sabato 26 marzo 2022

Gaetano Fuardo, il siciliano che inventò la benzina solida e rischiò di cambiare la storia. - Samuele Schirò

 

Il nome di Gaetano Fuardo e della sua benzina solida avrebbe potuto essere presente in tutti i libri di storia del ‘900, eppure oggi pochi lo ricordano.
In un’Europa interessata dai grandi conflitti che ne hanno segnato il profilo, l’invenzione di un carburante solido, non infiammabile e facile da conservare e trasportare, ha natualmente attirato l’interesse di molti governi, ma anche dei servizi segreti di molti paesi, che hanno fatto di tutto per sabotarne la realizzazione, pur di non lasciarla nelle mani sbagliate.

Iniziamo il racconto di questo grande inventore siciliano e della sua Benzina F (dall’iniziale del suo cognome), partendo da una citazione dello stesso Fuardo:

«La mia benzina renderà inutili le petroliere, il costo di trasporto diminuirà enormemente perché qualsiasi nave potrà caricare la benzina F nelle sue stive senza pericoli o danni. I mari non verranno più inquinati. Gli incendi verranno evitati e così gli scoppi e cento altre disgrazie provocate dal petrolio o dalla benzina».

La storia di Gaetano Fuardo, tra scienza e spionaggio.

Gaetano Fuardo

Gaetano Fuardo è nato a Piazza Armerina nel 1878 da una famiglia di speziali (gli antenati dei moderni farmacisti), professione che lui stesso intraprese in giovane età, appassionandosi ai composti e alla chimica.
Dopo la morte dei suoi genitori visse con uno zio benestante, che alla sua morte gli lasciò una discreta somma in eredità, denaro che utilizzò per trasferirsi a Milano e conseguire la laurea in ingegneria chimica al Politecnico.
Proprio durante i suoi studi sviluppò l’idea a cui avrebbe dedicato tutta la sua vita, la creazione di un carburante solido, non infiammabile e non inquinante. La Benzina F.

Naturalmente un prodotto del genere non si può realizzare nella propria cucina in un pomeriggio. A Gaetano occorreva il supporto di una grande industria chimica che gli fornisse tutti gli strumenti necessari a realizzare la sua visione. La trovò in Francia, dove si stabilì nel 1920 per lavorare al suo progetto, che si concluse con successo, nel 1935.
La Benzina F era realtà, ma questo era solo l’inizio di una complessa vicenda che avrebbe coinvolto i servizi segreti di mezza Europa, scatenando una guerra di spionaggio degna di una saga alla 007.

L’Inghilterra fu la prima nazione a farsi avanti per ottenere la concessione esclusiva del brevetto. Lo scienziato si trasferì a Londra dove il governo inglese avviò subito le trattative. Forse a causa di una divergenza di vedute (il siciliano sognava un prodotto che migliorasse la vita delle persone, mentre il Regno Unito intendeva utilizzarlo per usi esplicitamente militari) l’accordo non si trovò, ma quando Fuardo tentò di tornare in Italia, gli fu negato il permesso di lasciare il paese.
L’invenzione era troppo importante dal punto di vista bellico, se l’Inghilterra non poteva averla nessun altro avrebbe dovuto metterci sopra le mani.

Vista la situazione Gaetano Fuardo decise di rivolgersi all’ambasciata italiana che tramite il S.I.M. (Servizio Informazioni Militare), inscenò un rapimento per prelevare lo scienziato da Londra e trasferirlo nei Paesi Bassi. Nel frattempo la notizia di questa prodigiosa invenzione era giunta sino ad Hitler, che volle assolutamente produrla per includerla nei suoi piani di ricostruzione di un grande impero tedesco.
Intercettato lo scenziato, con il benestare del governo italiano, gli fu offerta la possibilità di produrre la sua Benzina F su larga scala ad uso esclusivo dell’esercito tedesco.
Forse costretto dalle minacce dei nazisti, o forse dai morsi della fame (in mancanza di denaro era stato costretto a vendere tutto, inclusa la tomba della moglie) Fuardo stavolta accettò la proposta e il Führer gli mise a disposizione un intero stabilimento industriale a Düsseldorf.

Dopo una lunga fase di studio la produzione della benzina solida iniziò nel 1944, ma la cosa non durò a lungo.
Il ritorno sulla scena di questa incredibile quanto strategicamente pericolosa invenzione, mise subito in allerta i servizi segreti inglesi, che già lavoravano sul caso. Nel giro di pochi giorni dall’inizio della produzione, un attacco aereo mirato della RAF rase al suolo la fabbrica ed interruppe nuovamente il lavoro di Fuardo.

Dopo la guerra.

Al termine della guerra lo scienziato siciliano decise di riprovare a coronare il suo sogno, ovvero quello di produrre la benzina solida per usi civili, quindi decise di tornare in Italia e rivolgersi alla FIAT. L’azienda torinese, dopo un iniziale interesse, si rese conto che un cambio di carburante sarebbe costato molto in termini di modifiche ai veicoli e ai sistemi di distribuzione, pertanto accantonò l’idea e Fuardo, scosso dall’ennesima delusione, si rivolse ancora alla Francia, dove trovò nuovamente sostegno.
I transalpini infatti erano impegnati nella Guerra d’Indocina e, ormai consapevoli del potenziale di questa invenzione che aveva incantato persino Hitler, il 17 giugno 1952 decisero di stipulare un contratto per la produzione massiva di benzina solida.

Qualche tempo dopo, nonostante la Benzina F fosse già stata usata con successo dall’esercito francese nella battaglia di Dien Bien Phu, il governo decise di interrompere bruscamente la fornitura. Pochi giorni dopo Fuardo fu aggredito e pestato da sconosciuti che gli rubarono parte della sua preziosa documentazione e lo costrinsero ad un lungo ricovero in ospedale per riprendersi dalle percosse.

Lo scienziato fece una causa milionaria alla Francia, tuttavia la giustizia ebbe tempi lunghi e il processo si concluse solo dopo la sua morte, avvenuta a Roma nel 1962, in estrema povertà. I suoi eredi ricevettero in seguito un indennizzo di 1 miliardo di franchi, che oggi equivarrebbero a circa 152,5 milioni di euro.

Cosa è la benzina solida.

La benzina solida ininfiammabile, brevettata con il nome di Benzina F, è un carburante trattato chimicamente in modo da assumere una forma solida dall’aspetto spugnoso. Questo nuovo composto ha la caratteristica di essere resistente al fuoco e all’acqua, quindi molto più sicuro da trasportare. Date le sue caratteristiche, Fuardo aveva calcolato un taglio netto dei costi di trasporto, visto che poteva essere facilmente stoccata su qualsiasi mezzo, senza richiedere l’uso di cisterne e petroliere. Durante la stessa battaglia di Dien Bien Phu, l’unica in cui sia stata ufficialmente utilizzata, la Benzina F fu trasportata in comuni sacchi di iuta e paracadutata sul luogo in cui l’esercito francese era asserragliato.

Se disperso in mare il carburante galleggia mantenendo la sua forma, quindi non inquina l’ambiente, può essere conservato anche in casa in un qualsiasi contenitore e si utilizza riconvertendolo in forma liquida, tramite un apposito macchinario inventato dallo stesso Fuardo.

L’idea di rimettere la Benzina F in produzione è stata riconsiderata più volte nel corso degli anni, ma è evidente come un simile prodotto possa influenzare gli equilibri e le economie internazionali, andando a minare degli interessi diffusi su scala mondiale che costarono molto anche allo stesso Gaetano Fuardo, un siciliano la cui intuizione geniale rischiò di cambiare il mondo e che meriterebbe di essere ricordato ancora oggi.

https://www.palermoviva.it/gaetano-fuardo-il-siciliano-che-invento-la-benzina-solida/?fbclid=IwAR1okuq5Kctg9ZReqsrb4Xyys79akkNkaihoq5pG74SDtguPTk48sYVEYCs

Tank show. - Marco Travaglio

 

Gustavo Zagrebelsky cita spesso un aforisma contro la guerra attribuito a Karl Kraus: “Quando squillano le trombe, si fanno avanti le trombette”. Il che spiega il titolo del Corriere sul no di Conte al quasi raddoppio delle spese militari: “Escalation anti armi del capo M5S” (a saperlo, Orwell l’avrebbe aggiunto agli slogan della neolingua del Ministero della Verità: “La guerra è pace”, “La libertà è schiavitù”, “L’ignoranza è forza”). Ma spiega anche la presenza nei talk di Nathalie Tocci, che l’altra sera a Piazzapulita linciava Alessandro Orsini mentre Fu(r)bini e Calabresi lo tenevano fermo. Testuale: “Orsini non ha mai messo piede in Russia, non ha amici né colleghi russi, quindi non so perché parli di Russia”. Direttrice dello Iai (fondato dall’incolpevole Altiero Spinelli, che non ebbe la prontezza di portarselo nella tomba) e Cda dell’Eni, esperta di Russia e Ucraina perché c’è stata o ha amici in loco (probabilmente benzinai), la signora parlava “in veste di ricercatrice” (dell’Eni, il che fa di lei la meno titolata per parlare e sgasare di Russia). Infatti ha spalancato alla ricerca scientifica nuove frontiere inesplorate, abolendo la storia, la storia della letteratura e dell’arte, ma anche l’astrofisica. Come si permette un Canfora di scrivere biografie di Giulio Cesare senz’averlo mai conosciuto? E di che cazzo parlano tutti questi dantisti fuori tempo massimo se con l’Alighieri non hanno preso neppure un caffè (anche perché nei bar di Firenze non era ancora arrivato)? Per non dire del Papa, che parla di Dio senz’averlo mai visto neppure in cartolina, anche se molti vorrebbero anticipargli l’incontro.

All’ovvia obiezione di Orsini che, allora, nessuno può parlare di Napoleone o di guerre mondiali (e, a maggior ragione, puniche), la ricercatrice per insufficienza di prove ha risposto che infatti lei non parla di Napoleone né di guerre mondiali, dimostrando di non aver afferrato il concetto (ma lo sta ricercando). Dunque si confronterà sulla Russia solo con tour operator, oligarchi, fotomodelle, piloti, steward e hostess della rotta Roma-Mosca. Senza dimenticare B., Salvini e Savoini. Non vediamo l’ora di un bel talk (anzi tank) show per soli competenti: cioè la Tocci con Al Bano e Romina, Toto Cutugno, Pupo e la Muti, che in Russia erano di casa, la qual cosa fa di loro automaticamente degli esperti di geopolitica. Orsini invece no, anche se fu tra i primi (insieme a Giulietto Chiesa) a prevedere l’invasione russa in Ucraina già nel 2018 e, da putiniano doc, raccomandò all’Occidente di mantenere le sanzioni a Putin. Un altro grande umorista, non avendo fatto in tempo a conoscere la Tocci, disse che nessuno dovrebbe parlare di ippica se non è un cavallo. Ma per gli asini avrebbe fatto senz’altro un’eccezione.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/26/tank-show/6538063/

giovedì 24 marzo 2022

Il suicidio dell’Europa, le armi e il suo silenzio. - Donatella Di Cesare


Con questo articolo Donatella Di Cesare, professoressa di Filosofia teoretica all’Università La Sapienza di Roma, inizia a collaborare con il “Fatto”.

La parola Occidente, in questi giorni così spesso evocata, ha un significato articolato nelle diverse epoche. Non indica un sistema di valori, una forma politica, un modo di vivere. Occidente è l’orizzonte a cui guardavano i greci: la costa italiana, il continente europeo, una futura epoca nella storia del mondo. Nel periodo tra le due guerre mondiali i filosofi hanno pensato il destino dell’Occidente non come un tramonto, bensì come un passaggio: nel buio della notte europea non c’era solo morte e distruzione, ma anche la possibilità di salvezza. L’Occidente era l’Europa, l’Europa era l’Occidente. In questa prospettiva, che oggi – con un giusto accento critico – si direbbe eurocentrica, ciò che era oltre l’Atlantico, Inghilterra compresa, non era occidentale.

Dopo il 1945, il baricentro della Storia passa dal continente europeo a quello americano. Anche la parola “Occidente” cambia significato designando l’American Way of Life, lo stile di vita americano e tutto ciò che, tra valori e disvalori, porta con sé. L’Europa si uniforma, più o meno a malincuore. Se non altro per non perdere il nesso con l’Occidente di cui è stata sempre il cardine.

Quel che avviene in questi gravissimi giorni, dietro il millantato nuovo scontro di civiltà, è un’autocancellazione dell’Europa, che rinuncia a se stessa, alla propria memoria, ai propri compiti. Il 2022 segna l’ulteriore, definitivo spostamento, l’apertura di una faglia nella storia del Vecchio continente. L’Europa tace, sovrastata dai tamburi di guerra dell’Occidente atlantico, a cui sembra del tutto abdicare. L’algida figura di Ursula von der Leyen, questa singolare, inquietante comparsa, che spunta di tanto in tanto per annunciare “nuove sanzioni alla Russia”, compendia bene in sé un’Europa cerea e spenta, incapace di far fronte a una crisi annunciata. Possibile che dal 2014 non si sia operato per evitare il peggio? Possibile che tra dicembre e febbraio non esistesse un margine per impedire l’invasione? Possibile vietarsi l’autorità di mediare per la pace? Si tratta di una vera e propria catena di errori politici imperdonabili, di cui i cittadini europei dovranno nel futuro prossimo chiedere conto a chi ora ha ruoli decisionali. Come se non bastasse, il silenzio fatale dell’Europa è squarciato dalle sguaiate provocazioni di Boris Johnson, il promotore della Brexit, e dalle temerarie parole di John Biden, forse uno dei peggiori presidenti americani.

Il suicidio dell’Europa è sotto gli occhi di tutti. Ed è ciò che ci angoscia e ci preoccupa. Perché riguarda il futuro nostro e quello delle nuove generazioni. D’un tratto non si parla più di Next Generation Eu – nessun cenno a educazione, cultura, ricerca. All’ordine del giorno sono solo le armi. C’è chi applaude a questo, inneggiando a una fantomatica “compattezza” dell’Europa. Quale compattezza? Quella di un’Europa bellicistica, armi un pugno? Per di più ogni Paese per sé, con la Germania in testa? Non è questa certo l’Europa a cui aspiravamo. In molti abbiamo confidato nelle capacità dell’Unione, che aveva resistito alle spinte delle destre sovraniste e che sembrava uscire dalla pandemia più consapevole e soprattutto più solidale. Mai avremmo immaginato questa deriva. La faglia che si è aperta nel vecchio continente, in cui rischia di precipitare il sogno degli europeisti, è anche la rottura del legame che i due Paesi storicamente più significativi, la Germania e l’Italia, hanno intessuto con la Russia. Chi si accontenta di ripetere il refrain “c’è un aggressore e un aggredito”, ciò che tutti riconosciamo, non si interroga sulle cause e non guarda agli effetti di questa guerra. C’è una Russia europea oltre che europeista. Nella sua storia la Russia è stata sempre combattuta tra la tentazione di avvicinarsi al modello occidentale e il desiderio di volgersi invece a Est con una ostinata slavofilia, testimoniata, peraltro, nell’opera di Dostoevskij. Durante la Rivoluzione bolscevica prevalse l’apertura per via dell’internazionalismo. Se Stalin cambiò rotta, la fine dell’impero sovietico segnò il vero punto di svolta. In quella situazione caotica andò emergendo la corrente nazionalistica che aveva covato sotto la cenere. Putin è il portato sia di questo nazionalismo, fomentato anche dal pensatore dei sovranisti Aleksandr Gel’evič Dugin, sia di una frustrata occidentalizzazione. Ma a chi gioverà una Russia isolata, ripiegata su di sé, rinviata a orizzonti asiatici?

In un’immagine suggestiva che ricorre in Nietzsche, in Valéry, in Derrida, l’Europa appare un piccolo promontorio, un capo, una penisola del continente asiatico. Nessuno ha mai potuto stabilire dove sia il suo confine a Est. Ma certo ha sempre avuto il ruolo di testa, di cervello di un grande corpo. È stata il lume, la perla preziosa. Ci chiediamo dove sia finita.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/24/il-suicidio-delleuropa-le-armi-e-il-suo-silenzio/6535587/?fbclid=IwAR1dzZzIMhGm9a5o8saPFTeROmfSkGea794GNiBG-C3HK5c4XmgfPSr8-Dg

mercoledì 23 marzo 2022

Le spie dal semifreddo. - Marco Travaglio










Sulle migliori gazzette va fortissimo una deduzione: siccome i russi hanno invaso l’Ucraina, la loro missione sanitaria in Italia dal 22.3. 2020 per aiutarci contro il Covid era spionaggio. I Servizi e il Copasir hanno già smentito tutto, ma ai Le Carré de noantri non la si fa. Il capomissione russo -rivela il Corriere- voleva “entrare negli uffici pubblici e sanificare il territorio”. Se l’avesse fatto un mese prima l’Asl di Alzano al primo focolaio, ci saremmo risparmiati centinaia di morti. Comunque “gli italiani negarono il via libera” e i russi dovettero accontentarsi di “ospedali e Rsa”, forse per spiare le scollature delle infermiere. Poi però “sanificarono molte strade”, per carpire i segreti dei paracarri e riferirli a Mosca in codice cifrato. Repubblica non ha dubbi: “l’obiettivo non era aiutare gli italiani”, come si potrebbe arguire dai 32 medici, 51 bonificatori, 110 mila tamponi, 521.800 mascherine e 30 ventilatori polmonari offerti alla povera sanità lombarda (era in mano a Fontana e Gallera), mentre Ue e Usa dormivano. Era “un’operazione di intelligence” per “acquisire tutte le informazioni sul virus e i metodi per contrastarlo”. Purtroppo sui metodi si brancolava nel buio con gli antinfluenzali. E le formidabili “informazioni sul virus” non è ben chiaro perché venissero a cercarle a Bergamo, visto che il Covid dilagava pure in Russia. Ai segugi di Rep e Corriere basterebbe leggere i loro giornali. “Con 306 casi e nessun morto su 145 milioni di abitanti, la Russia ha uno dei tassi di contagi più bassi al mondo… ‘Bugie spudorate’, sbotta Anastasija Vasilyeva, capo del sindacato Alleanza dei medici… In un anno l’Istituto statistico ha registrato +37% dei casi di ‘polmonite acquisita in comunità’ (Pac). ‘Le autorità sovrappongono Pac a Coronavirus per evitare il panico. Ai medici è vietato di diagnosticare il coronavirus, pena il licenziamento’” (Rep, 22.3.’20).

Forse gli spioni cercavano la variante bergamasca del Covid, utilissima per combattere quella russa. O forse -insinua la Stampa- Putin voleva “incunearsi anche fisicamente nel teatro italiano” (probabilmente l’Ambra Jovinelli). Il Foglio aggiunge orrore all’orrore: la Bellanova “non fu coinvolta” da Conte e Guerini, sennò avrebbe sgamato la cosa, con l’astuzia contadina tipica degli ex braccianti. La Stampa ricorda che altre quinte colonne di Putin subornate da Conte (Zingaretti, D’Amato e lo Spallanzani) volevano “adottare il vaccino Sputnik in Italia”. E non erano sole: “Parigi e Berlino, vertice con Putin: ‘Pronti a collaborare su Sputnik’” (Stampa, 1.4.’21). Quindi Conte governava anche Francia e Germania. Si attende ad horas lo sviluppo più agghiacciante della spy story: i russi della missione russa parlavano russo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/23/le-spie-dal-semifreddo/6534415/

Il negoziato con la “schiuma della terra”. - Antonio Padellaro

 

“La schiuma della terra”: quando lunedì sera, a Otto e Mezzo, Massimo Giannini (sempre assai misurato e mai impulsivo nelle analisi) ha usato questa espressione piuttosto forte, per saperne di più ho cercato su Wikipedia (causa mia approssimativa cultura di base). E ho trovato il titolo del libro autobiografico di Arthur Koestler sul disastro umanitario alla vigilia della Seconda guerra mondiale nella Francia dominata dal caos e dall’impreparazione militare. C’era anche una citazione di Hannah Arendt a proposito dei rifugiati privi dei diritti umani garantiti dalla cittadinanza.

Poi, dopo le declinazioni di schiuma applicata a fenomeni ambientali non particolarmente attraenti, alla voce sinonimi ho letto che schiuma della terra si può anche intendere come rifiuti umani. Effettivamente il direttore della Stampa stava parlando di coloro che nel Parlamento italiano annunciavano di non voler presenziare al discorso di Zelensky. Ovvero, “quel che resta della schiuma della terra gialloverde”, la “faglia” dove il putinismo può “incunearsi” rappresentata dalle “anime morte” di Lega e 5Stelle (qui ho pensato, questo lo so è Gogol).

Ancora scosso dalla presenza di tali inammissibili scorie del politicume ho trovato rifugio in un articolo su Repubblica il cui titolo mi è sembrato come un antidoto alla schiuma di cui sopra: “Libere idee in libero dibattito”, di Luca Ricolfi. Di cui citerò le ultime righe: “La pietà, la solidarietà per le vittime non dovrebbero mai essere scalfite dalla ricostruzione dei torti e delle ragioni delle parti in gioco che – nella storia – sono sempre entità collettive, ovvero partiti, nazioni, imperi, potenze che agiscono sopra le teste della gente comune”.

Eccola finalmente la famosa gente comune che non viene mai interpellata, prevista, considerata e che desidera unicamente l’inizio di una trattativa di pace. Quando, cioè, ci si dovrà sedere, per forza, allo stesso tavolo con il “dittatore assassino e criminale di guerra”(Biden) e con la schiuma della terra.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/23/il-negoziato-con-la-schiuma-della-terra/6534455/

lunedì 21 marzo 2022

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

Loro Piana, noi pirla. “Loro Piana: ‘Imbarazzati per la nostra giacca da 12mila euro indossata da Putin’” (Repubblica, 19.3). Pensavano che la comprassero solo gli operai metalmeccanici.

Pussy Riott vende moda. “Putin ha parlato in pubblico dopo tempo, maglione dolce vita bianco da cinepanettone” (Gianni Riotta, Repubblica, 19.3). Col caldo che fa a Mosca, si aspettava come minimo canotta e infradito.

Ascolta, si fa Pera. “Dobbiamo prevenire la guerra. Anche con il dispiegamento di armi” (Marcello Pera, Foglio, 17.3). E prevenire la puzza, anche scoreggiando.

Il petomane. “Quando ha dato del criminale di guerra a Putin, il presidente Biden stava parlando dal suo cuore” (Jen Psaki, portavoce della Casa Bianca, 18.3). Sicura che fosse il cuore?

TgPravda. “Su questi scalini Odessa si ribellò ai bolscevichi nel 1905” (Tg1, sulle immagini de La corazzata Potemkin, 12.3). Purtroppo i bolscevichi presero il potere nel 1917, mentre nel 1905 Odessa si ribellò allo zar Nicola II incitata dal leader rivoluzionario Lenin, e i ribelli furono massacrati non dai bolscevichi, ma dagli zaristi.

Par condicio. “Dopo Zelensky, mi piacerebbe che alla Camera parlasse anche Putin” (Nicola Grimaldi, deputato M5S, 18.3). Seguirà, in Antimafia, la lectio magistralis di Matteo Messina Denaro.

Il nuovo Merkel. “L’asse Draghi-Rutte” (Foglio, 17.3). “Draghi è tornato sempre più centrale” (Foglio, 19.3). I nuovi obiettivi di Draghi e la Ue”, “Draghi ha appena incontrato i colleghi di Spagna, Portogallo e Grecia allo scopo di rafforzare l’unità d’azione dei Paesi mediterranei” (Stefano Folli, Repubblica, 19.3). “Draghi, asse con Sànchez e Costa” (Corriere della sera, 19.3). Accipicchia, e poi dicono che non conta niente.

La Recalcàzzola. “La sinistra ideologica e populista – quella che Manconi ha definito ‘sinistra autoritaria’ – che non si schiera apertamente a fianco del popolo ucraino, invocando la retorica del ‘né né’, perde l’occasione per mostrare la sua adesione alla democrazia contro ogni forma di dittatura, ivi compresa quella del popolo che, come sappiamo, è purtroppo una matrice archetipica” (Massimo Recalcati, Repubblica, 19.3). Come fosse antani con scappellamento a sinistra per quattro.

Autobombe. “Civili uccisi a Donetsk. Missile sul Donbass fa più di 25 morti. Non è chiaro chi abbia sparato” (Repubblica, 16.3). Probabile che i russi si bombardino da soli.

Betullate. “I nostri 007 si informano sui giornali” (Renato Farina, Libero, 14.3). Bei tempi quando giornalisti e 007 coincidevano.

Caffè corretto grappa. “Il professor Orsini… la vera star del Pacinarcisismo… sembra posseduto da una sorta di timor panico nei confronti di Putin… La mia speranza rimane che un giorno a Mosca un omologo del professore possa dire in un talk show che i russi fanno schifo come gli occidentali. Significherebbe che anche lì è arrivata la libertà” (Massimo Gramellini, “Il Caffè”, Corriere della sera, 19.3). Come in Italia, dove Orsini viene censurato dalla Luiss e dal Messaggero e Innaro dalla Rai per aver detto la loro sull’Ucraina, mentre i Gramellini, eroicamente silenti sui crimini dell’Occidente in Serbia, Afghanistan, Iraq e Libia, vengono puniti con programmi Rai e prime pagine del Corriere.

Noi chi? “Diamo più armi a Kiev e ci rafforziamo a Est” (Jens Stoltenberg, segretario generale Nato, Corriere della sera, 17.3). Fortuna che ogni tanto confessano.

Saldi e ribassi. “Berlusconi avverte il premier: ‘Leali ma niente sconti sul fisco’” (Giornale, 19.3). A parte quelli che si fa già lui da solo.

Bertoldo. “Palamara ricusa i suoi giudici: ‘Incompatibili, sono dell’Anm’” (Giornale, 16.3). Lui si fa processare solo da giudici iscritti alla Fiom.

Falsini. “Renoldi al Dap porterà la Carta Costituzionale dentro le nostre carceri” (Walter Verini, deputato Pd, Dubbio, 19.3). Quindi i governi Prodi, Draghi, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte2 e Draghi – guidati o sostenuti dal Pd da quando esiste – l’avevano cancellata.

Fiandaca Maxima. “Renoldi scelta eccellente. L’antimafia dura e pura è contro la Costituzione” (Giovanni Fiandaca, Dubbio, 16.3). Meglio l’antimafia molle e zozza.

I titoli della settimana/1. “Putin all’ultimo stadio” (Foglio, 19.3). “Putin all’ultimo stadio” (Giornale, 19.3). “All’ultimo stadio” (Manifesto, 19.3). Stesso titolista per risparmiare?

I titoli della settimana/2. “Quelle tristi analogie tra No-vax e filo-Putin” (Luigi Manconi, Stampa, 19.3). Uahahahahahah.

I titoli della settimana/3. “Sul processo al figlio di Grillo si allunga l’ombra della prescrizione” (Luca Fazzo, Giornale, 17.3). Ma non si chiamava assoluzione? Ah no, solo quelle del padrone.

I titoli della settimana/4. “Stefania Craxi: ‘Bettino avrebbe capito le intenzioni di Putin’” (Verità, 16.3). E gli avrebbe chiesto subito una mazzetta.

Il titolo della settimana/5. “Fucile e lecca lecca. ‘Vi spiego perchè ho fotografato così la mia bambina di 9 anni’” (Corriere della sera, 13.3). Perché sei un imbecille.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/21/ma-mi-faccia-il-piacere-261/6531960/

Yemen, la guerra non è finita: ancora attacchi e decine di morti. E gli Usa ci guadagnano. - Riccardo Noury

 

Nonostante i mezzi d’informazione non ne parlino quasi più e osservatori e analisti parlino di un conflitto prossimo alla conclusione, la guerra iniziata nel marzo 2015 nello Yemen non è affatto terminata.

Il 17 gennaio un attacco del gruppo armato huthi ha colpito una struttura petrolifera di Abu Dhabi, negli Emirati arabi uniti, causando tre vittime civili. Sei giorni dopo un altro missile ha colpito il sud dell’Arabia Saudita, ferendo due civili. La reazione della coalizione guidata dall’Arabia Saudita è stata spietata, con la consueta pioggia di missili che hanno colpito la capitale yemenita Sana’a e altre zone dello Yemen distruggendo infrastrutture, danneggiando servizi e facendo decine di vittime.

Il 20 gennaio il porto di Hudaydah è stato ripetutamente colpito da attacchi aerei che hanno causato numerosi morti, tra cui tre bambini. Uno ha centrato la sede delle telecomunicazioni, provocando il completo black-out dei servizi Internet per quattro giorni. L’attacco più sanguinoso è stato portato a termine tra i due attacchi degli huthi, il 21 gennaio, contro un centro di detenzione a Sa’adah, nello Yemen settentrionale. Ha causato almeno 80 morti e 200 feriti.

La bomba a guida laser usata nell’attacco era stata prodotta dall’azienda statunitense Raytheon: esattamente il modello GBU-12 del peso di 500 libbre. Per l’ennesima volta, dunque, armi statunitensi sono state utilizzate dalla coalizione a guida saudita per compiere crimini di guerra. Una GBU-12 era stata usata dall’aviazione saudita il 28 giugno 2019 contro un palazzo nella zona di Ta’iz: erano morti sei civili, tra cui tre bambini.

Da anni, le autorità statunitensi sanno perfettamente che le loro armi inviate agli stati del Golfo membri della coalizione anti-huthi vengono usate per compiere attacchi illegali contro la popolazione yemenita. Eppure, lo scorso settembre, al momento dell’approvazione del bilancio annuale della difesa Usa, l’emendamento che chiedeva la fine del sostegno alle operazioni offensive e agli attacchi aerei dell’Arabia Saudita nello Yemen è improvvisamente scomparso.

Il presidente degli Usa Joe Biden ha ben presto abbandonato gli impegni presi all’inizio del suo mandato: porre fine al sostegno alle operazioni offensive nello Yemen, compresa la cessazione della vendita delle armi, rendere i diritti umani un elemento centrale della politica estera e assicurare che i responsabili delle violazioni dei diritti umani sarebbero stati chiamati a rispondere delle loro malefatte.

Dal novembre 2021 l’amministrazione Biden ha approvato la vendita all’Arabia Saudita di missili (sempre della Raytheon) per un valore di 560 milioni di dollari, ha confermato l’impegno a vendere aerei da combattimento, bombe e altre munizioni agli Emirati arabi uniti per un valore di 23 miliardi di dollari e ha assegnato alle aziende statunitensi contratti per il valore di 28 milioni di dollari per la manutenzione degli aerei da combattimento sauditi. Il tutto non solo in violazione del diritto internazionale ma anche della stessa normativa statunitense: il Foreign Assistance Act e le Leahy Laws vietano la vendita di armi e le forniture di aiuti militari a stati che violano gravemente i diritti umani.

Stando così le cose, è difficile immaginare quando la guerra dello Yemen possa terminare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/31/yemen-la-guerra-non-e-finita-ancora-attacchi-e-decine-di-morti-e-gli-usa-ci-guadagnano/6471530/