mercoledì 24 luglio 2019

Basta un ago nel pagliaio...


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Conte: “Non realizzare il Tav costerebbe più che completarlo. Solo Parlamento può decidere di non farlo” (ilFQ)

E c'è già chi inneggia alla fine del movimento.

La fine del movimento? E perchè mai? Mia nonna, saggia donna, diceva che il tempo e l'esperienza possono anche farti cambiare idea se ti rendi conto che ciò che prima pensavi fosse giusto con l'andar del tempo perde validità. 
Chi segue il m5s ha come base fondante alcuni elementi che sono: giustizia, onestà, etica, professionalità, responsabilità, e così via. Quindi, se i 5s cambiano idea su alcuni aspetti derivanti dall'ambito delle loro competenze, vuol dire che possiamo fidarci maggiormente di loro perchè si adeguano ai cambiamenti che si verificano in ogni società in evoluzione. Io personalmente penso che siano gli unici in grado di apportare qualche modifica alle storture imposte dai partiti che hanno detenuto il potere fino ad oggi con i pessimi risultati che, purtroppo, sono davanti ai nostri occhi. Se non ci fossero i 5s a farci sperare in una società più a misura d'uomo, non avremmo più alcuno scopo nella vita e dovremmo subire quella farsa di democrazia che ci hanno imposto i partiti che si sono avvicendati al governo fino ad oggi.
C'è chi afferma: "Al prossimo giro al governo non ci saremo sicuramente." rispondo: se al prossimo giro non saremo al governo, vorrà dire che agli italiani piace crogiolarsi nella melma della vecchia politica e se ne stanno sbattendo se la tav si fa o no.
Mi addolora sapere che in seno al movimento vi siano i suoi peggiori detrattori, Casaleggio ne sarebbe enormemente deluso, Lui ragionava con estrema lucidità e non si faceva condizionare da nessuno. Era un leader...
c.

Formigodi-Marco Travaglio -24 Luglio 2019- IFQ


L’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Milano che scarcera Roberto Formigoni, condannato a 5 anni e 10 mesi per corruzione, dopo ben 5 mesi di galera e lo spedisce ai domiciliari a casa di un amico che lo manterrà per i restanti 65 mesi, inaugura un nuovo filone della letteratura umoristica: la satira giudiziaria. Com’è noto, da quest’anno vige la legge Spazzacorrotti, che estende ai reati di corruzione il divieto di concedere ai pregiudicati le misure alternative al carcere (già previsto per i delitti di mafia, terrorismo, droga, contrabbando, sequestro di persona, violenza sessuale, pedofilia, riduzione in schiavitù): cioè i servizi sociali e i domiciliari, previsti per i condannati a meno di 4 anni, ma anche a pene superiori per chi ha compiuto 70 anni. A meno che – precisa la legge Bonafede – uno non collabori con la giustizia per far scoprire altri reati. 
Ora, Formigoni ha 72 anni e non ha mai collaborato con la giustizia. S’è addirittura rifiutato regolarmente di farsi interrogare da pm e giudici. Non ha mai ammesso i suoi reati, nemmeno dopo la condanna definitiva. Infatti la Procura di Milano ha dato parere negativo ai domiciliari perché “non si può escludere l’utilità di sue dichiarazioni sull’ingente patrimonio transitato per i paradisi fiscali e mai recuperato”. Il processo ha accertato che, per dirottare 200 milioni pubblici alle cliniche Maugeri e San Raffaele, il trio Formigoni (per 18 anni presidente ciellino della Regione Lombardia)- Daccò (faccendiere ciellino suo amico)-Simone (ex assessore regionale ciellino alla Sanità) aveva movimentato uno spaventoso giro di tangenti sulla pelle dei malati: almeno 61 milioni, di 6,6 finiti al Celeste. In gran parte mai trovati.
Ma i giudici, col via libera del Pg, l’han mandato a casa anche se non ha mai collaborato. Motivo: anche volendo, “il presupposto della collaborazione è impossibile” perchè ormai il processo s’è chiuso e ha ricostruito i fatti “con pignoleria”. Sì, è vero, il pm ipotizza che Formigoni sappia in quali paradisi fiscali è nascosto il resto del bottino e l’ “associazione criminale” sia ancora in piedi per custodire quello e altri segreti. Ma queste sono “ipotesi” e “presunzioni”, mica di certezze. E per forza: se non parlano né lui, nè Daccò, né Simone, come si fa ad avere certezze? Bisognerebbe interrogare Formigoni, che però rifiuta da sempre. Com’è suo diritto. Ma allora lo Stato avrebbe il dovere di tenerlo dentro, come prevede la legge per chi non collabora. Invece lo mettono fuori dopo 5 mesi (su 70) perchè non collabora ma pensano che non possa più farlo (a proposito di “ipotesi” e “presunzioni”).
Ragionamento (si fa per dire) che ora dovrebbe valere per tutti i condannati: visto che il processo è finito, non possono più collaborare. Quindi solo un fesso, d’ora in poi, collaborerà con la giustizia: perchè mai confessare tutti i propri delitti, e pure quelli altrui, e restituire il maltolto, quando si possono nascondere tanti bei soldini tacendo al processo e poi, una volta condannati, andarsene subito a casa (di un amico) a godersi un’agiata vecchiaia? Se lo sragionamento vale pure per i mafiosi, siamo a cavallo: finora era proprio il carcere senza benefici a indurne alcuni a pentirsi. Ma ora basterà la condanna definitiva per tappare loro la bocca: anche se vogliono parlare, il giudice farà notare che il processo ha già ricostruito i fatti “con pignoleria”, ergo si stiano zitti e non rompano i coglioni. Il meglio però arriva a proposito del “percorso di recupero” che San Roberto, in soli 5 mesi, ha compiuto in cella riconoscendo “sbagli”, “atteggiamenti superficiali” e “disvalore delle sue condotte” (i colori delle giacche e delle cravatte erano troppo sgargianti), come “l’amicizia con Daccò e le vacanze sugli yacht ai Caraibi” (prossimo giro, solo Maldive).
E poi “non riveste più alcun ruolo pubblico” (essendo detenuto, sarebbe complicato persino in Italia), ragion per cui la pena fissata in sentenza sarebbe “afflittiva”. Povera stella. Tra l’altro, in carcere, il Celeste ha tenuto “uno stile di vita riservato”. Si temeva che desse dei party a ostriche, caviale e champagne nell’ora d’aria, o invitasse in cella ballerine dell’obaoba, o sfoggiasse anche lì giacche color salmone/aragosta. Invece niente: il detenuto modello teneva “basso profilo” e addirittura respingeva le richieste di favori degli altri detenuti, rispondendo lodevolmente “di non poter intervenire”. Quindi basta non continuare a delinquere in carcere per scontare la pena per i delitti precedenti fuori dal carcere. Eppoi il nostro ha mostrato “uno sforzo di adattamento, consolidato da elementi tra cui la fede” (se era ateo, erano cazzi) e “dal volontariato in biblioteca”. Decisiva l’ “accettazione delle sentenze”: l’altroieri i suoi avvocati gli han suggerito di fare il bravo e lui ha magnanimanente dichiarato in udienza: “Mi conformo alla condanna e comprendo il disvalore dei miei comportamenti”. Perbacco, che gentile: si conforma, anche perché se non si conformasse sarebbe esattamente lo stesso. Ma, se ti chiami Formigoni, basta accettare una pena di 70 mesi per uscire dopo 5. Già che c’era, Formigoni ha pure detto ai giudici: “Solo oggi comprendo che sarebbe stato meglio rispondere alle domande” (tanto non possono più fargliene). E s’è pure vantato di aver “deciso di costituirmi spontaneamente” dopo la condanna” e non -badate bene- perché altrimenti i carabinieri andavano a prelevarlo a casa, ma “per le mie convinzioni personali e culturali e per rispetto dello Stato”. La cosa deve aver commosso i giudici: anche evitare di darsi alla latitanza diventa un titolo di merito. É un nuovo principio giuridico: se vieni dentro, ti metto fuori. Si spera almeno che valga solo per lui e non per tutti gli altri delinquenti.

martedì 23 luglio 2019

Borse positive aspettando trimestrali e banche centrali. - Flavio Bini

Borse positive aspettando trimestrali e banche centrali

Settimana calda sul fronte dei risultati societeri. Giovedì il consiglio direttivo della Bce, possibili nuovi stimoli in arrivo. Lo spread torna sotto quota 200.

MILANO - Ore 11.20. Partenza al rialzo per le Borse europee in una settimana che guarda prevalentemente alla raffica di trimestrali in arrivo negli Usa e in Europa e alle prossime mosse delle banche centrale, con il board della Bce che si riunisce giovedì e potrebbe mettere a punto nuove stimoli monetari a sostegno dell'economia dell'Eurozona.Ieri Wall Street ha chiuso con gli indici tutti in positivomentre in mattinata le Borse asiatiche hanno chiuso in positivo, con Tokyo che ha terminato gli scambi a +0,95%.

In mattinata Milano cresce dello 0,7%, Londra dello 0,72%, Francoforte cresce dell'1,2% e Parigi sale dello 0,44%.

L'euro apre in deciso calo sopra 1,11 dollari e viene scambiatao a 1,1188 dollari e a 120,55 yen. Lo spread si mantiene torna sotto quota 200 dopo che ieri si è fermato a 201 in chiusura. Il rendimento del titolo decennale italiano in mattinata si attesta all'1,63%.

Le tensioni geopolitiche continuano a sostenere il prezzo del petrolio: i contratti sul greggio Wti crescono in mattinata a 56,44 dollari. L'oro è in calo. Il metallo con consegna immediata cede lo 0,5% a 1417 dollari l'oncia.


https://www.repubblica.it/economia/2019/07/23/news/borsa_23_luglio_2019-231799517/


Spread sotto i 200, borse positive; se non fosse per gli attentati destabilizzanti effettuati non si sa da chi per intimidire il governo e deviare l'opinione della popolazione, tutto starebbe procedendo per il meglio.
c.

Raffaele Cantone lascia l'Autorità anti-corruzione: "Voglio rientrare in magistratura in questo momento così difficile".

Raffaele Cantone lascia l'Autorità anti-corruzione: "Voglio rientrare in magistratura in questo momento così difficile"

L'addio anticipato in una lettera: "Non posso più restare spettatore. In questi anni fatti grandi passi avanti, l'Anac è un patrimonio per il Paese ma la corruzione non è debellata".

ROMA - Raffaele Cantone lascia l'Anac. Dopo oltre cinque anni alla presidenza dell'Anticorruzione, lo annuncia lui stesso in una lettera sul sito dell'Autorità. "Sento che un ciclo - si legge nel testo - si è definitivamente concluso, anche per il manifestarsi di un diverso approccio culturale nei confronti dell'Anac e del suo ruolo". Cantone ha fatto richiesta per rientrare in magistratura, "che ho sempre considerato la mia casa".

La magistratura vive una fase "difficile", che "mi impedisce di restare spettatore passivo", aggiunge Cantone nella lettera in cui annuncia che lascia l'Anac e rientra in magistratura. "È una decisione meditata e sofferta" ma "credo sia giusto rientrare in ruolo in un momento così difficile per la vita della magistratura".

"Tornerò all'Ufficio del massimario presso la Cassazione", annuncia nella lettera, in cui ricorda come nei mesi scorsi avesse già presentato al Csm la candidatura per un incarico direttivo presso tre uffici giudiziari. Ma "nelle ultime settimane le dolorose vicende da cui il Csm è stato investito hanno comportato una dilazione dei tempi tale da rendere non più procrastinabile una decisione". Per questo, annuncia, stamattina, "con alcuni mesi di anticipo, ho avanzato formale richiesta di rientrare nei ruoli della magistratura: un atto che implica la conclusione del mio mandato di Presidente dell'Anac, che diverrà effettiva appena l'istanza sarà ratificata dal plenum del Csm".

Quanto all'Autorità anticorruzione, scrive il magistrato, "istituita sull'onda di scandali ed emergenze, rappresenta oggi un patrimonio del Paese. Sono circostanze che dovrebbero rappresentare motivo di orgoglio per l'Italia, invece sono spesso poco riconosciute come meriterebbero". E conclude spiegando che lascia la presidenza "con la consapevolezza che dal 2014 il nostro Paese ha compiuto grandi passi avanti nel campo della prevenzione della corruzione, tanto da essere divenuta un modello di riferimento all'estero".

"Naturalmente - rimarca Cantone - la corruzione è tutt'altro che debellata ma sarebbe ingeneroso non prendere atto dei progressi, evidenziati anche dagli innumerevoli e nient'affatto scontati riconoscimenti ricevuti in questi anni dalle organizzazioni internazionali (Commissione europea, Consiglio d'Europa, Ocse, Osce, Fondo monetario) e dal significativo miglioramento nelle classifiche di settore".


https://www.repubblica.it/cronaca/2019/07/23/news/raffaele_cantone_lascia_l_autorita_anti-corruzione_mutato_l_approccio_verso_l_anac_-231818183/


La sua carica fu istituita ex novo dal governo Renzi, quindi lui presiede l'ANAC da circa sei anni. Durante il suo mandato non credo che sia stato fatto molto contro la corruzione...ma perchè ora vuol lasciare? 
Lì potrebbe fare tantissimo, se solo lo volesse.
C'è qualcosa che mi sfugge?
c.

Quei falsi contratti agli amici pagati coi soldi dei migranti. - Michel Dessì



Non solo case e feste: Lucano assumeva parenti e compagni "bisognosi" con i soldi per lo Sprar. Ecco le carte dell'inchiesta.

Riace, un’isola felice nel mare torbido e agitato della Calabria. Lì, gli amici di Mimmo Lucano, l’ex sindaco dei migranti, oggi in esilio forzato dalla procura di Locri, non avevano problemi.
Non dovevano lottare per trovare un lavoro, nessun sacrificio per arrivare a fine mese. Per gli amici di “Mimì” un posto sicuro c’era sempre. Anche in Calabria dove, secondo l’Ufficio statistico dell’Unione Europea, i giovani senza lavoro sono il 52,7%. A rivelarlo sono le carte dell’inchiesta “Xenia”, di cui noi de Il Giornale siamo entrati in possesso.
I soldi dello Stato non mancavano e Mimmo Lucano, secondo l’accusa, non si faceva problemi ad assumere compagni “bisognosi”, anche grazie a dei contratti fasulli. A beneficiarne anche il nipote di Cosimina Ierinò, il braccio destro del “re dei migranti”. È il 5 luglio del 2017 quando Cosimana chiede a “Mimì”: “…vorrei che integrassimo mio nipote Cosimo da qualche parte, se è possibile, lo so che ti chiedo troppo, ma se è possibile…”. Il nipote di Cosimina aveva idee “geniali” per rilanciare il modello Riace e fare cassa. “Sai perché? - dice Cosimina a Lucano - ... perché lui l'altra volta mi ha detto ma perché non fate un sito on-line per vendere le cose in giro, metterle in rete, fare ordini...”
La giovane mente vorrebbe fare business con i prodotti creati dai profughi di Riace nelle botteghe del piccolo paese. Peccato che, quei laboratori artigianali, non fossero sempre in funzione. Si animavano solo per le visite istituzionali. I migranti venivano pagati per fare le comparse, come i pastori nei presepi viventi, fingevano di lavorare. Una vera e propria messa in scena. A provarlo sono le intercettazioni.
Per Mimmo Lucano l’assunzione di Cosimo non si può fare. Lo Stato non paga per gestire la vendita online dei prodotti. Un lavoro che sarebbe dovuto essere pagato direttamente dalle associazioni di Riace, ma per Lucano c’è un modo e lo suggerisce a Cosimina: “In questi termini non è possibile, sai cosa dobbiamo fare?... dobbiamo ritagliare un minuto di tempo per fare un'ipotesi di rendicontazione del 2017 per lo SPRAR, la Prefettura, dei Minori, tutte cose, quando facciamo questa rendicontazione vediamo tutto il costo del personale, io sono convinto che ne manca... però come lo giustifichiamo come operatore SPRAR? ... come lo giustifichiamo? ...perché fargli il contratto di lavoro, per rendicontarlo deve essere ...noi ci dobbiamo giustificare… suggeriscimi un ruolo nell'ambito del progetto SPRAR, che si occupa dell'amministrazione? ... che collabora ... fa parte dell'amministrazione?” chiede Lucano al suo braccio destro. Cosimina risponde prontamente: “anche! ...perché io sono addetta alla banca dati...” ma Lucano trova il modo per assumerlo: “sistema di rendicontazione... l'unica cosa è questa, facciamo queste due cose e poi lo puoi chiamare subito!”
Ma c’è un motivo se Cosimina chiede a Lucano di far assumere il nipote: “non pensare che te l'ho chiesto per cosa ma... te l'ho chiesto perché mi dispiace che deve lavorare dal cinese, oggi l'ho visto che scaricava pacchi, è da un mese che lavora là... lui (Cosimo il nipote ndr) questo lavoro lo potrebbe fare anche da casa Mimì...” Dice Cosimina con il “cuore in mano a Lucano che risponde: “sì… ogni tanto viene qua con te, per prendere coscienza di tutto... noi gli diamo uno stipendio di 7-800 euro, poi quando gli facciamo la cosa gli dici... come gli altri, come tutti, il suo ruolo è questo!” Ma Lucano è chiaro: “l'importante che costruisca in rete tutto questo sistema e che collabori con te per rendicontazione, perché poi sia veramente attinente in modo che lo possiamo giustificare con la rendicontazione SPRAR…”
Peccato che, facendo una ricerca sul web, (dove rimane ogni traccia) non troviamo nulla del lavoro creato da Cosimo. Ma si sa, “Mimì” è un uomo dal cuore grande. Tanto a pagare era lo Stato.


http://www.ilgiornale.it/news/cronache/quei-falsi-contratti-agli-amici-pagati-coi-soldi-dei-1730422.html

Benvenuti fra noi. - Marco Travaglio



Non passa giorno senza che qualche big del giornalismo e della politica dica ciò che noi scriviamo da sempre, ovviamente senza riconoscercelo né versarci almeno un piccolo copyright. 
Eugenio Scalfari, su Repubblica, riabilita Giuseppe Conte dalla black propaganda che lo ritraeva come la marionetta e lo zimbello suoi vicepremier, soprattutto di Salvini. Macchè “burattino”, Egli è il “burattinaio”. Anzi, di più: “Valutando il Conte di oggi non è affatto escluso pensare che ripeta in qualche modo le idee di Aldo Moro”. Ma non solo: “A me sembra che Conte sia oggi l’uomo del giorno e che possa creare un’Italia europea degna di poter essere positivamente valutata dai suoi alleati e soprattutto dai suo abitanti”. Quali alleati? I 5Stelle e il Pd, in un nuovo compromesso storico come quello moroteo fra Dc e Pci. E, per curiosità: chi si era azzardato a dare del “burattino” allo statista di Volturara Appula? Scalfari, naturalmente: “Conte è un gentile e ben rappresentato burattino, i cui fili sono mossi dai due burattinai che se lo sono inventato” (8.7.08). 
Fino all’altroieri Repubblica e i suoi derivati facevano a gara a ritrarlo come “uno studentello impreparato” (Sebastiano Messina, 7.6.08), “il Conte Zelig. Il presidente esecutore. Il premier fantasma. L’uomo invisibile. Pinocchio tra il Gatto Di Maio e la Volpe Salvini. Il primo presidente del Consiglio di cui non si conosce un’idea” (Espresso, 10.6.08), “il burattino che non riesce a diventare Pinocchio”, reo di “ricorrenti piccole-grandi truffe curriculari”, “figura ben più drammatica che ridicola”, “il pupazzo di Di Maio&Salvini, il vice dei due vice… una finzione giuridica dell’Italia a 5 stelle, l’Agilulfo di Calvino, che non era un cavaliere ma una lucida armatura vuota” (Francesco Merlo, 12.9), “Conte non esiste, parla pochissimo, non decide nulla” (Espresso, 16.9), è l’“azzeccagarbugli nazionale” (Mario Calabresi, 23.9), “tra Conte e Casalino il vero uomo forte non è il presidente ma il suo portavoce” (Messina, 23.9). Condanne senz’appello pronunciate in base al Pregiudizio Universale, prim’ancora di vederlo all’opera e farsene un’idea positiva o negativa alla luce di quel che fa o non fa. Siccome l’ha scelto il M5S, deve per forza essere una nullità, ma anche un poco di buono.
Ieri sul Corriere Paolo Mieli, uomo saggio e prudente, che mai s’era lanciato in scomuniche preventive, ha raccontato come Conte, zitto zitto, si sia ritagliato un ruolo da protagonista dopo le Europee a scapito di Salvini, così nervoso anche perché il premier ha reso inutile il suo trionfo elettorale di due mesi fa: “C’è un vincitore, il Conte, e uno sconfitto, il suo vice Salvini”.
E ancora: “Conte con grande agilità ha preso le redini di un M5S in stato confusionale dopo lo shock elettorale” e “offre ai grillini una prospettiva di tenuta della legislatura” con “la garanzia di restare a lungo in Parlamento e persino al governo”, avendo costruito ben “due maggioranze” (quella giallo-verde e quella di “salute pubblica” in caso di crisi) che alla lunga logoreranno Salvini, complici i casi Rubli e Siri, mentre Conte “potrà presentarsi al Paese e all’opinione pubblica internazionale come capo di un governo che per ben due volte ha evitato la procedura d’infrazione”. E, “dovessero esserci degli inciampi, verrebbero messi per intero sul conto del ministro dell’Interno”. Immaginate la faccia dei lettori del Corriere, abituati a leggere che “il professor Conte non ha alcuna esperienza di amministrazione. Niente, nada, nothing, nichts, rien… È come se la Marina militare affidasse la portaerei Cavour a un caporale degli alpini, magari bravissimo. Si può fare, ma è da incoscienti… In Europa vedono tutto, e capiscono abbastanza bene” (Beppe Severgnini, 27.5.08) e che “il vero presidente del Consiglio è Salvini”, mentre “a Conte non resta che lanciare un appello: se ci sei batti un colpo” (Luciano Fontana, 9.7.08). Senza contare l’ultimo sondaggio di Pagnoncelli, che dà a Conte un indice di gradimento record del 58%, 4 punti sopra Salvini.
Sempre ieri, sul Corriere, Dario Franceschini, azionista di maggioranza del Pd e politico di lungo corso, sostiene che “è un errore mettere Lega e grillini sullo stesso piano. Senza la ricerca di potenziali alleati difficilmente il Pd potrebbe arrivare col proporzionale al 51%”. Non solo: “La strategia renziana dei pop corn ha portato la Lega dopo un anno al 35%. Abbiamo buttato un terzo dell’elettorato, quello dei 5Stelle, in mano a Salvini”. E poi “Conte non è Salvini: quando nel campo avversario si vedono delle differenziazioni l’opposizione deve valorizzarle”. Come “il comportamento diverso di 5Stelle e Lega sull’elezione di Sassoli e di von der Leyen, le cose su Europa e autonomia di Conte, alcune prese di distanza di Fico o quello che sostiene Spadafora sui diritti civili”. Quanto basta non per un inciucio M5S-Pd (in questa legislatura, sarebbe il governo degli sconfitti contro il vincitore delle Europee), ma per “difendere insieme i valori umani e costituzionali che Salvini calpesta ogni giorno”. Parole ragionevoli, infatti subito bersagliate dai bombardamenti del Bomba. Peccato che un anno fa, quando il Pd poteva accettare il contratto con Di Maio, Renzi lo prese in ostaggio e tutti tacquero. Anche Franceschini e i giornaloni, salvo quelli che applaudivano Renzi.
Prima di montarci la testa e organizzare per questi ritardatari una festa di benvenuto fra noi, con l’inginocchiatoio per la penitenza, domandiamoci se avevamo visto giusto da soli per merito nostro o per demerito degli altri. La risposta, purtroppo, è che non siamo più intelligenti. Solo più fortunati. Gli altri vedono le stesse cose che vediamo noi, ma non possono scriverle. Almeno finché Salvini non va al 35% e la paura a 90. Si dirà: meglio tardi che mai. Il guaio è che forse è troppo tardi.

lunedì 22 luglio 2019

Autonomia, ne vogliamo parlare?


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L'autonomia delle regioni è l'espediente che hanno escogitato i rappresentanti della vecchia politica per riappropriarsi della conduzione, pro domo sua, dei vari progetti di attività lucrative promesse ai fedelissimi in sede di elezioni. 
Do ut des è l'imperativo che adottano i politici corrotti per poter continuare a lucrare con i soldi sottratti ai cittadini con tasse che non giustificano in alcun modo la sottrazione effettuata tenendo conto degli scarsi e, a volte, inesistenti servizi forniti ai contribuenti.
Pensano di poter aggirare con l'autonomia regionale gli ostacoli messi a punto dal governo che vuole ripristinare etica ed onestà. 
Sono sempre più disgustata dai partiti preesistenti. 
Mi auguro ed auspico che questo governo duri il tempo che serve per ridare alla nostra nazione il lustro che merita.

By Cetta