sabato 13 febbraio 2021

Draghi, il governo “dei competenti”? Con il manuale Cencelli. I ministri: 15 politici e 8 tecnici. Quattro del M5s, 3 di FI, Pd, Lega. Uno per Iv e Leu. Le novità: Cingolani e Colao a ecologia e digitale.

 

CRONACA ORA PER ORA - L’ex governatore della Bce scioglie la riserva: Franco all’Economia, Cartabia alla Giustizia, alle infrastrutture Giovannini, allo Sviluppo economico il leghista Giorgetti, all’istruzione Patrizio Bianchi, al lavoro il dem Andrea Orlando. Confermati Di Maio, Lamorgese, Speranza, Guerini, Franceschini. La componente Forza Italia: Brunetta alla Pubblica amministrazione, Carfagna al Sud, Gelmini alle Autonomie.

Alla fine Mario Draghi ha seguito effettivamente il modello di Carlo Azeglio Ciampi. Ma si è dovuto affidare parecchio pure a Massimiliano Cencelli, il democristiano che inventò il mitologico manuale che porta il suo nome. Il governo dei competenti, quindi, nella sua parte politica è il risultato di un’elaborata distribuzione di poltrone. Una divisione effettuata col bilancino che alla fine finisce inevitabilmente per sacrificare competenze ed esperienza. D’altra parte i partiti che appoggiano l’ex presidente della Bce sono quasi tutti quelli presenti in Parlamento: trovare la quadra è stato complicato.

Conferme, ritorni e proporzioni: i numeri del governo Draghi – La proporzione tra tecnici e politici è di uno a due: i primi sono otto, i secondi 15. Sono i tecnici, però, a guidare i ministeri chiave. Quattro ministeri vanno al Movimento 5 stelle, principale gruppo politico in Parlamento. Tre dicasteri vanno invece a esponenti della Lega, di Forza Italia e del Pd: partiti che nel 2018 avevano eletto tutti più o meno lo stesso numero di parlamentari. Ai gruppi più piccoli – Italia viva e Leu – resta un ministero a testa. Dopo tanti annunci le donne sono solo otto su ventitré poltrone in totale: poco più di un terzo. L’età media si alza a 54 anni, dopo i 48 del Conte 2 e i 47 del Conte 1 (il secondo più giovane della storia repubblicana). Non entrano i leader di partito, ma i numeri due (per il Pd Andrea Orlando, per la Lega Giancarlo Giorgetti). Nove i ministri confermati dal precedente esecutivo, anche se qualcuno per motivi di parcellizzazione deve cambiare delega, mandando in fumo un anno e mezzo di esperienza. Rientrano al governo anche tre leghisti che sedevano già nell’esecutivo gialloverde, mentre tre esponenti di Forza Italia tornano a fare i ministri a dieci anni dall’ultima volta. Ma andiamo con ordine.

Europa e Recovery in mano a premier e tecnici – A nove giorni dall’incarico ricevuto da Sergio Mattarella, Draghi è salito al Colle per sciogliere la riserva e sottoporre la lista dei ministri al presidente della Repubblica. Che l’ha approvata, firmando i decreti di nomina: il giuramento è previsto per sabato 13 febbraio alle ore 12. Il premier è poi uscito per leggere alla stampa la lista dei componenti dei suoi governi. I dicasteri sono praticamente identici a quelli del governo Conte. Non c’è più il ministero per gli Affari europei, mentre i dicasteri chiave per la gestione del Recovery plan sono tutti affidati a tecnici: segno che Draghi intende tenere per sé e per le persone di sua fiducia sia i rapporti con l’Europa che la stesura del delicato piano di fondi europei.

I tecnici: da Cingolani a Colao – Il cambiamento principale è quello legato al ministero che suscitava maggior interesse nell’opinione pubblica: quello alla Transizione energetica, chiesto da Beppe Grillo come condizione per l’appoggio del M5s. Il nuovo dicastero prende il posto del ministero dell’Ambiente, che assorbirà le competenze in materia energetica al momento assegnate agli altri ministeri. Il titolare del nuovo dicastero presiederà anche un comitato interministeriale che sarà creato per la transizione energetica. Un ruolo delicato per il quale la scelta di Draghi è finita sul fisico Roberto Cingolani, manager di Leonardo, che ha partecipato a Sum, il convegno annuale organizzato dalla fondazione Gianroberto Casaleggio. Ma è stato pure ospite della Leopolda di Matteo Renzi e di Vedrò, il vecchio think tank di Enrico Letta. In passato ha condotto una rubrica sulla web radio del fattoquotidiano.it. Un altro tecnico che era tornato di recente al centro delle cronache politiche è Vittorio Colao, il manager scelto da Conte per guidare la task force sulla ripartenza del post pandemia: da domani guiderà il ministero per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale. Viene spoliticizzato pure il ministero della giustizia: sarà guidato da Marta Cartabia, ex presidente della Consulta nominata da Giorgio Napolitano. Eredita la poltrona di Alfonso Bonafede e una serie di riforme delicate e fondamentali anche in chiave Recovery plan. Tecnici sono pure Cristina Messa, ex rettrice della Bicocca che va all’Università, e Patrizio Bianchi, ex assessore regionale in Emilia Romagna e rettore di Ferrara, al quale invece va l’Istruzione. Alle Infrastrutture finisce Enrico Giovannini, già ministro con Mario Monti. Confermata la nomina all’Economia di Daniele Franco, direttore generale di Bankitalia e fedelissimo di Draghi. In quota “tecnica” è pure una delle ministre riconfermate del passato governo: Luciana Lamorgese rimane a guidare il Viminale come fa nel 2019. All’epoca la scelta era stata di spoliticizzare il Viminale dopo l’ingombrante presenza di Matteo Salvini. Adesso la Lega governerà con la ministra che ha tanto attaccato in questi mesi.

La politica: tra conferme e new entry (e poche donne) – Poi ci sono i politici. Quelli confermati dal governo Conte 2 sono per il M5s Luigi Di Maio, che resta agli Esteri, Federico D’Incà, ai Rapporti per il Parlamento, Fabiana Dadone, che invece trasloca: lascia la Pubblica amministrazione e va alle Politiche giovanili. Cambia ministero pure Stefano Patuanelli, di professione ingegnere: lascia lo Sviluppo economico e va all’Agricoltura. Il Pd conferma Dario Franceschini alla Cultura – dal quale viene scorporato il Turismo – e Lorenzo Guerini alla Difesa. Entra al governo, al ministero del Lavoro, Andrea Orlando: per l’attuale vicesegretario del Pd è la terza volta da ministro dopo i precedenti all’Ambiente e alla Giustizia. Leu ottiene la conferma di Roberto Speranza alla Salute, mentre Italia viva, che aveva provocato la crisi facendo dimettere i suoi ministri, riporta di nuovo alle Pari opportunità Elena Bonetti: dopo meno di un mese, quindi, la renziana torna a sedersi sulla poltrona lasciata in polemica col governo Conte. Poi ci sono gli altri partiti, quelli che sono passati dall’opposizione alla maggioranza. La Lega di Salvini torna al governo e piazza Giancarlo Giorgetti, già sottosegretario del governo gialloverde, allo Sviluppo Economico. Erika Stefani, ministro degli Affari regionali del governo Conte 1, si siede sulla poltrona di ministra delle Disabilità, un dicastero creato dopo espressa richiesta di Salvini. Massimo Garavaglia, viceministro dell’Economia del governo gialloverde, torna al vertice del ricostituito ministero del Turismo. Anche per Forza Italia tre poltrone e tutte a tre a ex ministri, che però non fanno parte di un esecutivo dai tempi di Silvio Berlusconi: dopo le roventi polemiche del 2008/2011 Renato Brunetta si riprende l’incarico al vertice della Pubblica amministrazione. Mara Carfagna – già titolare delle Pari Opportunità – ottiene il Sud e la Coesione sociale, Mariastella Gelmini, contestatissima ministra dell’Istruzione di Berlusconi, va invece agli Affari regionali. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio sarà Roberto Garofoli, già capo di gabinetto del ministero dell’Economia che si dimise nel dicembre del 2018 in polemica con il Movimento 5 stelle.

Un governo del Nord – E se a livello politico Draghi ha stilato la sua lista seguendo il Cencelli, a livello geografico è andata diversamente. A prevalere nel nuovo governo è soprattutto il nord d’Italia, con una schiacciante maggioranza di 9 lombardi (Cartabia, Guerini, Giorgetti, Cingolani, Messa, Colao, Gelmini, Bonetti, Garavaglia). Il quadro delle regioni settentrionali si completa con una piemontese (Dadone), un ligure (Orlando), un friulano (Patuanelli), quattro veneti (Brunetta, Stefani, Franco e D’Inca, questi ultimi due originari di Belluno) e due emiliani (Franceschini e Bianchi, entrambi di Ferrara).Il centro Italia vede un laziale (Giovannini) e per il Sud quattro ministri: due campani (Di Maio, Carfagna) e due lucani (Speranza e Lamorgese, entrambi nati a Potenza).

Ecco la lista dei ministri del governo Draghi:

MINISTRI SENZA PORTAFOGLIO.

Sottosegretario alla Presidenza del consiglio: Roberto Garofoli

Ministro per i Rapporti con il Parlamento: Federico D’Incà (M5s)

Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale: Vittorio Colao (Tecnico)

Ministro per la Pubblica Amministrazione: Renato Brunetta (Forza Italia)

Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie: Mariastella Gelmini (Forza Italia)

Ministro per il Sud e la Coesione territoriale: Mara Carfagna (Forza Italia)

Ministro per le Politiche giovanili: Fabiana Dadone (M5s)

Ministro per le Pari opportunità e Famiglia: Elena Bonetti (Italia viva)

Ministero per le Disabilità: Erika Stefani (Lega)

MINISTERI COL PORTAFOGLIO

Ministero del Turismo: Massimo Garavaglia (Lega)

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: Luigi Di Maio (M5s)

Ministero dell’Interno: Luciana Lamorgese (Tecnica)

Ministero della Giustizia: Marta Cartabia (Tecnica)

Ministero della Difesa: Lorenzo Guerini (Pd)

Ministero dell’Economia e delle Finanze: Daniele Franco (Tecnico)

Ministero dello Sviluppo Economico: Giancarlo Giorgetti (Lega)

Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: Stefano Patuanelli (M5s)

Ministero per la Transizione Ecologica: Roberto Cingolani (Tecnico)

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: Enrico Giovannini (Tecnico)

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: Andrea Orlando (Pd)

Ministero dell’Istruzione: Patrizio Bianchi (Tecnico)

Ministero dell’Università e della Ricerca: Cristina Messa (Tecnica)

Ministero della Cultura: Dario Franceschini (Pd)

Ministero della Salute: Roberto Speranza (Leu)

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/12/draghi-ecco-i-ministri-15-politici-e-8-tecnici-quattro-del-m5s-3-di-fi-pd-lega-uno-per-iv-e-leu-il-governo-dei-competenti-con-il-manuale-cencelli-le-novita-cingolani-e-colao-a-ecologia/6098994/

Governo Draghi: ecco la lista dei ministri.

 

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli.

Sono otto, su un totale di ventitre, le donne ministro del governo Draghi, mentre gli uomini sono quindici.

La compagine 'rosa' del governo è composta da Marta Cartabia, Luciana Lamorgese, Mariastella Gelmini, Mara Carfagna, Fabiana Dadone, Elena Bonetti, Erika Stefani e Cristina Messa.

Gli uomini sono Dario Franceschini, Andrea Orlando, Federico D'Incà, Vittorio Colao, Renato Brunetta, Massimo Garavaglia, Luigi Di Maio, Lorenzo Guerini, Daniele Franco, Giancarlo Giorgetti, Stefano Patuanelli, Roberto Cingolani, Enrico Giovannini, Patrizio Bianchi e Roberto Speranza.

Ecco tutti i ministri del governo Draghi: 

1) Daniele Franco all'Economia

2) Giancarlo Giorgetti ministro Sviluppo economico

3) Roberto Speranza alla Salute

4) Cingolani all'Ambiente Transizione ecologica

5) Luigi Di Maio ministro degli Esteri 

6) Marta Cartabia alla Giustizia

7) Renato Brunetta alla Pubblica Amministrazione 

8) Andrea Orlando al Lavoro

9) Luciana Lamorgese agli Interni 

10) Erika Stefani alle Disabilità

11) Vittorio Colao all'Innovazione tecnologica

12) Patrizio Bianchi all'Istruzione

13) Dario Franceschini alla Cultura

14) Federico D'Incà ai Rapporti con il Parlamento

15) Massimo Garavaglia al Turismo

16) Elena Bonetti pari Opportunità

17) Mara Carfagna ministro al Sud e Coesione 

18) Lorenzo Guerini alla Difesa

19) Maria Stella Gelmini alle Autonomie

20) Dadone alle Politiche Giovanili

21) Stefano Patuanelli all'Agricoltura

22) Enrico Giovannini alle Infrastrutture

23) Cristina Messa all'Università 

https://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/2021/02/12/governo-ecco-la-lista-dei-ministri_dacbfa1b-cad7-49a8-91a1-82b761c511e6.html

venerdì 12 febbraio 2021

Matteo Renzi e Denis Verdini a processo lo stesso giorno davanti alla Corte dei Conti. Stesso reato (danno erariale) ma fatti diversi.

Le udienze si terranno in videoconferenza per l'emergenza coronavirus. Le accuse all'ex premier riguardano la scelta di due collaboratori non laureati per il suo staff, nel 2009. L'ex senatore di Forza Italia, attualmente ai domiciliari, invece a processo per la truffa legata ai finanziamenti ricevuti dalla Società Editoriale Toscana.

Di nuovo insieme ma stavolta la politica non c’entra. Matteo Renzi e Denis Verdini saranno a processo lo stesso giorno davanti alla Corte dei Conti. Il 24 febbraio prossimo il fondatore d’Italia viva e l’ex leader di Ala compariranno davanti ai magistrati contabili che li accusano di danno erariale. A riportare la notizia sono la Nazione e l’edizione fiorentina di Repubblica, che spiega come Renzi e Verdini siano accusati dello stesso reato ma per fatti completamente diversi. I due, tra l’altro, non si incontreranno visto che entrambe le udienze saranno tenute in videoconferenza a causa dell’emergenza coronavirus. Le accuse per Renzi riguardano la scelta di due collaboratori non laureati per il suo staff, nel 2009, quando era sindaco di Firenze, circostanza di cui sono chiamati a rispondere anche due dirigenti di Palazzo Vecchio. Il danno contestato dalla procura contabile è di 69mila euro.

Verdini, invece, è a processo per la truffa legata ai finanziamenti ricevuti dalla Società Editoriale Toscana (Ste), che pubblicava Il Giornale della Toscana. Durante le indagini, la Procura della Corte dei Conti aveva disposto un sequestro conservativo a carico dell’ex senatore di Forza Italia e dell’ex deputato Massimo Parisi fino a un valore di 9 milioni e 100mila euro, pari ai contributi pubblici per l’editoria “ottenuti non avendone diritti”. Il padre della compagna di Matteo Salvini si trova attualmente agli arresti domiciliari nella sua villa di Pian del Giullari, ottenuti nei giorni scorsi dopo che il tribunale del Riesame lo aveva considerato “soggetto particolarmente vulnerabile al contagio da Covid 19″ e “occorre tutelare in via provvisoria la sua salute“.

Da novembre si trovava nel carcere di Rebibbia dopo la condanna in via definitiva a sei anni e mezzo per il crac del Credito cooperativo fiorentino. Durante la detenzione Verdini ha ricevuto le visite di di parlamentari, come aveva raccontato ilfattoquotidiano.it: lo stesso SalviniMatteo RenziLuca Lotti e tanti ex compagni di centrodestra. E poi il “re delle cliniche romane” Antonio Angelucci, Ignazio Larussa e Daniela Santanché, fino a Maurizio Lupi e Renata Polverini. Proprio per sostenere il governo di Renzi, nel 2014 Verdini uscì da Forza Italia fondando Ala, un suo gruppo parlamentare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/12/matteo-renzi-e-denis-verdini-a-processo-lo-stesso-giorno-davanti-alla-corte-dei-conti-stesso-reato-danno-erariale-ma-fatti-diversi/6099250/

Provo a capire ...

 

Mi sforzo di comprendere i motivi della reazione di Di Battista e di chi lo segue, ma non riesco a capire.
Di Battista, duro e puro, non vuole Draghi al governo, e non vuole trovarsi al tavolo con Berlusconi, Salvini, e Renzi... quindi, in contrasto con la vittoria dei Si per l'adesione all'eventuale governo Draghi, lascia il movimento dal quale non si sente più rappresentato...
Ma non lo aveva già abbandonato quando decise di vivere la sua vita dichiarando che non si sarebbe più candidato alle successive elezioni politiche in Parlamento?
Infine, non ha pensato che votando no al governo Draghi avremmo lasciato il governo nelle mani di Draghi, Berlusconi, Salvini e Renzi e che, pertanto, l'avremmo data vinta a chi voleva fuori dal governo il movimento che aveva stravinto le elezioni?
Quando si decide di entrare a far parte della politica, purtroppo, - specialmente in ambienti come il nostro, corrotto, alla mercé di spudorati yes man asserviti al potere economico e mafioso, succubi di una legge elettorale illogica, definita dagli stessi che l'hanno approvata "legge porcata" - bisogna aguzzare l'ingegno, adeguarsi ai tempi e adottare anche decisioni sgradevoli come quella di sedersi la tavolo con degli aguzzini, avendo come unico scopo portare a termine il mandato ricevuto, quello di governare il paese nel migliore dei modi, con onore.
Gli eccessi di egocentrismo, di protagonismo lasciamoli agli altri, occupiamoci di raggiungere, ad ogni costo, senza ma e senza se, gli obiettivi che sono il cardine che ha dato vita ed esistenza al movimento, a cominciare dalla salvaguardia dell'ambiente e continuando con tutti quelli che sono i punti principali del programma.
A tale proposito vi faccio notare che solo il m5s ha portato a termine almeno una parte del programma promesso, una piccola parte, lo ammetto, ma con tanta fatica, enorme fatica, perché avevamo tutta la stampa, la politica e i mass media contro,
Poi è arrivato un piccolo ed insulso yesman che, al soldo di tattici strateghi ha cancellato, con un colpo di spugna, il lavoro fatto.
Avete ancora voglia di comprendere Di Battista? Io no, non me ne preoccupo, sa badare a se stesso e gli auguro tutto il bene possibile.
Avete ancora voglia di riconsegnare il paese nelle mani di chi lo ha distrutto fino ad ora?

IO NO!!!!!

cetta.