domenica 11 ottobre 2020

L’Aifa boccia i vaccini cinesi, la Lombardia butta altri milioni. - Andrea Sparaciari

 

Gare aggiudicate a prezzi stratoferici a società non in regola con Aifa e Anac. Un milione e mezzo di persone che rimarrà senza vaccino. In Lombardia la situazione precipita per l’ormai stato confusionale dei vertici regionali.

L’ultima tegola su Attilio Fontana e Giulio Gallera è caduta ieri, con la scoperta che la società cinese LifeOn – vincitrice il 6 ottobre scorso dell’ultimo affidamento per la fornitura di 100 mila dosi di vaccino antinfluenzale “Split Virion” – è priva della certificazione Aifa. Certificazione che certamente non avrà, come ha fatto sapere ieri in tarda serata la stessa Agenzia italiana del farmaco.

Una scorta che il Pirellone a trazione leghista aveva pagato 11,90 euro a dose, per un conto totale di 1.199.000 euro (oltretutto da un’azienda cinese, proprio quando a Roma, Matteo Salvini tuonava contro il commissario Arcuri per gli acquisti in terra cinese). Un prezzo alto, ma non quanto il vaccino proposto dall’altra vincitrice della stessa gara, la svizzera Falkem Swiss, che dovrebbe fornire 400 mila dosi di vaccino antinfluenzale quadrivalente a 26 euro la dose, per un totale di 10.400.000 euro. Un costo totalmente fuori mercato, visto che in media quel vaccino costa tra i 4,60 e i 6 euro, iva inclusa. Dovrebbe fornire, dicevamo, perché neanche la Falkem Swiss ha tutte le carte in regola, priva della necessaria registrazione Anac.

Aria, la centrale degli acquisti della Regione, ieri è stata costretta ad ammettere che “non verrà acquisito, e quindi distribuito, alcun vaccino che non abbia ottenuto le autorizzazioni previste dalla legge”. Anche perché quella gara, indetta in fretta e furia il 30 settembre, partita il 1° ottobre senza però apparire sul sito di Aria, chiusa il giorno successivo, aggiudicata definitivamente il 6 ottobre scorso, era già sotto la lente della procura dei Milano. I pm infatti hanno aperto un fascicolo per ora senza indagati, per capire come mai Regione Lombardia si fosse ridotta a pagare prezzi cinque volte superiori per dei semplici vaccini antinfluenzali. Da febbraio 2020 il Pirellone ha indetto ben 10 gare: cinque andate a buon fine, una positiva solo in parte perché non completa e quattro tra annullate e deserte. Una lista da rivedere, visto che la decima gara non è andata bene.

Ma quest’ultimo annullamento potrebbe avere effetti anche sulla campagna vaccinale della Regione in partenza il 19 ottobre, già al centro di numerose critiche perché oltre un milione di lombardi rientranti nelle categorie a rischio rimarrà senza vaccino. Venerdì scorso il dg della sanità, Marco Trivelli, presentando la campagna ha sostenuto che quel buco da un milione di dosi non è un problema. Visto che il target è il 75% delle classi a rischio, e che mai in Lombardia si è superata quota 49%, non dobbiamo preoccuparci, aveva detto. Il problema è che negli anni passati non c’era la pandemia. E ora, a quel milione mancante bisognerà aggiungere i 500 mila vaccini in meno che dovevano arrivare dalla gara annullata ieri.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/11/laifa-boccia-i-vaccini-cinesi-la-lombardia-butta-altri-milioni/5961970/

Voto di sbaglio. - Marco Travaglio

 

Nella classifica dei contagi primeggiano la solita Lombardia, ormai fuori concorso, e le Regioni che hanno appena plebiscitato i loro presidenti: Campania, Veneto e Liguria. I contagi, ovviamente, non sono colpa dei cosiddetti “governatori”: ma De Luca, Zaia e Toti hanno stravinto le regionali proprio perché visti come i salvatori delle rispettive regioni dal Covid. Zaia in un certo senso lo è stato, avendo avuto la fortuna e l’umiltà di affiancarsi Crisanti, con cui poi ha litigato (e da allora il Veneto se la passa maluccio). Toti invece ha mal gestito la prima ondata. Ma, siccome Lombardia e Piemonte han fatto peggio, è passato per uno bravo. E si è pure preso il merito del nuovo ponte, i cui fondi statali sono finiti non spesi o regalati a chi non ne aveva diritto con una distribuzione a dir poco clientelare. Poi, anche grazie alla scandalosa propaganda a suo favore del Giornalone Unico, è riuscito a nascondere la seconda ondata fino alle elezioni. La Campania è stata risparmiata dalla prima ondata per puro culo, non certo per merito di De Luca, il satrapo tutto chiacchiere e distintivo che non ha risolto nessuno degli annosi problemi della sanità campana, anzi li ha aggravati. Ma li ha mascherati dietro la solita raffica di comizietti e siparietti demagogici: molto più comodo evocare lanciafiamme o minacciare lockdown che creare posti letto o assumere medici e infermieri. Intanto un suo fedelissimo, il sindaco di Eboli Massimo Cariello, appena rieletto col record dei voti (80%), ha avuto il tempo di formare la giunta poi è finito in manette per corruzione e abuso: le intercettazioni lo immortalano mentre pilota due concorsi per far assumere una dozzina di amici. Il gip lo descrive come “completamente immerso in una logica privatistica di gestione del potere, tutta votata alla salvaguardia degli interessi propri o delle persone a lui vicine”. Infatti l’hanno votato 4 concittadini su 5. Che presto torneranno alle urne in base alla legge Severino.

In democrazia, è vero, gli elettori hanno sempre ragione. Ma bisogna intendersi. Chi vince ha il diritto-dovere di governare, sempreché non lo arrestino. E chi perde deve chiedersi il perché: ma non sempre la risposta è che ha vinto il migliore. In Liguria, in Campania e a Eboli, pochi giorni dopo le elezioni, è già evidente che han vinto i più bugiardi, o i più demagogici, o i più clientelari, mentre chi li contrastava senza bugie né voti di scambio, ma solo col voto di opinione (Sansa in Liguria, i 5Stelle in Campania) non aveva speranze. Risposta terribile: significa che continueranno a vincere i peggiori finché non troveranno qualcuno ancor peggio di loro. O elettori più informati e meno ricattabili di oggi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/11/voto-di-sbaglio/5961947/

sabato 10 ottobre 2020

Onde gravitazionali, origine dell’universo e universo ciclico. - Emanuele Tumminieri

 

In base a recenti osservazioni delle increspature dello spazio-tempo, il premio Nobel Roger Penrose ritiene che il nostro universo potrebbe aver avuto un’origine diversa da come si pensa. E il tempo potrebbe essere esistito prima dell'inizio dell'universo.

La teoria più accettata sulle origini dell’universo, il Big Bang, stabilisce che esso è iniziato come un punto infinitamente piccolo e infinitamente denso, che si è progressivamente espanso e raffreddato, fino a diventare la struttura che oggi conosciamo. Ma, qual è stata la causa che ha generato questo evento, verificatosi circa 14 miliardi di anni fa?

Questa è una domanda che porta con sé una serie di problemi. Infatti, se, come stabilito convenzionalmente, il Big Bang ha dato origine al tempo, non è possibile parlare di un “prima”, o di una causa precedente, in quanto queste sono nozioni che hanno senso solo se il tempo fosse già esistito.

Roger Penrose, a cui qualche giorno fa è stato assegnato il Premio Nobel per la fisica, crede di avere un modo per superare le difficoltà poste dall’origine del tempo; e sembra che gli astronomi abbiano trovato la prova che avvalora l’ipotesi di Penrose. La sua teoria è chiamata Cosmologia Ciclica Conforme (CCC), e stabilisce che la nascita esplosiva del nostro universo si è realizzata nel corso della fase terminale di un altro universo. In altre parole, esisteva già un tempo prima del Big Bang.

Secondo lo scienziato, vi è una grossa evidenza che i cosmologi oggi non prendono in considerazione: in che modo l’universo primordiale, nel momento del Big Bang, fosse in qualche modo simile allo stato in cui l’universo attuale si sta dirigendo verso il lontano futuro. In entrambi i casi, la massa fornisce all’energia un contributo all’energia totale dell’universo, significativamente inferiore rispetto a quanto faccia oggi.

Sappiamo che l’energia cinetica di un corpo, ovvero l’energia che possiede un corpo in movimento, è data dal prodotto della metà della massa del corpo per il quadrato della sua velocità. Nei primissimi momenti successivi al Big Bang, quando il cosmo era molto caldo, le particelle si muovevano con una velocità elevatissima. Questo significa che il maggior contributo all’energia totale dell’universo è stato fornito dalla velocità delle particelle, non dalla loro massa.

Lo stesso può dirsi per l’universo successivo al Big Bang. Nel 1998, i fisici fecero una scoperta che sconvolse la comunità astronomica: l’universo si stava espandendo con una velocità crescente. Ci si aspettava, invece, che, finito l’effetto del Big Bang, il cosmo avrebbe rallentato la sua espansione. Così, per giustificare l’accelerazione dell’espansione, gli astronomi hanno ipotizzato l’esistenza di una entità invisibile, l’energia oscura, che spinge ogni cosa verso l’esterno. Ci sarà un momento in cui tutta la materia dell’universo sarà separata, in modo tale che la massa giocherà nuovamente un ruolo insignificante nel computo dell’energia totale dell’universo.

In entrambi i casi, alla fine l’universo sarà dominato dalla luce e non dalla materia. E per un fotone (una particella di luce priva di materia), la luce e la lunghezza non esisteranno più. Immaginando di cavalcare un fotone, si potrebbe attraversare l’universo visibile praticamente in un tempo prossimo allo zero. Questa intuizione è stata la svolta chiave di Penrose.

Egli infatti dice che, in entrambi i casi, l’universo non ha contezza delle proprie dimensioni. Per come è concepito l’universo, il suo inizio, caldo e di piccole dimensioni, è identico al suo futuro, freddo e immenso. Di per sé, questa situazione appare controversa, ma Penrose fa un passo avanti. Egli afferma che questo “futuro” remoto rappresenterà un nuovo Big Bang; e quindi, cosa è accaduto prima del Big Bang?

Secondo Penrose, l’inizio di un universo non è altro che il risultato della fine di quello precedente. Penrose chiama ognuno di questi periodi, eoni. Gli eoni vanno indietro nel tempo senza la necessità di trovare un inizio. In qualche modo, questa teoria richiama il modello a stato stazionario, che prevaleva prima che il modello del Big Bang diventasse la teoria dominante, a partire dalla metà del XX secolo.

Lo stesso Penrose ammette che si tratta di una teoria abbastanza suggestiva, ma è convinto che, come tutte le buone teorie scientifiche, essa debba essere testata attraverso degli esperimenti e delle osservazioni. Questi test nascono dall’idea che il nostro eone, e quello che lo ha preceduto, non siano completamente isolati l’uno dall’altro. Penrose afferma che l’informazione attraversa la materia oscura iniziale nella forma di un’onda d’urto.

La materia oscura, come l’energia oscura, è una sostanza oscura, utilizzata nelle teorie attuali per spiegare il modo in cui strutture come le galassie e gli agglomerati di galassie si sono formate nell’universo primordiale. Secondo i calcoli di Penrose, l’onda d’urto avrebbe avuto un effetto sul fondo cosmico di microonde (Cosmic Microwave Background – CMB), ovvero la radiazione residuale del Big Bang, rilasciata quando l’universo non aveva ancora raggiunto i 400.000 anni di età. È possibile vedere degli anelli, nel CMB, che sono leggermente più caldi, o più freddi, della temperatura media.

Le equazioni della Cosmologia Ciclica Conforme prevedono che un’onda d’urto, proveniente da un precedente eone, dovrebbe aver trascinato materia nel nostro universo. Se ciò avesse causato lo spostamento della materia verso di noi, vedremmo la luce, proveniente da quella regione, deviata a lunghezze d’onda più corte – un effetto che gli astronomi chiamano blueshift (spostamento verso il blu). Allo stesso modo, una regione che si allontana da noi per effetto dell’onda d’urto della CCC subirebbe un redshift (spostamento verso il rosso), ovvero la sua lunghezza d’onda sarebbe allungata.

Le regioni che hanno subito il blueshift apparirebbero più calde, mentre le aree che hanno subito il redshift sarebbero più fredde. Secondo Penrose, queste variazioni sono quegli anelli che noi vediamo nel fondo cosmico di microonde. Onde d’urto multiple avrebbero addirittura prodotto una serie di anelli concentrici.

Diversi anni fa, la scoperta di quegli anelli sembrava fosse la verifica definitiva della validità della Cosmologia Ciclica Conforme (CCC). Solo che la comunità scientifica non riponeva alcuna fiducia sulla teoria, associando i risultati a un colpo di fortuna.

Anche se le ricerche condotte da un gruppo di scienziati polacchi e canadesi, confermano la presenza degli anelli, con una precisione del 99,7%, sussistono ancora dei dubbi. Vahe Gurzadyan, un fisico impegnato da lungo tempo nello studio della Cosmologia Ciclica Conforme, asserisce che queste strutture sono reali e che non vi sono dubbi sulla correttezza e precisione dei calcoli. Tuttavia, lo stesso Penrose ha esplorato altri approcci che potessero meglio supportare le ipotesi avanzate dai due scienziati, sia sulla CCC che sull’esistenza di un tempo “prima” del Big Bang.

La transizione tra eoni va a generare qualcosa di più che la semplice creazione di onde d’urto nella nostra materia oscura e anelli nel fondo cosmico di microonde. In questa transizione, secondo Penrose, viene creato un nuovo materiale, la materia dominante nell’universo. Egli considera quel materiale come la forma iniziale della stessa materia oscura. Questo materiale, affinché non vada ad accumularsi da eone a eone, deve necessariamente decadere. Penrose chiama queste particelle iniziali di materia oscura ereboni, da Erebos, il dio greco dell’oscurità.

In media, un erebone impiega circa 100 miliardi di anni per decadere, ma alcuni di essi saranno decaduti durante i 14 miliardi di anni del nostro universo. Penrose afferma che, quando decadono, gli ereboni trasferiscono tutta la loro energia alle onde gravitazionali.

La scoperta delle onde gravitazionali

Le onde gravitazionali sono una distorsione nel tessuto dello spazio-tempo, previste da Einstein più di un secolo fa, come parte della sua teoria della relatività generale. Per gran parte del secolo scorso, non si era mai avuta alcuna evidenza dell’esistenza delle onde gravitazionali. Ma, il 14 settembre 2015, i fisici impegnati con le osservazioni del Laser Interferometer Gravitataional-Wave Observatory (LIGO), hanno annunciato il rilevamento di onde gravitazionali in arrivo sulla Terra, formatesi a seguito dello scontro tra due buchi neri, a una velocità 1,5 volte quella della luce. A questa, sono seguite diverse altre osservazioni, tra cui anche la fusione di più buchi neri, insieme alla collisione di due stelle di neutroni – i nuclei collassati di grandi stelle (che però non hanno le dimensioni per diventare dei buchi neri), che si sono trasformati in una supernova.

Nell’estate del 2017, tra gli astronomi vi era qualcuno che pensava che questi rilevamenti potessero anche non essere ciò che si credeva. Un gruppo di ricercatori del Niels Bohr Institute, di Copenhagen, aveva pubblicato un articolo, nel quale si asseriva che quei segnali non derivassero da onde gravitazionali, ma fossero degli errori presenti nei dati. Quando un’onda gravitazionale arriva sulla Terra, il suo segnale è molto debole, rendendo difficile ai fisici discernere questi disturbi al di sopra del rumore di fondo di eventi terrestri più banali, che potrebbero addirittura spostare i sensibili specchi del LIGO. Se uno stesso segnale viene segnalato da entrambi i rilevatori, vi è una probabilità elevata che provenga dallo spazio. Il rumore, tuttavia, non dovrebbe essere correlato allo stesso modo.

Il gruppo di Copenhagen ha sviluppato un’analisi indipendente dei dati acquisiti dal LIGO e ha trovato che, invece, il rumore era abbastanza correlato. I fisici del LIGO potrebbero essere stati ingannati, pensando di rilevare onde gravitazionali, quando invece non lo stavano facendo. È probabile che ci fosse qualche problema con i rilevatori, nel senso che producevano segnali di onde gravitazionali, dove invece queste onde non esistevano.

L’articolo del gruppo di Copenhagen è stato subito sottoposto a critica da Ian Harry, un fisico componente del gruppo di ricerca LIGO, il quale sostiene che le analisi dei dati effettuate dai ricercatori di Copenhagen non sono corrette e che non esiste alcun rumore correlato.

Potrebbe trattarsi dell’evidenza del decadimento degli ereboni?

Quando Roger Penrose si è imbattuto in questo acceso dibattito, ha subito pensato che il dilemma fosse legato al decadimento degli ereboni. Quindi ha pubblicato il suo articolo nel quale spiega nei dettagli il suo punto di vista.

L’arrivo di onde gravitazionali provenienti dal decadimento degli ereboni potrebbe essere correlato tra i due rilevatori, poiché le onde incontrano l’uno, prima di raggiungere l’altro. Tuttavia, poiché queste onde gravitazionali non sarebbero afferite a buchi neri o a stelle di neutroni, potrebbero essere considerate come semplice rumore. Invece, Penrose sostiene che il gruppo di Copenhagen non ha scoperto un rumore di fondo terrestre correlato, ma un rumore correlato proveniente dal decadimento degli ereboni di fondo, in qualche parte dell’universo.

E allora, in che misura tutto ciò può essere vero e la Cosmologia Ciclica Conforme essere il giusto approccio, per rispondere alle problematiche domande sul Big Bang?

Secondo Andrew Pontzen, un cosmologo dell’University College di Londra, si tratta di un’idea molto stimolante che mette insieme una serie di filoni intelligenti, in una visione davvero bella del modo in cui l’universo potrebbe comportarsi su scale temporali molto ampie. È una teoria che merita molta attenzione.

Tuttavia, Pontzen sottolinea che l’analisi dei dati originali, sugli anelli del fondo cosmico di microonde – il primo test della CCC proposto da Penrose – peccavano di perfezione e portavano a delle conclusioni che non potevano essere sostenute. Allo stesso modo, Pontzem sostiene le conclusioni raggiunte da LIGO, dalle quali si deduce che il rumore correlato tra i suoi rilevatori non è reale, e quindi non può essere causato da un decadimento di particelle erebon. L’analisi dei dati è un processo assolutamente delicato, che può facilmente condurre in errore gli sperimentatori.

Questo non significa che la Cosmologia Ciclica Conforme sia errata, ma sembra che prove convincenti della sua veridicità debbano essere trovate nei rilevatori di fondo cosmico di microonde e di onde gravitazionali LIGO.

Anche se il rumore correlato, di cui parlano i ricercatori di Copenhagen, fosse fittizio, i prossimi rilevatori di onde gravitazionali potrebbero rilevare un rumore correlato dal decadimento degli ereboni.

Penrose dice che spera di poter vedere un giorno questi effetti, provenienti da galassie distanti, in modo da avere un quadro chiaro della distribuzione della materia oscura nell’universo.

E si potrebbero avere le idee più chiare anche sull’esistenza del tempo prima del Big Bang.

Fonte: space.com

https://www.reccom.org/2020/10/09/onde-gravitazionali-origine-delluniverso-e-universo-ciclico/?fbclid=IwAR3ylalaTsdCjaOyWXeeNohtmT_chVNm_7dbUyejJpgNAO3OCkBWbqSwqnw

Per ridurre le emissioni il nucleare è sette volte meno efficace delle fonti rinnovabili. -

 

Rinnovabili battono nucleare di sette lunghezze: i risultati di uno studio britannico che ha analizzato 25 anni di produzione elettrica ed emissioni di CO2 in 123 paesi.

Le energie rinnovabili sono notevolmente più efficaci del nucleare nel ridurre le emissioni di carbonio derivanti dalla produzione di energia elettrica.

E le due tecnologie tendono ad ostacolarsi a vicenda, se considerate in un approccio congiunto. Lo spiega un nuovo studio britannico.

Le energie rinnovabili sono fino a 7 volte più efficaci nel ridurre le emissioni di carbonio rispetto all’energia nucleare, precisa lo studio “Differences in carbon emissions reduction between countries pursuing renewable electricity versus nuclear power”, appena pubblicato su Nature Energy (scaricabile dal link in fondo a questo articolo).

Il documento dell’Università del Sussex (UoS) conclude che il nucleare non può più essere considerato efficace come tecnologia energetica a basse emissioni di carbonio, e suggerisce che i paesi che puntano a ridurre rapidamente ed economicamente le loro emissioni dovrebbero dare priorità alle rinnovabili.

Lo studio prende in considerazione tre ipotesi: in primo luogo, che più un paese adotta il nucleare più le emissioni diminuiscono; la seconda, che più un paese adotta le rinnovabili più le emissioni diminuiscono; e la terza, che il nucleare e le rinnovabili sono opzioni reciprocamente esclusive, che tendono cioè ad annullarsi vicendevolmente a livello di sistema energetico.

Le tre ipotesi sono state testate a fronte di 25 anni di generazione elettrica e di dati sulle emissioni di 123 paesi.

I ricercatori della UoS hanno rilevato una scarsa correlazione tra la produzione relativa di elettricità nucleare e le emissioni di CO2 pro-capite, ma hanno osservato un collegamento con il PIL pro-capite delle nazioni studiate.

I paesi con un alto PIL pro-capite hanno visto una certa riduzione delle emissioni con l’aumento del nucleare, ma le regioni con un PIL più basso hanno aumentato le emissioni di CO2 con l’uso del nucleare.

Per le rinnovabili, invece, i dati hanno rivelato una diminuzione delle emissioni di CO2 associate alla tecnologia “in tutti i periodi e i campioni di paese” e senza un legame significativo con il PIL pro capite.

Gli impegni di politica nazionale tendono a favorire in maniera alternativa l’una o l’altra opzione, hanno osservato i ricercatori della UoS; in altre parole, politiche favorevoli al nucleare tendono a ridurre la diffusione delle rinnovabili e viceversa.

La ricerca mostra l’infondatezza di argomenti a favore della coesistenza di nucleare e rinnovabili, cioè dell’approccio “tutto allo stesso tempo”, ha detto Andy Stirling, professore di politica scientifica e tecnologica del’UoS.

“I nostri risultati mostrano non solo che gli investimenti nel nucleare in tutto il mondo tendono, tutto sommato, ad essere meno efficaci degli investimenti in rinnovabili per la mitigazione delle emissioni di carbonio, ma che le tensioni tra queste due strategie possono erodere ulteriormente l’efficacia delle misure per evitare gli stravolgimenti climatici”.

Gli autori dello studio hanno riconosciuto che il loro rapporto ha considerato solo le emissioni di carbonio e che in futuro sarà necessario considerare anche fattori quali il costo economico, la pianificazione integrata delle risorse, l’affidabilità, gli impatti del ciclo di vita, i profili di rischio, la gestione dei rifiuti e gli impatti ecologici, politici e di sicurezza.

Considerato però che le rinnovabili sembrano molto più efficaci per l’abbattimento delle emissioni di carbonio in tutto il mondo, emergono importanti implicazioni negative per l’energia nucleare.

Tecnologicamente, i sistemi nucleari sono stati inclini in passato a maggiori sovraccosti di costruzione, maggiori ritardi e tempi di consegna più lunghi rispetto ai progetti di energia rinnovabile, indica lo studio.

Un set di dati reali sui tempi di costruzione di 273 progetti di energia elettrica su un periodo di 50 anni mostra una tempistica media di 90 mesi per il nucleare, con punte di oltre 150 mesi, cioè più di 12 anni e mezzo, rispetto a una media di 40 mesi per il fotovoltaico e ancora meno per l’eolico, come mostra l’illustrazione tratta dalla ricerca.

Il nucleare e l’idroelettrico tendono a sforare i costi stimati anche se normalizzati sulla stessa scala, per unità di MW elettrico installato. Ciò vuol dire che, per ogni dollaro investito, la modularità dei progetti ad energie rinnovabili offre una riduzione delle emissioni più rapida di quanto non facciano i progetti nucleari su larga scala, molto più lunghi e soggetti a ritardi.

“È un’anomalia che le forti rivendicazioni a favore di particolari tecnologie con cui questo lavoro è iniziato, siano rimaste per così tanto tempo così poco evidenti. Incoraggiamo anche altri ad affrontare questa lacuna nelle loro ricerche future”, hanno detto i ricercatori.

Anche senza considerare tutti i fattori in gioco, gli autori del rapporto hanno affermato che i dati sulle emissioni sono già  sufficienti da soli a indicare chiaramente ai Paesi che sperano di ridurre le loro emissioni di concentrarsi sulle fonti rinnovabili piuttosto che sul nucleare.

“L’evidenza indica chiaramente che il nucleare è il meno efficace delle due strategie di abbattimento delle emissioni di carbonio e, insieme alla sua tendenza a non coesistere bene con le energie rinnovabili, solleva seri dubbi sulla saggezza di dare priorità agli investimenti nel nucleare rispetto alle energie rinnovabili”, ha detto Benjamin K Sovacool, un altro professore di politica energetica alla UoS.

“I paesi che pianificano investimenti su larga scala nel nuovo nucleare rischiano di sopprimere i maggiori benefici climatici derivanti da investimenti in energie rinnovabili alternative”.

https://www.qualenergia.it/articoli/per-ridurre-emissioni-nucleare-sette-volte-meno-efficace-delle-energie-rinnovabili/?fbclid=IwAR1pQfEwaHJH04yRhEuByddQ3EaPpBNRuaafV8ZBhZ4TsPxvUKW8IDnGVZY

Il primo aereo passeggeri alimentato a idrogeno.

 

Nel 2035, il primo aereo passeggeri al mondo a emissioni zero potrebbe prendere il volo. Per portare questa visione alla realtà, il gruppo produttore di aeromobili Airbus sta esplorando un concetto rivoluzionario di aerei – chiamato ZEROe – alimentato a idrogeno, il “propellente” del futuro, a emissioni zero, con il potenziale per ridurre le emissioni degli aerei fino al 50%.

Tre sono i progetti presentati da Airbus: un velivolo con motore a turbogetto, uno con motore a turboelica e una vera e propria ala volante (come nella foto che segue). Uno dei tre progetti diventerà realtà e la scelta verrà fatta attorno al 2024-2025.

I primi due – da 120 a 200 passeggeri e da 100 passeggeri – mostrano sagome familiari. Il terzo, invece, è un’ala volante con una capacità di 200 passeggeri, le cui ali sono integrate nella fusoliera.

“Non più di cinque anni fa, la propulsione a idrogeno non era nei nostri piani come percorso tecnologico praticabile per la riduzione delle emissioni”, spiega Glenn Llewellyn, Vicepresidente di Airbus, Zero-Emission Aircraft. “Ma i dati convincenti di altre industrie di trasporto hanno cambiato rapidamente lo scenario. Oggi siamo entusiasti dell’incredibile potenziale che l’idrogeno offre al trasporto aereo in termini di riduzione delle emissioni”. Questo è davvero l’obiettivo.  Airbus stima che l’idrogeno abbia il potenziale per ridurre le emissioni di CO 2  del trasporto aereo fino al 50%.

Negli aerei, ci sono due grandi tipi di propulsione a idrogeno: combustione a idrogeno e celle a combustibile a idrogeno. I tre “concept” di Airbus a emissioni zero, noti come ZEROe, sono tutti aeromobili ibridi a idrogeno. Ciò significa che sono alimentati da motori a turbina a gas modificati che bruciano idrogeno liquido come combustibile. Allo stesso tempo, usano anche celle a combustibile a idrogeno per creare energia elettrica che integra la turbina a gas, ottenendo un sistema di propulsione ibrido-elettrico altamente efficiente. Tuttavia, ciascuna opzione ha un approccio leggermente diverso per l’integrazione del sistema di stoccaggio e distribuzione dell’idrogeno liquido. Gli ingegneri di Airbus hanno concettualizzato soluzioni di integrazione che tengono attentamente conto delle sfide e delle possibilità di ogni tipo di aeromobile.

Si stima che nei prossimi mesi saranno lanciati formalmente diversi programmi dimostrativi sull’idrogeno, che testeranno rispettivamente le celle a combustibile a idrogeno e le tecnologie di combustione dell’idrogeno.

https://www.beppegrillo.it/il-primo-aereo-passeggeri-alimentato-a-idrogeno/?fbclid=IwAR3MzOiO4ushL0kL9Gfya2vAujjbxGtdu0YNe0mxmL7TLQzFrYzWOzog58U

L’illusione di una destra responsabile. - Gaetano Pedullà

 

Ad azzeccare le previsioni col senno di poi sono bravi tutti, ma sull’impennata dei casi di Covid non c’erano mai stati dubbi, tanto che sentivamo parlare da mesi di seconda ondata della pandemia. Lo stato d’emergenza prorogato dal Governo e gli inviti a comportamenti prudenti, a partire dall’uso delle mascherine, dunque erano ovvi, così come il livello dei contagi che ieri ha superato quota cinquemila.

Eppure un cospicuo gruppo di opinionisti e apprendisti virologi, con ambulatorio fisso negli studi delle tv, minimizza il problema, negando i rischi del Coronavirus (è poco più di un raffreddore) e la diffusione del problema (poca roba rispetto alla popolazione), mentre si avallano tesi fantasiose, tipo l’invenzione del virus per dare ai governi poteri speciali, col sostegno dell’informazione mainstream, corrotta e complice. Roba che al confronto i terrapiattisti sono dilettanti. E oggi qualche decina di questi sedicenti furbi, che non si fanno ingannare dalle notizie dei tg, marceranno con in testa l’attore Enrico Montesano, quello del film “febbre da cavallo” autopromosso a medico del C… ovid.

L’obiettivo di questi negazionisti è aprirci gli occhi sull’incombente dittatura sanitaria, che oggi ci costringe a mascherarci e domani chissà, magari ci renderà schiavi di un Governo che non sta bene all’opposizione di Centrodestra e ai suoi cantori – ma guarda la coincidenza! – incredibilmente tutti di quella stessa area politica, con Porro, Sgarbi, Briatore, Capezzone, Cruciani e non mi dilungo perché sono una quaresima.

Ovviamente a conferma delle loro tesi non c’è uno straccio di prova, men che meno scientifica, ma tutto va bene pur di buttarla in caciara contro chi si è preso l’onere di provvedimenti gravosi. Invece di collaborare, almeno di fronte alla salute dei cittadini, questi signori non fanno altro che criticare e non dire mai che farebbero se fossero loro al Governo, premesso che quando lo dicono, la mattina parlano di chiudere tutto, il pomeriggio di aprire e la sera di richiudere. Zero idee e confuse, insomma, che però spingono i loro ascoltatori ad allentare le difese e contagiarsi. Mentre chi ragiona guarisce dall’illusione di una destra responsabile e capace di guidare il Paese.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/lillusione-di-una-destra-responsabile/

Dietro al complottismo negazionista. - Tommaso Merlo

 

Dietro al complottismo vi sono delle ragioni più profonde. Non si tratta solo di persone ignoranti che farneticano o di fanatici della domenica. Ormai il complottismo dilaga ovunque nella nostra società e non potevano certo mancare i negazionisti della pandemia e i partigiani della dittatura sanitaria. Già, il complottista si ritiene più furbo e intelligente degli altri e si discosta da quella massa d’ingenui che si bevono le versioni ufficiali e rispettano le regole. Si crede cioè superiore agli altri e l’unico che ha capito davvero come stanno le cose. In una parola. Ego. Ma c’è dell’altro. Il complottista ha una visione malvagia del mondo. Crede vi siano cricche occulte sedute in qualche stanza dei bottoni a complottare contro di lui e l’intero pianeta. Il fatto che il mondo sia così sporco, fa sentire il complottista più pulito di quello che è in realtà. Il complottista imbratta cioè il mondo per giustificare se stesso e per lavarsi la coscienza. Per assurdo, sono infatti proprio coloro che vedono complotti ovunque che spesso nella vita complottano a danno degli altri. I complottisti proiettano sul mondo le proprie storture personali e temono di finire vittime delle trame che frullano a loro nel cervello. In una parola. Ego. Ma c’è di più. Il complottista è spesso una persona frustrata e arrabbiata col mondo contro cui quindi si sfoga. Invece cioè di assumersi la responsabilità delle proprie sconfitte o delusioni o traumi, il complottista scarica tutta la colpa del suo malessere sul mondo che lo circonda e lo fa infamandolo di chissà quali oscuri complotti. Si tratta di complottisti che accampano scuse e infangano il mondo per ripicca. In una parola. Ego. Ma c’è ancora di più. Non tutti i complottisti sono autentici e cioè credono davvero ai castelli complottistici che costruiscono per aria. Vi sono anche molti complottisti per convenienza. Quelli che cioè millantano complotti al misero scopo di conquistare il centro dell’attenzione. Per finire sui giornali o in televisione o conquistare la scena al bar o nella tavolata tra amici. Complottisti che si mettono controvento solo perché gli rende in popolarità. In una parola. Ego. Poi ci sono i complottisti a fini politici. Quelli che si rendono perfettamente conto delle fregnacce complottistiche che raccontano, ma lo fanno lo stesso allo scopo d’infangare la reputazione ai loro avversari. Se comanda il loro partito allora il mondo è lindo e trasparente. Se comanda il partito dei loro nemici allora il mondo intero è vittima di uno sporco complotto. Sfacciata ipocrisia e odio che calpesta anche il semplice buonsenso. In una parola. Ego. Già, a sentire il complottismo imperante perfino il coronavirus sarebbe una mezza bufala o un’operazione studiata a tavolino mentre le misure per contenerlo avrebbero secondi fini. Nemmeno migliaia di morti e la scienza mondiale schierata hanno scoraggiato i partigiani della dittatura sanitaria. La drammaticità della pandemia e la sua persistenza ne stanno però fiaccando le resistenze. Alla lunga molti complottisti stanno capendo che l’unico vero complottista che li perseguita è dentro di loro. E si chiama ego.  

https://repubblicaeuropea.com/2020/10/10/dietro-al-complottismo-negazionista/