venerdì 3 agosto 2018

La prima pista ciclabile che produce energia solare apre ad Amsterdam. - Tommaso Perrone



Solaroad, la prima pista solare (e ciclabile) al mondo apre il 12 novembre a Amsterdam, nei Paesi Bassi.
Sul tratto di pista ciclabile a doppio senso che collega due quartieri periferici (Krommenie e Wormerveer) di Amsterdam, capitale dei Paesi Bassi, transitano ogni giorno circa duemila ciclisti. Tra pendolari e studenti, la bicicletta è il mezzo di trasporto più veloce per muoversi.
Dal 12 novembre, un pezzo di questa ciclabile lungo 70 metri diventerà famoso per essere il primo tratto al mondo con pannelli solari incorporati. Il nome del progetto è Solaroad e sembra essere la soluzione perfetta per l’ambiente perché non solo, di per sé, una ciclabile fa bene alla mobilità sostenibile, a basso impatto ambientale, ma in più è in grado di produrre energia elettrica in modo pulito. 
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Il tratto sperimentale è costato circa tre milioni di euro, sostenuto quasi interamente dalle amministrazioni locali. I pannelli fotovoltaici sono fatti di celle solari in silicio cristallino e sono protetti da uno strato traslucido di vetro temperato. I 70 metri di pista solare dovrebbero riuscire a coprire il fabbisogno elettrico di tre famiglie. Non molto, anche perché i pannelli non possono essere montati in una posizione adatta a catturare il massimo di luce possibile e garantire alte performance, ma lo scopo è cercare di sfruttare un’area che altrimenti sarebbe semplicemente coperta di asfalto. 
L’obiettivo è arrivare a 100 metri di pista solare nel 2016 per poi provare a estendere questa idea anche a tratti di strada tradizionali, quelli che ancora vengono attraversati da automobili e altri veicoli. Secondo quanto si legge sul sito ufficiale di Solaroad, se tutte le strade degli Stati Uniti venissero pavimentate con pannelli solari, il paese produrrebbe tre volte l’energia che produce oggi, con un taglio alle emissioni di CO2 pari al 75 per cento.

Dl dignità, le novità.

Dl dignità, le novità

Via libera definitivo della Camera al decreto Dignità targato M5S. Il provvedimento dovrà ora passare all'esame del Senato. Precariato, burocrazia, gioco d'azzardo e delocalizzazione i punti centrali del dl, con il quale, secondo il ministro Luigi Di Maio, il Movimento ha intenzione di "cambiare il Paese". "Solo grazie agli sgravi per le assunzioni stabili degli under 35 il decreto creerà 31.200 nuovi posti di lavoro nel 2019, e altrettanti nel 2020", ha inoltre annunciato la deputata pentastellata Tiziana Ciprini, durante la dichiarazione per il voto finale al decreto, annunciando le novità del testo. Ecco quali sono:

CONTRATTI A TEMPO - Con il decreto Dignità, in tema di contratti a tempo determinato l'Italia si uniforma con gli altri Paesi europei, riducendone il tempo massimo da 36 a 24 mesi. La possibilità di prorogare il contratto si riduce da 5 a 4 rinnovi. Vengono inoltre reintrodotte le causali per giustificare il ricorso a un contratto a tempo determinato. "In Europa - ha spiegato Ciprini - la 'causale' per il contratto a termine esiste quasi dappertutto. In Germania per esempio esiste una causale attenuata, simile a quella introdotta col decreto dignità, in cui prevediamo in sostanza 12 mesi di prova del lavoratore dove non c’è bisogno di specificare nessuna causale. Ci sembra un tempo più che ragionevole, che permette alle imprese di testare la bontà di un lavoratore e capire se l’incremento del proprio business si consolida".

VOUCHER - Per i lavoratori occasionali e in somministrazione, cioè coloro che hanno contratti con agenzie interinali, si semplifica l'utilizzo dei Presto (ex voucher). Nessun aumento delle categorie che possono usufruirne, ma una semplificazione della normativa, oltre a un maggior margine di tempo per l'utilizzo - da 3 a 10 giorni massimi - garantito all'imprenditore agricolo o turistico.

DELOCALIZZAZIONI - Stop alle delocalizzazioni 'selvagge'. Con l'approvazione del decreto, spiega ancora Ciprini, chi sceglierà di delocalizzare le aziende "dovrà restituire tutto quanto ricevuto e, se delocalizza fuori dall’Unione Europea, dovrà pagare anche una sanzione fino a 4 volte l’aiuto ricevuto". I fondi recuperati dalle pubbliche amministrazioni verranno quindi reinvestiti nel sito produttivo abbandonato per garantire la stabilità occupazionale e il futuro delle comunità locali.

SLOT - Introdotto il divieto totale alla pubblicità e alle sponsorizzazioni del gioco d’azzardo per contrastare "l'azzardopatia". Previsto quindi l’obbligo di tessera sanitaria per l'utilizzo di slot e Videolottery. Previsto anche il logo "no slot" per i negozi senza slot machine. Modificate le terminologie del Gratta & Vinci.

BUROCRAZIA - Semplificazione fiscale: 'disattivati' spesometro e redditometro, abolito definitivamente lo split payment alle Partite Iva.

lunedì 30 luglio 2018

L’eco di un lampo gamma emesso da un buco nero neonato rilevato dal radiotelescopio ALMA. - Massimo Luciani

L'eco di GRB 161219B

Un articolo pubblicato sulla rivista “Astrophysical Journal” descrive lo studio di una sorta di eco generato da un lampo gamma catalogato come GRB 161219B emesso da un buco nero neonato. Le emissioni di raggi gamma sono durate solo sette secondi ma emissioni ad altre frequenze elettromagnetiche sono durate anche per settimane e ciò ha permesso a un team di astronomi di usare il radiotelescopio ALMA per studiare quelle a lunghezze d’onda millimetriche. Esse hanno offerto altre informazioni sul lampo gamma e sulle caratteristiche dei suoi potenti getti.
Il 19 dicembre 2016 l’osservatorio spaziale Swift della NASA rilevò un lampo gamma durato circa 7 secondi. Successivamente, emissioni elettromagnetiche ad altre frequenze vennero rilevate, che includevano una sorta di eco, che permise rilevazioni prolungate nel corso delle settimane successive. Quel lampo gamma venne catalogato come GRB 161219B e venne associato a una supernova, catalogata come SN 2016jca, avvenuta a oltre 2 miliardi di anni luce di distanza.
Tra le varie emissioni elettromagnetiche dell’eco di quel lampo gamma ci sono state quelle a lunghezze d’onda millimetriche rilevate grazie al radiotelescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), inaugurato nel marzo 2013. Tanmoy Laskar del National Radio Astronomy Observatory, primo autore dello studio, ha spiegato che quelle lunghezze d’onda contengono informazioni sul modo in cui i getti del lampo gamma interagiscono con gas e polvere circostanti.
Le osservazioni condotte con ALMA hanno permesso di ricostruire gli eventi successivi alla supernova SN 2016jca. La stella esplosa ha lasciato un nucleo che ha formato un buco nero che ha emesso il lampo gamma GRB 161219B. I suoi getti hanno colpito i detriti circostanti causando un’onda d’urto inversa, un eco del lampo gamma che è durato molto più a lungo. Tanmoy Laskar ha spiegato che si aspettavano che quell’eco durasse non più di un minuto mentre è durato buona parte di una giornata.
Carole Mundell dell’Università di Bath, un’altra autrice dello studio, ha spiegato che per decenni gli astronomi hanno pensato che l’onda d’urto inversa producesse un bagliore di luce visibile ma finora è stato molto difficile trovarlo nonostante le attente ricerche. Le osservazioni condotte con ALMA mostrano che quelle ricerche potrebbero essere state condotte nel posto sbagliato e che le osservazioni a lunghezze d’onda millimetriche potrebbero costituire la migliore speranza di individuare quelli che ha definito fuochi d’artificio cosmici.
L’immagine (NRAO/AUI/NSF, S. Dagnello) mostra un’impressione artistica dell’onda d’urto inversa mentre torna indietro attraverso i getti del lampo gamma GRB 161219B. Tutta la sequenza degli eventi che hanno generato quell’eco è stata riassunta nell’animazione visibile nel breve filmato (NRAO/AUI/NSF; S. Dangello).
I lampi gamma sono fenomeni estremamente energetici con getti che contengono l’energia che il Sole emette in miliardi di anni. Per questo motivo sono visibili a miliardi di anni luce di distanza. Ne sono stati rilevati molti ma GRB 161219B è solo il quarto per il quale sono state trovate prove di un’onda d’urto inversa e ciò l’ha reso particolarmente interessante.
I materiali attorno alla stella che è collassata erano circa 3.000 volte meno densi del gas che circonda le stelle e le osservazioni effettuate con ALMA suggeriscono che quella bassa densità sia fondamentale per generare le emissioni dell’onda d’urto inversa. Ciò potrebbe spiegare perché quel tipo di eco sia così raro. Uno strumento come ALMA, con la sua sensibilità e la possibilità di puntare rapidamente le antenne per rilevare un evento transitorio, fornisce agli astronomi ottime possibilità di studio.
Eventi come le supernove e i lampi gamma sono generalmente osservati con strumenti di altro tipo ma quando c’è un eco che include emissioni a lunghezze d’onda millimetriche uno studio con il radiotelescopio ALMA può fornire altre informazioni su fenomeni estremi. Le energie rilasciate da quei lampi gamma sono enormi e i getti hanno velocità tali da includere effetti relativistici perciò il loro studio offre la possibilità di migliorare le nostre conoscenze del cosmo in vari modi.

domenica 29 luglio 2018

Tav, il governo ammette: sui numeri ci siamo sbagliati, ma si farà lo stesso. - Francesco Ramella



Tanto paghiamo noi - Secondo il rapporto della Presidenza del Consiglio i numeri non giustificano l’opera: “Previsioni ormai smentite dai fatti”.

Dicono che il tempo è galantuomo. Forse è così. Un esempio è quello che emerge dalla lettura di un recente documento dell’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino – Lione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri: “Non c’è dubbio che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica… Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni”.
Scusateci, sembrano dire i tecnici dell’Osservatorio, ma dieci anni fa era impossibile prevedere quanto sarebbe emerso in seguito. Verrebbe da domandarsi il perché, allora, fare delle previsioni. Ma la realtà è molto diversa da quella narrata nel documento. A più riprese, fin dal 2005, ben prima dunque del manifestarsi della recessione economica, sono stati pubblicati numerosi contributi di economisti dei trasporti che mostravano come le previsioni di crescita dei traffici fossero del tutto irrealistiche. Vediamo alcuni numeri: in base alle previsioni governative, nel 2035 lungo il corridoio di progetto del Tav avrebbero dovuto transitare oltre 43 milionidi tonnellate di merci su strada e 15 su ferrovia; a metà secolo i flussi su strada avrebbero dovuto superare gli 80 milioni di tonnellate. Tali previsioni erano incoerenti con l’evoluzione storica dei traffici. La strada aveva conosciuto una rapida crescita fino alla prima metà degli anni ‘90 dello scorso secolo per poi declinare, anche in ragione del forte aumento dei pedaggi praticati lungo i trafori del Monte Bianco e del Fréjus, nella decade successiva e ulteriormente in quella immediatamente alle nostre spalle. Il traffico su ferrovia ha oscillato tra gli 8 e i 10 milioni di tonnellate tra il 1980 e il 2000. Tra il 2003 e il 2011 la galleria è stata ammodernata con forte limitazione della circolazione dei convogli. Nel periodo successivo alla conclusione dei lavori non si è registrata alcuna ripresa dei flussi che si attestano attualmente intorno ai 3 milioni di tonnellate (lo stesso valore registrato a fine anni ‘60).
Seppure in clamoroso ritardo, sono ora gli stessi proponenti del progetto a porsi l’interrogativo. Leggiamo ancora nel documento: “La domanda che i decisori devono farsi è invece un’altra: ‘Al punto in cui siamo arrivati, avendo realizzato ciò che già abbiamo fatto, ha senso continuare come previsto allora? Oppure c’è qualcosa da cambiare? O, addirittura, è meglio interrompere e rimettere tutto com’era prima?’ ”.
Purtroppo, la risposta che viene data all’interrogativo sembra dare ragione a quanto scrisse Henry Kissinger: “Quando un ragguardevole prestigio burocratico è stato investito in una politica è più facile vederla fallire che abbandonare”. Si riesuma la retorica dell’anello mancante della rete ferroviaria europea, si ripropongono le già più volte confutate motivazioni ambientali a favore del trasferimento modale dalla strada alla ferrovia. La qualità dell’aria, a Torino, in Valsusa come in tutta Europa è in miglioramento da decenni. Tale tendenza proseguirà in futuro grazie alla progressiva sostituzione dei mezzi più inquinanti: dieci veicoli pesanti a standard Euro VI emettono come uno solo Euro 0. Gli storici utenti del Fréjus e del Monte Bianco sanno molto bene come la qualità dell’aria nei trafori un paio di decenni fa fosse ben peggiore di oggi. Si può aggiungere, tra parentesi, che la qualità dell’aria al confine italo-francese dove il 93%delle merci utilizza la strada è migliore rispetto a quella lungo il confine svizzero.
Si riafferma di voler proseguire lungo il percorso intrapreso senza peraltro fornire alcun nuovo elemento quantitativo a sostegno della fattibilità economica del progetto. Per molti decenni non si registrerà infatti alcun vincolo di capacità sulla rete stradale, unico fattore che potrebbe, a determinate condizioni, giustificare l’opera. I tunnel stradali sul versante occidentale delle Alpi sono infatti utilizzati all’incirca per un terzo ed è in fase di realizzazione una seconda “canna” del traforo del Fréjus che allontanerà ulteriormente la prospettiva di saturazione delle infrastrutture esistenti.
Come dimostra l’esperienza svizzera, neppure con il tunnel di base la ferrovia potrebbe diventare competitiva con la strada e dovrà continuare a essere pesantemente sussidiata. Non solo, come ebbe a dire tempo fa l’ex presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta: “Toccherà al governo mettere in campo politiche di disincentivo economico del trasporto su gomma a favore di un trasferimento modale, specie delle merci, verso il ferro”. Politiche di disincentivo economico significano un incremento artificiale dei costi del trasporto: è come se un’impresa incapace di contrastare un concorrente di maggior successo chiedesse al governo di incrementare il livello di tassazione che grava sui servizi prodotti da quest’ultimo per metterlo fuori mercato o, peggio, ne impedisse l’acquisto.
La conferma del progetto non può che essere giudicata un pessima scelta: costosa per i contribuenti che pagheranno prima per la costruzione e dopo per incentivare l’uso dei servizi, dannosa per l’economia come dimostrano le analisi costi-benefici indipendenti e irrilevante per l’ambiente. Ma assai gradita dai costruttori e da un manipolo di operatori ferroviari che vorrebbero prosperare a nostre spese.
25 febbraio 2018
Invece di fare la TAV, inutile e dispendiosa, ed evitare anche che le ditte appaltatrici, sempre che siano già state appaltate, facciano ricorso e chiedano eventuali penali, perchè non appaltiamo il rifacimento della rete ferroviaria del sud ormai in disfacimento?
Perchè in Italia, da tempo immemorabile, prolificano i lavori per migliorare il nord e non si fa niente di buono per il sud?

sabato 21 luglio 2018

Francia, moneta uso coloniale

L'immagine può contenere: 4 persone, persone che sorridono, persone in piedi
(nella foto Christine Lagarde, ministro delle finanze e al commercio estero di Sarkozy oggi presidente del Fondo Monetario Internazionale, una delle tre teste della Troika, in una recente visita in Africa)...

Ieri sera, proprio mentre il mondo scopriva i reali motivi per cui la Francia di feccia-Sarkozy avesse deciso di scatenare l'inferno in Libia, sono andato a una cena con discussione organizzata da un collettivo di migranti del West e Centro Africa francofoni qui a Berlino: il Corasol.
Il dibattito era sul CAF: il Franco Centro Africano. Vale a dire la moneta utilizzata in 14 stati africani ancora oggi.
Incredibile per me che non ne sapevo nulla è stato capire quanto 14 stati, formalmente indipendenti dal 1960, siano ancora oggi colonie francesi e quindi europee de facto, per via monetaria ed economica. Parliamo di Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Benin, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Guinea Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo.
Questi paesi, un po' come la Grecia della Troika, non hanno alcuna libertà economica, non hanno libertà di poter commerciare tra loro, le loro monete vengono anche materialmente prodotte in Francia (cioè in Unione Europea), le loro banche centrali, le loro istituzioni economiche e finanziarie devono ancora oggi prevedere la presenza di un rappresentante francese con diritto di veto.

La moneta ad uso coloniale è usata da centinaia di milioni di africani e il 65% degli interessi su ogni scambio, deposito ed operazione va dritta dritta nelle casse dello stato francese.
Estrazione pura di ricchezza, dai molti (poveri e africani) ai pochi (ricchi e bianchi europei).
La moneta è legata con un cambio fisso in Euro (1 euro vale 655 CAF) e per essere cambiata in Yuan, Dollari, Pesos ecc deve essere prima tramutata in Euro. Questi vincoli economici coloniali rendono queste economie sempre più indebitate con l'UE malgrado non spendano nulla e le vincolano ad una moneta forte come l'euro che rende impossibile qualunque export e limitato qualunque import (ad un Camerunense conviene comprare pomodori cinesi invece che i propri).
Merci e capitali Westafricani e Centroafricani DEVONO, non "possono" ma DEVONO, passare per Parigi e Francoforte, gli esseri umani ovviamente no, a loro tocca morire nel deserto o nel Mediterraneo o essere chiamati con disprezzo "migranti economici"!
Per me che non conoscevo la questione, una verità odiosa e sconvolgente che mi da un motivo in più per tirare una testata al primo coglione cui sento dire "aiutiamoli a casa loro".
Nella storia, da Lumumba a Sankara, fino al recente ministro dell'economia del Mali tre anni fa o alla Costa d'Avorio 7 anni fa, chiunque abbia provato a liberarsi da questo giogo economico ha pagato con la vita sua o della gente del suo paese.
Consiglio di dare un'occhiata qui:

venerdì 20 luglio 2018

Trattativa Stato-mafia, i giudici: “Da Berlusconi soldi a Cosa nostra tramite Dell’Utri anche da premier e dopo le stragi”. - Giuseppe Pipitone

Trattativa Stato-mafia, i giudici: “Da Berlusconi soldi a Cosa nostra tramite Dell’Utri anche da premier e dopo le stragi”

Nelle motivazioni della sentenza Trattativa vengono dettagliate le elargizioni di Silvio Berlusconi (già a Palazzo Chigi) ai mafiosi tramite il co-fondatore di Forza Italia: "È determinante rilevare che tali pagamenti sono proseguiti almeno fino al dicembre 1994". Non solo. Secondo i giudici, lo stalliere di Arcore - e rappresentante dei clan - Vittorio Mangano era informato in anteprima di novità legislative relative alla custodia cautelare direttamente dal fondatore di Publitalia "per provare il rispetto dell'impegno assunto con i mafiosi".

L’Italia ha avuto un presidente del consiglio che pagava Cosa nostra mentre sedeva a Palazzo Chigi. E non negli anni Cinquanta, ma almeno fino alla fine del 1994 quando la mafia aveva già mostrato il suo volto più feroce: aveva fatto a pezzi Giovanni FalconeFrancesca Morvillo, Paolo Borsellino, otto agenti di scorta, dieci civili, comprese due bambine. Quel presidente del consiglio si chiama Silvio Berlusconi ed elargiva denaro ai mafiosi sempre nello stesso modo: tramite il fido Marcello Dell’Utri. Ne sono sicuri i giudici della corte d’Assise di PalermoE lo scrivono nelle motivazioni della sentenza che ha condannato l’ex senatore di Forza Italia a dodici anni di carcere alla fine del processo sulla Trattativatra pezzi dello Stato e Cosa nostra.
L’ex parlamentare – recentemente scarcerato per motivi di salute – è stato condannato per violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato. Ha cioè trasmesso al primo governo della Seconda Repubblica la minaccia di Cosa nostra: la promessa di altre bombe e altre stragi se non fosse cessata l’offensiva antimafia dell’esecutivo. Che in qualche modo cede. E inserisce una piccola leggina pro mafia in un decreto legge che non aveva visto nessuno. Ma della cui esistenza Vittorio Mangano fu informato da Marcello Dell’Utri. Che di quel governo non faceva parte.

“Berlusconi sapeva dei contatti tra Dell’Utri e Cosa nostra” – D’altra parte quell’esecutivo minacciato dai boss era presieduto da un uomo che i boss li paga da anni. Almeno fino al 1992, diceva la Corte di Cassazione che ha condannato in via definitiva Dell’Utri per concorso esterno. I giudici presieduti da Alfredo Montalto, però, la pensano diversamente. Ci sono “ragioni logico-fattuali che conducono a non dubitare che Dell’Utri abbia effettivamente riferito a Berlusconi quanto di volta in volta emergeva dai suoi rapporti con l’associazione mafiosa Cosa nostra mediati da Vittorio Mangano (ma, in altri casi, anche da Gaetano Cinà). Il fatto che Berlusconi fosse stato sempre messo a conoscenza di tali rapporti è, d’altra parte, incontestabilmente dimostrato dal ricordato esborso, da parte delle società facenti capo al Berlusconi medesimo, di ingenti somme di denaro, poi, effettivamente versate a  Cosa nostra. Dell’Utri, infatti, senza l’avallo e l’autorizzazione di Berlusconi, non avrebbe potuto, ovviamente, disporre di così ingenti somme recapitate ai mafiosi”, scrivono nelle 5252 pagine delle motivazioni della sentenza depositate nel giorno dell’anniversario della strage di via d’Amelio.
“Da Berlusconi soldi a Cosa nostra fino al dicembre del 1994” – Il fatto che Berlusconi pagasse Cosa nostra, come detto, era noto ma fino ad oggi ritenuto provato solo fino al 1992, cioè prima dell’inizio delle stragi e a due anni dall’impegno politico dell’imprenditore. “È determinante rilevare che tali pagamenti sono proseguiti almeno fino al dicembre 1994 quando a Di Natale fu fatto annotare il relativo versamento di L. 250.000.000 nel libro mastro che in quel momento egli gestiva, perché ciò dimostra inconfutabilmente che ancora sino alla predetta data (dicembre 1994) Dell ‘Utri, che faceva da intermediario, riferiva a Berlusconi riguardo ai rapporti con i mafiosi, attenendone le necessarie somme di denaro e l’autorizzazione a versare e a Cosa nostra”.

Il pentito: “Soldi dal serpente”. Cioè dal Biscione – I giudici si riferiscono a Giusto Di Natale, pentito della famiglia di Resuttana che ha raccontato di come Cosa nostra etichettasse con la parola “sirpiente” – cioè dal siciliano, serpente – il denaro ricevuto come “pizzo” dalle aziende dal Biscione e cioè da Berlusconi. “Una volta venne il Guastella (il killer Pino Guastella ndr) , non mi portò il denaro, ma mi disse di annotare 250 milioni di lire, dice: Scrivici u sirpiente, che queste sono le antenne televisive di Berlusconi che si trovano a Monte Pellegrino. Il serpente stava per il Biscione, insomma, volgarmente il Biscione che c’era nella pubblicità di Mediaset e invece di scrivere Biscione mi ha detto scrivi u sirpiente, in siciliano, per capire che si trattava delle antenne televisive”. A che periodo si riferisce Di Natale? “Siamo a fine anno, le grosse cifre entravano ogni volta a fine anno: ’94 siamo … nel fatto delle antenne televisive. Ogni gruppo di estorsioni, ogni estorsione aveva il suo referente diciamo”. E il referente di quell’estorsione è Vittorio Mangano.
“Dell’Utri parlava con Mangano parlava di legge” – Se Dell’Utri è la cinghia di trasmissionedella minaccia di Cosa nostra al governo Berlusconi, nel 1994 Mangano – lo stalliere di Arcore – rappresenta direttamente la volontà della Piovra. “Dell’Utri interloquiva con Berlusconi anche riguardo al denaro da versare ai mafiosi ancora nello stesso periodo temporale (1994) nel quale incontrava Vittorio Mangano per le problematiche relative alle iniziative legislative oggetto dei suoi colloqui con il medesimo Mangano, così che non sembra possibile dubitare che Dell’Utri abbia informato Berlusconi anche di tali colloqui e, in conseguenza, della pressione o dei tentativi di pressione che, come si detto, anche secondo la Corte di Cassazione, erano inevitabilmente insiti negli approcci di Vittorio Mangano e che, altrettanto inevitabilmente per la caratura criminale dei richiedenti, portavano seco l’implicita minaccia di ritorsioni, d’altra parte, già espressamente prospettata, come si è visto sopra, durante la precedente campagna elettorale”. Per i giudici è il passaggio fondamentale, cioè la prova che effettivamente il governo Berlusconi percepì la minaccia mafiosa.

Le leggi a favore dei boss raccontate “in anteprima” ai boss – Talmente tanto che – in almeno un’occasione – il primo esecutivo guidato da Forza Italia portò avanti iniziative legislative favorevoli a Cosa nostra. E Cosa nostra venne informata prima degli stessi ministri del governo Berlusconi. “Ci si intende riferire al fatto che in quella occasione del giugno – luglio 1994 Dell’Utri ebbe a riferire a Mangano ‘in anteprima’ di una imminente modifica legislativa in materia di arresti per gli indagati di mafia(lo racconta il pentito Salvatore Cucuzza: “Per quanto riguardava il 416 bis, per quanto riguarda l’arresto sul 416 bis c ‘era stata una piccola modifica … “) senza clamore, o per meglio dire nascostamente tanto che neppure successivamente fu rilevata, inserita nelle pieghe del testo di un decreto legge che rimase pressoché ignoto, nel suo testo definitivo, persino ai Ministri sino alla vigilia, se non in qualche caso allo stesso giorno, della sua approvazine da parte del Consiglio dei Ministri del Governo presieduto da Berlusconi”. In pratica Mangano sapeva di modifiche di legge decise dal governo prima che ne fossero informati gli stessi ministri. Di che cosa si parla? “È stato effettivamente riscontrato che tra le pieghe nascoste del decreto 14 luglio 1994 n. 440, v’era anche una ‘piccola modifica‘ dell’art. 275 c.p.p. nella parte in cui stabiliva che per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. dovesse essere sempre applicata la misura della custodia cautelare in carcere salvo che non fossero acquisiti elementi tali da escludere la sussistenza delle esigenze cautelari. Si trattava, in sostanza, di quella presunzione di legge che, di fatto, imponeva sempre il carcere per gli indagati di mafia arrestati”. Tradotto: Mangano sapeva prima di molti ministri che il governo voleva alleggerire la norme antimafia e lo sapeva nonostante si trattasse di una norma “mai pubblicizzata e, anche per la sua tecnicalità, non ricavabile dalla lettura di giornali”.
“Leggi anticipate a Mangano per provare il rispetto degli impegni” – Cosa nostra sapeva di proposte di legge che non conosceva nessuno. E lo sapeva perché gliele raccontava Dell’Utri. “A ciò si aggiunga che quel decreto legge era stato deciso per intervenire su reati del tutto diversi da quelli di mafia (v. anche testimonianza Maroni, già riportata,a proposito della sua sorpresa quando gli fu fatta notare dal Procuratore Caselli la modifica concernente la comunicabilità delle iscrizioni nel registro degli indagati: “E io gli chiesi: come è possibile, che cosa c’entra la corruzione e la concussione, la custodia cautelare?”) e che, pertanto, non vi era ragione per la quale un soggetto estraneo al Governo, qual era Dell ‘Utri, fosse informato sino ai più minuti – e, si ripete, nascosti – dettagli di quel provvedimento idonei ad incidere anche sui reati di mafia”, sottolineano i giudici. E ancora: “Ora, il fatto che, invece, Dell’Utri fosse informato di tale modifica legislativa, tanto da riferirne a Mangano per provare il rispetto dell’impegno assunto con i mafiosi, dimostra ulteriormente che egli stesso continuava a informare Berlusconi di tutti i suoi contatti con i mafiosi medesimi anche dopo l’insediamento del Governo da quest’ultimo presieduto, perché soltanto Berlusconi, quale presidente del Consiglio, avrebbe potuto autorizzare un intervento legislativo quale quello che fu tentato con l’approvazione del decreto legge del 14 luglio 1994 n. 440 e, quindi, riferirne a Dell’Utri per “tranquillizzare” i suoi interlocutori, così come il Dell’Utri effettivamente fece”.

“B. destinatario finale” – Cosa vuol dire tutto questo? “Si ha definitiva conferma, pertanto, che anche il destinatario finale della pressione o dei tentativi di pressione, e cioè Berlusconi, nel momento in cui ricopriva la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri, venne a conoscenza della minaccia in essi insita e del conseguente pericolo di reazioni stragiste (d’altronde in precedenza espressamente già prospettato) che un’inattività nel senso delle richieste dei mafiosi avrebbe potuto fare insorgere”. Silvio Berlusconi, presidente del consiglio, già definito “utilizzatore finale” e da oggi anche destinatario finale della pressione di Cosa nostra. Pagata anche dopo le stragi. Dall’uomo che sedeva a Palazzo Chigi. È nata così la Seconda Repubblica italiana.
I soldi che Berlusconi elargiva a Cosa Nostra erano, in effetti, di Cosa nostra, L'impero economico che Berlusconi ha creato era il frutto della fideiussione ricevuta da Banca Rasini, la banca dei mafiosi che conservava e custodiva i soldi di Reina, Provenzano, Mangano e Calò. Praticamente, ne sono convinta, l'impero creato dal Berlusca era il riciclaggio del denaro sporco della mafia e Forza Italia è il partito voluto dalla mafia..

mercoledì 18 luglio 2018

Scoperte altre 12 lune di Giove.

Giove con quattro delle sue 79 lune (fonte: ESA) © Ansa
Giove con quattro delle sue 79 lune (fonte: ESA)RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA/Ansa

Ora sono 79, record nel Sistema Solare.


Scoperte altre 12 lune di Giove, che sommate a quelle finora note portano il totale a 79, un record nel Sistema Solare. Fra i nuovi mondi uno in particolare è piuttosto bizzarro: è molto piccolo e ha un’orbita opposta a quella di tutti gli altri. Le nuove lune sono state individuate dai planetologi della Carnegie Institution for Science americana, coordinati da Scott Sheppard, in collaborazione con l’Università delle Hawaii e dell’Università dell’Arizona settentrionale. I dettagli sono illustrati La scoperta è pubblicata sulla rivista dell’Accademia americana delle Scienze, Pnas.



Le prime osservazioni risalgono alla primavera 2017, grazie al telescopio Blanco in Cile, gestito dall’Osservatorio astronomico ottico nazionale degli Stati Uniti e sono poi state confermate da altri telescopi. La scoperta, come spesso avviene nella scienza, è avvenuta per caso, “mentre cercavamo nuovi oggetti oltre l’orbita di Plutone, nelle regioni più remote del Sistema Solare”, ha spiegato Sheppard. Per confermare che le orbite fossero proprio intorno a Giove, che si trattasse cioè di sue nuove lune “è stato necessario un anno di osservazioni”, ha aggiunto.
Le analisi indicano che 9 delle nuove lune orbitano in circa un anno in direzione opposta alla rotazione di Giove. Altre 2 orbitano invece più internamente, in meno di un anno e nella stessa direzione. L’ultima è la più strana, una sorta di brutto anatroccolo. Chianmata Valetudo, come la divinità romana del benessere e della salute pronipote del dio Giove, è la più piccola, con un diametro di meno di un chilometro. Si trova insieme alle prime 9, ma è l’unica a muoversi in direzione opposta rispetto alle altre, intersecandone spesso l’orbita. “Una situazione instabile, che può generare collisioni”, ha concluso Sheppard. Proprio le carambole cosmiche, secondo gli esperti, sarebbero state all’origine di queste nuove lune gioviane.

http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2018/07/17/scoperte-altre-12-lune-di-giove-_c469503d-f500-45b5-a4f0-b0a4fbc78a06.html