L'inquinamento atmosferico non solo indebolisce i polmoni, ma facilita anche "il lavoro" dell'agente patogeno nell'aria. Già con la Sars del 2003 è stato evidente. E ora la questione arriva anche in Parlamento:“Per prevenire altre epidemie future, ridurre le polveri sottili».
Nei giorni scorsi si è timidamente iniziato a parlare della relazione tra l'inquinamento e il possibile diffondersi di epidemie. Non si tratta di una tesi campata per aria: da tempo esistono studi sull'incremento statistico di polmoniti in aree dove la popolazione è esposta a particolato in eccesso.
Vediamo i dettagli a supporto di questa tesi.
Nelle ricerche dello scienziato Eiji Tamagawa su animali esposti a particolato in eccesso rispetto ai controlli, risulta centrale il dato che riporta come sia significativo l’incremento di macrofagi contenenti particolato e di un mediatore infiammatorio, l’interleuchina 6 (IL6).
Successivi esperimenti confermano che il particolato atmosferico Pm 2.5 incrementa l'infiammazione polmonare e uno studio ecologico del 2003 sulla prima Sars da coronavirus in Cina mostra una mortalità maggiore dell’84% nelle aree con peggiore indice di qualità dell’aria.
Più di recente: nel febbraio 2020, lo scienziato Qiang Tan e altri ricercatori cinesi hanno pubblicato uno studio su Toxicology lettersche, oltre a confermare il rapporto fra particolato e aumento dell’IL6, ha notato una possibile sequenza genica sulle cellule bronchiali che potrebbe essere collegata con la risposta all’infiammazione da particolato, questa sequenza è composta da Rna e non da Dna, come il nuovo coronavirus. L'impegno scientifico attuale è tutto orientato a creareanticorpi per questa e per future epidemie.
A supporto di queste tesi, che mette in relazione inquinamento e diffusione dei virus, è arrivato anche uno studio della Società italiana di medicina ambientale (Sima), basato a sua volta su una corposa letteratura, che ha definito le polveri sottili un "vettore per il trasporto e la diffusione del Covid-19".
Secondo la ricerca "il particolato atmosferico, oltre ad essere un carrier, cioè un vettore di trasporto e diffusione per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus, costituisce un substrato che può permettere al virus di rimanere nell'aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell'ordine di ore o giorni", dicono i ricercatori che, in collaborazione con le Università degli studi di Bari e di Bologna, hanno esaminato i dati pubblicati sui siti delle Arpa (le Agenzie regionali per la protezione ambientale) relativi a tutte le centraline di rilevamento attive sul territorio nazionale, mettendoli poi a confronto con i casi di contagio.
Il pensiero corre inevitabilmente ai dati sulle emissioni CO2 nel Nord Italia.-
A Milano e in molte città della pianura padana quest’anno in meno di due mesi sono già stati superati i 35 giorni annuali “tollerati” di ariacon polveri sottili (PM10) superiori a 35 microgrammi per metri cubo. Per non dire dell PM2.5 che secondo i criteri sanitari dovrebbe stare sotto i 20 microgrammi per metro cubo mentre attualmente la media è superiore a 35 in pianura Padana.
La questione è arrivata anche in Parlamento, con un’interpellanza alla Camera del deputato del Movimento 5 Stelle Alberto Zolezzi, che è un medico specializzato proprio in malattie dell'apparato respiratorio. Zolezzi ha presentato al governo questi studi, specie sulle conseguenze dell'emergenza climatica e sul ruolo del particolato atmosferico in eccesso nel determinare l'incremento della patologia respiratoria, specialmente della patologia infettiva delle basse vie respiratorie, ovvero le polmoniti. «La medicina non è una scienza esatta, ma l’integrazione fra statistica ed epidemiologia può portare a orientare scelte organizzative, sanitarie e politiche in generale», dice il parlamentare grillino.
Diminuire la pressione ambientale potrebbe essere un aiuto per ridurre il contagio oggi ma soprattutto prevenirne domani: «Molte attività antropiche andranno in futuro urgentemente riviste per far stare il particolato entro i parametri delle direttive Ue», dice Zolezzi. Dal trasporto (più merci su ferro) all’agrozootecnia, fino al risparmio energetico degli edifici e alla gestione dei rifiuti senza combustioni.
https://m.espresso.repubblica.it/attualita/2020/03/22/news/si-lo-smog-aiuta-il-virus-ecco-gli-studi-che-lo-avevano-previsto-1.346000?fbclid=IwAR2eKWyiNV22TkEBvU55zwGBJLH_hb-E7yLIzl06Swx4--AB-wHq91fosQY
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