostri, con la premessa della “dichiarazione solenne” del 1983, in Italia si vota nell’universalità del suffragio democratico, ma i governi si decidono altrove, ribaltando gli esiti del voto, se necessario, e coglionando gli elettori.
L’espressione “coglionando” segnala che il momento didattico e storico è finito e inizia l’articoletto del vecchio Orso sulle prospettive di un nuovo governo dopo il presunto terremoto elettorale del 4 di marzo.
Come il povero Aristotele, nato a Stagira il 384 a.C. e morto in esilio a Calcide di Eubea nel 322, dopo essere scappato da un’Atene al crepuscolo per non finir male, anche il sottoscritto, in modo infinitamente più modesto, sta assistendo alla fine di un mondo e, forse, anche alla fine dell’Italia, democrazia matura nel mondo globale e nell’Europa unionista e atlantica.
Solo che noi, a differenza del malcapitato Aristotele che osservava la fine di un mondo, non abbiamo un posto dove scappare per sottrarci agli strali del sistema, che ci raggiungerebbero ovunque …
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L’Italia avrà uno straccio di governo?
La risposta è sì, anche se non sarà nel rispetto della volontà degli elettori, caduti ancora una volta nella trappola della democrazia, liberale e matura, con percentuali di partecipazione alla kermesse del voto molto alte, superiori al settanta per cento.
Prendiamo in considerazione alcuni elementi utili, per prevedere quale governo sarà propinato agli italiani:
  • Mattarella, nonostante l’alta carica che ricopre, non è “super partes”, avendo in tasca, nei fatti, la tessera del piddì. Piccolo particolare, questo, che lo fa lavorare per riportare il piddì al governo, magari con il cinque stalle di Di Maio, o per mantenerlo almeno in area di governo, con un governo tecnico o semi-tecnico (per non dare troppo nell’occhio) gradito all’Alta Finanza. Infatti, Mattarella non potrà prescindere dagli interessi dell’Alta Finanza, che ci tiene in pugno con il “rispetto delle regole” dei trattati imposti e ci imprigiona nel “sistema delle alleanze occidentali”.
  • Berlusconi è rientrato in gioco in qualità di “agente sabotatore” nei confronti di Salvini (e Meloni) e questo sta facendo. Due sono le motivazioni che muovono l’ottuagenario sabotatore/incursore. La prima è garantirsi una sorte diversa da quella di Craxi, o peggio, del suo amico Gheddafi, ammortizzando le noie processuali (olgettine, Ruby Rubacuori, etc.) e preservando il suo ingente patrimonio personale, a beneficio della prole. La seconda, riconosciamolo pure, è il suo smisurato ego, che gli acciacchi dell’età non riducono, e la sua mania di essere sempre il protagonista, in ogni situazione, anche se così nuova che lui non la comprende. Per poter scamparla, deve mostrarsi utile all’Alta Finanza dominante, cioè disponibile a governi con i collaborazionisti piddini, come dimostrano le sue ultime dichiarazioni, e colpire alle spalle Salvini, o almeno fargli qualche sgambetto, ogni volta che è possibile. Tramontata la prospettiva di un solido governo con il piddì di Renzi, rinverdendo il “patto del Nazareno”, non gli resta che sabotare Salvini fino in fondo, apparentemente riconoscendogli la guida della coalizione (non coesa) del cosiddetto centro-destra, in base ai risultati elettorali. Per quanto vagamente rincoglionito, come alcuni sospettano, sta svolgendo il suo compito egregiamente, dal punto di vista dell’Alta Finanza, esattamente come il piddino Mattarella svolge il suo …
  • Salvini ha avuto solo il diciassette per cento, anche se beneficia della maggioranza relativa della coalizione con FI e FdI, e per tale motivo non può fare a meno di Berlusconi. Vorrebbe ardentemente dare il colpo di grazia al Cav, per liberarsene e andare con Di Maio, ma ancora non può farlo, se non rischiando tutta la sua brillante carriera politica, perché per pappare i voti di FI e terminare Berlusconi ci vuole tempo, mentre incombe la necessità di fare un nuovo governo. Un paese “indebitato” come l’Italia, sotto osservazione della UE e sotto ricatto dell’Alta Finanza/Mercati&Investitori, non può indugiare troppo a lungo, come invece ha fatto senza particolari patemi il Belgio. Salvini rischia di infilarsi in un vicolo cieco, proprio come vorrebbero i dominanti, grazie ai sabotaggi di Berlusconi e all’”arbitro” del gioco che in questo momento è Mattarella.
  • Di Maio scalpita per la presidenza del consiglio dei ministri e, per tale motivo, sarebbe disposto a dichiararsi anche satanista, oltre che di sicura fede atlantista, come ha fatto di recente in televisione davanti alla Bilderberg Gruber, ma solo dopo il voto. Dopo il fallimento del mandato esplorativo affidato alla Casellati, non gli resterà che lo sconfitto piddì, il quale stando al gioco, è già un po’ meno “aventiniano” e possibilista su eventuali “alleanze di governo”. Il cinque stalle rischia grosso, con Di Maio, che ha stravolto le posizioni come se il presunto movimento, fosse una scatola vuota, da riempire a talento, quando conviene, con eurismo, fedeltà alla troika e atlantismo occidentalista. Rischia grosso anche perché, fra qualche mese, sarà evidente ai più poveri e in difficoltà, che i soldini del sussidio di povertà chiamato reddito di cittadinanza non arriveranno nelle loro tasche vuote.
  • Il piddì sta aspettando l’assist del suo Mattarella, per rientrare in gioco a sorpresa. Subito dopo il voto, ancora e sempre nelle mani di Renzi, è salito su un grottesco Aventino, apparentemente chiamandosi fuori dai giochi. Si può credere che il piddì faccia l’opposizione al suo stesso governo Gentiloni, ancora in carica con la benedizione di Mattarella e non solo per gli affari ordinari, data l’espulsione dei diplomatici russi? Il piddì aspetta il momento buono dopo la malaparata del mandato esplorativo alla presidentessa forzaitaliota del senato, per farsi avanti in coordinamento con Mattarella, che si rivelerà degno sostituto di Napolitano. Infatti, il piddì si tiene pronto con i suoi tre punti programmatici, che sono fuffa propagandistica come sempre: inclusione, famiglia, lavoro.
  • Infine la legge elettorale (quasi) proporzionale, voluta da piddì e Berlusconi, ma accettata frettolosamente anche da Salvini, che non avrebbe permesso, come si sapeva fin dall’inizio, il rapido formarsi di maggioranze di governo troppo in linea con il voto degli italiani.
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Dove voglio arrivare?
Voglio semplicemente presentare due ipotesi, per il prossimo futuro.
PRIMA IPOTESI
Se dopo la Casellati al senato, il mandato esplorativo dovesse essere concesso da Mattarella a Fico, presidente della camera, anche qui ci potrebbe essere la “delimitazione del perimetro”, in termini di tempi e di partiti, pensata per far fallire Casellati.
Si tratterebbe, in tempi limitati, di esplorare la possibilità di un governo fra cinque stalle e piddì, magari con l’appoggio dei pochi Leu, quattro al senato e quattordici alla camera, oppure con la “benevolenza” di Berlusconi, che impegnerebbe forza Italia già moribonda, accelerandone la fine, e giocando un brutto tiro a Salvini.
Come risolveranno, in tal caso, il vulnus della presidenza del consiglio, tanto cara a Di Maio rampante, forse con Fico stesso o incaricando un’altra personalità accettata da tutti?
Potrebbe essere anche lo stesso Di Maio a ricoprire la carica, perché è possibile che il piddì, tornato improvvisamente in gioco, lo accetti a sorpresa digerendolo tutto, con grande sollievo dell’Alta Finanza globalista …
Ciò rappresenterebbe un punto a favore di Mattarella, perché un siffatto governo monstre, che mette improvvisamente insieme gli “alternativi” – ma non più tali su euro e atlantismo! – scongiurerebbe a favore dei dominanti globali un esecutivo Cinque Stalle e Lega, seppur transitorio per tornare alle urne, che per loro è l’ipotesi peggiore.
Inoltre, vista la presenza preponderante del 5 stalle, si potrebbe affermare che la volontà popolare, espressa con il voto politico del 4 di marzo, non è stata calpestata per l’ennesima volta, visto che 5s è il partito più votato.
Ancora inoltre, Mattarella avrebbe rispettato le prerogative della sua carica, nonché tutte le istituzioni e la costituzione!
Per irrobustire la maggioranza di governo, soprattutto al senato, potrebbe partire una “campagna acquisti” (o scouting, secondo il fallito Bersani dopo le politiche del 2013) di parlamentari neo eletti che non hanno voglia di veder finire in un lampo la XVIII legislatura … Costoro vorranno mantenere il più a lungo possibile il comodo posto ben pagato, essendo questo il loro scopo (non troppo?) recondito.
SECONDA IPOTESI
Se la prima ipotesi non andasse in porto e anche qualche altro tentativo per il nuovo governo fallisse, si potrebbe ricorrere, come Regum di ultima ratio, a un “governo del presidente”, se non tutto tecnico, per non suscitare proteste risultando troppo sfacciati, almeno semi-tecnico, con una personalità “di valore” accettata dalla nuova maggioranza, come ad esempio il tagliatore di spese, proveniente dal FMI, Sergio Cottarelli, noto “revisore” della spesa pubblica già in Osservatorio.
Si badi bene, Cottarelli è un possibile candidato, ma ce ne saranno altri, perché la scelta di personaggetti non manca (che ne dite di Tito Boeri, attualmente all’INPS, o di Ignazio Visco, in Bankitalia?).
Si tratterebbe di un governo molto gradito all’Alta Finanza, in carica per un periodo di tempo limitato, con scopi limitati, ma, ci scommetto, coerenti con le “direttive europee” e troikiste, più che con le aspirazioni di un elettorato che non ha votato per questo (semmai contro il piddì e le “regole europee”!).
Con il “Pilota Automatico” di Draghi ancora innescato, con tanto di rispetto delle “clausole di salvaguardia” (lo spauracchio degli aumenti IVA!), potrebbe propinarci una tanto agognata nuova legge elettorale per tornare alle urne …
La maggioranza si troverebbe nel nuovo parlamento, perché piddì e forca Italia ci si butterebbero a corpo morto e il cinque stalle potrebbe dare il suo apporto, forse soltanto con una parte dei seggi che attualmente occupa, non potendosi escludere una sua (drammatica?) spaccatura, cosa che farebbe gioire ancor di più l’Alta Finanza globalista.
Bene ancora una volta per Mattarella e anche Berlusconi al crepuscolo, appoggiando un “governo del presidente” e, naturalmente, della troika, potrebbe avere qualche soddisfazione …
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Sia che si verifichi la prima ipotesi, sia che si concreti la seconda, o qualcosa di molto simile a queste, gli sconfitti non saranno Salvini e Meloni e, forse, lo stesso Di Maio a livello di ambizioni personali, ma soprattutto gli italiani, che ancora una volta saranno andati alle urne colmi di sciocca speranza per assistere all’ormai “eterno ritorno delle stesse cose”, da Monti in poi.
Non preoccupatevi, elettori incalliti: non resterete sine die senza governo!
Ci stanno pensando le marionette dell’Alta Finanza trionfante …

giovedì 1 febbraio 2018

Sicuro è morto. - Marco Travaglio


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Salve, sono un elettore del Piemonte e sento dire che ci mancherà tanto Fassino, dirottato in Emilia. Tranquilli, non vedevamo l’ora di liberarcene, e massima solidarietà ai compagni di Ferrara. Ma non fai in tempo a festeggiare, che a Torino ti ritrovi il più alto tasso di boschismo dopo Bolzano: il Pd piazza Marino, quello che non voleva parlare di Etruria in commissione Banche, e pure la Fregolent, che scrisse la mozione anti-Visco sotto dettatura della Boschi. Aridatece Fassino, anzi no: esageroma nèn.
Salve, sono un elettore della Lombardia e ho sempre combattuto la Lega. Volevo votare M5S. Ma a Varese mi piazzano Paragone, ex direttore della Padania, contro Bossi che l’aveva nominato direttore della Padania. Allora mi butto su FI, ma lì c’è la Votino, la portavoce di Maroni. Vado sul Pd, che però mi candida il manager Mor (ex Grande Fratello, ex corteggiatore di Uomini e Donne) e tre ex berlusconiani: Capelli, Bernardo e Alli, già braccio destro di Formigoni e imputato per abuso d’ufficio. Qualcuno può avere pietà di me?
Salve, sono un elettore della Liguria. Nel Pd abbiamo la solita Paita multiuso e Vazio, il sottosegretario che voleva gli ispettori contro Woodcock perché indagava su Consip. In FI ha fatto tutto Toti, il governatore Mediaset, non so se mi spiego. Aiuto!
Salve, sono un elettore del Trentino Alto Adige e mi ero quasi rassegnato a turarmi il naso per la Boschi: almeno – dicevo – corre nell’uninominale, col rischio di perdere il posto. Ora però scopro che è pure capolista nel proporzionale a Cremona-Mantova, Guidonia-Velletri, Marsala-Bagheria, Messina-Enna e Ragusa-Siracusa. Cinque paracadute cinque! E se poi, a fare su e giù dall’Alto Adige alla Sicilia, dalla Lombardia al Lazio, le piglia un infarto? Poi leggo la Pinotti che dice: “La Boschi va a Bolzano non perché sia un collegio sicuro, ma perché è dove ha molto lavorato occupandosi di riforma costituzionale”. E allora andatevene tutte aff… non fatemi parlare, vi prego.
Salve, sono un elettore del Friuli Venezia Giulia e ho sempre votato a sinistra. Già non vi dico la fatica, con Rosato-Rosatellum e la Serracchiani. Ora però mi ritrovo nel Pd pure Tommaso Cerno, che nel ’95 era candidato in An, poi amico dell’Udeur, poi della sinistra, poi filogrillino, ora renziano. E dice che in An ci andò “per Pasolini”. Ecco, passi tutto il resto, ma scomodare la buonanima di Pier Paolo è troppo. Mandi!
Salve, sono un elettore dell’Emilia Romagna, da sempre fedele alla ditta e persino al Pd. Ma stavolta a Bologna mi ritrovo Casini, il nemico di sempre quando stava nella Dc e poi con B. E, a Ferrara, nientemeno che Fassino reduce dai trionfi a Torino. Lui dice che “in Piemonte voglio favorire il ricambio generazionale” (da noi no) e che qui si sente a casa perché “in Emilia sono stato tante volte e mi chiamano ancora segretario”. Cioè, oltre a farsi paracadutare, ci prende pure per il culo?
Salve, sono un elettore della Toscana ed ero molto contento di non trovarmi fra i piedi la Boschi (Renzi e Lotti bastano e avanzano). Ora però scopro che a Sesto Fiorentino arriva Giachetti che è romano. E, invece di chiedere scusa, dice pure che “in Toscana sono stato spessissimo”. Cos’è, uno scherzo? Pure io sono stato a Malindi, ma mica mi candido in Kenya. A Siena c’è pure Padoan, con tutto quel che ha combinato sulle banche. Magari voto 5Stelle? Uhm: a Firenze schierano contro Renzi l’ex Pd Nicola Cecchi, che nel 2016 fece campagna per il Sì al referendum perché “un brutto Sì è molto più motivante di un bellissimo No”. Quindi un bellissimo no grazie.
Salve, sono un elettore del Lazio. La destra mi candida Lotito, presidente della Lazio e della Salernitana, e la moglie di Mastella. Il Pd risponde con Lorenzin e Bonino, che ha appena ricordato quando governò con B. e si trovò bene. Ma che, davero?
Salve, sono un elettore dell’Abruzzo e speravo di liberarmi di quell’impiastro del governatore D’Alfonso, ma ora il Pd lo vuole in Parlamento. Ditemi che non è vero.
Salve, sono un elettore del Molise. Avrei votato volentieri Di Pietro, ma il Pd prima gli ha chiesto di correre, poi di non farlo perché è “giustizialista” e voterebbe contro un governo con B. Allora faccio prima e voto B.: lui almeno candida una bella figliola, Annaelsa Tartaglione, anche se nessuno sa perché.
Salve, sono un elettore della Campania ed ero tentato di votare per Paolo Siani, fratello del giornalista Giancarlo ucciso dalla camorra. Mi era piaciuto il suo ultimatum a Renzi: “Niente nomi chiacchierati in lista altrimenti sarò costretto a lasciare, ho chiesto che con me ci siano i migliori”. Poi ho scoperto che i migliori in lista sono: Piero De Luca, figlio del governatore Vincenzo, imputato per bancarotta fraudolenta; Umberto Del Basso De Caro, indagato per tentata concussione e voto di scambio; Eva Avossa, imputata per abuso d’ufficio con De Luca padre; Nicola Marrazzo, imputato per peculato; Angelo D’Agostino, imputato per presunte mazzette; Franco Alfieri, candidato all’uninominale nel collegio del Cilento, definito da De Luca “uomo delle clientele come Cristo comanda” per le fritture di pesce in cambio di voti e imputato per omissione di atti d’ufficio; e il nipote di De Mita. Allora mi son buttato a destra, ma lì è peggio che andar di notte: Cesaro padre e figlio, Luigi ’a Purpetta e Armando ’a Purpettina, indagati per voto di scambio; Mimmo De Siano, imputato per corruzione; Nello Di Nardo, ex Dc, ex Idv, ora FI, cioè dal partito degli imputati al partito dei giudici e ritorno; e Lorenzo Cesa, quello che finì in galera per tangenti nel ’93 e disse “intendo svuotare il sacco”. Scusate, ma che differenza c’è fra Pd e centrodestra?
Salve, sono un elettore di centrodestra della Puglia e, a parte i residui di Forza Gnocca e l’avvocato Sisto che difende B. a Bari, mi tocca Fitto, quello che candidò alle Comunali la D’Addario, poi litigò con B. e dovettero dividerli prima che si menassero e ora vanno d’amore e d’accordo. Ma che ho fatto di male?
Salve, sono un elettore della Basilicata, Pd da sempre, e mettetevi nei miei panni. Già abbiamo la saga dei Pittellas: Gianni va in Senato e lascia il seggio all’Europarlamento al fratello Marcello, ora governatore in Regione dove sta arrivando Domenico, il figlio di Gianni. In più mi toccano Francesca Barra e l’ex sottosegretario berlusconiano Viceconte, e ho detto tutto. Che dite, voto LeU? Ah no, c’è Bubbico, come non detto.
Salve, sono un elettore della Calabria e, a parte il solito esercito di impresentabili, sono affascinato dalla figura di Giacomo Mancini jr., nipote d’arte, che ha già cambiato sei partiti, da sinistra a destra e ritorno: ora, se vince le elezioni, diventa deputato Pd; se perde, entra in Consiglio regionale con Fratelli d’Italia. E, delle due, non so quale sia peggio. Aiutatemi.
Salve, sono un elettore della Sicilia. LeU mi candida il vecchio Capodicasa, appena indagato per le Girgenti Acque. Il Pd mi mette addirittura il rettore di Messina Pietro Navarra, nipote del famigerato dottor Michele, patriarca dei Corleonesi. La destra è inutile che ve la descriva: fa tutto Miccichè, basta la parola. Che faccio, mi ammazzo?
Salve, sono un elettore della Sardegna. FI ricicla l’ex governatore Cappellacci, a giudizio per abuso d’ufficio (scandalo P3) e bancarotta fraudolenta. Il Pd risponde con Manca e Lai, imputati per peculato. Forse mi sparo.
Salve, sono un “elettore d’opinione” che se ne frega del voto di cambio e pure del voto utile: ho sempre camminato con le mie gambe e ragionato con la mia testa, mai chiesto niente di utile o inutile a nessuno. Volevo astenermi, ma poi ho capito che è quello che vogliono i partiti, ben contenti di tenersi i voti che controllano e di liberarsi di quelli che non controllano. Dunque andrò a votare. Per chi? Deciderò all’ultimo, in base al programma e ai candidati che più mi convinceranno. A proposito: sento dire che il mio collegio è “sicuro”. Mi sa che lorsignori si illudono. Sicuro è morto.

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