giovedì 25 settembre 2014

Ban Ki-moon riceve 6 milioni di firme per salvare l’Artico!

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Una nostra delegazione ha incontrato ieri il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, per consegnare tutte le firme raccolte per la difesa dell’Artico. Non eravamo soli, con noi c’erano 6 milioni di persone: VOI!

Non era scontato portare le vostre firme “così lontano”, ma ce l’abbiamo fatta: Ban Ki-moon ha ricevuto le firme ad un anno esatto dall’arresto dei nostri 30 attivisti nelle acque della Russia Artica.

"Ricevo queste firme come un impegno comune verso il nostro futuro, per proteggere il nostro ambiente, non solo nell'Artico, ma in tutto il mondo", ci ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite.

Ban Ki-moon ha poi detto che prenderà in considerazione la convocazione di un vertice internazionale per discutere la questione della protezione del Polo Nord …ed ha anche espresso il desiderio di viaggiare nella regione artica a bordo di una delle nostre navi!

All’incontro con il segretario generale ONU, insieme a Kumi Naidoo, il direttore esecutivo di Greenpeace International, Margareta Malmgren-Köller, che ha convinto ben 80 leaders mondiali a firmare l’Arctic Declaration, l’attivista per i diritti delle popolazioni artiche, Josefina Skerk, e Neil Hamilton, consulente politico di Greenpeace International.
“L'Artico –ha detto Kumi Naidoo - rappresenta una prova determinante per i partecipanti al vertice a New York la prossima settimana. I leader potranno sicuramente pronunciare discorsi eleganti che esprimono grave preoccupazione per il rapido riscaldamento del nostro mondo…ma purtroppo molti di questi stessi dirigenti stanno valutando il modo migliore per spartirsi l'Artico per l'estrazione di petrolio. E 'semplicemente assurdo tenere queste posizioni – contrarie fra loro- allo stesso tempo”!
Sei milioni di difensori artici sono stati rappresentati oggi ed è incoraggiante sapere che la nostra voce può farsi sentire fino alle Nazioni Unite.
Non dimenticheremo di certo l’importanza di questo incontro, il suo significato per la nostra battaglia e le parole, inaspettate, di Ban Ki-moon, quando ci ha detto “Non siete solo impegnati, siete coraggiosi…e siete degli eroi”.

CE L'ABBIAMO FATTA!!! La Più Grande. Marcia. Per il Clima. Della Storia.


Il direttore esecutivo di Avaaz Ricken Patel consegna la petizione firmata da 2 milioni di persone al Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-moon durante la Marcia Globale per il Clima, New York

Mesi fa assieme abbiamo deciso di tentare un'impresa folle: organizzare la mobilitazione globale contro il cambiamento climatico più grande della storia. Ieri questa follia è diventata realtà. Centinaia di migliaia di persone hanno marciato a New York e in oltre 2000 altre città in tutto il mondo. È stata una magnifica espressione del nostro amore per tutto ciò che è in pericolo a causa del cambiamento climatico, e della nostra speranza di salvare il pianeta e costruire una società alimentata da energia pulita e rinnovabile al 100%. Scorri la pagina verso il basso per vedere le manifestazioni avvenute in tutto il mondo organizzate da avaaziani e altre organizzazioni. E guarda anche le prime pagine dei giornali di oggi! 

New York, Stati Uniti



Melbourne, Australia



Berlino, Germania



Parigi, Francia



Londra, Regno Unito 




Delhi, India 



Genova Italia

Oltre 675mila persone in tutto il mondo sono scese in piazza. È stata una magnifica espressione del nostro amore per tutto ciò che è in pericolo a causa del cambiamento climatico, e della nostra speranza di salvare il pianeta e costruire una società alimentata da energie pulite e rinnovabili al 100%. Cliccate qui per vedere le tante altre foto della giornata

https://secure.avaaz.org/it/climate_march_reportback/?braSkbb&v=46392 

Assieme abbiamo fatto la storia, ma questo è solo l’inizio. Il fondamentale vertice di Parigi per il Clima si terrà tra 15 mesi: per allora avremo bisogno di un accordo globale. Entro marzo, i singoli stati dovranno presentare i propri impegni nazionali: per questo il nostro movimento si concentrerà su questi obiettivi nazionali. Ma fino ad allora, continueremo a ritrovarci insieme, a intervalli regolari, sempre più numerosi, per far sentire il nostro appello per un cambiamento pulito e rinnovabile al 100%, che i potenti del mondo potranno solo seguire e assecondare. Il movimento che abbiamo a lungo aspettato ha preso vita. 

Con enorme gratitudine, 

Ricken, Emma, Alice, Iain, Nataliya, Patri, Oliver, Diego, Rewan e tutto il team di Avaaz 

P.S. Abbiamo collaborato con migliaia di organizzazioni per rendere possibile questo giorno, e in particolare grazie ai nostri amici di 350. Ma la nostra comunità merita di celebrare questo passo in avanti che abbiamo fatto. Il team e la comunità di Avaaz hanno avuto un ruolo centrale nella stragrande maggioranza delle marce e degli eventi che si sono tenuti. Il Guardian l'ha definito "trionfo organizzativo" e la BBC ha detto che "le marce hanno portato più gente che mai per le strade, grazie alla forza organizzativa della comunità online di Avaaz." Abbiamo messo sul campo centinaia di organizzatori e migliaia di volontari, e le donazioni della nostra comunità hanno fornito milioni a questa impresa. Le sfide del nostro tempo ci richiedono di essere sempre migliori, ed è quello che abbiamo fatto tutti assieme, crescendo e diventando un movimento nuovo e ancora più efficace, un movimento che è ora dentro e fuori da internet. Grazie di cuore a chiunque ha partecipato e ha reso possibile tutto questo. 

https://secure.avaaz.org/it/climate_march_reportback/?braSkbb&v=46392

mercoledì 24 settembre 2014

MAGDI ALLAM: L’INVASIONE DEI CLANDESTINI E’ VOLUTA! C’E’ UNA REGIA DIETRO AGLI SBARCHI DEI DISPERATI.


Spese milionarie per i clandestini mentre gli italiani fanno la fame

Se finora solo un miracolo ha fatto sì che in Italia non ci sia stata una rivoluzione considerando i circa 7 milioni di disoccupati e inoccupati, tra cui 4 milioni e 100 mila che fanno la fame, ebbene la rivolta sociale potrebbe presto esplodere per la crescente insofferenza degli italiani nei confronti dell’invasione dei clandestini favorita dallo Stato, benedetta dalla Chiesa, accettata dall’Unione Europea e valutata con estremo favore dalle Nazioni Unite.
Solo nelle ultime 48 ore sono sbarcati in Sicilia circa 5 mila clandestini, che hanno innalzato il totale dall’inizio dell’anno a oltre 50 mila, più di quanti arrivarono in tutto il 2013 (43 mila). Queste cifre non potranno che aumentare in modo esponenziale perché si tratta di un’invasione voluta e finanziata dallo Stato. Per pervenire a questo risultato abbiamo conseguito diversi “primati mondiali”. Siamo l’unico Stato al mondo che: non considera reato penale l’ingresso illegale nelle proprie frontiere; ha messo ufficialmente al bando la stessa definizione di “clandestino” sostituendola con il generico “migrante”; impegna la Marina Militare per farsi auto-invadere prestando soccorso ai clandestini ai limiti delle acque territoriali straniere; collabora e si rende complice della criminalità organizzata che gestisce il traffico dei clandestini realizzando profitti superiori a quelli dello spaccio della droga; attribuisce la priorità assoluta al soccorso e all’accoglienza dei clandestini anche contro la volontà della comunità locale e a discapito della sicurezza e dell’attività produttiva degli autoctoni; non bada a spese per prevenire che possano verificarsi delle sciagure in mare e per accogliere nel migliore dei modi i clandestini, i cui costi lievitano considerando che tra loro aumenta la quota delle donne incinte e dei minori non accompagnati.
Sui costi dobbiamo essere severi dal momento che c’è un numero crescente di italiani che non ha i soldi per comperare il pane. Ogni giorno spendiamo 300 mila euro per le sole unità della Marina e dell’Aeronautica impegnate nell’operazione Mare Nostrum. Alle operazioni di soccorso partecipano anche navi mercantili battenti bandiere diverse e finora non è chiaro se e quanto vengano pagate. Attualmente ospitiamo complessivamente circa 32.000 clandestini (ufficialmente “ospiti”) che ci costano mediamente 40 euro al giorno ciascuno, per un totale di 1.280.000 euro al giorno, 38.400.000 euro al mese, 230.400.000 euro per 6 mesi, che è il periodo medio necessario per identificarli e stabilire la loro destinazione successiva. Qualora si dicesse per il rimpatrio, il costo medio per il rimpatrio di ciascun clandestino è di 25 mila euro. Quelli che in qualche modo fanno perdere le tracce e riemergono tra le fila della criminalità organizzata, ci costano molto di più. Dei circa 23 mila detenuti stranieri nelle nostre carceri, ben l’80% sono clandestini. Ciascuno costa mediamente 500 euro al giorno!
La frustrazione e la rabbia degli italiani è fondatissima e più che giustificata. Più in generale gli immigrati e i Rom vengono percepiti come concausa dell’impoverimento degli italiani perché hanno di fatto la priorità nell’assegnazione della casa, dell’asilo e del sussidio sociale; i cinesi stanno colonizzandoci economicamente perché arrivano con borsoni pieni di euro che la Banca Centrale Europea ha pensato bene di far stampare in Cina e ci costringono a svendere le nostre aziende e le nostre case perché a noi accedere al denaro è diventato sempre più difficile; gli islamici ostentando sia il denaro sia l’aggressività ci obbligano a concedere loro moschee che ergono a roccaforti della loro guerra santa, che ha già cooptato migliaia di cittadini europei trasformati in terroristi islamici che al ritorno dal fronte siriano si preparano a sottometterci al loro Allah.
Ebbene oggi siamo arrivati al punto di vergognarci e di considerare “razzismo” il sostenere che in Italia gli italiani devono legittimamente beneficiare in via prioritaria delle risorse proprie. Chi ci governa è avvisato: voi state fomentando il razzismo discriminando gli italiani nei confronti dei clandestini, degli immigrati, dei Rom, dei cinesi e degli islamici. Se non cambierete radicalmente anteponendo l’interesse degli italiani come deve fare un buon genitore che ha l’obbligo di occuparsi innanzitutto dei propri figli, inevitabilmente esploderà la rivolta sociale.

martedì 23 settembre 2014

Sanità, come tagliare 6 miliardi e migliorare il servizio pubblico. - Ivan Cavicchi



Almeno un quarto della spesa sanitaria è fatto di sprechi, ruberie, clientele. 
Un fenomeno di illegalità strutturale del sistema che merita una vera e propria strategia anticorruzione. Serve un piano straordinario di riforma del servizio sanitario pubblico che garantisca la compossibilità diritti/risorse. 
Governo e regioni sui tagli alla sanità appaiono come ciechi che fanno a sassate. Ancor prima della questione dei tagli essi sono loro il primo vero grave problema della sanità pubblica. 
Due i grandi equivoci.

Si parla genericamente di “spesa sanitaria” assumendola come se fosse uno yogurt compatto, in realtà mettendo insieme le diverse stime ufficiali, essa per tre quarti è fatta da una spesa riqualificabile con la spending review e almeno un quarto da sprechi, corruzione, abusi, distorsioni, ruberie, improprietà, clientele. E’ quindi ingannevole parlare genericamente di Fsn (fondo sanitario nazionale) e dire che esso non si può tagliare, meglio sarebbe distinguere un “fondo buono” che non si può tagliare e un “fondo cattivo” che si deve tagliare. 

Questa distinzione permette che il grosso della spesa sia sottoponibile a spending review e che l’area della mala gestione sia significativamente ridimensionata con dei bei tagli lineari. Troppo comodo agitare lo spauracchio dei tagli lineari per mantenere la struttura della spesa tale e quale. Il patto per la salute sottoscritto da governo e regioni si basa sul falso presupposto della non esistenza di una spesa cattiva, ma solo una spesa indistinta nella quale vi sarebbero “solo” ordinari sprechi amministrativi stimati intorno a 6 miliardi (fonte Agenans) cioè solo normale cattiva amministrazione.

La verità è che a causa soprattutto della commistione tra politica/sanità/gestione, vi è un fenomeno di illegalità strutturale del sistema che ai contribuenti costa un occhio della testa, agli operatori il blocco del contratto e ai servizi il blocco del turn over e che merita una vera e propria strategia anticorruzione.

Altro grande equivoco, le regioni cioè i finti soggetti riformatori. Sono, al contrario, inaffidabili e per mantenere i loro interessi clientelari compromettono i diritti e la qualità dei servizi.

L’unico modo efficace per frenare le loro spese è stato di togliere la sovranità con i commissariamenti, obbligarle a rispettare dei piani di rientro controllando in modo ferreo i conti. Per tutto questo il governo si è fatto promotore della riforma del titolo V. Prendiamo dunque atto che non è più possibile sperare che le regioni siano degli interlocutori credibili per risanare la sanità.

Ma Renzi mette alla porta la cameriera perché rompe i piatti (riforma del titolo V) e nello stesso tempo pensa di rimettere a posto i cocci corteggiandola (patto per la salute) per poi pentirsene. Assurdo. Oggi pur essendo ultra convinto che per la sanità serva un governo multilivello che comprenda anche le regioni, devo prendere atto che la classe dirigente delle regioni non è all’altezza del compito.

Siamo in deflazione, abbiamo l’Europa alle calcagna che ci chiede riforme, dobbiamo far ripartire la crescita del paese, abbiamo la necessità certamente di riformare la pubblica amministrazione, quindi anche la sanità, per riformarne la spesa, c’è bisogno di una legge di stabilità che produca occupazione e sviluppo, la sanità ha un “eccesso” di spesa dovuto a illegalità e un “difetto” di universalismo dovuto ad un processo crescente di privatizzazione. Per di più i contratti sono bloccati e tali resteranno per un bel po’, il blocco del turn over sta rovinando professioni e servizi e i cittadini stanno perdendo tutele importanti.

Sapendo che si possono riconvertire le spese sanitarie illegali, e che i piatti non li può aggiustare chi li ha rotti, il governo dovrebbe definire un piano straordinario di intervento per la difesa il rilancio e la riforma del servizio sanitario pubblico basato su una triangolazione politica:

1) - si mettano a disposizione della legge di stabilità almeno i 6mld di sprechi che si sa che per certo esistono in sanità, quindi si riduca l’attuale Fsn;

2) - si garantiscano i cittadini che la riduzione del Fsn non sia a discapito dei servizi ma incida effettivamente solo sui costi dell’illegalità;

3) - si sblocchi la funzionalità dei servizi sbloccando contratti e turn over a fini di riforma.

Questo implica necessariamente che il governo istituisca un authority di garanzia per la difesa dei servizi e dei diritti dei cittadini; vari un piano anticorruzione per la sanità e un progetto di riforma dell’attuale sistema di tutela che garantisca la compossibilità diritti/risorse e apra un tavolo di confronto.


http://temi.repubblica.it/micromega-online/sanita-come-tagliare-6-miliardi-e-migliorare-il-servizio-pubblico/?h=0

Impediamo che uomini e donne che lavorano diventino merce di scambio. - 262acasa

Impediamo che uomini e donne che lavorano diventino merce di scambio

Dal 31 ottobre potremmo non lavorare più, questo è il terribile motivo per il quale ti chiediamo di sottoscrivere la nostra petizione.
Il nostro datore di lavoro è Accenture,  lavoriamo in un call center dove gestiamo i clienti di una multinazionale delle telecomunicazioni come British Telecom.
I nostri risultati operativi sono eccellenti.
Sai dove sta l’assurdità di questa situazione? Nessuna di queste aziende è in crisi, i fatturati aziendali crescono considerevolmente, ma il loro scopo è quello di guadagnare ancora di più spostando il lavoro dove i costi sono più bassi.
Dopo aver ricevuto finanziamenti pubblici per anni, per queste aziende, è troppo facile gridare alla crisi. Crisi che proprio per loro non esiste.
Accenture e British Telecom sono multinazionali, hanno quindi sedi in ogni parte del mondo.
La loro strategia è spostare il lavoro e non i lavoratori. Abbassare i costi, guadagnare sempre di più e abbandonare ogni altra risorsa locale. Abbandonare noi 262 e le nostre famiglie al nostro destino.
Nei prossimi giorni il Governo nazionale incontrerà ancora le aziende ed è per questo che chiediamo al presidente del consiglio Renzi di intervenire. Di impedire lo scempio che una normativa lacunosa consente.
Presidente Renzi, ci rivolgiamo a Lei, i mesi sono diventati giorni, il 31 ottobre è oramai prossimo. Lei deve intervenire con le leve che il suo ruolo istituzionale consente, e deve farlo presto.
Il nostro è un caso che farà  scuola. Decidere del nostro futuro è tracciare il percorso che il Governo Italiano vorrà seguire per salvare tutti gli operatori del settore. 
Dottor Musmeci, Dottor Cimini, in qualità di AD delle rispettive aziende, vi chiediamo di non trascurare nelle vostre valutazioni l’angoscia di 262 famiglie e l’impatto sociale che le vostre azioni possono produrre.
Grazie,

Nascita di un camaleonte.

Basta con il petrolio, Rockefeller investirà sulle energie rinnovabili.


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Gli eredi dell'uomo che sul petrolio ha costruito un'immensa fortuna voltano le spalle all'oro nero. 
I discendenti di John D. Rockefeller, il fondatore della Standard Oil, hanno annunciato che la loro organizzazione filantropica, il Rockefeller Brothers Fund, disinvestirà dalle attività legate ai combustibili fossili gli 860 milioni di dollari di cui è dotata per puntare sulle energie rinnovabili, unendosi al cosiddetto 'divestment movement' lanciato un paio di anni fa da alcune università statunitensi.
Come sottolinea il New York Times, l'annuncio ufficiale avverrà oggi, alla vigilia dell'apertura al Palazzo di Vetro di New York del summit Onu sui cambiamenti climatici. Negli ultimi anni, circa 180 istituzioni, tra le quali organizzazioni filantropiche, religiose, fondi pensione e amministrazioni locali, oltre che centinaia di ricchi investitori privati, si sono impegnati a cedere le proprie quote di aziende legate al petrolio e ad altri combustibili fossili per investire in alternative 'più pulite'.
Nel complesso, riferisce Arabella Advisors, una società di consulenza che aiuta istituzioni e investitori privati a trovare nuove alternative 'sociali' per i loro investimenti, si tratta di capitali per oltre 51 miliardi di dollari. Nonostante l'impatto limitato che nell'immediato questo movimento di capitali potrà avere sui giganti del petrolio, si tratta comunque secondo alcuni osservatori di un 'segnale' che, come avvenne negli anni '80 per il movimento anti apartheid, potrebbe innescare un più ampio dibattito internazionale.