giovedì 7 aprile 2022

La guerra è un affare: ecco chi ci guadagna. - Nicola Borzi

 

Armi e gas: i colossi Usa guadagnano dal conflitto e gli Stati Ue sono clienti.

EFFETTI COLLATERALI - I rialzi maggiori in Borsa. I big della Difesa fanno festa con aumenti a 2 cifre. Il metano russo sostituito da esportatori americani.

L’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio, pare lontana dalla fine, ma ha già vincitori e vinti. Se non sul campo, almeno sul piano economico: i mercati hanno prezzato alcuni dei suoi effetti. L’analisi del Fatto sulle azioni di 24 tra le imprese più rilevanti nel settore delle armi e dell’energia, mostra che a trarre profitto sono multinazionali che producono sistemi per la difesa, statunitensi in primis ma non solo, e i grandi esportatori americani di gas naturale liquefatto (Lng), chiamati a rimpiazzare progressivamente le forniture di metano russo dalle quali l’Europa dipende per il 40% del suo fabbisogno. Non sono ovviamente ancora noti aumenti di ordini, fatturato o utili, ma i rialzi dei titoli segnalano le attese degli investitori.

Le armi. L’“operazione militare speciale” di Putin ai danni di Kiev ha cambiato le dinamiche geopolitiche. La Germania ha stanziato 100 miliardi per il riarmo, altri 19 Paesi della Nato (tra i quali l’Italia) sono pronti a portare le spese militari al 2% del Pil con un incremento dei budget di 73,3 miliardi di euro l’anno, al quale si aggiungeranno i maggiori stanziamenti Usa e di altri Paesi. Molti titoli del settore avevano già iniziato a segnare rialzi prima del 24 febbraio, quando il dispiegamento di truppe russe segnalava il conflitto in arrivo. L’asticella la fissa l’indice S&P 500 delle maggiori azioni di Wall Street che tra il 23 febbraio, ultima chiusura prima della guerra, e il 6 aprile ha segnato +5,7%. Nello stesso periodo alcune aziende hanno ottenuto performance più elevate: tutte sono fornitrici del Pentagono e dei Paesi Nato. La prima, a sorpresa, è l’italiana Leonardo che ha visto un rialzo del 43,9% da 6,4 a 9,2 euro. Seguono Bwx Technologies (+26,3%), società della Virginia che fornisce componenti e combustibile nucleare al governo Usa, e Booz Allen Hamilton (+25,2%), gigante della consulenza strategica in stretti rapporti con il Dipartimento della Difesa di Washington. Poi Bae Systems (+23,3%), gigante britannico del settore, la sconosciuta ai più L3Harris (+16,8%), società tecnologica contractor della Marina Usa, e i colossi americani Northrop Grumman, che produce aerei e droni come il Global Hawk (+15,8%), Heico (+14,2%) che realizza motori di aerei e avionica, Lockheed Martin (dai caccia F-35 ai missili anticarro Javelin, +14,2%), General Dynamics (dai sottomarini delle classi Virginia e Columbia ai carriarmati M1 Abrams, +10,6%) e Honeywell International (droni per esercito e marina, +9,6%). Dalla bonanza è rimasta fuori la francese Safran, attiva nei caccia, che ha perso in Borsa l’8,15%.

Il gas. L’altro settore che mostra il cambio di paradigma geopolitico è quello dei produttori ed esportatori di gas naturale liquefatto (Lng), specie di shale gas, il combustibile ottenuto dal fracking delle rocce di scisto, considerata una delle attività più dannose per il clima e l’ambiente, la cui produzione è aumentata del 70% dal 2010. Gli esportatori statunitensi di Lng stanno emergendo come i veri grandi vincitori della crisi dell’approvvigionamento del Vecchio continente, poiché per il terzo trimestre consecutivo hanno esportato volumi record nell’Unione europea e a prezzi decollati dopo l’invasione russa dell’Ucraina, scattata proprio quando gli esportatori Usa di Lng avevano completato progetti di sviluppo pluriennali per esportare grosse quantità. A dicembre gli Usa hanno venduto all’estero il 13% della propria produzione di Lng, con una crescita di sette volte rispetto a cinque anni prima. Già a dicembre, prima della guerra ma nel pieno dei rincari del gas in Europa, gli Usa avevano superato il Qatar come maggior esportatore mondiale di Lng. Ma i qatarioti stanno preparando investimenti giganteschi per riprendersi la leadership. Il più grande esportatore statunitense è Cheniere Energy, seconda società al mondo dopo la compagnia nazionale emiratina Qatar Energy per capacità di export (35 milioni di tonnellate l’anno), i cui titoli in Borsa dal 23 febbraio non a caso hanno segnato +18,9%.

Tra le altre società Usa del settore che ne hanno beneficiato in Borsa ci sono i giganti Chevron (+20,5%) e, in misura minore, ExxonMobil (+7,8%). Male invece la malese Petronas (-2,1%), la britannica Bp (-4,6%) e la francese TotalEnergies (-10,8%). A fare la differenza sono la presenza geografica e le infrastrutture. I costi industriali di raffreddamento, stoccaggio, trasporto e rigassificazione peseranno sul conto finale per i clienti europei, decretando un maggior o minor rincaro rispetto al gas russo, di certo più conveniente. Ma la misura non è determinabile anche per la segretezza dei contratti di fornitura stipulati con Mosca. Come impararono a loro spese già i Romani, vae victis.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/07/armi-e-gas-i-colossi-usa-guadagnano-dal-conflitto-e-gli-stati-ue-sono-clienti/6551494/

Fusione nucleare, Oxford ce l’ha fatta! La svolta energetica confermata anche dall’Aeia. - Rosita Cipolla

 

Svolta storica per l'energia pulita che imita le stelle! Una startup britannica fondata dall'Università di Oxford ha raggiunto la fusione nucleare usando un approccio innovativo.

Dal Regno Unito arriva una splendida notizia sul fronte dell’energia pulita: la fusione nucleare non è più un’utopia, è già realtà. Ad annunciare di averla raggiunta la società First Light Fusion, fondata dall’Università di Oxford. Per raggiungere lo straordinario traguardo – che è stato convalidato dall’Autorità per l’energia atomica del Regno Unito (UKAEA) – è stato utilizzato per la prima volta un approccio innovativo, più semplice e più efficiente: la cosiddetta tecnologia dei proiettili. 

Per ottenere questo risultato di fusione, First Light ha utilizzato il suo grande cannone a gas iperveloce a due stadi per lanciare un proiettile su un bersaglio, contenente il combustibile di fusione. – spiega la startup – Il proiettile ha raggiunto una velocità di 6,5 km al secondo prima dell’impatto. 

First Light ha chiarito di essere riuscita a raggiungere la fusione spendendo meno di 45 milioni di sterline “e con un tasso di miglioramento delle prestazioni più veloce di qualsiasi altro schema di fusione in storia”.

Con questo approccio più semplice che riutilizza la tecnologia esistente, l’analisi condotta da First Light mostra che la fusione dei proiettili offre un percorso verso un costo dell’energia livellato (“LCOE”) molto competitivo di meno di $50/ MWh. – sottolinea la società energetica – L’attrezzatura di First Light è relativamente semplice, costruita in gran parte con componenti prontamente disponibili. First Light ritiene che questo approccio acceleri il viaggio verso l’energia da fusione commerciale poiché esiste una grande quantità di ingegneria che può essere riutilizzata per realizzare il progetto dell’impianto proposto.

Adesso la First Light ha in programma di avviare delle collaborazioni con i produttori di energia esistenti per sviluppare un impianto pilota, utilizzando il suo approccio unico alla fusione nucleare. 

Risultati incoraggianti anche dall’AIEA

Recentemente in Europa è stato raggiunto anche un altro traguardo incoraggiante nel settore dell’energia che imita le stelle. Il team internazionale di scienziati, che sta lavorando da tempo al Joint European Torus (JET) – il più grande reattore a fusione nucleare – è riuscito infatti ad ottenere una quantità record di energia: 59 megajoule nel giro di 5 secondi (l’equivalente di 11 megawatt). Il precedente primato risaliva al 1997, quando era stata prodotta meno della metà dell’energia.

Al momento un nuovo progetto di ricerca coordinato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) sta cercando di approfondire i materiali da usare per la realizzazione dei reattori a fusione.

“I risultati del progetto potrebbero contenere risposte importanti a domande relative a costi, efficienza e rifiuti prodotti da grandi esperimenti di fusione e reattori, come ITER e DEMO, nonché future centrali elettriche a fusione” chiarisce l’AIEA. 

Perché la fusione nucleare rappresenta la svolta. 

Ma cosa si intende esattamente per fusione nucleare e perché è considerata l’energia del futuro? Si tratta un processo complesso che avviene nel Sole e nelle altre stelle e che produce una quantità di energia. La fusione non è altro che la sorgente d’energia del sole e delle stelle. Per soddisfare le necessità di una popolazione mondiale in continua crescita, la ricerca sul campo sta dimostrando che questa fonte di energia può essere usata per produrre elettricità in modo sicuro, rispettoso dell’ambiente e con risorse di combustibile abbondanti. In pratica è l’opposto della fissione nucleare – la reazione utilizzata oggi nelle centrali nucleari – in cui l’energia viene rilasciata quando un nucleo si divide per formarne altri più piccoli.

La fusione nucleare non produce emissioni di carbonio. Infatti gli unici sottoprodotti delle reazioni di fusione sono piccole quantità di elio, un gas inerte che può essere rilasciato in sicurezza, senza provocare danni ambientali.

https://www.greenme.it/ambiente/energia/fusione-nucleare-oxford-first-light-fusion/?fbclid=IwAR3OPooH0gxsKXNkTi-5Gs_8auRyN62-B0vaaq1pp9QY_be0-IDym_0B1is

mercoledì 6 aprile 2022

Morte presunta. - Marco Travaglio

 

La guerra continua fra una strage e l’altra. Ma per fortuna sta per finire: oltre ad aver già perso la guerra, a essere solo al mondo e abbandonato da tutti, alla vigilia di un golpe e del default, Putin ha le ore, anzi i minuti contati. Così assicurano i bollettini medici che affiancano quelli militari sui giornaloni, della cui credibilità non abbiamo motivo di dubitare, specie quando scambiano i loro desideri per notizie. Dacché ha invaso l’Ucraina, gli hanno affibbiato una collezione di patologie da Guinness dei primati. Altro che il diabete di Mussolini, che illuse gl’italiani per ben 23 anni. Anzitutto Putin è “folle: nella sua mente una realtà parallela” (Valentino, Corriere). “Impazzito, gli resta un anno o forse tre” (Khodorkovsky, dissidente, Cnn). “Folle come Stranamore” (Fabbri, Giornale). “Mente instabile” (ibidem). “Da manicomio” (Ulickaya, Libero). “In delirio”, “staccato dalla realtà” (Zafesova, Stampa). “Stanco, vecchio e paranoico. E se Putin fosse malato? Ha qualcosa che non va”, “non è più lui”, è “terrorizzato dal Covid” (Casadio, Domani). “Malato? Invecchiato? Sofferente? Fatalmente intaccato dalla morte”, “uccide i suoi figli due volte” (Recalcati, Stampa, qualunque cosa voglia dire). “Ossessionato e paranoico” (Littell, Corriere), forse perché era “un bambino povero e ribelle” (Valentino, Sette-Corriere), “un piccolo selvaggio, randagio e affamato” (Merlo, Rep) nonché “tassista abusivo” (Losito, Domani). “Un grande infelice” (Onfray, Stampa). “La sua arroganza serve a nascondere una paura profonda” (Ammaniti, Corriere). “Ossessionato dal video dell’uccisione di Gheddafi: ha passato ore e ore a guardarlo e riguardarlo” (intervista di Fubini a un politologo bulgaro, Corriere).

“Il gonfiore del viso, il problema a un gamba, la fatica a muovere un braccio e il lungo isolamento fisico” (Mastrolilli, Rep). “Sta morendo di cancro all’intestino” (Daily Star e Daily Telegraph). “Gonfiore e scatti d’ira. Sono i farmaci e gli steroidi per il tumore” (Sabadin, Messaggero). Senza dimenticare “la demenza o il Parkinson”, a piacere (Martinelli, Stampa). E i “problemi alla colonna vertebrale per pregressi traumi sportivi, o una neoplasia al midollo spinale compatibile con difficoltà deambulatorie e irrequietezze posturali”, senza contare “down depressivo ed esaltazione maniacale” (Modeo, Corriere). “Cancro alla tiroide, visitato 135 volte da un oncologo” (Castelletti, Rep). “Cancro che cura con i clisteri” (Libero). Ma “può anche essere il diabete” (Gazzaruso, endocrinologo, Giornale). Gli mancano: l’alopecia, sennò lo invitavano agli Oscar; l’uveite, per non ingelosire Silvio; la filossera e l’allergia all’ossigeno, perché non ama Woody Allen. Ma siamo poi sicuri che non sia già morto?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/06/morte-presunta/6550064/

LAMENTO DI UN INCOMPETENTE. - Nestor Halak

 

“These are by no means a provision of the treaty. These are the proposal of the Ukrainian side, which we consider a constructive step towards finding a compromise and which will be considered by Russia and an appropriate response will be given”.

Parole del delegato russo ai recenti colloqui di pace ad Istambul. Seguite, peraltro, dalla sospensione delle operazioni militari nelle aree di Kiev e Chernihiv. Mi paiono parole (e fatti) piuttosto preoccupanti.

Ad essere sincero, fin dall’inizio questa “operazione speciale” del Cremlino in Ucraina non mi ha troppo convinto. Mi pareva innanzi tutto fuori tempo: tutta la stampa occidentale stava paventando da mesi l’invasione russa,  e con questo uno dei fattori più importanti in un’operazione militare, la sorpresa, era irrimediabilmente compromessa. Per di più Mosca aveva continuato a negare decisamente fino al giorno prima, perdendoci dunque anche in credibilità. Mi chiedo: un’operazione simile non sarebbe stata di gran lunga più facile nel 2014 dopo la disfatta ucraina a Debaltsevo? Sarà forse che forse all’epoca i russi non erano pronti, ma allora perché non in momento qualsiasi degli otto anni trascorsi, quando l’”invasione” non era sbandierata ogni giorno in televisione?

Tutto il contesto, insomma, faceva pensare ad una trappola predisposta dagli americani per costringere la Russia a intervenire massicciamente in una guerra fratricida (si tratta di combattere una popolazione molto affine in un territorio che da secoli faceva parte integrante e significativa del mondo russo, non un tradizionale nemico!), per possibilmente incastrarla in gravi problemi politico militari che avrebbero finito per limitarne massicciamente il potere, magari ottenere l’agognato cambio di governo e forse persino lo smembramento. Tutto ciò quasi gratuitamente, usando gli ucraini (e i russi), come carne da cannone.

Le dimensioni dell’invasione, inoltre, sono subito apparse molto ambiziose, di gran lunga superiori a quanto avrei mai previsto, e nello stesso tempo le forze impiegate assurdamente esigue rispetto al probabile bisogno: non occorre essere analisti militari per sapere che una forza attaccante, per avere buone probabilità di successo, deve essere in numero largamente superiore ai difensori, anche se ha la superiorità aerea, regola assolutamente non rispettata in questa circostanza.

Anche  la conduzione delle operazioni è stata fin dall’inizio piuttosto morbida e rilassata, “ a bassa intensità”, quasi si trattasse più di un’esercitazione che di una guerra. Non si avvertiva risolutezza, la volontà di decimare l’esercito nemico, di infliggere i maggior danni possibili e non solo di mettere fuori uso l’infrastruttura militare necessaria per una guerra moderna, cosa che invero è stata ottenuta fin dai primi giorni. Al contrario, gli ucraini parevano agire con criteri completamente contrari e molto feroci. Se da profano mi fosse stato chiesto come avrei programmato un’operazione del genere, avrei senz’altro pensato di dover scatenare immediatamente un colpo il più duro possibile con tutti i mezzi disponibili, con la sola eccezione del nucleare e del mantenimento di una riserva sufficiente. Al contrario abbiamo assistito (e assistiamo) al prosieguo del funzionamento di tutte le infrastrutture ucraine: ferrovie, strade,  televisione, internet, telefonini, illuminazione in quasi tutto il paese, tranne dove sono gli stessi ucraini ad impedirlo. Addirittura il gas continua a fluire attraverso i gasdotti ucraini verso paesi che si sono auto dichiarati nemici: drôle de guerre, direbbero i francesi.

Ma la guerra è la guerra, un gioco dove spesso la posta è la sopravvivenza, non si tratta di una partita di calcetto. E l’Ucraina non è l’Iraq, siamo di fronte ad  un grande paese con un grande esercito che combatte davvero e non è lì per figura.

In altre parole l’operazione in sé e le sue modalità, mi sono apparse fin dall’inizio, in molti sensi,  poco opportune. Ma è da dire che io non ho conoscenze specifiche sulla materia, non ho fatto studi a riguardo né ho avuto esperienze formative. Come per l’affare pandemia, sono solo uno che si informa e cerca di farsi un’opinione sensata a partire da letture e fatti che riesce a racimolare attraverso fonti informative raramente certe, per cui non potevo che presumere – e non posso che presumere – che chi le decisioni le prende, e le ha prese davvero, conosca la situazione molto meglio di me ed abbia competenze, consiglieri e mezzi infinitamente maggiori. Vladimir Putin, inoltre, gode fama di statista molto capace e di fine stratega: possibile non veda ciò che io vedo? Sicuramente no, perciò deve necessariamente sapere molto meglio di me cosa sta accadendo e quali sono le decisioni più remunerative. Così mi sono adeguato.

Siccome ciò che va in onda nei media occidentali è quasi tutto e soltanto propaganda, e dopo l’esperienza pandemica non ho certo voglia di subirmi sciocchezze ventiquattro ore al giorno,  ho preso a frequentare siti di analisti politici e militari che mi sembravano più seri e degni di fiducia, come The Saker, Martyanov o South Front, i quali, specialmente i primi due, mostravano sicurezza e approvazione argomentati, e sembravano ritenere l’operazione assolutamente ragionevole, fattibile e vincibile in termini militari e politici, per cui ancora di più mi sono rassicurato: se lo dicono loro che ne capiscono senza dubbio molto più di me, chi sono io per contraddirli? Mi sono quindi lasciato guidare nei giudizi e ho pensato che, come loro sostenevano, l’evidente rallentamento delle operazioni non fosse preoccupante, ma facesse parte del piano, che non si trattava di un’invasione tradizionale ma, appunto, di una “operazione speciale”, che il modo di condurre la guerra, rispecchiasse la situazione sul campo ed il lodevolissimo intento di non fare vittime civili. Anche se, a dire il vero, l’ultimo tentativo in loco di non fare vittime civili, aveva portato ad otto anni di bombardamenti sui medesimi, con decine di migliaia di morti.

Ascoltando queste autorevoli analisi, tenendo conto della competenza dei decisori in alto loco e della fiducia che sembravano meritare, i miei dubbi mi sono sembrati fuori luogo e, per quanto mi è riuscito,  li ho accantonati come quelli di un incompetente che doveva almeno astenersi dall’essere presuntuoso. E poi, una volta in guerra, bisogna andare avanti senza mugugnare troppo, anche se si ritengono sbagliate certe decisioni, perché l’importante è uscirne senza le ossa rotte.

Adesso, però, la misura mi pare colma, si comincia a chiedere un po’ troppo alla mia capacità di sospendere il giudizio: leggo che ci sono importanti passi avanti nelle trattative col governo fantoccio (e per di più nazista) di Zelensky che potrebbero presto portare ad un accordo di pace. Questo, per quanto mi sforzi, non riesco a prenderlo seriamente. Un accordo di pace con chi? Con chi ti ha preso in giro finora con i trattati di Minsk? Con chi ha continuato a bombardare parte del suo popolo per otto anni? Con chi ha proibito l’uso della lingua nativa a milioni di cittadini? Con chi ha permesso lo strapotere di formazioni paramilitari chiaramente naziste? Con chi prima di agire chiede istruzioni a Washington? Quanto potranno essere affidabili per un accordo questi soggetti?

Gli obbiettivi dichiarati dell’operazione sono: demilitarizzazione, denazificazione e neutralizzazione dell’Ucraina; riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea; riconoscimento dell’indipendenza della repubbliche di Donetsk e Lugansk con confini uguali a quelli dei rispettivi oblast. E’ di per sé evidente che se per qualsiasi motivo non vengono conseguiti, la guerra è da considerarsi persa e tutto quanto fatto fino ad adesso, morti compresi, inutile e anzi dannoso agli interessi della Russia. Se ci si accorda perché l’esercito non è in grado di continuare, allora si tratta di una sconfitta militare, se lo si fa perché gli equilibri politici all’interno del Cremlino sono cambiati (ed il ruolo di persone come Abramovich nelle trattative fa sorgere sospetti), allora si potrebbe pensare a qualcosa di simile al tradimento.

A questo punto non me la sento più di tacere e di sospendere il giudizio, sarete certo tutti più competenti istruiti, esperenziati e titolati di me, ma a mio avviso qualunque sopravvivenza dell’attuale governo ucraino, fantoccio degli americani, significherebbe al di la di ogni plausibile negabilità, la sconfitta militare e politica della Russia in questa operazione, con enormi ricadute sul prestigio interno e internazionale e forse sulla sua stessa esistenza come superpotenza. A mio avviso, l’unica cosa che può essere trattata con Zelensky è la resa. Aggiungerei che una volta che la guerra è iniziata, anche se non fosse stato saggio iniziarla in quel momento e con quelle modalità, si può solo portarla in fondo oppure perderla, raggiungere gli obbiettivi, oppure non raggiungerli.

Scrivo sciocchezze? Può essere. In questo caso mi correggerete. D’altra parte ho premesso di essere poco competente. E sono anche il primo a sperare che i miei dubbi siano infondati, perché altrimenti si tratterebbe di un’altra sconfitta non solo per la Russia, ma per tutti coloro che si oppongono al nuovo ordine mondiale imposto dagli oligarchi a guida anglosassone. E la prova che nessuno stato può opporsi ai signori dell’economia, neppure la Russia.


https://comedonchisciotte.org/lamento-di-un-incompetente/

Riattivato il midollo spinale di una donna, può camminare.

 

(Fonte EPFL - Jimmy Ravier)

Grazie agli elettrodi. E' la prima volta su una malattia neurodegenerativa.

È riuscita a stare in piedi e camminare di nuovo una donna affetta da una rara malattia neurodegenerativa che l’aveva costretta a letto da oltre 18 mesi: il suo midollo spinale è stato riattivato grazie ad elettrodi impiantati direttamente nei nervi e che generano impulsi elettrici, regolando la pressione sanguigna.

Lo straordinario risultato si deve a ricercatori dell’Ospedale Universitario di Losanna (Chuv) e della Scuola politecnica federale di Losanna (Epfl), che hanno pubblicato lo studio sul The New England Journal of Medicine. Adesso l’obiettivo è rendere la terapia disponibile per tutti coloro che ne hanno bisogno.

Nirina, la paziente, soffre di atrofia multisistemica di tipo parkinsoniano (Msa-p), una forma di atrofia che include sintomi come rigidità, tremore irregolare a scatti, instabilità posturale, movimenti estremamente rallentati e difficili da controllare e per la quale non esiste cura.

La malattia provoca anche la morte dei neuroni responsabili del controllo della pressione sanguigna: ciò vuol dire che se il paziente cerca di mettersi in posizione eretta la pressione si abbassa vertiginosamente, provocando svenimenti e crisi e costringendo la persona a rimanere perennemente sdraiata.

L’impianto, inizialmente pensato per persone paralizzate in seguito a incidente, era già stato testato su pazienti tetraplegici per il trattamento della pressione sanguigna, ma questa è la prima volta che viene applicato per questo genere di disturbi. Gli elettrodi impiantati sono collegati ad un generatore di impulsi, che viene già comunemente usato per il trattamento del dolore cronico, e hanno permesso al corpo della paziente di migliorare la propria capacità di controllare la pressione, consentendole di rimanere cosciente quando si trova in posizione eretta e di iniziare la fisioterapia. Con l’aiuto di un telecomando, Nirina ha potuto controllare in prima persona l’intensità della stimolazione: in questo modo è riuscita a rimettersi in piedi e a camminare per più di 250 metri.

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2022/04/06/riattivato-il-midollo-spinale-di-una-donna-puo-camminare_ff460a21-bcb0-41c9-8da9-298d80eb18ae.html

DOPO L’ORRORE. - Toni Capuozzo

 

La prima domanda che mi sono fatto è : pensi che sia impossibile che i russi, ritirandosi, abbiano fatto, per vendetta e odio, una strage di civili ? Non lo ritengo impossibile, ho visto troppe volte che la guerra porta a dare il peggio di sé. La seconda domanda è stata: pensi che sia impossibile che gli ucraini, aggrediti, bisognosi di aiuto, ansiosi di coinvolgere la comunità internazionale, abbiano “costruito” la scena ? Ho una lunga esperienza, dal Kossovo al Libano, da Betlemme a Belgrado, di situazioni forzate, modificate, usate: in guerra ogni mezzo è buono. In più, in questo caso, ci sono i precedenti della ragazza di Mariupol (diceva la verità allora, o la dice adesso ?), il mistero del teatro di Mariupol, i numeri che vengono forniti dalle Nazioni Unite e dagli ucraini su vittime civili e perdite militari russe (sarebbero morti 400 militari russi per ogni civile ucciso….). Il mestiere del giornalista è farsi domande, anche quelle scomode. E allora mi ha sorpreso una sequenza di date:
- il 30 marzo le truppe di Putin abbandonano Bucha
- il 31 marzo il sindaco, davanti al municipio, rilascia una dichiarazione orgogliosa, sul giorno storico della liberazione. Non parla di vittime per le strade.
-il 31 marzo Maxar Technologies pubblica le foto satellitari che rivelano l’esistenza di fosse comuni attorno alla chiesa. E’ una scoperta che poteva essere fatta a terra: è la fossa che pietosamente gli abitanti del posto hanno iniziato a scavare il 10 marzo per seppellirvi i propri morti nella battaglia – siamo poco lontani dall’aeroporto di Hostomel- in cui nessuno avrebbe fatto distinzioni tra civili e militari.
Il 1 aprile va in onda a Ukraine TV24 l’intervista al sindaco. Non è accompagnata da alcun commento su morti per strada.
Il 1 aprile un neonazi che si fa chiamare Botsman posta su Telegram immagini di Bucha. Dice solo di aver trovato un parlamentare, in città, non parla di morti. Ma lo si sente rispondere a una domanda: “Che facciamo con chi non ha il bracciale blu’?” “Sparate”, risponde.
Il 2 aprile la Polizia ucraina gira un lungo filmato sul pattugliamento delle strade di Bucha (che non è enorme:28mila abitanti). Si vede un solo morto, un militare russo, ai bordi della strada. Nel filmato, lungo 8 minuti ci sono abitanti che escono dalle case, e passanti che si fermano a parlare con la polizia. Lieti di essere stati liberati, ma nessuno parla di morti per strada. La cosa peggiore è quando uno racconta di donne costrette a scendere in una cantina, e uomini prelevati per essere interrogati.
Il 3 aprile il neonazi su Telegram incomincia a postare le foto dei morti. A tre giorni pieni dalla Liberazione.
Il 4 aprile, ieri, il New York Times pubblica una foto satellitare che riprende i morti per strada, spiegando che è stata scattata il 19 marzo (quindi i corpi sarebbero per strada da quasi due settimane, sembrano le armi chimiche di Saddam).
Va da sé che onestà e indipendenza (che poi uno scambi l’indipendenza come dipendenza da Mosca mi fa solo ridere amaramente) impongono domande. Com’è che gli abitanti di Bucha che, sotto la dura occupazione russa, seppellivano i propri morti, questi invece, pur liberi, li lasciano sulle strade ? Com’è che attorno ai morti non c’è quasi mai del sangue ? Se una vittima viene sparata alla tempia, è una pozza, finchè il cuore batte. Se gli spari che è già morto, niente sangue. Com’è che in una cittadina piccola e in guerra, dove nessuno presumibilmente si allontana da casa, nessuno ha un gesto di pietà, per tre giorni, neanche uno straccio a coprire l’oscenità della morte ? Erano morti nostri o altrui ? Se uno vuole credere, se cioè è questione di fede, anche l’osservazione che i morti, per bassa che sia la temperatura non si conservano così, è inutile. Morti pronti per il camera car che è una gimkana tra i corpi. Una volta tirai un sasso a un randagio, io che amo gli animali, perché si stava cibando del corpo di un terrorista, e non era in una città affamata.
Purtroppo mi interessano poco le testimonianze de relato – “mi hanno raccontato che”- o i servizi che aggiungono alla scena solo rabbia e indignazione, e pietà all’ingrosso. Ricordo ancora a Gerusalemme il responsabile della sede RAI scrivere una mail privata ai dirigenti palestinesi attorno alle immagini di un linciaggio a Ramallah: “La Rai non avrebbe mai mandato in onda immagini che vi danneggino”. I gonzi pubblicarono la mail di solidarietà sui giornali. Né mi turbano le accuse dei tifosi, dei trombettieri e dei tamburini. Senza insulti sono disposto a discutere con chiunque, e so che quelle persone, chiunque fossero, in qualunque circostanza fossero state uccise, a qualunque scopo venissero esibite (i russi per terrorizzare, gli ucraini per emozionare il mondo) sono morte nel modo peggiore, e meritano pietà e giustizia, non propaganda
Resta l’orrore, e la speranza che commissioni severe indaghino e la facciano pagare ai responsabili. Se sono russi, irraggiungibili, resteranno nell’album delle infamie. Se qualche ucraino ha abbellito o costruito la cosa, è giusto almeno porsi un altro paio di domande scomode.
Come fai a non mandare armi a un popolo così martoriato, come fai a non reagire all’orrore ?
Come fai a convincere l’opinione pubblica mondiale che bisogna mandare altre armi e puntare a punire l’invasore, non a negoziarne il ritiro ? Come si giustifica un’escalation ?
In poche parole: a chi giova ? Ma, attenzione, anche rispondere a questa domanda non dà alcuna certezza. Perché la guerra è calcolo, ma ancora di più follia e stupida ferocia.

Perché nessuno parla del possibile attacco nucleare. - Peter Gomez

 

Può essere che non ne parlino perché non ci pensano e allora sarebbe giusto definirli incoscienti. Oppure può essere che ci pensino troppo e che credano di esorcizzare rischi e paure semplicemente tacendo. Comunque stiano le cose, il risultato non cambia: la possibilità di un conflitto nucleare, definita nelle scorse settimane dagli esperti bassa, ma in costante aumento, in Italia non è oggetto di un vero dibattito.

Si discute giustamente, e molto, delle atrocità e dei massacri di Bucha e di altre città ucraine, si parla di sanzioni più dure e di invio alla resistenza ucraina di altre e sempre più potenti armi, ma su cosa potrebbe fare un Putin messo definitivamente nell’angolo – dal punto di vista militare ed economico – tutti, o quasi, preferiscono glissare. Eppure la questione che deve preoccupare è questa.

Quando la Russia aggredì l’Ucraina tutti erano certi che “l’operazione speciale” dichiarata dall’autocrate di Mosca fosse destinata ad avere in tempi brevi successo. Gli Stati Uniti, subito dopo l’invasione, avevano offerto al coraggioso presidente Volodymyr Zelensky la possibilità di espatriare. Segno che consideravano scontato che la capitale Kiev sarebbe prima o poi caduta.

Le cose fin qui sono andate in tutt’altro modo. Le truppe ucraine, abbondantemente armate e addestrate dagli Usa nei mesi precedenti, hanno resistito e persino contrattaccato. La gran parte dei cittadini si è dimostrata pronta a morire pur di difendere la patria. A poco a poco è così cambiata anche l’idea iniziale dell’Occidente. Qualche settimana fa, i Paesi Ue fornivano armi perché immaginavano di rallentare l’avanzata russa e di costringere Putin a prendere atto che, dopo la sua vittoria, si sarebbe trovato a dover fronteggiare una guerriglia in stile afghano. In questo modo, si diceva, Putin sarebbe stato costretto a trattare e, sia lui che gli ucraini, avrebbero accettato una pace basata semplicemente sul riconoscimento delle repubbliche del Donbass, dell’annessione della Crimea e la neutralità dell’Ucraina.

Ora in tanti cominciano invece a pensare, non sappiamo se a torto o a ragione, che i russi possano essere addirittura respinti. Gli ucraini lo dicono a gran voce. Alcuni osservatori occidentali pure. Mentre Londra e Washington, forse più realisticamente, parlano di una guerra destinata a proseguire per mesi o addirittura anni. Le conseguenze di un eventuale conflitto di lunga durata per Europa e Russia sono evidenti: enorme recessione e disoccupazione. Un’eventualità forse gestibile da Mosca, molto meno dalle nostre democrazie, i cui governi devono affrontare l’opinione pubblica e il voto. Se invece davvero gli ucraini, come col cuore anche noi auspichiamo, si rivelassero in grado di scacciare gli aggressori in questo già tetro scenario fatto di massacri e carestie, se ne aggiungerebbe un altro: l’umiliazione di Putin e della Russia. E qui sorge il problema: Mosca possiede circa 2.000 testate nucleari tattiche che, a differenza di quelle strategiche, sono state pensate per essere utilizzate in battaglia. Si tratta di piccolissime atomiche che distruggono tutto nel raggio di un chilometro, un chilometro e mezzo, inquinano l’ambiente, ma da sole non portano alla fine del mondo. Lanciarne una, magari dietro le linee, significa dire: arrendetevi o la prossima sarà su una città. In tanti dicono che Putin non lo farebbe mai perché teme la reazione della Nato, anche se l’Ucraina non è parte dell’alleanza. Ma in tanti dicevano pure che non avrebbe mai invaso l’Ucraina. Poi lo ha fatto. Forse, prima che sia troppo tardi, sarebbe il caso di parlarne.

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