Da un'alluvione all'altra: il grande bluff del sistema pensato per proteggere Venezia dalle maree. L'idea nacque dopo il 1966, negli Anni 80 furono presentati i primi progetti. Poi il via libera con la legge obiettivo del 2001, i cantieri aperti nel 2003, gli arresti per le mazzette tra 2013 e 2014. Oggi il Mose è costato quasi 6 miliardi di euro e non è ancora pronto - TUTTE LE TAPPE.
Sono passati 53 anni dalla prima alluvione. 16 dall’inizio dei lavori. Altri 8 dalla prima data fissata per l’inaugurazione dell’opera. Eppure ancora oggi, mentre Venezia è stata sommersa da una marea che ha portato l’acqua fino a 187 centimetri d’altezza, nessuno sa con certezza se e quando il Mose riuscirà a separare le acque e difendere la laguna dalla forza del mare. Di un’opera che proteggesse la Basilica di San Marco e la città si iniziò a parlare proprio dopo gli enormi danni provocati dall’alluvione del 1966. Il governo Berlusconi nel 2001 stanziò i primi soldi per il “progettone“, nel frattempo diventato noto proprio con il nome di Mo.s.e. (Modulo sperimentale elettromeccanico): in pratica, delle dighe mobili che chiudano le tre bocche di porto quando la marea supera i 110 centimetri, proprio come successo martedì sera. Costo: 5,493 miliardi di euro. I lavori cominciarono nel 2003 ma il vero spartiacque, è il caso di dire, furono gli arresti che tra 2013 e 2014 scoperchiarono il sistema di tangenti, colpendo imprenditori, politici e vertici del concessionario unico, il Consorzio Venezia Nuova. Dopo lo scandalo, sono sorti i problemi di natura tecnica: la paratie sono risultate inceppate dalla sabbia che si deposita sui fondali, le cerniere in acciaio – fondamentali per far funzionare il meccanismo – si stanno arrugginendo. Intanto, il prezzo continua a lievitare verso i 6 miliardi di euro, che diventano 8 se si considerano anche le altre opere per la salvaguardia della laguna dalle maree.
Dall’alluvione del 1966 a quella odierna, ecco la cronistoria del Mose, al momento fermo sott’acqua come la città che dovrebbe proteggere.
1966 – Durante l’alluvione del 4 novembre di 53 anni fa Venezia e i centri della laguna vengono sommersi da 194 centimetri d’acqua: un record solo sfiorato dalla marea di martedì notte che è arrivata fino a 187 cm. Proprio dopo quel disastro si fa largo l’idea di proteggere la città dal mare. Inizia così un lungo iter legislativo e tecnico.
1975 – Il ministero dei Lavori pubblici indice un appalto concorso per realizzare un efficace sistema di difesa dal mare della laguna. Nessuna ipotesi risulta adeguata alle esigenze richieste
1981 – Gli elaborati del concorso del 1975 vengono affidati a un gruppo di esperti al fine di elaborare un progetto definitivo, diventato noto come il “Progettone“.
1984 – Una legge speciale istituisce il Comitato di indirizzo, coordinamento e controllo degli interventi di salvaguardia (il cosiddetto “Comitatone”) e ne affida la progettazione e l’esecuzione ad un unico soggetto, il Consorzio Venezia Nuova.
1992 – Viene ultimato il progetto delle opere mobili alle bocche di porte per il controllo della marea, dopo varie sperimentazione condotte fin dal 1988 su un prototipo di paratoia noto come Mo.s.e. (Modulo sperimentale elettromeccanico): è il nome che poi viene dato all’intera opera.
1994 – Arriva il primo via libera dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici: per difendere Venezia dalla maree verranno costruite quattro dighe mobile alle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia
2001 – La famosa legge obiettivo del governo Berlusconi comincia a stanziare i primi soldi per la realizzazione del Mose (subito 5,2 miliardi di euro sui 5,4 necessari) e fissa anche una data per il completamente dell’opera: il 2011.
2003 – Il progetto definitivo viene presentato nel 2002, un anno dopo vengono aperti i cantieri alle tre bocche di porto di Lido (dove sono previste due schiere di paratoie mobili, la Lido Treporti con 21 e la Lido San Nicolò con 20), Malamocco (19 barriere) e Chioggia (18 paratoie). Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi inaugura i lavori.
Febbraio 2013 – Mentre la prima data di consegna è già stata sforata di due anni, arriva la prima ondata di arresti che comincia a colpire il sistema di corruzione nato intorno all’opera. Il primo a finire in carcere a febbraio è il manager di Mantovani, Piergiorgio Baita, rivelando molto di quello che sarebbe poi diventato lo scandalo Mose. Gli inquirenti il 12 luglio dispongono gli arresti domiciliari per Giovanni Mazzacurati, direttore generale del Consorzio Venezia Nuova, con l’accusa di turbativa d’asta.
Ottobre 2013 – Si alza la prima paratoia alla bocca di porto di Lido-Treporti: presenti ed entusiasti il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi, il governatore del Veneto Luca Zaia e il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni.
Giugno 2014 – La seconda ondata di arresti svela il sistema di tangenti distribuite per oliare il meccanismo dei finanziamenti: secondo gli inquirenti, 33 milioni di euro di fatture false. Il 4 giugno vengono arrestate 35 persone, un centinaio gli indagati. Ci sono imprenditori e politici che negli anni sono entrati nel libro paga di Giovanni Mazzacurati, tra cui l’ex governatore leghista Giancarlo Galan.
Novembre 2014 – Il presidente del Consiglio Matteo Renzi propone il commissariamento del Consorzio. Vengono nominati Giuseppe Fiengo, Francesco Ossola e Luigi Magistro, poi dimessosi. Il commissariamento è ancora in atto.
2015 – Si scopre che i lavori alla barriera di Lido Treporti – che in teoria dovevano terminare a fine 2014 – sono rimasti bloccati per otto mesi. La possibile messa in funzione del Mose viene ancora fatta slittare al 2018.
2017 – Il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio fissa per dicembre 2018 il termine dei lavori e la consegna dell’opera definitiva al 31 dicembre 2021. Nel Consorzio Venezia Nuova emerge la consapevolezza dei problemi che umidità e infiltrazioni stanno causando su paratie e cerniere.
Gennaio 2018 – Il provveditore alle opere pubbliche del Triveneto, Roberto Linetti, annuncia che sarà difficile rispettare la scadenza di fine 2018. Svela anche che il Mose costerà 80 milioni di euro all’anno per restare in attività e per essere mantenuto in buono stato di funzionamento.
Dicembre 2018 – Vengono messe in acqua le ultime paratoie alla bocca di San Nicolò, al Lido Sud. Alla bocca di Chioggia ne erano state collocate 18 nel 2017. Nello stesso anno erano state messe le 19 di Malamocco. In precedenza le 21 di Treporti. Nel frattempo si sono già manifestati i primi fenomeni di ruggine.
Luglio 2019 – Il Fatto Quotidiano rivela che le 156 cerniere del Mose, progettate per durare 100 anni, hanno in realtà una vita che in alcuni casi e per alcune componenti arriva a 13 anni. Sono consumate dalla ruggine e per questo il Consorzio Venezia Nuova ha deciso di correre ai ripari con una gara internazionale per lo studio degli interventi, dei materiali più adatti, delle tecniche di protezione e, ove necessario, della sostituzione delle cerniere.
Novembre 2019 – La prova delle 19 paratoie mobili alla bocca di porto di Malamocco prevista per il 4 novembre, anniversario dell’alluvione del 1966, viene annullata. Alcuni tubi che immettono aria e acqua per consentire l’innalzamento e l’abbassamento dei portelloni hanno manifestato vibrazioni anomale. Una settimana dopo la marea torna a colpire Venezia: l’acqua arriva a 187 centimetri, ci sono danni alla Basilica di San Marco e nel centro storico, decine di gondole e barche vanno distrutte.
Il futuro – Una data possibile per il termine dei lavori è la fine del 2021. Una data più plausibile il 2022. Intanto, il prezzo fissato a 5 miliardi e 493 miloni di euro viaggia verso i sei miliardi. Senza considerare le altre opere per la salvaguardia della laguna: in quel caso il conto arriva a 8 miliardi di euro. Senza sapere se il Mose riuscirà mai a separare le acque.