lunedì 16 giugno 2014

Marcello Dell’Utri è rientrato in Italia dal Libano. - La vera biografia di Silvio Berlusconi. - Cos’è il patto del Nazareno.


Marcello Dell’Utri in tribunale a Palermo, il 25 marzo 2013. (MIchele Naccari, Epa/Corbis)
È atterrato poco prima delle 7 del 13 giugno all’aeroporto di Fiumicino il volo dell’Alitalia proveniente da Beirut con a bordo Marcello Dell’Utri, l’ex senatore di Forza Italia estradato dal Libano.
Dell’Utri che il 9 maggio scorso è stato condannato in via definitiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, è stato accompagnato dagli agenti dell’Interpol, e arrivato in Italia è stato affidato alla polizia in un’area riservata dell’aeroporto.
Dell’Utri sarà trasferito subito in carcere.
Arrestato il 12 aprile all’hotel Phoenicia di Beirut, Dell’Utri si trovava agli arresti nella capitale libanese dal 16 aprile. Il decreto d’estradizione è stato firmato dal presidente libanese Michel Suleiman il 23 maggio.
Il processo. A marzo del 2013 Dell’Utri è stato condannato in appello a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Nelle motivazioni della sentenza d’appello si legge che Dell’Utri sarebbe stato un vero e proprio mediatore tra Cosa Nostra e l’ex premier Silvio Berlusconi.
In primo grado, l’11 dicembre 2004, Marcello Dell’Utri è stato condannato a nove anni. Successivamente, il 29 giugno 2010, in appello la pena è stata ridotta a sette anni. Ma il 9 marzo del 2012, la corte di cassazione ha annullato con rinvio la condanna. Il 25 marzo del 2013, la corte d’appello di Palermo ha confermato la condanna a sette anni, confermata anche dalla cassazione.



 La vera biografia di Silvio Berlusconi


1936 Nasce a Milano il 29 settembre, primo di tre figli (due maschi e una femmina) di Luigi Berlusconi, impiegato alla Banca Rasini, e Rosa Bossi, casalinga. 1954. Prende la maturità classica al liceo salesiano Copernico e s’iscrive all’Università Statale, facoltà di Giurisprudenza. A tempo perso, vende spazzole elettriche porta a porta, fa il fotografo ai matrimoni e ai funerali, suona il basso e canta nella band dell’amico d’infanzia Fedele Confalonieri (anche sulle navi da crociera). 1957. Primo impiego saltuario nella Immobiliare costruzioni. 1961. Si laurea in legge con 110 e lode, a Milano: tesi sugli aspetti giuridici del contratto pubblicitario, e vince una borsa di studio di 2 milioni messa in palio dalla concessionaria Manzoni. Evita, non si sa come, il servizio militare. E si dà all’edilizia, acquistando un terreno in via Alciati, grazie alla garanzia fornitagli dal banchiere Carlo Rasini, che gli procura anche un socio, il costruttore Pietro Canali. Nasce la Cantieri Riuniti Milanesi. 1963. Fonda la Edilnord Sas: soci accomandanti Carlo Rasini e il commercialista svizzero Carlo Rezzonico (per la misteriosa finanziaria luganese Finanzierungesellschaft für Residenzen Ag).
Nel 1964 apre un cantiere a Brugherio per edificare una città-modello da 4 mila abitanti.
Nel 1965 è pronto il primo condominio, di cui però non riesce a vendere nemmeno un appartamento. Poi, non si sa come, riesce a venderlo al Fondo di previdenza dei dirigenti commerciali.
1965. Sposa Carla Elvira Dall’Oglio, genovese, che gli darà due figli: Maria Elvira (1966) e Piersilvio (1969).
1968. Nasce l’Edilnord 2, acquistando terreni a Segrate, dove sorgerà Milano 2.
1969. Brugherio è completa con 1000 appartamenti venduti.
1973. Fonda la Italcantieri Srl, grazie ad altre due misteriose fiduciarie ticinesi, la Cofigen (legata al finanziere Tito Tettamanti) e la Eti AG Holding (amministrata dal finanziere Ercole Doninelli).
Acquista ad Arcore, grazie ai buoni uffici dell’amico Cesare Previti, la villa Casati Stampa con tutti i terreni ad Arcore, a prezzo di superfavore. Previti infatti è pro-tutore dell’unica erede dei Casati Stampa, la contessina dodicenne Annamaria, e contemporaneamente amico di Silvio e in affari con lui.
1974. Grazie a due fiduciarie della Bnl, la Servizio Italia e la Saf, nasce l’Immobiliare San Martino, amministrata da un ex compagno di università, Marcello Dell’Utri, palermitano. In un condominio di Milano 2 nasce una tv via cavo, Telemilano 58, che passerà ben presto all’etere col nome di Canale 5. Berlusconi si trasferisce con la famiglia a villa Casati, affiancato dal boss mafioso Vittorio Mangano, assunto in Sicilia da Dell’Utri come “fattore”, cioè come amministratore della casa e dei terreni. Mangano lascerà Arcore soltanto un anno e mezzo – due anni più tardi, in seguito a due arresti e a un’inchiesta a suo carico per il sequestro di un ospite della villa amico di Berlusconi.
1975. Le due fiduciarie danno vita alla Fininvest. Nascono anche la Edilnord e la Milano 2. Ma Berlusconi non compare mai: inabissato e schermato da una miriade di prestanomi dal 1968 al 1975, quando diventa presidente di Italcantieri, e al 1979, quando assumerà la presidenza della Fininvest. 1977. Appena divenuto Cavaliere del Lavoro, acquista una quota dell’editrice de Il Giornale, fondato nel 1974 da Indro Montanelli. 1978-1983. Riceve circa 500 miliardi al valore di oggi, di cui almeno una quindicina in contanti, per alimentare le 24 (poi salite a 37) Holding Italiana che compongono la Fininvest, di cui si ignora tutt’oggi la provenienza.
Sono gli anni della scalata di Bettino Craxi, segretario del Psi dal 1976, al potere e della sua ascesa al governo.
1978. Si affilia alla loggia massonica deviata e occulta “Propaganda 2″ (P2) del maestro venerabile Licio Gelli, a cui è stato presentato dal giornalista Roberto Gervaso. Tessera numero 1816. Di lì a poco comincerà a ricevere crediti oltre ogni normalità dal Monte dei Paschi e dalla Bnl (due banche con alcuni uomini-chiave affiliati alla P2). E inizierà a collaborare, con commenti di politica economica, al “Corriere della Sera”, controllato dalla P2 tramite Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din. La P2 verrà poi sciolta, in quanto “eversiva”, con un provvedimento del governo Spadolini. 1980. Berlusconi fonda, con Marcello Dell’Utri, Publitalia 80, la concessionaria pubblicitarie per le reti tv.
Conosce l’attrice Veronica Lario, al secolo Miriam Bartolini, che recita in uno spettacolo al teatro Manzoni di Milano senza veli. Se ne innamora. La nasconde per tre anni in un’ala segreta della sede Fininvest in Via Rovani a Milano. Poi la donna rimane incinta e nel 1984, sempre nel segreto più assoluto, partorisce in Svizzera una bambina, Barbara. Berlusconi la riconosce. Padrino di battesimo, Bettino Craxi.
1981. I giudici milanesi Gherardo Colombo e Giuliano Turone, indagando sui traffici del bancarottiere mafioso e piduista Michele Sindona, trovano gli elenchi degli affiliati alla loggia P2. Ma Berlusconi non subisce danni dallo scandalo che travolge il governo, l’esercito, i servizi segreti e il mondo del giornalismo.
1982. Berlusconi acquista l’emittente televisiva Italia 1 dall’editore Edilio Rusconi.
1984. Berlusconi acquista l’emittente Rete 4 dalla Mondadori: ormai è titolare di tre network televisivi nazionali, e può entrare in concorrenza diretta con la Rai. Ma tre pretori, di Torino, Pescara e Roma, sequestrano gli impianti che consentono le trasmissioni illegali di programmi in “interconnessione”, cioè in contemporanea su tutto il territorio nazionale.
Craxi vara un decreto urgente (il primo “decreto Berlusconi”) per legalizzare la situazione illegale. Ma il decreto non viene convertito in legge perché incostituzionale. Craxi ne vara un altro (il secondo “decreto Berlusconi”), minacciando i partiti alleati di andare alle elezioni anticipate in caso di nuova bocciatura del decreto. E nel febbraio ’85 il decreto sarà approvato, dopo che il governo avrà posto la questione di fiducia.
1985. Berlusconi divorzia da Carla Dell’Oglio e ufficializza il legame con Veronica, che gli darà altri due figli: Eleonora (1986) e Luigi (1988). Le seconde nozze verranno celebrate, con rito civile, nel 1990, officiante il sindaco socialista di Milano Paolo Pillitteri, cognato di Craxi. Testimoni degli sposi, Bettino e Anna Craxi, Confalonieri e Gianni Letta.
1986. Berlusconi acquista il Milan Calcio e ne diviene presidente (nel 1988 vincerà il suo primo scudetto). Intanto fallisce l’operazione La Cinq in Francia, che chiuderà definitivamente i battenti nel ’90. E’ Jacques Chirac a cacciarlo dal suolo francese, definendolo “venditore di minestre”.
1988. Il governo De Mita annuncia la legge Mammì sul sistema radiotelevisivo. Che in pratica fotografa il duopolio Rai-Fininvest, senza imporre al Cavaliere alcun autentico tetto antitrust. Berlusconi acquista la Standa. La legge verrà approvata nel 1990.
1989-1991. Lunga battaglia fra Berlusconi e De Benedetti per il controllo della Mondadori, la prima casa editrice che controlla quotidiani (La Repubblica e 13 giornali locali), settimanali (Panorama, Espresso, Epoca) e tutto il settore libri. Grazie a una sentenza del giudice Vittorio Metta, che il tribunale di Milano riterrà poi comprata con tangenti dall’avvocato Previti per conto di Berlusconi, il Cavaliere strappa la Mondadori al suo concorrente. Una successiva mediazione politica porterà poi alla restituzione a De Benedetti almeno di Repubblica, Espresso e giornali locali. Tutto il resto rimarrà a Berlusconi.
1990. Il Parlamento vara la legge Mammì, fra le polemiche: Berlusconi può tenersi televisioni (nel frattempo è entrato anche nel business di Telepiù) e Mondadori, dovendo soltanto “spogliarsi” de Il Giornale (che viene girato nel ’90 al fratello Paolo).
1994. Berlusconi, ormai orfano dei partiti amici, travolti dallo scandalo di Tangentopoli, entra direttamente in politica, fonda il partito di Forza Italia, vince le elezioni politiche del 27 marzo alla guida del Polo delle Libertà e diventa presidente del Consiglio. Il 21 novembre viene coinvolto nell’inchiesta sulle tangenti alla Guardia di Finanza. Il 22 dicembre è costretto a dimettersi, per la mozione di sfiducia della Lega Nord, che non condivide più la sua politica sociale e preme per la risoluzione del conflitto d’interessi.
1996. Berlusconi, indagato nel frattempo anche per storie di mafia, falso in bilancio, frode fiscali e soprattutto corruzione giudiziaria insieme a Previti, si ricandida alle elezioni politiche, ma perde. Vince il candidato del centrosinistra (Ulivo), Romano Prodi. Trascorrerà 5 anni all’opposizione, alle prese con una serie di inchieste giudiziarie e di processi, conclusi con diverse condanne in primo grado, poi trasformate in prescrizioni e (raramente) in assoluzioni in appello e in Cassazione.
2001. Il 15 maggio vince le elezioni alla guida della Casa delle Libertà e torna alla presidenza del Consiglio.
BERLUSCONI E I SUOI MISTERI
La vita e la carriera dell’imprenditore Silvio Berlusconi, nonostante le biografie autorizzate che il protagonista ha fatto pubblicare o propiziato nel corso degli anni con fini auto-agiografici, rimane costellata di buchi neri e di domande senza risposta. Piccolo riepilogo degli omissis più inquietanti.
1) - La Edilnord Sas è la società fondata nel 1963 da Silvio Berlusconi per costruire Milano 2. Soci accomandatari (quelli che vi operano), oltre al futuro Cavaliere, sono il commercialista Edoardo Piccitto e i costruttori Pietro Canali, Enrico Botta e Giovanni Botta. Soci accomandanti (quelli che finanziano l’operazione) il banchiere Carlo Rasini, titolare dell’omonima banca con sede in via dei Mercanti a Milano, e l’avvocato d’affari Renzo Rezzonico, legale rappresentante di una finanziaria di Lugano: la “Finanzierungesellschaft für Residenzen Ag”, di cui nessuno conoscerà mai i reali proprietari. Si tratta comunque di gente molto ottimista, se ha affidato enormi capitali a Berlusconi, cioè a un giovanotto di 27 anni che, fino a quel momento, non ha dato alcuna prova imprenditoriale degna di nota.
2) - Sulla banca Rasini, dove il padre Luigi Berlusconi lavora per tutta la vita, da semplice impiegato a direttore generale, ecco la risposta di Michele Sindona (bancarottiere piduista legato a Cosa Nostra e riciclatore di denaro mafioso) al giornalista americano Nick Tosches, che nel 1985 gli domanda quali siano le banche usate dalla mafia: “In Sicilia il Banco di Sicilia, a volte. A Milano una piccola banca in piazza Mercanti”. Cioè la Rasini, dove – ripetiamo – Luigi Berlusconi, padre di Silvio, ha lavorato per tutta a vita, fino a diventarne il procuratore generale. Alla Rasini tengono i conti correnti noti mafiosi e narcotrafficanti siciliani come Antonio Virgilio, Salvatore Enea, Luigi Monti, legati a Vittorio Mangano, il mafioso che lavora come fattore nella villa di Berlusconi fra il 1973 e il 1975. 
( Il motivo principale della fama di questa banca è che tra i suoi clienti si annoveravano criminali Pippo CalòTotò RiinaBernardo Provenzano (al tempo, uomini guida della Mafia)[1] e l'imprenditore e uomo politico Silvio Berlusconi - wiki)
3) - Il 29 ottobre 1968 nasce la Edilnord Centri Residenziali Sas (una sorta di Edilnord 2): stavolta, al posto di Berlusconi, come socio accomandatario c’è sua cugina Lidia Borsani, 31 anni. E i capitali li fornisce un’altra misteriosa finanziaria luganese, la “Aktiengesellschaft für Immobilienanlagen in Residenzentren Ag” (Aktien), fondata da misteriosi soci appena 10 giorni prima della nascita di Edilnord 2. Berlusconi da questo momento sparisce nel nulla, coperto da una selva di sigle e prestanome. Riemergerà solo nel 1975 per presiedere la Italcantieri, e nel 1979, come presidente della Fininvest.
Intanto nascono decine di società intestate a parenti e figuranti, controllate da società di cui si ignorano i veri titolari. Come ha ricostruito Giuseppe Fiori nel libro “Il venditore” (Garzanti, 1994, Milano), Italcantieri nasce nel 1973, costituita da due fiduciarie ticinesi: “Cofigen Sa” di Lugano (legata al finanziere Tito Tettamanzi, vicino alla massoneria e all’Opus Dei) e “Eti A.G.Holding” di Chiasso (amministrata da un finanziere di estrema destra, Ercole Doninelli, proprietario di un’altra società, la Fi.Mo, più volte inquisita per riciclaggio, addirittura con i narcos colombiani).
4) - Nel 1974 nasce la “Immobiliare San Martino”, amministrata da Marcello Dell’Utri e capitalizzata da due fiduciarie del parabancario Bnl: la Servizio Italia (diretta dal piduista Gianfranco Graziadei) e la Saf (Società Azionaria Finanziaria, rappresentata da un prestanome cecoslovacco, Frederick Pollack, nato nientemeno che nel 1887). A vario titolo e con vari sistemi e prestanome, “figlieranno” una miriade di società legate a Berlusconi e ai suoi cari: a cominciare dalle 34 “Holding Italiana” che controllano il gruppo Fininvest. Secondo il dirigente della Banca d’Italia Francesco Giuffrida e il sottufficiale della Guardia di Finanza Giuseppe Ciuro, consulenti tecnici della Procura di Palermo al processo contro Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, queste finanziarie hanno ricevuto fra il 1978 e il 1985 almeno 113 miliardi (pari a 502 miliardi di lire e 250 milioni di euro di oggi), in parte addirittura in contanti e in assegni “mascherati”, dei quali tuttoggi “si ignora la provenienza”. La Procura di Palermo sostiene che sono i capitali mafiosi “investiti” nel Biscione dalle cosche legate al boss Stefano Bontate. La difesa afferma che si tratta di autofinanziamenti, anche se non spiega da dove provenga tutta quella liquidità. Lo stesso consulente tecnico di Berlusconi, il professor Paolo Jovenitti, ammette l’”anomalia” e l’incomprensibilità di alcune operazioni dell’epoca.
5) - Nel 1973 Silvio Berlusconi acquista da Annamaria Casati Stampa di Soncino, ereditiera minorenne della nota famiglia nobiliare lombarda rimasta orfana nel 1970, la settecentesca Villa San Martino ad Arcore, con quadri d’autore, parco di un milione di metri quadrati, campi da tennis, maneggio, scuderie, due piscine, centinaia di ettari di terreni. La Casati è assistita da un pro-tutore, l’avvocato Cesare Previti, che è pure un amico di Berlusconi, figlio di un suo prestanome (il padre Umberto) e dirigente di una società del gruppo (la Immobiliare Idra). Grazie alla fortunata coincidenza, la favolosa villa con annessi e connessi viene pagata circa 500 milioni dell’epoca: un prezzo irrisorio. E, per giunta, non in denaro frusciante, ma in azioni di alcune società immobiliari non quotate in borse, così che, quando la ragazza si trasferisce in Brasile e tenta di monetizzare i titoli, si ritrova con una carrettate di carta. A quel punto, Previti e Berlusconi offrono di ricomprare le azioni, ma alla metà del prezzo inizialmente pattuito. Una sentenza del Tribunale di Roma, nel 2000, ha assolto gli autori del libro “Gli affari del presidente”, che raccontava l’imbarazzante transazione.
6) - Nel 1973 Berlusconi, tramite Marcello Dell’Utri, ingaggia come fattore (ma recentemente Dell’Utri l’ha promosso “amministratore della villa”) il noto criminale palermitano, pluriarrestato e pluricondannato Vittorio Mangano. Il quale lascerà la villa solo due anni più tardi, quando verrà sospettato di aver organizzato il sequestro di Luigi d’Angerio principe di Sant’Agata, che aveva appena lasciato la villa di Arcore dopo una cena con Berlusconi, Dell’Utri e lo stesso Mangano. Mangano verrà condannato persino per narcotraffico (al maxiprocesso istruito da Falcone e Borsellino) e, nel 1998, all’ergastolo per omicidio e mafia.
7) - Il 26 gennaio 1978 Silvio Berlusconi si affilia alla loggia Propaganda 2 (P2), presentato al gran maestro venerabile Licio Gelli dall’amico giornalista Roberto Gervaso. Paga regolare quota di iscrizione (100 mila lire) e viene registrato con la tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625. La partecipazione al pio sodalizio gli procaccerà vantaggi di ogni genere: dai finanziamenti della “Servizio Italia” di Graziadei ai crediti facili e ingiustificati del Monte dei Paschi di Siena (di cui è provveditore il piduista Giovanni Cresti) alla collaborazione con il “Corriere della Sera” diretto dal piduista Franco Di Bella e controllato dalla Rizzoli dei piduisti Angelo Rizzoli, Bruno Tassan Din e Umberto Ortolani.
8) - Il 24 ottobre 1979 Silvio Berlusconi riceve la visita di tre ufficiali della Guardia di Finanza nella sede dell’Edilnord Cantieri Residenziali. Si spaccia per un “un semplice consulente esterno” addetto “alla progettazione di Milano 2″. In realtà è il proprietario unico della società, intestata a Umberto Previti. Ma i militari abboccano e chiudono in tutta fretta l’ispezione, sebbene abbiano riscontrato più di un’anomalia nei rapporti con i misteriosi soci svizzeri. Faranno carriera tutti e tre. Si chiamano Massimo Maria Berruti, Salvatore Gallo e Alberto Corrado. Berruti, il capopattuglia, lascerà le Fiamme Gialle pochi mesi dopo per andare a lavorare per la Fininvest come avvocato d’affari (società estere, contratti dei calciatori del Milan, e così via). Arrestato nel 1985 nello scandalo Icomec (e poi assolto), tornerà in carcere nel 1994 insieme a Corrado per i depistaggi nell’inchiesta sulle mazzette alla Guardia di Finanza, poi verrà eletto deputato per Forza Italia e condannato in primo e secondo grado a 8 mesi di reclusione per favoreggiamento. Gallo risulterà iscritto alla loggia P2.
9) - Il 30 maggio 1983 la Guardia di Finanza di Milano, che sta controllando i telefoni di Berlusconi nell’ambito di un’inchiesta su un traffico di droga, redige un rapporto investigativo in cui si legge: “E’ stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane (Lombardia e Lazio). Il predetto sarebbe al centro di grosse speculazioni in Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo aventi sede a Vaduz e comunque all’estero. Operativamente le società in questione avrebbero conferito ampio mandato ai professionisti della zona”. Per otto anni l’indagine, seguita inizialmente dal pm Giorgio Della Lucia (poi passato all’Ufficio istruzione, da anni imputato per corruzione in atti giudiziari insieme al finanziere Filippo Alberto Rapisarda, ex datore di lavoro ed ex socio di Marcello Dell’Utri) langue, praticamente dimenticata. Alla fine, nel 1991, il gip milanese Anna Cappelli archivierà tutto.
10) - Il terzo, seccante incontro ravvicinato fra il Cavaliere e la Legge risale al 16 ottobre 1984. Tre pretori, di Torino, Roma e Pescara, hanno la pretesa di applicare le norme che regolano l’emittenza televisiva e che il Cavaliere ha deciso di aggirare, trasmettendo in contemporanea gli stessi programmi su tutto il territorio nazionale. I tre magistrati fanno presente che è vietato, non si può e bloccano le attrezzature che consentono l’operazione fuorilegge. Il Cavaliere oscura le sue tv, per attribuire il black out ai giudici, poi scatena il popolo dei teledipendenti con lo slogan “Vietato vietare”, opportunamente rilanciato dallo show del giornalista piduista Maurizio Costanzo. Lo slogan viene subito tradotto in legge dal presidente del Consiglio Bettino Craxi. Il quale abbandona una visita di Stato a Londra per precipitarsi in Italia e varare un decreto legge ad personam (“decreto Berlusconi”) che riaccende immediatamente le tv illegali del suo compare. Lo scandalo è talmente enorme che, persino nel pentapartito, qualcuno non ci sta. E il decreto viene bocciato dall’aula come incostituzionale. Due dei tre pretori reiterano il sequestro penale delle attrezzature utilizzabili oltre l’ambito locale. Così Craxi partorisce un secondo decreto Berlusconi, agitando davanti ai riottosi partiti alleati lo spauracchio della crisi di governo e delle elezioni anticipate, in caso di mancata conversione in legge. Provvederà poi lo stesso Caf a legalizzare il monopolio illegale Fininvest sulla televisione commerciale con la legge Mammì, detta anche “legge-Polaroid” per l’alta fedeltà con cui fotografa lo status quo.
Biografia tratta da “Berlusconi” di Marco Travaglio e Peter Gomez

Cos’è il patto del Nazareno


Ormai è passato alla storia recente con questo nome “il patto del Nazareno”, l’accordo che è stato siglato tra l’attuale Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che all’epoca però era ancora solo il sindaco di Firenze (e segretario del Partito Democratico) e Silvio Berlusconi, leader del partito di Forza Italia.
Era il 18 gennaio 2014, quando questi due importanti personaggi politici si sono incontrati al Nazareno, ovvero la sede del partito Democratico a Roma,che si chiama in questo modo proprio perché si trova in via del Nazareno.
In quel’occasione stabilirono alcuni punti comuni relativamente soprattutto alla riforma della legge elettorale; è stato in quella sede che si è formulato il cosiddetto “Italiacum”, quello che potrebbe diventare il nuovo modo di votare in Italia.
Quell’incontro è stato particolarmente significativo perché ha rappresentato la prima volta in cui Berlusconi, politico di destra, si sia recato all’interno della sede del Pd, che è un partito di sinistra.

Crisi, l’addio all’Italia degli over 50: “Nel 2013 quasi 100 mila espatriati” - Francesco Maria Borrelli

Crisi, l’addio all’Italia degli over 50: “Nel 2013 quasi 100 mila espatriati”

Licenziamenti, pagamenti che non arrivano, impossibilità di ricollocarsi. Secondo il ministero dell’Interno, dal 2009 a fine 2013, gli italiani tra i 50 e i 59 anni che hanno cercato fortuna all'estero sono stati 362mila, con incrementi sostanziosi negli ultimi anni. Spesso lasciano a casa la famiglia e all'estero si adattano al precariato.
“Da quando è iniziata la crisi economica la mia agenzia immobiliare aveva perdite fino al novanta per cento del fatturato. Dal 2009 in poi le banche hanno chiuso i rubinetti e ai miei clienti non sono più stati concessi prestiti. Così ho deciso di lasciare l’Italia anche perché, un domani, non vorrò vedere le mie figlie laureate e a spasso perché non ci sono prospettive”.  A parlare è Armando Sacco, un agente immobiliare operativo da 22 anni su Roma che da qualche mese è a Toronto, dove è stato costretto ad andare per continuare a lavorare. E’ soltanto uno dei tantissimi cinquantenni che hanno dovuto lasciare l’Italia per emigrare all’estero con la loro valigia di speranze, sempre più pesante.
Secondo il “Rapporto italiani nel mondo 2013” dell’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero), il 25 per cento di chi emigra ha tra 35 e 49 anni, ed il 19,1 per cento ha un’età compresa tra i 50 e i 64 anni. In totale, va ricordato, gli italiani nel mondo (Aire 2014) sono quattro milioni e ottocentoventottomila, e da quando è iniziata la crisi economica internazionale (2009) la cifra è aumentata di oltre seicentomila persone; dal dato del 2013 a quello del 2014 c’è stato un incremento di centosettantamila unità.
Secondo il ministero dell’Interno, che può contare sulle informazioni in arrivo direttamente dagli uffici anagrafe dei Comuni italiani, dal 2009 a fine 2013 gli italiani cinquantenni andati all’estero (esattamente, i compresi tra i 50 e i 59 anni) sono 362mila, e ogni anno c’è stato un incremento compreso tra sessantamila e settantottomila persone, fino ad arrivare al 2013 quando gli espatri sono stati 94mila.
“Come molte persone della mia età che conosco, a 54 anni ho dovuto lasciare l’Italia, dove da 28 anni facevo un lavoro autonomo, per andare a Perth – spiega Paolo Bellachioma, autotrasportatore emigrato in Australia -. Negli ultimi due o tre anni capitava sempre più spesso che a fine mese non si incassasse, anche da aziende importanti. Quindi mi ritrovavo a dover pagare 10-12 mila euro di carburante e a non riuscire neanche a rientrare delle spese. Restando in Italia avrei rischiato di mangiarmi il lavoro di una vita. È stato così che ho deciso di partire per un Paese del quale non conosco neanche la lingua”.
Il trend per gli over 50 è confermato anche dalla Farnesina, poiché in media negli ultimi cinque anni si è registrato un aumento di oltre 100mila italiani l’anno che emigrano. Ma il dato è sottovalutato e incompleto, come spiega il dottor Giovanni De Vita, funzionario del ministero degli Esteri. “Queste sono le persone che si iscrivono all’Aire, ma in realtà a lasciare il nostro Paese sono molte di più e una stima completa è difficile da fare, sia perché a volte c’è un ritardo nella trasmissione dei dati, sia perché alcuni si fermano in un Paese per un periodo limitato e quindi non si iscrivono all’Aire. Sarebbe come voler essere sicuri del numero dei clandestini presenti in Italia, non si sa”.
Il problema è che manca il lavoro non solo per giovani, ma anche per i padri e le madri di famiglia. Secondo Andrea Malpassi, coordinatore Area estero dell’Inca Cgil Nazionale, “chi emigra oggi non è soltanto il giovane ma sempre più una persona adulta, intorno ai 50 anni e spesso con famiglia e figli, che ha perso il posto di lavoro in Italia ed è costretta cercarlo fuori dai confini nazionali. Si tratta di uomini e donne che partono senza conoscere la lingua, le leggi, gli usi e costumi, ma sono alla ricerca, talvolta disperata, di un impiego. Spesso, però, anche all’estero, devono accettare contratti atipici che in pratica li rendono precari, mi riferisco all’escamotage della partita iva o del lavoro fintamente autonomo ed ai contratti a progetto che in realtà sostituiscono il lavoro vero. Insomma, il precariato si sta diffondendo a macchia d’olio inEuropa e nel resto del mondo”.
“Sono sempre stato costretto a emigrare in cerca di lavoro, fin da giovane quando ero andato in Germania per trovare un’occupazione. Poi, messo via un gruzzoletto, sono ritornato in Italia, dove ho moglie e due figli, e con quei soldi ero riuscito a comprare casa – racconta Antonio Morelli -. L’anno scorso a 58 anni ho perso il posto di lavoro, trovarlo alla mia età è impossibile. Così da un paio di settimane sono ritornato in Germania dove almeno ho un lavoro per la stagione estiva. Tornare in Italia? Solo se avessi un lavoro che mi permettesse di arrivare alla pensione“.
Quarantenni e cinquantenni sono i più colpiti dalla crisi. “La ripresa dell’emigrazione ai nostri giorni è causata di sicuro dalla crisi economica ma soprattutto dalla crisi del sistema Italia”, osserva il professor Alfonso Gambacurta, docente di Sociologia all’Università La Sapienza di Roma ed esperto di emigrazione italiana – Chi va all’estero è sia il giovane che rientra nella categoria della ‘emigrazione desiderata’ – cioè che vuole lasciare un Paese che lo ha deluso -, sia i quarantenni e cinquantenni, che partono per cercar lavoro e che sono i più colpiti dalla crisi. Questo è un tipo di emigrazione in particolar modo pesante. Perché partire a cinquant’anni comporta problemi e criticità molto più aspre rispetto a quelle che può incontrare un giovane”. Ritornando al dato complessivo dell’Aire, conclude Gambacurta, “se si considera anche l’emigrazione interna, credo che il valore vada raddoppiato”.

venerdì 13 giugno 2014

Nuovo record debito pubblico: ad aprile raggiunta quota 2.146 mld.


Ad aprile il debito delle Amministrazioni pubbliche è aumentato di 26,2 miliardi, raggiungendo un nuovo massimo a 2.146,4 miliardi. Lo comunica la Banca d’Italia nel Supplemento al Bollettino statistico ‘Finanza pubblica, fabbisogno e debito’. In dettaglio, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 26,1 miliardi, quello delle Amministrazioni locali di 0,2 miliardi, mentre il debito degli Enti di previdenza è diminuito di 0,1 miliardi.
L’incremento, spiega Bankitalia, riflette per 11,3 miliardi il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche e per 15,4 miliardi l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (che hanno raggiunto alla fine di aprile 77,4 miliardi; erano 42 miliardi ad aprile 2013). L’emissione di titoli sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e gli effetti della rivalutazione dei BTP indicizzati all’inflazione hanno invece complessivamente contenuto l’incremento del debito per 0,5 miliardi. Il fabbisogno del mese di aprile ha inoltre risentito del versamento del contributo italiano al capitale dell’European Stability Mechanism (2,9 miliardi) e della quota di competenza dell’Italia dei prestiti erogati dall’European Financial Stability Facility (1,5 miliardi).
Fisco, ad aprile entrate tributarie in calo a 28,6 mld - Ad aprile le entrate tributarie sono state pari a 28,6 miliardi, in riduzione del 2,0 per cento rispetto allo stesso mese del 2013. Lo comunica la Banca d’Italia sottolineando che nei primi quattro mesi dell’anno le entrate sono cresciute dell’1,2 % (1,4 miliardi). In realtà, spiega Via Nazionale, per via di una disomogeneità nella contabilizzazione di alcuni incassi, le entrate tributarie sarebbero sostanzialmente invariate rispetto allo stesso periodo del 2013.
Fabbisogno a 41,1 mld - Rallenta l’andamento del fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche. Infatti, nei primi 4 mesi del 2014, al netto delle dismissioni, è stato pari a 41,1 miliardi, un valore inferiore rispetto ai 48,4 miliardi dllo stesso periodo del 2013.

http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2014/06/13/nuovo-record-debito-pubblico-aprile-raggiunta-quota-mld_gLxs6DoY48wvqPbpzqIh3O.html?refresh_ce

Caso Matacena: domiciliari Scajola, resta in carcere Chiara Rizzo.

Scajola: lascia carcere Roma, diretto ad Imperia (foto: ANSA)


Depositata decisione Tribunale libertà, andrà a Imperia.


L'ex ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola, ha lasciato poco prima della 14 il carcere di Regina Coeli, dove si trovava dall'8 maggio scorso, per raggiungere la sua abitazione ad Imperia. Scajola ha lasciato il carcere da una uscita secondaria per evitare i giornalisti e telecamere. Oggi il tribunale della libertà di Reggio Calabria ha concesso a Scajola gli arresti domiciliari.
 Il Tribunale della libertà di Reggio Calabria ha invece rigettato il ricorso di Chiara Rizzo che quindi dovrà rimanere nel carcere reggino di Arghillà dove ha saputo della notizia da uno dei suoi avvocati, Bonaventura candido. 
"Si tratta di una decisione che ci lascia sconcertati e addolorati per la reiezione della nostra istanza e dei chiarimenti forniti dalla nostra assistita". E' questa la reazione degli avvocati Carlo Biondi e Bonaventura Candido, difensori di Chiara Rizzo alla decisione del Tribunale per il riesame di Reggio Calabria che ha confermato la detenzione in carcere per la loro assistita. "La motivazione della decisione - proseguono i legali - ci è ancora ignota ma, se essa fosse dipesa dalla accettazione delle tesi del pm che la ha, in fase di udienza, mutato l'originale imputazione, allora la decisione del Riesame apparirebbe ancora più gravatoria rispetto anche alle decisioni assunte nei confronti di altri indagati. E' a chiunque evidente come, inspiegabilmente, nell'ambito dello stesso procedimento, siano stati adottati due pesi e due misure, essendo del tutto ingiustificato e difficilmente accettabile che alla signora Chiara Rizzo sia stata applicata la misura più gravemente afflittiva". "In ogni caso - concludono Biondi e Candido - ricorreremo alla Corte Suprema di Cassazione non appena saranno depositate le motivazioni".
Intanto l'ex ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu è stato sentito in Procura a Bologna nell'ambito dell'inchiesta sulla mancata scorta a Marco Biagi, ucciso dalle Br il 19 marzo 2002 a Bologna. L'inchiesta ipotizza il reato di omicidio per omissione a carico di ignoti. Secondo quanto appreso Pisanu è stato convocato in quanto successore di Claudio Scajola come responsabile del Viminale: gli subentrò a luglio 2002.

Dell'Utri rientrato in Italia, in carcere a Parma.

Dell'Utri a Fiumicino in un fermo immagine dal tg1 (foto: ANSA)

Aereo atterrato a Fiumicino, poi al 'Burla' scortato da auto penitenziaria.

Il senatore Marcello Dell'Utri è entrato, in ambulanza, al carcere della Burla di Parma, scortato da due auto della Polizia penitenziaria. 
L'ingresso è avvenuto a velocità sostenuta. Nell'area esterna al carcere ad attenderlo giornalisti e fotocinegiornalisti. L'ambulanza era partita da Fiumicino. La richiesta di trasferimento, avanzata dall'ex senatore di Forza Italia, ha avuto l'avallo dei giudici di Palermo. Per sfuggire ai cronisti il mezzo, scortato da due furgoni della Polizia penitenziaria, si è mosso dal lato piste. Al "Leonardo da Vinci" l''operazione riservatezza', che sino alla fine ha "protetto" l'ex senatore di Forza Italia dai microfoni e dagli obiettivi che lo attendevano fin dall'alba, è durata quasi 4 ore e si è conclusa con l'uscita da uno dei 18 varchi di sicurezza decentrati dell'aeroporto. Nutrito il dispositivo di sicurezza allestito fin dalle prime ore del mattino nello scalo aereo della Capitale e che ha visto coinvolti numerosi agenti e funzionari della Polaria e personale della Dia di Palermo e dell'aeroporto di Fiumicino. Con lui a bordo dell'aereo ha viaggiato anche la figlia Chiara.

Notificata pena a sette anni di reclusione
Negli uffici della Polaria di Fiumicino ufficiali e funzionari della Dia giunti da Palermo hanno notificato a Marcello Dell'Utri l'ordinanza di esecuzione della pena a 7 anni di reclusione. Il provvedimento era stato emesso dalla Procura generale di Palermo subito dopo la sentenza della Cassazione con la quale è diventata definitiva la condanna dell'ex senatore per concorso esterno in associazione mafiosa.
Nello stesso reparto medico di Provenzano e Riina
Dell'Utri è atteso dopo le 16.30 nel carcere di Parma. L'ex senatore di Forza Italia sarà accolto nella struttura medica interna al carcere e non nel reparto detenuti dell'ospedale Maggiore di Parma, anche se quest'ultima struttura potrebbe essere preallertata in qualsiasi momento in caso di peggioramento delle condizioni del detenuto. La struttura carceraria di Parma è stata considerata la più adatta per rispondere alle esigenze mediche di Dell'Utri, convalescente dopo un intervento al cuore. Nello stesso reparto in passato era stato ospitato Bernardo Provenzano, poi trasferito a Milano, ora vi è detenuto Totò Riina.
In valigia aveva una "consistente somma" di denaro
In esecuzione di un provvedimento della Procura Generale di Palermo, la Dia - secondo quanto apprende l'ANSA - ha sequestrato a Marcello Dell'Utri, all'aeroporto di Fiumicino, una "consistente somma" di denaro, alcuni telefoni cellulari e alcune agende. Su disposizione della Procura Generale, che aveva disposto il sequestro di "cose relative al reato" per il quale è stato condannato, Marcello Dell'Utri, una volta atterrato a Fiumicino, è stato sottoposto negli uffici della Polaria a perquisizione personale da ufficiali della Dia giunti da Palermo. Sono stati anche perquisiti i suoi bagagli. Durante le perquisizioni sono stati trovati la "consistente somma" di denaro, i telefoni cellulari e alcune agende che gli uomini della Dia, in esecuzione del provvedimento dell'autorità giudiziaria, hanno sottoposto a sequestro.
"Era provato"
A quanto si è appreso, Dell'Utri appariva "abbastanza provato", ma ha camminato senza problemi nel breve percorso all'interno dell'aeroporto. Sua figlia Chiara è invece uscita dall'aeroporto per le vie normali. "Abbiamo provato a parlare con lui durante il volo - ha detto una giornalista che ha viaggiato sullo stesso aereo di Dell'Utri - ma siamo stati sempre bloccati. Siamo riusciti solo ad ottenere alcuni sorrisi e la battuta 'sono stanco'. La figlia Chiara ha viaggiato a circa metà dell'aereo, aveva un turbante e ha utilizzato all'inizio un velo verde per coprirsi. Ha cercato di parlare in qualche modo con il padre, qualche parolina, qualche segno, poi tornava in fondo all'aereo. Quelli che lanciava ci sono parsi saluti".

giovedì 12 giugno 2014

Brutta partenza, scontri e feriti a San Paolo-



Proteste, scioperi e tensioni sociali rischiano di offuscare i mondiali di calcio in Brasile e di far passare in secondo piano le prodezze di Neymar, Messi, Cristiano Ronaldo e le altre stelle del pallone. 
La partita inaugurale tra Brasile e Croazia a San Paolo e' stata infatti preceduta da manifestazioni di protesta organizzate a San Paolo, Rio de Janeiro, Salvador e in altre citta' del colosso sudamericano dalle diverse sigle che compongono la variegata galassia del movimento 'No Copa', che riunisce nella protesta contro le spese per l'organizzazione dei Mondiali studenti, sindacalisti, insegnanti, contadini senza terra, disoccupati, abitanti delle favelas e senzatetto
Una manifestazione e' degenerata in violenti scontri a San Paolo quando alcune decine di black bloc si sono infiltrati in un corteo pacifico del sindacato dei lavoratori della metro ed hanno cominciato a lanciare pietre e bottiglie contro le forze dell'ordine. I reparti anti-sommossa della polizia militare hanno risposto sparando candelotti di gas lacrimogeno, bombe assordanti e proiettili di gomma. 
Due giornaliste della Cnn, un fotografo argentino dell'Associated press ed il cameraman di una tv locale sono rimasti feriti.
Una decina di manifestanti sono stati arrestati. 
Scontri anche nei pressi dello stadio Itaquerao, che alcune centinaia di manifestanti che innalzavano striscioni con scritto 'Senza diritti niente Coppa' e 'Fifa terrorista' cercavano di raggiungere a piedi. 
La polizia militare ha sigillato con un cordone di sicurezza impenetrabile il perimetro attorno allo stadio, preso d'assalto dalle prime ore del mattino da oltre 60 mila tifosi in festa. L'appello di Papa Francesco, che ha inviato un messaggio d'auguri in portoghese auspicando ''una festa di solidarieta' tra i popoli in tutta serenita' e tranquillita'', e' caduto parzialmente nel vuoto, nel maggiore Paese cattolico al mondo. 
Le tensioni sociali alimentate dalla crisi economica e dalle faraoniche spese per la costruzione dei nuovi stadi hanno fatto esplodere la rabbia sociale, che e' in parte cavalcata anche da interessi politici. 
Il prossimo 5 ottobre si vota infatti per le presidenziali e per la nomina dei governatori di tutti gli stati della federazione.
La presidente Dilma Rousseff ha accusato le opposizioni di mentire sulle spese per i Mondiali e di strumentalizzare le legittime proteste. 
Dilma, in calo di popolarita', e' stata fischiata durante la cerimonia di inaugurazione assieme al presidente della Fifa, Joseph Blatter, quando sono stati ricordati i nove operai morti nei cantieri degli stadi del Mondiale. 
Una contestazione analoga a quella subita dalla presidente nel giugno scorso, all'inaugurazione della Confederations Cup, nello stadio di Brasilia. 
Nel nuovo stadio Itaquerao, dove le maestranze hanno lavorato fino ad un istante prima dell'apertura dei cancelli e dove l'incendio di un generatore elettrico ha lasciato al buio il settore vip, hanno preso posto in tribuna d'onore accanto a Dilma il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e altri 12 capi di stato e di governo.

Il Pd caccia il dissidente. Corradino Mineo: "Ridicolo il renzismo-stalinismo'. - Luca Sappino

Il Pd caccia il dissidente. Corradino Mineo: Ridicolo il renzismo-stalinismo'

Il gruppo dem segue le indicazioni di Boschi e lo rimuove dalla delicata commissione Affari Costituzioni. Renzi così prova a blindare il primo passo sulle riforme. Furioso Civati, gongolano i Cinque Stelle.

Formalmente la scelta è stata di lasciare in commissione solo i commissari effettivi, evitando le sostituzioni e i doppi incarichi. Si è fatto un rimpasto più generale, sì, ma il succo è però che il dissidente Corradino Mineo, non allineato al premier sulla riforma del Senato, è stato cacciato dalla commissione affari costituzionali.Sostituito. Epurato. E così, dopo il riposo imposto anche al senatore dei Popolari Mario Mauro, anche lui protagonista di alcuni voti in dissenso rispetto alle indicazione perentorie del governo, Renzi blinda i suoi 15 voti in commissione.

L'ufficio di presidenza del Pd palazzo Madama ha dunque deciso, e ha deciso così come suggerito dal ministro Maria Elena Boschi («la sostituzione di Mineo? Decida il gruppo» aveva detto poche ore prima del verdetto, «ma è necessario che il gruppo sia plasticamente compatto»). Sono tre i cambi alla ripresa, dopo il time out elettorale. Due tecnici. Fuori Vannino Chiti, visto che il senatore già presiede la commissione Affari europei e dentro Maurizio Migliavacca, e fuori Luciano Pizzetti, sottosegretario alle Riforme, dentro Roberto Cociancich. Uno politico: fuori Mineo, appunto, dentro, per non sbagliare, il capogruppo Luigi Zanda.

Apriti cielo.

I più sono d’accordo con la linea imposta dal premier Renzi. E anche una che un tempo era ostile al premier, Anna Finocchiaro, presidente della commissione, spiana così la via alla scelta: «la decisione spetta al gruppo Pd. Io mi permetto di osservare che in una commissione in cui c’è un solo voto di scarto, una critica così radicale come quella di Mineo non è solo una espressione di libertà di coscienza ma pone un'alternativa tra fare e non fare le riforme». Insomma, sostituire Mineo non è un dramma, anzi è cosa buona e giusta: «Niente limiterebbe la libertà di coscienza del senatore Mineo e di quanti vogliano avere il suo stesso atteggiamento». Possono sempre votare contro, sì, «ma in aula».

Per questo Giuseppe Civati, vicino alle posizioni di Mineo e condividendo i dubbi sul progetto di riforma renziano, dice sconsolato: «È l’episodio più grave di una legislatura che già non ce ne ha risparmiati». «È un errore politico» sostiene Civati, convinto che «il vero problema è che Berlusconi non vota la riforma di Renzi, che non ha i numeri al Senato e se la prende con chi pone solo una questione di merito». Insomma, il premier, per Civati, «dopo aver detto per mesi che le riforme si fanno con le minoranze», perde o elimina «le minoranze dentro e fuori». Il risultato è «un capolavoro» dice ironico. Un successo che fa sembrare «Casaleggio John Stuart Mill».

Casaleggio, con le espulsioni del Movimento, pare un liberale? Non se lo fa ripetere due volte Danilo Toninelli, l’uomo riforme dei 5 stelle.




Molti condividono, nel Pd, ma c’è anche chi però, e solo non tra i civatiani, chiede di «rivedere la decisione». E se la giornalista Marina Terragni, membro della direzione del Pd - che si riunisce oggi, in teoria per approvare il bilancio - parla di un «Pd5Stelle» e di un «diritto di critica negato», Stefano Fassina spera in un'improbabile retromarcia.

Grave sostituire Sen Mineo dalla Commissione Affari costituzionali del Senato. Si riveda la decisione
Mineo cerca ancora di capire. «Questa mattina cercherò di capire, chiederò spiegazioni meno goffe di quelle che leggo», scrive sul suo blog: «Davvero Matteo Renzi ha deciso di nascondere la spazzatura sotto il tappeto? Di coprire gli errori della Boschi? La gestione incauta e inefficace dei suoi capi gruppo Zanda e Speranza? Di sottacere il prezzo che Lega e Berlusconi esigeranno per lanciare una ciambella di salvataggio alle sue riforme? Di impedire un sano e leale dibattito con la sinistra interna?».
«Non mi farò mettere la museruola» annuncia: «Sentirò Tocci, Casson, Civati, Chiti, personalità che più di me sono i destinatari di questo atto di forza burocratico e partitico. Per ora dico che la situazione mi sembra grave ma non seria». Il commento è durissimo: «Renzi è un ottimo uomo politico,una risorsa per il Paese, ma il renzismo-stalinismo è un ossimoro, una barzelletta fuori tempo».
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2014/06/12/news/il-pd-caccia-il-dissidente-corradino-mineo-ridicolo-il-renzismo-stalinismo-1.168966