Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
martedì 13 ottobre 2020
Vite rubate, negate. - Cetta
Mafia: denunciano racket, 20 fermi a Palermo.
Nel quartiere Borgo Vecchio i commercianti rompono il silenzio.
Dopo anni di silenzio i commercianti del quartiere Borgo Vecchio di Palermo si sono ribellati al racket e hanno denunciato gli estortori mafiosi: 20 tra boss, gregari ed esattori del clan fermati dai carabinieri. Accuse a vario titolo di associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, ai furti e alla ricettazione, tentato omicidio aggravato, estorsioni e danneggiamenti. Secondo le indagini, per la festa della patrona del Borgo Vecchio, Madre Sant'Anna, Cosa nostra aveva il monopolio dell'organizzazione delle serate musicali.
Oltre 20 le estorsioni accertate nel corso dell'indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia guidata dal Procuratore Francesco Lo Voi, 13 delle quali scoperte grazie alle denunce spontanee delle vittime. In 5 casi invece i commercianti hanno ammesso di pagare dopo essere stati convocati dagli inquirenti. L'indagine che ha portato ai fermi è la prosecuzione di inchieste passate sul mandamento mafioso di Porta Nuova e, in particolare, sulla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.
(foto ANSA)
Saras-Isis, indagini fino a Ubi. - Nicola Borzi
Contrabbando - Greggio preso dai jihadisti, inchiesta sui crediti ceduti a Ubi factor.
L’inchiesta della Direzione distrettuale antiterrorismo di Cagliari non è la sola a coinvolgere la Saras. Gli inquirenti sardi accusano la società di raffinazione, quotata e controllata al 40% dalla famiglia Moratti, di avere comprato tra il 2015 e il 2016 petrolio iracheno contrabbandato dai curdi e poi dall’Isis a prezzi stracciati e di avere evaso il Fisco per almeno 130 milioni. Ma c’è anche la Procura di Brescia: secondo alcuni atti sui sistemi antiriciclaggio nel gruppo Ubi, sotto la lente dei magistrati lombardi sono finiti possibili profili di rilevanza penale di un’operazione di cessione di credito per svariati milioni, finiti in Ubi Factor tra Natale e Capodanno del 2016, che erano vantati dalla società svizzera Saras Trading nei confronti di Petraco Oil Company. L’operazione è avvenuta dopo consistenti trasferimenti di denaro tra Saras Trading e Petraco. Le società sono al centro dell’inchiesta cagliaritana che il 30 settembre ha portato alle perquisizioni negli uffici Saras in Sardegna e a Milano per ipotesi di reato che vanno dal riciclaggio al falso ai reati tributari.
Secondo alcune ricostruzioni, Saras avrebbe comprato petrolio di contrabbando da un’azienda di trading, la Petraco, che se lo sarebbe procurato tramite una sua controllata delle Isole vergini britanniche, la Edgewaters Falls. Edgewaters avrebbe comprato il petrolio in Iraq, prima dai curdi e poi dall’Isis, falsificando i documenti per farlo risultare proveniente dalla Turchia. Saras Trading, costituita a Ginevra a settembre 2015 e attiva dal 2016, è stata amministrata dai vertici della capogruppo: tra questi Dario Schiaffardi, attuale ad di Saras e in precedenza dg, consigliere e vicepresidente esecutivo, insieme al direttore finanziario Franco Balsamo e al responsabile commerciale Marco Schiavetti. Balsamo e Schiavetti sono indagati a Cagliari. Saras risponde che “l’operazione è un’ordinaria cessione pro soluto tra Saras Trading e Ubi Factor di crediti, derivanti dalla vendita di prodotti petroliferi, vantati da Saras Trading nei confronti di Petraco Oil, società di primario standing operativa a livello mondiale. Responsabilità e trasparenza sono tra gli attributi fondamentali del gruppo e delle nostre persone che hanno sempre operato in conformità alle norme, senza conflitti di sorta con alcuno”. Letizia Brichetto Arnaboldi, vedova di Gian Marco Moratti che fu presidente di Saras, nel 2016 era presidente del consiglio di gestione e dal 2019 fino a pochi mesi fa è stata presidente di Ubi Banca. Contattata, Ubi non ha risposto.
Ma Saras ha anche altri problemi. In Borsa il titolo era risalito dai minimi storici di fine settembre a 43 centesimi sino a 52, con un rialzo del 20% spinto dalle voci di un’Offerta pubblica di acquisto di un potenziale investitore, ma ieri ha chiuso a -5,14%. Sul tonfo pesa il perdurare della crisi scatenata dalla pandemia che ha spinto la raffineria sarda a mettere in cassa integrazione a rotazione i 1.300 dipendenti dal 26 ottobre fino al prossimo 30 giugno.
Lega, il commercialista e le srl “ritrovate” in Lussemburgo. - Davide Milosa
Film Commission - Ricostruita la rete di Scillieri, che porta a 4 nuove società oltreconfine.
Michele Scillieri commercialista lo è dagli anni Novanta. Vita agiata e casa in una delle vie più note di Milano. Poi il terremoto del caso Lombardia Film Commission (Lfc), i domiciliari, il legame con Di Rubba e Manzoni. Nel suo studio la Lega di Salvini ha eletto domicilio. Da qui tutto frana. E oggi, dopo gli arresti, la Procura indaga sui suoi rapporti con società in Lussemburgo. Il dato inedito emerge da una annotazione della Finanza agli atti del fascicolo coordinato dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Stefano Civardi.
Nella rete societaria tra i vecchi soci compaiono soggetti con “precedenti penali o di polizia” per reati finanziari e riciclaggio. Molti di loro risultano coinvolti nelle inchieste sull’ex costruttore romano Danilo Coppola. Sono tre le srl amministrate da Scillieri e tutte portano a 4 società anonime in Lussemburgo con sede in Rue de la Boucherie 4-6. Le tre italiane hanno il domicilio in via Angelo May 24 a Bergamo, indirizzo, scrive la Gdf, “coincidente con i luoghi di esercizio delle società riferibili a Manzoni e Di Rubba”. La prima società è la Dacop. Qui Scillieri diventa amministratore dall’aprile 2018. Dacop nasce nel 2002. Nel luglio 2009 il 99% delle quote passa a Danilo Coppola. Due mesi dopo, il pacchetto va alla lussemburghese Europeenne d’Investissement Sa per finire oggi alla 68 Galtier Prima Sa. La seconda società è la Seasi, che come Dacop è una immobiliare. Scillieri entra nell’aprile 2018, trasferendo la sede in via Angelo May 24. Socio di Seasi è la Taurus Prima Sa. La società è destinataria di una segnalazione di Bankitalia per “comportamento sospetto”. La terza srl è la Programmi immobiliari con sede in via May 24. Scillieri è stato amministratore dal marzo 2019 fino al 19 settembre, nove giorni prima del suo arresto. La Programmi immobiliari è partecipata al 100% da Si.Pa. immobiliare con un pegno di banca Arner. Socio unico di Si.Pa, che in Italia ha sede in via May 24, è la Sunrise 14 Sa, quarta lussemburghese. Queste società a gennaio 2018 – pochi mesi prima dell’ingresso di Scillieri – le ritroviamo nella costituzione di un pegno a garanzia di un prestito di 20 milioni dalla Swiss Merchant Corporation Sa. A redigere l’atto è il notaio Angelo Busani (non indagato), che secondo Bankitalia nel 2018 bonificherà 18 milioni al notaio Mauro Grandi (non indagato) che si è occupato del caso Lfc.
Denaro che ripartirà verso l’estero. A Busani è riferibile la Credit Swiss servizi fiduciari che ha fatto da trustee al trust Diva di Andrea Dini, cognato di Attilio Fontana coinvolto nell’inchiesta sui camici. Per la costituzione del pegno le lussemburghesi sono rappresentate da Andrea Giovanni Carini, avvocato di origine libica. Carini risulta con un “precedente di polizia” per riciclaggio. Sia Dacop sia Seasi hanno l’indirizzo in Rue de la Boucherie “presso la Guarnieri & Partners Cabinet d’Avocats Luxembourg Sa, il cui comitato è formato anche da Carini”. Al pegno partecipano anche società italiane. Tra queste la Partecipazioni immobiliari (fallita nel 2019) riferibile a Manuel Rossetto che, non indagato, compare tra gli ex dirigenti delle società amministrate da Scillieri. C’è poi la Si.Pa già riconducibile indirettamente a Scillieri e altre 4 società di Rossetto, alcune in liquidazione, e con sede in via May 24. Nell’atto è scritto che i 20 milioni andavano restituiti in 7 anni. Ma già il 30 maggio 2018 il pegno è cancellato.
Gare e camici, l’Anticorruzione regionale non si accorge di nulla. - Gianni Barbacetto
L’Orac, nato nel 2018, ha il compito di vigilare.
Nessuno se n’è accorto, ma la Regione Lombardia ha una sua agenzia anticorruzione. Si chiama Orac (Organismo regionale anticorruzione), è stata costituita nel settembre 2018, anche se è davvero funzionante solo dall’ottobre 2019, e ha come presidente un magistrato di gran fama, Giovanni Canzio, già presidente della Corte d’appello di Milano e poi primo presidente della Corte di cassazione. Ha appena varato la sua prima semestrale, un ponderoso documento, con gli allegati, di 121 pagine. In quei fogli, però, non c’è traccia alcuna degli scandali che hanno investito nei mesi scorsi la Regione Lombardia. Centinaia di appalti senza gara per l’emergenza Covid. Donazioni fantasma e forniture senza controllo per realizzare il finora inutile ospedale in Fiera. L’appalto dei camici diventato miracolosamente “donazione” da parte dell’azienda del cognato e della moglie del presidente regionale Attilio Fontana. La sede della Lombardia Film Commission venduta alla Regione al doppio del suo prezzo da parte della banda dei commercialisti della Lega. I contratti per i test sierologici con Diasorin. I vaccini antinfluenzali comprati a prezzi fuori mercato e non autorizzati.
Di queste vicende si sono occupati i giornali e la Procura della Repubblica, non l’Anticorruzione regionale, che non si è accorta di niente, non ha visto niente, non ha aperto alcuna istruttoria. Da ottobre a dicembre 2019 l’Orac ha tenuto nove riunioni, 23 da gennaio a giugno 2020. I nove membri dell’Anticorruzione hanno intascato finora compensi per 340 mila euro (55,6 mila euro il presidente Canzio, 41,7 a testa gli altri). Ma non hanno acceso alcun faro sui tanti casi di gare, incarichi e appalti che pure hanno attirato l’attenzione della stampa e anche dei magistrati. La relazione semestrale segnala due sole istruttorie aperte dall’Orac: su alcune nomine ad Areu (l’azienda regionale delle emergenze) e all’istituto neurologico Besta. Nessun controllo sulle gare, sugli appalti, sull’attività di Fnm e Trenord, nessuna verifica su Finlombarda (la finanziaria regionale) o su Aria (la centrale acquisti della Regione).
Bar e movida, feste e matrimoni: ecco la stretta soft del governo. - Alessandro Mantovani e Paola Zanca
Il decreto - Party vietati all’aperto e al chiuso, non più di 30 ai ricevimenti di nozze, massimo 6 ospiti “raccomandati” nelle case.
Sono vietate le feste all’aperto e al chiuso: massimo 30 persone per i ricevimenti di nozze e battesimi, non più di 6 nelle case, ma il limite è solo “raccomandato”. Tetto del 15 per cento della capienza per gli spettatori degli eventi sportivi fermo restando che non si può andare sopra i mille in Serie A. Bar e locali chiusi alle 24 con divieto di consumazione all’aperto dalle 21, salvo servizio al tavolo. Stop a calcetto, basket, boxe e sport di contatto amatoriali mentre le attività delle federazioni proseguiranno. Mascherine anche in casa se ci sono non conviventi. Limiti confermati per cinema e teatri salvo deroghe già previste. E ancora, incremento dello smart working e stop alle gite scolastiche.
Il nuovo Decreto del presidente del Consiglio (Dpcm) è pronto, Giuseppe Conte e i ministri della degli Affari regionali e della Salute, Francesco Boccia e Roberto Speranza, ne hanno discusso fino a ieri sera nella “cabina di regia” con il presidente della Conferenza Stato-Regioni Stefano Bonaccini e il presidente dell’Anci (Comuni) Antonio Decaro. Ieri sera gli uffici legislativi stavano limando il provvedimento che per la prima volta da maggio introduce restrizioni, sia pure limitate, per contenere il Coronavirus. Le resistenze dei rappresentanti degli enti locali si sono concentrate sui locali. A evitare le chiusure anticipare dei bar ha provato Decaro, sindaco di Bari, che ha chiesto anche di incentivare lo smart working e di differenziare gli orari di apertura delle scuole per diluire il più possibile la circolazione sulle strade e sugli autobus. “L’epidemia sta assumendo dimensioni che ci obbligano a nuove misure. Dobbiamo, allo stesso tempo, tenere aperto il Paese e tutelare soprattutto lavoro e scuola”, ha detto Boccia.
Per i locali della movida il governo ha retto sulle ore 24, scartando l’ipotesi di arrivare all’una di notte, ma d’altro canto il “rigorista” Speranza all’inizio chiedeva lo stop alle 22 o alle 23. Dalle 21 non si potrà consumare all’aperto, almeno in piedi vicino ai locali: i controlli toccheranno soprattutto alle polizie locali, come disposto dal Viminale. Trattativa anche su eventi sportivi e spettacoli: sui primi il governo partiva dal 10 per cento della capienza, gli enti locali hanno strappato il 15, fermo restando il tetto massimo di mille spettatori; per cinema e teatri restano in vigore le ordinanze regionali. Non ci sono provvedimenti per la scuola, né sui trasporti per i quali la capienza massima rimane l’80 per cento con l’impegno a fare più verifiche. Se il limite dovesse scendere al 50 per cento c’è l’ipotesi di didattica a distanza per le superiori, avanzata da alcune Regioni.
Il governo corre ai ripari, è il primo passo sulla scala che ne prevede altri due fino al lockdown che nessuno vuole all’aumentare del tasso di riproduzione del virus Rt e di altri indici sanitari. L’ultimo monitoraggio, che si ferma al 4 ottobre e dunque prima del raddoppio dei casi giornalieri da circa 2.500 a oltre 5.000, fissava Rt a 1,06: vuol dire che una persona infetta ne contagia in media più di una e la curva epidemica sale. Ieri il dato è sceso, sono 4.691 i casi registrati da domenica e le Regioni che ne contano di più sono sempre Lombardia e Campania: 696 e 662. Ma come ogni lunedì ci sono meno tamponi: 85 mila dopo cinque giorni sopra i 100 mila e fino a 130 mila ogni 24 ore. Infatti continua a crescere il rapporto positivi/tamponi: 5,4 per cento; fino al 7 ottobre non aveva mai superato il 3. Il morti sono stati 39, anche qui con un aumento rispetto ai giorni scorsi (il totale ufficiale è 36.305). Negli ospedali si contano 302 ricoverati in più nei reparti ordinari (per un totale di 4.821 in tutta Italia) e 32 nelle terapie intensive (452 in totale).
Intanto il ministero della Salute ha varato le nuove regole sulla quarantena, dopo il via libera del Comitato tecnico scientifico: non più 14, ma 10 giorni per i contatti stretti dei positivi, purché con tampone molecolare o test antigenico rapido alla fine; senza test i giorni restano 14. Dieci giorni di cui tre senza sintomi per i positivi, con tampone molecolare negativo (fino a ieri erano due a 24 ore l’uno dall’altro). O al massimo 21 giorni: anche se il tampone è positivo, il soggetto non è più ritenuto contagioso. I test, secondo governo e Cts, potranno farli anche i medici di famiglia, chiamati a rimediare ai limiti delle Asl, ma le loro associazioni resistono: i nostri studi, dicono, non sono attrezzati.
Il Cavalier Bollito. - Marco Travaglio
Ho trovato! Da mesi mi domandavo che ci faccia Giulio Gallera ancora all’assessorato alla Sanità della Lombardia e cosa debba fare di più per essere accompagnato alla porta e smettere di fare danni in aggiunta al Covid. Non è bastato che il 23 febbraio suoi dirigenti riaprissero il pronto soccorso di Alzano senza sanificarlo poco dopo l’esplosione del contagio. Non è bastata l’ordinanza che invitava le Rsa a ospitare i malati di Covid appena dimessi dagli ospedali, per un banale equivoco tra il concetto di guarigione e quello di non-contagiosità. Non sono bastati i suoi no alla zona rossa in Val Seriana e la sua ignoranza della legge 833/1978 che gliela consentiva ma lui l’ha scoperta (“Ah, già!”) solo quando ne ha parlato Conte, manco fosse una leggina qualunque e non quella intitolata “Istituzione del Servizio Sanitario nazionale” che regola i suoi poteri. Non è bastata la tragicommedia del Bertolaso Hospital, la terapia intensiva costruita in Fiera a distanze siderali dal più vicino ospedale, costata 30 milioni e rimasta ovviamente deserta. Non è bastata l’ordinanza che imponeva le mascherine all’aperto in Lombardia e, siccome non ce n’erano, suggeriva alternative tipo “sciarpe o foulard” (ma anche, ad libitum, maschere da sub, cappucci massonici, colli di visone, burqa, caschi da parrucchiere o palombaro o astronauta, passamontagna da rapinatore, elmi da crociato, maschere di carnevale, zucche di Halloween ecc.).
Non è bastata la lettera di tutti gli Ordini dei medici della Lombardia che faceva a pezzi le sue scelte e la sua risposta che li accusava di “fare politica”. Non è bastata neppure la sua pur notevole spiegazione dell’indice R0 (la media statistica delle persone infettate da ogni positivo): “L’indice di contagio in Lombardia è allo 0,51: vuol dire che bisogna trovare due persone infette allo stesso momento per infettare me. E non è così semplice trovarle. Questa è l’efficacia della nostra azione e ciò che ci fa star tranquilli”. Forse l’han lasciato lì per divertirsi a fingersi positivi e sentirgli dire: “Mi sputi pure in faccia, tanto per contagiarmi dovete essere in due”. O perché ha battuto la testa giocando a paddle e si sperava che fosse rinsavito. Invece il Gallera della seconda ondata è ancor più Gallera di prima: sui vaccini dell’influenza ha fatto un tal casino che ora li paga 26 euro l’uno anziché 5, l’Aifa gli ha bocciato quelli cinesi. E noi tutti lì a domandarci come possa restare assessore. Poi un amico mi ha girato una sua intervista del 2018 a un sito gastronomico, con uno strepitoso coming out: “Sono Cavaliere del Bollito Misto”. Quindi ogni sera lo servono in tavola sul carrello dei lessi, in salsa verde. Ora bisogna soltanto attendere che lo levino dal menu.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/13/il-cavalier-bollito/5963924/