venerdì 25 ottobre 2013

Marco Porcio Catone



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10151752422491888&set=a.139759216887.108553.136782941887&type=1&theater

Bank of England: “Togliere i bonus ai manager delle banche viola i diritti umani”. - Marco Quarantelli

Bank of England

Questo si legge in un documento ufficiale dell'organismo in risposta a un report in cui la Commissione parlamentare sugli standard bancari chiedeva un nuovo sistema di controllo. Intanto Rabobank, tra i più grandi istituti olandesi, ha invece eliminato i premi ai dirigenti: "Non sono più compatibili con il ruolo economico che svolgiamo".

Togliere i bonus ai manager delle banche salvate dal fallimento con soldi pubblici potrebbe essere una “violazione dei diritti umani”. Lo scrive la Banca d’Inghilterra in un documento ufficiale, rispondendo ad un report in cui la Commissione parlamentare sugli standard bancari chiedeva un nuovo sistema di controllo, maggiore responsabilizzazione e sanzioni certe per i dirigenti degli istituti di credito salvati sull’orlo del baratro. E mentre nel Regno Unito si fa sempre più dura la lotta dei livelli alti della politica e della finanza contro il tetto ai bonus imposto dall’Ue, nei Paesi Bassi una banca decide di abolirli: è Rabobank, tra i più grandi istituti olandesi. “I bonus non sono più compatibili con il ruolo economico che Rabobank svolge nella società olandese”, ha annunciato il presidente Wout Dekker. In Europa è il primo caso in 40 anni. 
7 ottobre 2013. Bank of England pubblica la sua “Risposta al Final report of the Parliamentary Commission on banking Standards” del 19 giugno, in cui il parlamento chiedeva varie riforme del sistema britannico, piagato dai salvataggi in extremis a suon di miliardi – 133 in tutto – di giganti come la Royal Bank of Scotland. Secondo la Commissione, il pagamento dei bonus dei dirigenti senior andrebbe sempre spalmato su più anni. Questo perché “i bonus in genere vengono pagati annualmente (…) mentre le conseguenze delle decisioni nocive possono essere identificate solo molto tempo dopo che sono state prese” (leggi pdf). Per questo la Commissione raccomanda “che una parte sostanziale della remunerazione venga differita fino ad un massimo di 10 anni”. “Questo differimento – si legge ancora – permette di recuperare parte del compenso nel caso in cui alla banca vengano comminate delle multe o nei casi di comportamenti sbagliati come quelli ravvisati nello scandalo Libor”. Di qui la proposta: “Le retribuzioni differite dei dirigenti (…) dovrebbero essere sospese in tutti i casi in cui una banca necessiti del sostegno diretto dei contribuenti”, ovvero in cui venga salvata dal crac mediante un’iniezione di soldi pubblici. Ma nella sua risposta la Bank of England frena bruscamente: le autorità dovrebbero trovare il modo di “affrontare il tema in osservanza delle disposizioni europee sui Diritti Umani”. 
Oltremanica la possibilità di bloccare i premi non ancora pagati esiste già, ma ai piani alti della finanza l’argomento “bonus” resta tabù e l’argomentazione dei diritti umani è tra le più utilizzate. Nel dicembre 2009, in piena bufera, il ministro delle finanze Alistair Darling propose nel Pre-Budget Report “una super tassa punitiva del 50% su tutti i bonus superiori alle 25 mila sterline”. La levata di scudi fu immediata: “Siamo stati contattati da altri banchieri – rivelò Bill Dodwell, head of taxation di Deloitte – ci appelleremo allo Human Rights Act”. La Commissione parlamentare sui diritti umani prese la cosa sul serio, al punto da avviare un’inchiesta. Al termine della quale concluse che l’articolo 1 della Convenzione Ue sui Diritti Umani garantisce il “pacifico godimento dei beni di possesso” – bonus inclusi – ma stabilisce anche che il diritto alla proprietà non deve impedire il pagamento delle tasse. Per questo “nessuna delle disposizione contenute nella legge contrasta con la Convenzione” (leggi pdf) 
La guerra continua e in campo ci sono anche i politici. A guidare la crociata è George Osborne. Il 25 settembre il ministro del Tesoro si è appellato alla Corte di Giustizia Europea contro il tetto imposto dall’Ue, in vigore dal 1° gennaio 2014, che limita i premi al 100% dello stipendio base e al 200% in caso di accordo con gli azionisti: “Il provvedimento sottoporrà ad ulteriori rischi l’intero settore, perché causerà l’aumento della parte fissa dello stipendio, che non può essere revocata in caso di cattiva amministrazione a differenza dei bonus, rendendo le banche ancora più vulnerabili”. 
Ma in Europa c’è chi non aspetta il 2014 e, su pressione dell’opinione pubblica, cambia marcia. Rabobank, uno dei più grandi istituti olandesi, è la prima banca europea in 40 anni ad aver abolito di propria iniziativa i bonus per i suoi manager: l’ultima a farlo era stata la svedese Svenska Handelsbanken nel 1970. Lo ha annunciato giovedì il presidente Wout Dekker: “Prendiamo atto dell’opinione dei nostri azionisti, dei nostri clienti e del modo in cui l’opinione pubblica considera gli stipendi dei manager”. Alle prese con una profonda ristrutturazione, chiusure di sedi e riduzioni del personale, l’istituto (coinvolto nello scandalo Libor ma tra i pochi non essere stati salvati durante la crisi) aveva già fissato un tetto del 30% ai premi. Che ora, conclude la nota di Dekker, “non sono più compatibili con il ruolo economico che Rabobank svolge nella società olandese”. 

Modello "araba al volante".



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=408887759225514&set=a.259678307479794.56222.259669857480639&type=1&theater

Leggi:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/24/arabia-saudita-donne-si-mobilitano-per-diritto-alla-guida-26-ottobre-tutte-al-volante/755442/

giovedì 24 ottobre 2013

Pg Cassazione: l.Severino crea problemi non li risolve.



Requisitoria alle sezioni unite su norme anticorruzione.


La Legge Severino "ha posto più problemi di quelli che voleva risolvere perché nelle norme c'è mancanza di indicazioni nitide". Lo ha detto il sostituto procuratore generale della Cassazione Vito D'Ambrosio nella sua requisitoria sulla legge Severino oggi all'attenzione delle sezioni unite della Suprema Corte.
Per il pg D'Ambrosio, inoltre, "non è possibile comprendere la ragione profonda del perché si è giunti a sdoppiare l'articolo del Codice penale sulla concussione per combattere la corruzione, ed è fasulla l'interpretazione di chi dice che le leggi internazionali e l'Europa ci chiedevano di eliminare la concussione".
Secondo D'Ambrosio, poi, "sarà difficilissimo avere la collaborazione, nelle indagini, dei soggetti passivi del reato che adesso vengono incriminati". Il verdetto sulla legge Severino è atteso in serata. 
Ha, ha, ha....quando fanno qualcosa la fanno pure male! 

Cosa nostra, nelle intercettazioni tutti i voti per l’assessore: “Basta dire Zambetti Pdl”. - Davide Milosa

Domenico Zambetti

Nella richiesta di custodia cautelare sugli eredi milanesi di Vittorio Mangano tutte le telefonate che dimostrano l'apoggio elettorale dei boss siciliani per i candidati del centrodestra.

Cosa nostra a Milano: affari, estorsioni e voti. Un bel pacchetto di preferenze a disposizione del miglior offerente. Dice il mediatore: “Va bene caro, va be’ ma basta dire Zambetti e basta, Zambetti Pdl”. Risponde il boss: “Va be’ , porta un po’ di cose (…) Appena esci, mi chiami che forse io sono all’orto e me li porti là”. E’ il 27 marzo 2010 e da lì a poche settimane Mimmo Zambetti sarà eletto in Regione e subito nominato assessore alla Casa da Roberto Formigoni. Oggi Zambetti non ha più cariche. Nell’ottobre 2012, infatti, finisce in carcere per concorso esterno, corruzione e per aver pagato i voti della ‘ndrangheta (ascolta le intercettazioni). E’ l’indagine Grillo parlante che ha portato allo scioglimento del comune di Sedriano per infiltrazioni mafiose. Il nome del politico Pdl, però, viene citato anche nell’indagine della antimafia milanese sugli eredi di Vittorio ManganoIl 24 settembre 2013 la figlia e il genero dell’ex fattore di Arcore, l’eroe di Marcello Dell’Utri, finiscono in carcere. Le manette scattano anche per Giuseppe Porto detto Pino il cinese, autentico proconsole milanese di Cosa nostra. Dall’ordinanza d’arresto emergono gli affari nel settore delle cooperative. Fatture false, fondi neri e sfruttamento di operai clandestini è il mix che regala a Cinzia Mangano un bel tesoretto. Denaro che in parte viene utilizzato per favorire la latitanza di Gianni Nicchi, l’erede della famiglia palermitana di Pagliarelli. Poi ci sono i rapporti con la politica e i pacchetti di voti, gestiti, in questo caso, da Pino Porto. E’ lui il boss che riceve l’indicazione su Zambetti. L’intercettazione inedita è contenuta nelle 621 pagine di richiesta di custodia cautelare firmata dal pubblico ministero Marcello Tatangelo.
I rapporti tra Porto e il mediatore iniziano già nel gennaio 2009, quando il manager di Cosa nostra viene contattato per la candidatura alle comunali di Milano del 2011 di Gianni Lastella. Casacca Pdl, appartenente alla Guardia di finanza, Lastella (non indagato), nel suo sito ufficiale alla voce lavoro scriveva: “Utilizzare in tutte le sue potenzialità la grande opportunità dell’Expo”. Nella telefonata il mediatore annuncia al boss che Lastella “scende in politica”. E subito Pino Porto dice: “Se hai bisogno di me sono qua”. L’altro conferma: “Mi serve gente a posto Pino”. Di nuovo il cinese: “Si un po’ di gente ce l’ho io”. L’interessamento del boss viene subito ripagato dal politico, il quale, grazie ai suoi rapporti istituzionali con la sanità lombarda, può favorire Porto in una visita medica alla casa di cura San Camillo di Milano. Lastella ne parla al telefono con lo stesso uomo di Cosa nostra. E’ il 2 dicembre 2009. “Domani alle dieci al San Camillo – dice Lastella – , è una clinica vicino alla Stazione centrale (…) io adesso ti scrivo tutto l’indirizzo e via, ti scrivo il riferimento e così domani avrà tutto molto fluido, va lì a mio nome, va bene?”. Pino Porto: “Va benissimo Gianni ti ringrazio”. Alla fine però Gianni Lastella nel 2011 non riuscirà a entrare in consiglio comunale.
Chi, invece, nel 2010, vola in Regione è Angelo Giammario. Dal suo sito ufficiale si legge: “Nel marzo 2010 sono nuovamente eletto consigliere regionale con delega del Presidente Formigoni alle relazioni con l’area metropolitana di Milano. Vengo eletto Vice Presidente della Commissione Ambiente e Protezione Civile e sono l’unico consigliere eletto nel collegio di Milano e Provincia a far parte della commissione Sanità e Assistenza”. Il nome di Giammario, pur non coinvolto penalmente, compare molte volte nell’inchiesta Infinito. Secondo il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, il politico Pdl, per le elezioni 2010 ottiene il sostegno di alcuni boss calabresi. Sostegno mediato dall’ex direttore dell’Asl di Pavia Carlo Antonio Chiriaco.
Un nome, quello dell’ex dirigente pubblico (condannato in primo grado per concorso esterno) che ricompare anche nelle carte degli eredi di Vittorio Mangano. Di nuovo si parla di appoggio elettorale e di Pino Porto. Un’alleanza mafiosa, in parte, già emersa durante la requisitoria del pm Alessandra Dolci nel processo Infinito. Nel gennaio 2010, Chiriaco è in auto con Pietro Castellese, siciliano, ritenuto vicino alle famiglie siciliane di Altofonte. Uno nome quello dei Castellese che ritorna in un’annotazione dei Ros di Milano sugli affari dello stesso Chiriaco. A pagina 45 del documento i carabinieri rilevano la parentela con il collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo e con il fratello Andrea, il quale ha sposato la sorella diBenedetto Capizzi, arrestato nel 2008 (indagine Perseo), ritenuto a Capo della commissione provinciale di Cosa nostra. Dice Castellese: “Per Milano devo far venire delle persone no!”. Risponde Chiriaco: “Allora Pietro, tu mi dici, deve venire una persona, e garantire per quelli che puoi garantire, ecco le garanzie sono per 10 voti, 15 voti 3 o 5 voti (…) ci vediamo in via Pirelli”. A Milano l’indirizzo, nel 2010, corrispondeva al seggio elettorale di Giammario. Chiriaco prosegue: “C’è il discorso di Corvetto, viale Lodi”. Risposta di Castellese: “Corvetto, c’è il compare Pino (Giuseppe Porto, ndr), un duecento voti sicuri”. Dopodiché lo stesso uomo ritenuto dai pm vicino a Cosa nostra assicura la copertura elettorale a Cormano e a Cesano Maderno dove “possiamo muovere un po’ di famiglie” perché “quando uno fa le cortesie come vanno fatte…”. Ed ecco che il 13 marzo 2010 Pietro Castellese chiama Pino Porto. “Mercoledì prossimo – dice Castellese – verso le 17.30 sono in via Pirelli (presso la sezione elettorale di Angelo Giammario) siccome sto raccogliendo un po’ di amici e famiglie per darci una mano, voi avete già impegni oppure si può disturbare qualche famiglia?”. E anche qui la disponibilità di Porto è massima: “Allora ti vengo a trovare io, non ti preoccupare”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/24/cosa-nostra-nelle-intercettazioni-voti-per-lassessore-basta-dire-zambetti-zambetti-pdl/754202/

Certa politica è "cosa nostra", non nel senso che dovrebbe: res del popolo sovrano, ma in quello poco edificante di malavita organizzata.

Della serie "le nostre vergogne": Crisi, 5 milioni di poveri in Italia. Il governo lavora a un progetto di reddito minimo.

Crisi, 5 milioni di poveri in Italia. Il governo lavora a un progetto di reddito minimo

Il Sia (sostegno per l'inclusione attiva), appoggiato dal Movimento 5 Stelle e dal ministro Giovannini, prevede un trasferimento monetario a chi dimostra il proprio stato di indigenza. Ma include anche l'obbligo di cercare lavoro e programmi di inserimento sociale. Potrebbe costare 8 miliardi l'anno.

In Italia quasi due milioni di famiglie, cinque milioni di persone, sono in povertà assoluta. Non hanno cioè accesso a un paniere di beni e servizi (cibo, alloggio, riscaldamento, vestiti) considerato il minimo accettabile nella nostra società. Eppure, quando si parla dell’introduzione di una misura di contrasto alla povertà in Italia parte subito il fuoco di sbarramento conservatore: la gente si sdraierebbe al sole a fare la siesta anziché lavorare; si sovvertirebbe l’ordine costituito, in cui le prestazioni di welfare devono essere guadagnate attraverso il lavoro; non servirebbe a nulla, se non a fare un po’ di carità. Questi argomenti non provengono tutti dalla stessa parte politica, ma hanno contribuito a impedire che, unico tra i paesi dell’Europa occidentale assieme alla Grecia, l’Italia non abbia una misura generalizzata contro la povertà.
Eppure qualcosa si muove. Parte del merito è del Movimento 5 Stelle, che ha posto la questione di un qualche sostegno al reddito sull’agenda politica. Parte è del governo Letta, con il premier, il ministro Enrico Giovannini e il viceministro Cecilia Guerra che hanno rivitalizzato un’idea sepolta nel decennio del berlusconismo (dopo che il primo colpo le era stato inferto dai governi di centrosinistra all’inizio degli anni Duemila). Parte, infine, è dell’associazionismo, della società civile, ma anche di Comuni ed enti locali alle prese con un fenomeno dalle proporzioni ormai ciclopiche. Nei mesi scorsi, le Acli e la Caritas hanno lanciato una proposta molto articolata di reddito di inclusione sociale, che sta raccogliendo adesioni da vari soggetti del terzo settore e istituzionali. Il ministro Giovannini ha presentato i risultati di un gruppo di lavoro, che ha fornito delle linee guida per l’introduzione di un reddito minimo chiamato Sia, Sostegno per l’inclusione attiva.
Una misura nazionale e universale. I cardini di questa proposta, che non è immediatamente operativa e che richiede delle scelte da parte dei decisori politici prima di diventarlo, sono facilmente riassumibili. Il Sia è una misura nazionale e universale, data a tutti quanti versino in condizione di bisogno e non, come è invece la regola nel welfare italiano, solo ad alcune categorie (gli anziani, i disabili). Il Sia non è però un reddito di cittadinanza, dato a tutti indistintamente, ma un reddito minimo, dato solo a chi è povero, secondo un accertamento svolto attraverso l’Isee e altri indicatori di reddito, di ricchezza e di consumi effettivi. Soprattutto, il Sia non è un’elargizione ai poveri, ma una politica di inclusione sociale.
Assieme al trasferimento monetario, c’è un vero e proprio contratto tra beneficiario e amministrazione pubblica. Chi è abile al lavoro deve cercare un lavoro, partecipare a programmi di inserimento lavorativo, di formazione, di riqualificazione professionale. Deve accettare le offerte di lavoro, pena la perdita del beneficio. Per tutti, il contratto prevede dei programmi di inserimento sociale, che riguardano anche la cura dei minori e dei familiari non autosufficienti, il rispetto dell’obbligo scolastico, l’adozione di comportamenti di base che sono richiesti ad ogni altro cittadino. Se il patto prevede dei doveri, e delle sanzioni per i beneficiari che non lo rispettino, prevede anche il diritto a ricevere servizi da parte dell’amministrazione pubblica, e l’obbligo di questa a erogarli.
Sulla scorta di ipotesi ragionevoli il Sia potrebbe costare circa 7-8 miliardi di euro all’anno. Un costo che pare enorme di questi tempi, certo, ma che forse non lo è così tanto se pensiamo che nel 2011 le sole pensioni di invalidità civile sono costate quasi il doppio: 13,5 miliardi. E comunque, nel panorama europeo, l’Italia spende poco, pochissimo per la lotta alla povertà. Nonostante il suo costo imponente, il Sia può essere finanziato in vari modi, e il finanziamento dovrebbe attingere a più fonti. La proposta di Acli e Caritas fornisce idee per una provvista di finanziamento pari al doppio di quanto servirebbe per introdurre uno schema simile al Sia. Non è ancora chiaro cosa verrà proposto nel disegno di legge di Stabilità, e soprattutto quanto di ciò che verrà proposto riuscirà, in tempi di simili ristrettezze di bilancio, a diventare operativo a dicembre e nei mesi a seguire. È ovviamente impensabile che si possa partire con un intervento che metta a bilancio il costo del Sia a regime. Con 1,5 miliardi però si colmerebbe metà del divario dalla linea di povertà assoluta. Anche questa sembra una cifra enorme, di questi tempi, ma le ricerche citate mostrano come si possa trovare senza grandi sconvolgimenti nelle pieghe della spesa pubblica italiana. Certo, occorre volerlo. Ma il momento per una grande coalizione contro la povertà è questo. Nei prossimi mesi, e purtroppo nei prossimi anni, gli individui e le famiglie senza occupazione e senza risorse resteranno tante, troppe. Troppo grave e profonda sarà stata questa crisi per poter pensare che le ferite che ha causato si rimarginino in poco tempo. Occorre agire adesso, con una misura che attacchi la povertà più estrema, per poi estenderla gradualmente sino a colmare il ritardo con gli altri paesi europei. Procrastinare non servirebbe né al governo, né all’Italia.
di Stefano Sacchi*
*Professore all’Università di Milano. Ha fatto parte del Gruppo di lavoro che ha elaborato la proposta di Sostegno per l’inclusione attiva presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Ha inoltre fatto parte del gruppo che ha elaborato una proposta di Reddito di inclusione sociale. Le opinioni espresse sono personali.

martedì 22 ottobre 2013

Umberto Eco a New York presenta all'ONU il progetto Encyclomedia.

Umberto Eco a New York presenta all'ONU il progetto Encyclomedia


Lo scrittore filosofo e semiologo bolognese d'adozione fa una lezione sulla memoria: "Una cultura si costruisce attraverso il ricordo, ma anche attraverso la selezione dei ricordi".

Umberto Eco a New York presenta all'ONU il progetto Encyclomedia

Il semiologo, scrittore e filosofo Umberto Eco, che tanto prestigio ha dato all'Università di Bologna e alla facoltà di Scienze della Comunicazione da lui fondata, ha presentato a New York, il progetto ​Encyclomedia. Durante una lezione intitolata "Contro la perdita della memoria" tenuta presso il Palazzo di Vetro dell'ONU infatti, il "maestro" ha motivato l'importanza della memoria storica e raccontato l'idea di una enciclopedia digitale che raccoglie i principali avvenimenti della civiltà europea dall'antichità all'inizio del terzo Millennio e, allo stesso tempo, che supporti e rinforzi la memoria naturale.
LA SELEZIONE DEI RICORDI DI ECO. Durante la lezione alla Nazioni Unite, come riporta anche il notiziario di Sky, Eco ha spiegato che "Una cultura si costruisce attraverso il ricordo, ma anche attraverso la selezione dei ricordi. Molte nazioni europee per almeno 20 anni hanno cancellato le memorie della Seconda Guerra Mondiale e del nazismo le culture hanno questa capacità di porre le notizie in una specie di frigidaire, che ad un certo punto può essere riaperto". Si tratta, per lui, di un processo continuo di dimenticanza e recupero, nel quale la tradizione europea è molto più flessibile".
ENCYCLOMEDIA: ECCO IL POTERE DI INTERNET.  L'enciclopedia online concepita da Umberto Eco  può essere riscritta e aggiornata sempre e permette di selezionare le informazioni "Internet dà la possibilità di conoscere tutto ma il problema è filtrare - dice Eco - L'idea alla base di Encyclomedia è quella di un'opera che aiuti ad avere il senso delle distanze storiche, a stabilire rapporti di contemporaneità tra eventi di natura diversa. "Così possiamo chiederci se Immanuel Kant ha mai incontrato Napoleone, capire se un certo personaggio è contemporaneo di una determinata scoperta scientifica o di un evento politico", spiega ancora.
http://www.bolognatoday.it/cronaca/umberto-eco-a-new-york-presenta-all-onu-il-progetto-encyclomedia.html