domenica 13 gennaio 2019

Una analisi congiunta con Dmitry Orlov sul collasso degli Stati Uniti. - The Saker



L’Occidente è marcio!   Può essere… ma senti che buon odore…Barzelletta dell’era sovietica
La parola “catastrofe” ha diversi significati, ma il concetto originale greco è quello di una “improvvisa recessione” (in greco katastrophē “ribaltamento, svolta improvvisa” da kata “giù” + strofe “girare”). Per quanto riguarda la parola “superpotenza,” anche per questa esistono diverse definizioni possibili, ma le mie preferite sono: 
questa, “superpotenza è un termine usato per descrivere uno stato con una posizione dominante, caratterizzato dalla sua ampia capacità di esercitare influenza o proiettare forza su scala globale. Ciò si ottiene attraverso una combinazione di forza economica, militare, tecnologica e culturale, nonché con l’opera della diplomazia e della capacità di persuasione. Tradizionalmente, le superpotenze si trovano preminentemente fra le grandi potenze,” 
questa, “una nazione estremamente potente, specialmente una in grado di influenzare gli eventi internazionali e gli atti e le politiche delle nazioni meno potenti,” 
o ancora questa“un organo di governo internazionale, in grado di imporre la propria volontà su quella degli stati più potenti.”
Ho già parlato del visibilissimo declino degli Stati Uniti e del suo impero in molti dei miei articoli, quindi non mi ripeterò qui, se non per dire che la “capacità di esercitare influenza ed imporre la propria volontà” è probabilmente il criterio migliore per misurare l’entità della caduta degli Stati Uniti da quando Trump è salito al potere (il processo era già stato avviato da Dubya e da Obama, ma ha sicuramente accelerato con The Donald). Quello che vorrei fare è usare una metafora per rivisitare il concetto di catastrofe.
Se si posiziona un oggetto in mezzo ad un tavolo e poi lo si spinge fino al bordo, ci vorrà una certa quantità di energia, che possiamo chiamare “E1”. Poi, se il bordo del tavolo è liscio e vogliamo spingere l’oggetto oltre il bordo, basterà una quantità di energia molto più piccola, che possiamo chiamare “E2”. E, nella maggior parte dei casi (se il tavolo è abbastanza grande), si scoprirà anche che E1 è molto più grande di E2, ma che E2, per il fatto di essere avvenuta dopo E1, ha innescato un evento molto più drammatico: invece di planare dolcemente oltre il piano del tavolo, l’oggetto cade di colpo e va in pezzi. Questa caduta improvvisa può anche essere definita una “catastrofe“. Questo capita anche nella storia, prendete l’esempio dell’Unione Sovietica.
Il destino di tutti gli imperi
Alcuni lettori potrebbero ricordare come Alexander Solzhenitsyn avesse ripetutamente dichiarato negli anni ’80 di essere sicuro che il regime sovietico sarebbe crollato e che sarebbe potuto ritornare in Russia. Naturalmente, era stato ridicolizzato in modo caustico da tutti gli “specialisti” e da tutti gli “esperti”. Del resto, perché qualcuno avrebbe dovuto ascoltare un eccentrico esiliato russo con idee politicamente sospette (c’erano voci di “monarchismo” e di “antisemitismo”) quando l’Unione Sovietica era un’immensa superpotenza, armata fino ai denti, con un enorme servizio di sicurezza, con alleati politici e sostenitori in tutto il mondo? Non solo, ma tutti gli specialisti e gli esperti “rispettabili” erano unanimi nel ritenere che, anche se il regime sovietico soffriva di diversi problemi, era ben lungi dal collasso. L’idea che la NATO avrebbe presto sostituito l’esercito sovietico non solo nell’Europa Orientale, ma anche in una parte della stessa Unione Sovietica era assolutamente impensabile. Eppure è successo proprio questo, il tutto molto, molto velocemente. Mi verrebbe da dire che l’Unione Sovietica è completamente crollata in meno di 4 anni: dal 1990 al 1993. Come e perché questo sia accaduto va oltre lo scopo di questo articolo, ma ciò che è innegabile è che nel 1989 l’Unione Sovietica era ancora un’entità all’apparenza potente, mentre, alla fine del 1993, era praticamente sparita (fatta a pezzi dalla stessa nomenklatura che l’aveva governata). Come mai non lo aveva previsto quasi nessuno?
Perché un’analisi condizionata dall’ideologia porta al compiacimento intellettuale, al fallimento dell’immaginazione e, di solito, all’incapacità quasi totale di prendere in considerazione, anche ipoteticamente, i possibili risultati. Questo è il perchè quasi tutti gli “specialisti sovietici” si erano sbagliati (il KGB, al contrario, aveva previsto questo risultato e aveva avvertito il Politburo, ma i gerontocrati sovietici erano ideologicamente paralizzati ed erano incapaci, e spesso anche contrari, a prendere una qualsiasi misura preventiva). Il regime massonico di Kerensky in Russia nel 1917, la monarchia in Iran o il regime dell’apartheid in Sud Africa erano crollati molto in fretta, una volta messo in atto e avviato il meccanismo di autodistruzione.
Potete pensare al “meccanismo di autodistruzione del regime” come alla nostra fase E1 nella metafora di cui sopra. Per quanto riguarda E2, potete immaginarla come un qualsiasi, piccolo evento scatenante che innesca il collasso rapido e finale, apparentemente con  grande facilità e minimo dispendio di energia.
A questo punto, è importante spiegare come si presenta esattamente un “collasso finale”. Alcune persone pensano erroneamente che una società o una nazione collassata assomigli al mondo di Mad Max. Non è così. L’Ucraina è uno stato fallito già da diversi anni, ma esiste ancora sulle carte geografiche. La gente ci vive, ci lavora, la maggior parte di essa ha ancora l’elettricità (anche se non 24 ore al giorno e 7 giorni su 7), esiste un governo e, almeno ufficialmente, la legge e l’ordine vengono mantenuti.
Questo tipo di società fallita può andare avanti per anni, forse per decenni, ma è comunque in uno stato di collasso, poiché ha attraversato tutte le 5 fasi del collasso, così come sono state descritte da Dmitry Orlov nel suo libro “The Five Stages of Collapse: Survivors ‘Toolkit”,  dove l’autore definisce le seguenti 5 fasi del collasso:
• Fase 1: collasso finanziario. La fede nell’“ordinaria amministrazione” è persa.
• Fase 2: collasso commerciale. La fede nel “ci penserà il mercato” è persa.
• Fase 3: collasso politico. La fede nel “il governo si prenderà cura di te” è persa.
• Fase 4: collasso sociale. La fede nel “la tua gente si prenderà cura di te” è persa.
• Fase 5: collasso culturale. La fede nella “bontà dell’umanità” è persa.
Avendo visitato di persona l’Argentina negli anni ’70 e ’80 e visto la Russia all’inizio degli anni ’90, posso attestare che una società può collassare completamente, pur mantenendo molte delle caratteristiche esterne di una normale società ancora funzionante. A differenza del Titanic, la maggior parte dei regimi collassati non affondano completamente. Rimangono metà sotto e metà sopra l’acqua, magari con un’orchestrina che suona ancora qualche musichetta. E nelle cabine più costose del ponte superiore, l’elite riesce ancora a mantenere uno stile di vita abbastanza lussuoso. Ma, per la maggior parte dei passeggeri, un simile collasso vuol dire povertà, insicurezza, instabilità politica e un’enorme perdita di benessere. Inoltre, in termini di movimento, una nave mezza affondata non è affatto una nave.
Ecco la cosa più importante: finché gli altoparlanti della nave continuano ad annunciare bel tempo e brunch a buffet, e finché la maggior parte dei passeggeri rimangono nelle loro cabine, incollati davanti alla TV invece di guardare fuori dagli oblò, l’illusione della normalità può essere mantenuta per un tempo abbastanza lungo, anche dopo un collasso. Durante la fase E1 delineata sopra, la maggior parte dei passeggeri verrà tenuta completamente all’oscuro (perchè non insorgano o protestino) e solo dopo l’avvento di E2 (totalmente inaspettato per la maggior parte di essi) la realtà, alla fine, distruggerà l’ignoranza e le illusioni di quei passeggeri a cui era stato fatto il lavaggio del cervello.
Obama è stato veramente l’inizio della fine 
Ho vissuto negli Stati Uniti dal 1986 al 1991 e dal 2002 fino ad oggi e non ho alcun dubbio che il paese abbia subito un enorme declino negli ultimi decenni. In realtà, direi che gli Stati Uniti hanno vissuto in condizioni E1 almeno da Dubya in poi e che questo processo ha accelerato drammaticamente con Obama e con Trump. Credo che abbiamo raggiunto il punto E2, “il bordo del tavolo”, nel 2018 e che da ora in poi anche un incidente relativamente piccolo potrebbe determinare un’improvvisa recessione (cioè una “catastrofe”). Tuttavia, ho deciso di verificare la situazione con l’indiscusso specialista di questo problema e così ho mandato una mail a Dmitry Orlov e gli ho posto la seguente domanda:
Nel tuo recente articolo “The Year the Planet Flipped Over” [L’anno in cui il pianeta si è ribaltato] dipingi un quadro devastante dello stato dell’Impero:
Si può già tranquillamente affermare che il piano di Trump per ripristinare la grandezza dell’America (MAGA) è un fallimento. Dietro le statistiche ottimistiche sulla crescita economica degli Stati Uniti rimane il fatto odioso che [questo dato positivo] è il risultato di un’esenzione fiscale concessa alle società transnazionali, per incoraggiarle a rimpatriare i loro profitti. Non solo non le ha aiutate (le loro quotazioni azionarie sono attualmente in forte calo), ma si è rivelata un disastro per il governo degli Stati Uniti, così come per il sistema economico nel suo insieme.
Le entrate fiscali sono diminuite, con un conseguente deficit di oltre 779 miliardi di dollari. Nel frattempo, le guerre doganali dichiarate da Trump hanno fatto crescere il deficit commerciale del 17% rispetto all’anno precedente. I piani di rimpatrio per la produzione industriale [precedentemente delocalizzata] nei paesi a basso costo sono tuttora in alto mare, perché mancano totalmente negli Stati Uniti i tre elementi chiave che la Cina aveva avuto a disposizione per la sua industrializzazione (energia a basso costo, manodopera a basso costo e bassi costi di gestione).
Il debito pubblico è già oltre il ragionevole e la sua espansione continua ad accelerare, con una previsione che, per quanto riguarda unicamente il pagamento degli interessi sul debito,  dovrebbe superare i 500 miliardi di dollari l’anno, entro un decennio. Questa traiettoria non promette nulla di buono per l’esistenza stessa degli Stati Uniti. Nessuno, negli Stati Uniti o altrove, ha il potere di cambiare questa tendenza in modo significativo. Le sbandate di Trump potrebbero aver fatto precipitare gli eventi più velocemente del normale, almeno nel senso che potrebbero aver aiutato a convincere il mondo che gli Stati Uniti sono egoisti, inoffensivi, in definitiva autodistruttivi, e generalmente inaffidabili come partner. Alla fine, non importa chi sia il presidente degli Stati Uniti, la situazione non cambia.
Tra quelli a cui il presidente degli Stati Uniti è riuscito a far più male vi sono i suoi alleati europei. I suoi attacchi alle esportazioni energetiche russe verso l’Europa, contro le case automobilistiche europee e contro gli scambi commerciali europei con l’Iran hanno provocato una gran quantità di danni, sia politici che economici, senza che potessero essere compensati da benefici reali o almeno percepiti. Nel frattempo, mentre l’ordine mondiale globalista, che una larga parte della popolazione europea sembra pronta a considerare un fallimento, inizia a sgretolarsi, l’Unione Europea sta diventando rapidamente ingovernabile, con i partiti politici governativi incapaci di formare coalizioni e sempre più populisti che escono allo scoperto.
È troppo presto per dire che l’UE ha fallito completamente, ma sembra già abbastanza certo che entro un decennio essa cesserà di essere un attore internazionale serio. Sebbene la qualità disastrosa e gli errori rovinosi della dirigenza dell’Unione Europea abbiano una grossa responsabilità, parte di essa dovrebbe essere attribuita al comportamento erratico e distruttivo del loro Grande Fratello d’oltreoceano. L’UE si è già trasformata in una entità strettamente regionale, incapace di proiettare il suo potere o mantenere ambizioni geopolitiche globali.
Lo stesso vale per Washington, che se ne andrà volontariamente (per mancanza di soldi) o verrà cacciata [a forza] da gran parte del mondo. La partenza dalla Siria è inevitabile, sia che Trump, sotto la pressione incessante dei falchi bipartisan, rinneghi o no questo impegno. Ora che la Siria dispone di una moderna forza di difesa antiaerea fornitale dalla Russia, gli Stati Uniti non mantengono più la superiorità aerea e, senza superiorità aerea, le forze armate statunitensi non possono fare nulla.
L’Afghanistan è il prossimo; è molto probabile che i Washingtoniani non saranno in grado di raggiungere un accordo ragionevole con i Talebani. La loro partenza significherà la fine di Kabul come centro di corruzione, dove gli stranieri fanno man bassa degli aiuti umanitari e delle altre risorse. Durante tutto questo processo, verrà anche ritirato quello che rimane delle truppe statunitensi dall’Iraq, dove il parlamento, irritato dalla visita improvvisa di Trump ad una base americana, ha recentemente votato per la loro espulsione. E questo danneggerà l’intera avventura americana in Medio Oriente; dall’11 settembre in poi sono stati sprecati 4.704 miliardi di dollari, per essere precisi, 14.444 dollari per ogni uomo, donna e bambino negli Stati Uniti.
I più grandi vincitori, ovviamente, sono le popolazioni dell’intera regione, perché non saranno più soggette alle vessazioni e ai bombardamenti indiscriminati degli Stati Uniti. Gli altri vincitori sono la Russia, la Cina e l’Iran, con la Russia che consolida la sua posizione come arbitro definitivo degli accordi internazionali sulla sicurezza, grazie alle sue capacità militari senza precedenti e alla sua comprovata esperienza nell’imporre la pace con metodi coercitivi. Il destino della Siria sarà deciso da Russia, Iran e Turchia, gli Stati Uniti non saranno nemmeno invitati ai negoziati. L’Afghanistan aderirà all’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai.
E i più grandi perdenti saranno gli ex alleati regionali degli Stati Uniti, in primo luogo Israele, poi l’Arabia Saudita.
La mia domanda è questa: dove collocheresti gli Stati Uniti (o l’Impero) nelle tue 5 fasi del collasso e credi che gli USA (o l’Impero) siano in grado di invertire questa tendenza?
Ecco la risposta di Dmitry:
Il collasso, in ogni fase, è un processo storico che ha bisogno tempo per seguire il suo corso, perchè il sistema si adatta alle circostanze in continua evoluzione, compensa le proprie debolezze e trova modi per continuare a funzionare più o meno bene. Ma ciò che cambia all’improvviso è la fede o, per dirla in termini più aziendali, il sentimento. Un ampio segmento della popolazione o un’intera classe politica all’interno di una nazione o del mondo intero può continuare a funzionare sulla base di un certo insieme di presupposti per molto più tempo di quanto ci si aspetterebbe in base alla situazione, per poi passare, in un lasso di tempo brevissimo, ad insieme di presupposti completamente diversi. Tutto ciò che sostiene lo status quo [del sistema] al di là di questo punto è l’inerzia istituzionale. Essa impone dei limiti a quanto velocemente i sistemi possono cambiare senza crollare del tutto. Oltre quel punto, le persone tollereranno le metodiche più vecchie solo fino a quando non si sarà trovato il modo di sostituirle.
Fase 1: collasso finanziario. La fede nell’”ordinaria amministrazione” è persa.
A livello internazionale, il principale cambiamento mondiale del senso di fiducia ha a che fare con il ruolo del dollaro americano (e, in misura minore, dell’euro e dello yen, le altre due valute di riserva dello sgabello bancario globalista a tre gambe). Il mondo sta passando all’utilizzo delle valute locali, alle conversioni valutarie e ai mercati delle materie prime sostenuti dall’oro. Il catalizzatore di questa nuova consapevolezza è stato fornito dalla stessa amministrazione statunitense, che ha segato il ramo su cui stava seduta con il suo abuso di sanzioni unilaterali. L’uso del potere di controllo sugli scambi basati sul dollaro per bloccare le transazioni internazionali a lei non gradite ha costretto gli altri paesi a cercare delle alternative. Ora, un elenco crescente di paesi considera l’idea di liberarsi delle catene del dollaro americano alla stregua di un obbiettivo strategico. La Russia e la Cina usano il rublo e lo yuan per il loro commercio in espansione, L’Iran vende petrolio all’India in rupie. L’Arabia Saudita ha iniziato ad accettare lo yuan per il suo petrolio.
Questo cambiamento produce molti effetti a catena. Se il dollaro non è più necessario per il commercio internazionale, le altre nazioni non ne devono più detenere grandi quantità come riserva. Di conseguenza, non è più necessario acquistare grandi quantità di buoni del tesoro statunitensi. E quindi, non è più necessario avere grandi eccedenze commerciali con gli Stati Uniti (cioè operare praticamente in perdita). Inoltre, l’attrattiva degli Stati Uniti come mercato di esportazione cala e il costo delle importazioni verso gli Stati Uniti sale, facendo in questo modo aumentare l’inflazione al consumo. Ne segue una spirale viziosa, in cui le capacità del governo degli Stati Uniti di accendere prestiti a livello internazionale per finanziare la voragine aperta dai suoi tanti deficit risultano compromesse. Dopo vengono il default sovrano del governo degli Stati Uniti e la bancarotta nazionale.
Gli Stati Uniti possono ancora sembrare potenti, ma, con la loro terribile situazione fiscale e con il continuo diniego dell’inevitabilità della bancarotta, sembrano quasi la Blanche DuBois della commedia Tennessee Williams “A Streetcar Named Desire” [Un tram che si chiama Desiderio]. “Dipendeva sempre dalla gentilezza degli estranei,” ma era tragicamente incapace di distinguere tra gentilezza e desiderio. In questo caso, il desiderio è di avere vantaggi e sicurezza per la propria nazione, e di ridurre al minimo i rischi sbarazzandosi di un partner commerciale inaffidabile.
Quanto velocemente o lentamente questo avverrà è difficile da indovinare e impossibile da calcolare. È possibile pensare al sistema finanziario in termini di un analogo fisico, con la massa monetaria che viaggia ad una certa velocità e con una certa inerzia (p = mv) e con forze che agiscono su quella massa per accelerarla lungo una traiettoria diversa (F = ma). È anche possibile immaginarlo in termini di branchi di animali al galoppo che possono cambiare improvvisamente direzione quando vengono presi dal panico. I recenti e bruschi movimenti nei mercati finanziari, dove migliaia di miliardi di dollari, di valore unicamente teorico e speculativo, sono stati spazzati via in poche settimane, sono più in linea con quest’ultimo modello.
Fase 2: collasso commerciale. La fede nel “ci penserà il mercato” è persa
All’interno degli Stati Uniti non esistono veramente altre alternative al mercato. Ci sono alcune enclave rurali, per lo più comunità religiose, che possono autosostenersi, ma questo è un caso raro. Per tutti gli altri non c’è altra scelta che essere dei consumatori. I consumatori diventati poveri vengono chiamati “barboni”, ma continuano ad essere dei consumatori. Nella misura in cui gli Stati Uniti hanno una cultura, questa è una cultura commerciale in cui la bontà di una persona si basa sulle ‘buone’ somme di denaro in suo possesso. Una simile cultura può morire diventando irrilevante (quando tutti sono completamente rovinati) ma, a quel punto, è probabile che sia defunta anche la maggior parte dei portatori di questa cultura. In alternativa, potrebbe essere rimpiazzata da una cultura più umana, che non sia interamente basata sul culto di Mammona, magari, oserei pensare, attraverso il ritorno ad un’etica cristiana pre-protestante e pre-cattolica che ponga le anime delle persone al di sopra degli oggetti di valore.
Fase 3: collasso politico. La fede nel “il governo si prenderà cura di te” è persa.
Al momento tutto è molto oscuro, ma mi azzarderei a dire che la maggior parte delle persone negli Stati Uniti sono troppo distratte, troppo stressate e troppo preoccupate dei propri vizi e delle proprie ossessioni per prestare attenzione alla sfera politica. Di quelli che lo fanno, un buon numero sembra essere consapevole del fatto che gli Stati Uniti non sono affatto una democrazia, ma esclusivamente il terreno di gioco delle diverse elites, dove gli interessi corporativi transnazionali ed oligarchici costruiscono e abbattono castelli di sabbia.
La fortissima polarizzazione politica, in cui due partiti filo-capitalisti e bellicisti, virtualmente identici,  fingono di darsi battaglia mettendo in mostra le proprie virtù, può essere un sintomo dello stato di estrema decadenza dell’intero assetto politico: le persone vengono costrette a guardare le volute di fumo e ad ascoltare un rumore assordante, nella speranza che non si accorgano che il sistema ha smesso di funzionare.
Il fatto che un vero e proprio intrigo di palazzo (la frattura tra la Casa Bianca, i due rami del Congresso e un inquieto, macabro inquisitore di nome Mueller) sia al centro del palcoscenico ricorda stranamente diversi crolli politici avvenuti in precedenza, come la disintegrazione dell’Impero Ottomano o la caduta e la conseguente decapitazione di Luigi XVI. Il fatto che Trump, alla pari dei notabili ottomani, abbia riempito il suo harem con donne dell’Est Europeo, aggiunge una nota inquietante. Detto questo, la maggior parte delle persone negli Stati Uniti sembrano non accorgersi della vera natura dei loro padroni, un atteggiamento che i Francesi, con il loro movimento dei Giubbotti Gialli (solo per fare un esempio) non condividono affatto.
Fase 4: collasso sociale. La fede nel “la tua gente si prenderà cura di te” è persa.
Da alcuni anni sto affermando che, all’interno degli Stati Uniti, il collasso sociale ha già in gran parte terminato il suo corso, anche se la gente, in effetti, crede che la questione sia ancora tutta da chiarire. Dare una definizione della “tua gente” è piuttosto difficile. I simboli sono ancora tutti lì: la bandiera, la Statua della Libertà e una predilezione per le bevande ghiacciate e piatti abbondanti di cibi fritti e grassi, ma il melting pot sembra essersi fuso ed essere colato fino in Cina. Attualmente, negli Stati Uniti, metà delle famiglie parla in casa una lingua diversa dall’inglese e una buona parte delle altre si esprime con forme dialettali di inglese che non sono reciprocamente comprensibili con l’inglese nordamericano standard delle trasmissioni televisive e dei conferenzieri universitari.
Nel corso della loro storia come colonia britannica e poi come nazione, gli Stati Uniti sono stati dominati dall’ethnos anglosassone. Il termine “ethnos” non è un’etichetta etnica. Non si basa unicamente su genealogia, lingua, cultura, habitat, forma di governo o un qualsiasi altro singolo fattore o gruppo di fattori. Questi possono essere tutti importanti, in un senso o nell’altro, ma la possibilità di sopravvivenza di un ethnos si basa esclusivamente sulla sua coesione e sulla reciproca inclusività e sulla comunità di intenti dei suoi membri. L’ethnos anglosassone si era trovato al suo massimo subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale molti gruppi sociali si erano arruolati nell’esercito ed erano venuti a contatto con i loro membri più culturalmente preparati.
Si era liberato un potenziale fantastico quando il privilegio (la maledizione originale dell’ethnos anglosassone) era stato temporaneamente sostituito dal merito e quando agli uomini più ricchi di talento che venivano messi in congedo, di qualsiasi estrazione essi fossero, era stata data una possibilità di istruzione e di avanzamento sociale tramite il GI Bill [1]. Esprimendosi in una nuova forma di inglese americano, basato sul dialetto dell’Ohio, come Lingua Franca, questi Yanks, maschi, razzisti, sessisti e sciovinisti e, almeno nella loro mente, vittoriosi, si erano ritrovati pronti a rifare il pianeta a loro immagine e somiglianza. Avevano iniziato ad inondare il mondo intero di petrolio (la produzione  statunitense di greggio era allora al suo massimo) e con le macchine per bruciarlo. Atti così appassionati di etnogenesi sono rari ma non inusuali: i Romani che avevano conquistato l’intero bacino del Mediterraneo, i barbari che poi avevano saccheggiato Roma, i Mongoli che più tardi avevano conquistato la maggior parte dell’Eurasia e i Tedeschi che, per un brevissimo periodo, avevano posseduto un enorme Lebensraum, sono altri esempi.
E ora è il momento di chiederci: che cosa rimane oggi di questo orgoglioso ethnos anglosassone conquistatore? Ascoltiamo stridule grida femministe sulla “mascolinità tossica” e minoranze di ogni genere che tuonano contro “l’arroganza dei bianchi” e, come tutta risposta, sentiamo qualche piagnucolio, ma soprattutto silenzio. Quei fieri, conquistatori e virili Yanks che si erano incontrati e avevano fraternizzato con l’Armata Rossa sul fiume Elba il 25 aprile 1945, dove sono? Si sono trasformati in una triste sub-etnia di ragazzini effeminati e pornodipendenti, che si radono i peli pubici e hanno bisogno del permesso scritto per fare sesso per paura di essere accusati di stupro?
Gli ethnos anglosassoni diventeranno un relitto, proprio come gli Inglesi sono riusciti a rimanere aggrappati ai loro reali (che, tecnicamente, non sono nemmeno più aristocratici dal momento che ora praticano l’esogamia con il popolino)? O verranno spazzati via da un’ondata di depressione, malattie mentali e abuso di oppiacei, la loro gloriosa storia di rapine, saccheggi e genocidi sarà cancellata e le statue dei loro eroi/criminali di guerra verranno abbattute? Solo il tempo ce lo dirà.
Fase 5: collasso culturale. La fede nella “bontà dell’umanità” è persa.
Il termine “cultura” per molta gente ha significati diversi, ma è più produttivo osservare le culture piuttosto che discuterne. Le culture si esprimono attraverso i comportamenti stereotipati degli individui e sono facilmente osservabili in pubblico. Non stiamo parlando degli stereotipi negativi, spesso usati per identificare e respingere gli estranei, ma degli stereotipi positivi (in realtà, standard di comportamento culturale), che sono i requisiti principali dell’inclusione e dell’adeguatezza sociale. Possiamo facilmente valutare la sostenibilità di una cultura osservando i comportamenti stereotipati dei suoi membri.
La gente esiste come entità unica, sovrana, continua, e inclusiva o come un insieme di enclavi esclusive, potenzialmente in guerra tra loro, segregate per reddito, etnia, livello di istruzione, affiliazione politica e così via? Vedete molti muri, cancelli, posti di blocco, telecamere di sicurezza e cartelli “non oltrepassare”? La legge dello stato è applicata in modo uniforme o ci sono quartieri buoni, quartieri cattivi e zone talmente pericolose dove persino la polizia ha paura ad entrare?
Persone qualsiasi che si ritrovano insieme in pubblico entrano spontaneamente in conversazione fra di loro e si sentono a loro agio nello stare tutte insieme, o sono distanti e paurose, e preferiscono nascondere le loro facce nei piccoli rettangoli luminosi dei loro smartphone, custodendo gelosamente lo spazio personale, pronte a considerare qualsiasi intrusione come un assalto?
Le persone rimangono di buon umore e tolleranti l’una verso l’altra anche se sono sotto stress o si nascondono dietro una facciata di tesa, superficiale cortesia e vanno su tutte le furie alla minima provocazione? La conversazione è tranquilla, gentile e rispettosa o è fatta ad alta voce, stridula, rozza e ammorbata da un linguaggio volgare? Le persone si vestono bene per rispetto reciproco, o per mettersi in mostra, o sembrano tutti solo degli sciattoni decaduti, anche quelli con i soldi?
Osservate come si comportano i loro figli: hanno paura degli estranei e sono intrappolati in un piccolo mondo tutto loro o sono aperti al mondo e pronti a trattare qualsiasi straniero come un fratello o una sorella surrogata, come zia o zio, nonna o nonno, senza chiedere una qualche introduzione speciale? Gli adulti ignorano di proposito i figli altrui o agiscono spontaneamente come un’unica famiglia?
Se capita un incidente stradale, corrono volontariamente in soccorso agli altri ed estraggono i feriti prima che il veicolo esploda, o, secondo gli immortali versi di Frank Zappa, “prenderanno il telefono e chiameranno qualche buono a nulla” che “si precipiterà e farà ancora più danni”?
Se c’è un’alluvione o un incendio, i vicini accoglieranno i senzatetto o li faranno aspettare fino a che le autorità non si saranno fatte vive e li avranno portati in un qualche rifugio governativo improvvisato?
È possibile citare statistiche o fornire prove aneddotiche per determinare lo stato e la sostenibilità di una cultura, ma i vostri occhi e gli altri sensi possono darvi tutte le prove di cui avete bisogno per capirlo da soli e decidere quanta fede mettere nella “bontà del genere umano” che vedete nelle persone intorno a voi.
Dmitry ha concluso la sua replica riassumendo così la sua opinione:
Il collasso culturale e quello sociale sono ancora molto lontani. Il collasso finanziario è in attesa di un innesco. Il collasso commerciale avverrà a tappe, alcune delle quali, i deserti alimentari, p.e., si sono già verificate in molti luoghi. Il collasso politico diventerà visibile solo quando la classe politica si sarà arresa. Non è semplice dire in quale fase ci troviamo attualmente. Stanno avvenendo tutte in parallelo, in un modo o nell’altro.
La mia (totalmente soggettiva) opinione è che gli Stati Uniti hanno già raggiunto gli stadi da 1 a 4 e che ci sono segnali che indicano che la fase 5 è iniziata; sopratutto nelle grandi città, mentre i piccoli centri degli Stati Uniti e le zone rurali (la base elettorale di Trump, tra l’altro) stanno ancora lottando per mantenere le norme di comportamento che si potevano osservare negli Stati Uniti degli anni ’80. Quando ho visitatori dall’Europa, rimangono sempre stupiti di quanto siano amichevoli e accoglienti gli Americani (è vero, vivo in una piccola città nella Florida centro-orientale, non a Miami …). Queste sono le comunità che hanno votato per Trump perché avevano detto “rivogliamo indietro il nostro paese“. Ahimè, invece di restituire loro il paese, Trump lo ha regalato ai Neoconservatori …
Conclusione: unire i puntini; o no
Francamente, i puntini sono dappertutto; è veramente difficile non vederli. Tuttavia, per i superbenpensanti “automi ideologici“, essi rimangono in gran parte invisibili, e questo non è dovuto a problemi di vista, ma alla totale incapacità di questi automi di unire i puntini. Sono quel genere di persone che ballavano sul ponte del Titanic mentre la nave stava affondando. Per loro, quando arriverà l’inevitabile catastrofe, sarà una sorpresa totale e strabiliante. Ma, fino a quel momento, continueranno a negare l’evidenza, non importa quanto evidente sia diventato l’ovvio.
Nel frattempo, le élites al potere negli Stati Uniti sono avvinghiate in una orrenda lotta intestina, che indebolisce ulteriormente la nazione. Ciò che è veramente significativo è che i Democratici sono ancora bloccati dalla loro stessa leadership incompetente ed infinitamente arrogante, nonostante tutti sappiano che il Partito Democratico è in crisi profonda e che sono disperatamente necessari dei volti nuovi. Ma no, sono ancora completamente arroccati nei loro vecchi sistemi e la stessa banda di gerontocrati continua a governare l’apparato del partito.
Questo è un altro sintomo infallibile di degenerazione: quando un regime riesce a produrre solo leader incompetenti, spesso vecchi, completamente fuori dalla realtà e che danno la colpa dei propri fallimenti a fattori interni (“deplorabili”) ed esterni (“i Russi”). Ancora una volta, pensate all’Unione Sovietica sotto Breznev, al regime dell’apartheid in Sudafrica sotto F. W. de Klerk, o al regime di Kerensky nel 1917 in Russia. E’ abbastanza significativo che un leader politico che gli Anglo-Sionisti cercano di spaventare li consideri semplicemente degli “idioti di prim’ordine“, non è così?
Per quanto riguarda poi i Repubblicani, questi sono fondamentalmente una succursale del Partito Israeliano Likud. Date solo un’occhiata alla lunga lista di nullità che il Likud ha prodotto a casa sua, e avrete un’idea di cosa possono fare nella loro colonia statunitense.
Alla fine, gli Stati Uniti si riprenderanno; non ho alcun dubbio a riguardo. Questo è un grande paese, con milioni di persone di talento, enormi risorse naturali e nessuna minaccia credibile al suo territorio. Ma ciò potrà avvenire solo dopo un reale cambio di *regime* (l’opposto di un cambiamento nell’amministrazione presidenziale) che, di per sé, avverrà solo dopo un collasso da “catastrofe E2”.
Fino ad allora, staremo tutti ad aspettare Godot.
The Saker
[1] Si tratta di un programma governativo che dal 1944 offre ai veterani importanti opportunità educative e lavorative, da cui sarebbero altrimenti esclusi.
Fonte: thesaker.is
Link: https://thesaker.is/category/breaking-articles/saker-analyses-interviews/
11.01.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

mercoledì 9 gennaio 2019

Campioni del made in Africa. - Alessandro Guardamagna



Da ormai una settimana la stampa ha identificato nel sindaco di Palermo Leoluca Orlando l’indiscusso leader della protesta contro il decreto sicurezza e la chiusura dei porti alle navi ONG, mentre spetta al primo cittadino di Napoli Luigi De Magistris il primato dello slancio nella difesa ad oltranza del diritto allo sbarco, illegale in questo caso. Infatti quest’ultimo è in prima fila, anzi in prima barca, nell’emergenza, e ha fatto sapere che dal porto di Napoli quattrocento imbarcazioni sono pronte a salpare per prestare soccorso alle navi Sea Watch e Sea Eye con 49 migranti a bordo al largo di Malta, e che nella prima di queste barche ci sarà lui stesso “con addosso la fascia tricolore”. Insomma una Dunkirk al contrario tutta partenopea per far sbarcare 49 persone da una nave tedesca ed una olandese stazionanti in acque di Malta, che riaprirebbe i porti solo se l’Europa fosse disposta a prendersi altri 249 migranti.
Entrambi uomini del sud, da sempre dichiaratisi vicini ai temi della solidarietà e del lavoro, né Orlando né De Magistris hanno mai fatto registrare alzate di testa o ribellioni contro le manovre dei governi che a colpi di macelli sociali hanno distrutto la classe media Italiana negli ultimi 20 anni, e nessuno di loro ha fiatato per il 1.900.000 cittadini Italiani costretti ad emigrare dal sud da 16 anni a questa parte perché impossibilitati a trovare lavoro.
Anzi, entrambi dimostrano di avere idee chiare quando si tratta di solidarietà verso gli Italiani. Orlando, piddino e un passato nell’Italia dei Valori di Di Pietro – ex-ministro delle infrastrutture che nel 2007 siglò il contratto con Autostrade per l’Italia di Benetton a cui venne apposto il segreto di stato – sostiene che il Reddito di Cittadinanza così non serve. De Magistris, anche lui uomo dell’Italia dei Valori, ha sicuramente il valore del “coraggio”: va a parlare con Renzi e Confindustria contro il RdC, definendolo una misura assistenzialistica voluta dal M5S che non produce lavoro. Servirebbe solo a creare dei serbatoi di nullatenenti ossequiosi, che ringrazieranno quando andranno a votare memori di chi gli “ha dato l’elemosina e… il guinzaglio”. Mah… chissà cosa penserebbero delle sue parole i leader degli stati europei dove il Reddito di Cittadinanza esiste da decenni ed è svincolato dalle logiche che lui attribuisce al M5S. De Magistris comunque ha avuto un gran coraggio nel fare figure agli occhi degli Italiani onesti, e anche poveri, che lui equipara a cani ubbidienti.
Viene da chiedersi come mai entrambi scoprano improvvisamente la solidarietà solo quando devono far arrivare in Italia barconi di clandestini – poveri loro, sicuramente – proprio mentre la catena di montaggio che sfrutta ogni aspetto della vita del migrante è in recessione, visto che le entrate di clandestini in Europa, riferisce Frontex, si sono ridotte del 92% rispetto alla crisi migratoria del 2015, e del 25% rispetto al 2017. E tutto questo grazie alla politica inaugurata dal governo Gialloverde. Il numero di migranti che hanno attraversato il Mediterraneo centrale nel 2018 per raggiungere le nostre coste è sceso dell’80% rispetto al 2017. Certo, non è sufficiente a risolvere il problema dell’immigrazione clandestina, ma è pur sempre un inizio e un cambiamento netto quando messo a confronto con il refrain della logica del “non si può e intanto guadagniamoci sopra” del governo Renzi. La ragione vorrebbe che i primi cittadini di Palermo e Napoli, così desiderosi di garantire un futuro migliore a poveri africani, esprimessero sentimenti analoghi anche per gli Italiani meno fortunati, che ammontano a 5 milioni in totale povertà, di cui 1 milione  e mezzo di bambini, e tre milioni di precari. Loro non rischiano di morire in mare, ma si spengono a poco a poco nelle nostre città, da anni. Non se la mette De Magistris la fascia tricolore per incontrarli?
Probabilmente chiedere un pensiero coerente od innovatore a Orlando, che alberga nei corridoi e palazzi del potere tra Verdi, Rete, DC, Dem, Margherita, IdV, PD, Sicilia, Lazio ed università da 40 anni è chiedere troppo. In fin dei conti qualcosa vorrà pur dire se uno piuttosto che tagliarsi l’indennità che incassa in qualità di sindaco di Palermo, pari a 121.000 Euro, si taglia il cognome, come se eliminarne un pezzo servisse a farne una persona diversa.
Rifiuti in strada nel quartiere Albergheria di Palermo
Certo stupisce che, se il problema è la mancanza di solidarietà ed umanità, i due primi cittadini di Napoli e Palermo non si preoccupino anche per gli Italiani indigenti. Vuoi vedere che questi interessano meno perché non rientrano nella catena di montaggio del business dell’accoglienza?! Diversamente, se per principio non vogliono il RdC, allora perché non chiedono l’abolizione anche delle pensioni e del sussidio di disoccupazione, tanto anche quelle possono essere assimilate a forme di assistenzialismo per far stare in poltrona gente che non lavora, o no? Se invece il problema non è la solidarietà, allora per cosa protestano? L’impressione è che il problema sia rappresentato da personaggi che stanno in politica da 40 e passa anni come Orlando – De Magistris invece ne ha fatti solo 8, anche se viene da una famiglia di magistrati da 4 generazioni – che, ammesso che avessero qualcosa da dire, hanno finito di dirla da un pezzo, e pur di rimanere attaccati alla scranna su cui famiglia, parenti e amici hanno saputo instradarli, farebbero qualsiasi cosa per ingraziarsi il sistema che li ha mantenuti su quella scranna maledetta, pagata da Italiani presi per il kulo dalle bizze e elucubrazioni filosofico-politiche su principi che costoro sfoggiano e contraddicono a piacimento a seconda delle circostanze. In comune sembrano avere solo questo, oltre al fatto di amministrare maluccio due fra le città portuali più grandi d’Italia.
Da ultimo c’è il sindaco di Parma, che ha espresso vicinanza alla presa di posizione di Orlando, forse perché da Via del Nazareno qualcuno ha acceso il telecomando col tasto “parla”. Anche lui, critico verso il RdC, avrebbe detto di Di Maio: “Se sali su un balcone per dire che hai abolito la povertà e poi non riesci a fare il reddito come avevi annunciato sei mesi prima, per me ti devi dimettere”. Che lui sia salito su un palco e sia stato eletto promettendo di chiudere un inceneritore che invece ha sempre funzionato a pieno regime sembra non riguardarlo, e dall’alto dei suoi successi ha perfino proposto una ricetta per risolvere i problemi di Roma. Evidentemente, quando sei capace, e hai una città dove da quando sei sindaco insieme allo spaccio sono aumentati i crimini, le buche, i clandestini e il degrado, devi pur farlo sapere a tutti!
Parma a differenza di Napoli e Palermo un porto non ce l’ha, però dopo il ponte Nord su un torrentello asciutto per 6 mesi l’anno, l’aeroporto che serve ben due destinazioni e a rischio chiusura per mancanza di fondi in attesa di diventare pista per cargo internazionali e un mega mall sprovvisto di autorizzazioni, si potrebbe pensare di farlo un porto, magari utilizzando il già menzionato ponte come banchina. Alternativamente, chiedendo il permesso a Reggio Emilia, si potrebbe ricostruire quello che anticamente si trovava a Brescello ai tempi dell’Impero Romano. Potrebbe essere un’idea per rilanciare l’economia locale e far valere il principio di solidarietà, magari con un appello in nome della quale si troverebbero numerosi imprenditori filantropi pronti a rispondere…
Dopotutto se il Made in Italy di qualche decennio fa rende meno del Made in Africa, bisogna pur adeguarsi alle esigenze del mercato della solidarietà, come valenti capitani d’industria ed esperti di cooperazione sarebbero pronti a dimostrare, sempre per il bene dell’umanità dolente, ovviamente. In fin dei conti l’amministrazione ha già parlato di ripresa dell’economia locale con il progetto cargo per l’aeroporto e il mall, quindi perché non provare anche col porto, così ci si mette in linea con Napoli e Palermo anche dal punto di vista delle infrastrutture, oltre che del degrado e delle litanie “politiche”.

Pronto il 'blocca trivelle'.

Pronto il 'blocca trivelle'


Pronto l’emendamento 'blocca trivelle' che sarà presentato nel Decreto Semplificazione. Grazie a questa moratoria, "sarà impedito il rilascio di circa 36 titoli attualmente pendenti compresi i tre permessi rilasciati nel mar Ionio". Così in una nota il sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega all’Energia, Davide Crippa.

"Si è concluso ieri - spiega - il lavoro del governo sull’emendamento al Decreto Semplificazione in cui si afferma che 'le attività upstream non rivestono carattere strategico e di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità'. Tale indicazione rientra pienamente nel programma del Governo del Cambiamento orientato alla decarbonizzazione, con la sostituzione di petrolio e derivati e l’utilizzo delle fonti rinnovabili per il raggiungimento della sostenibilità e dell’indipendenza del sistema energetico nazionale".

L’emendamento, aggiunge Crippa, "prevede l'introduzione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (Ptesai), strumento già in programma da tempo, e la rideterminazione di alcuni canoni concessori. Il Piano andrà definito e pienamente condiviso con Regioni, Province ed Enti Locali e individuerà le aree idonee alla pianificazione e allo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale e quelle non idonee a tali attività. Questo per assicurare la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica del territorio nazionale e per accompagnare la transizione del sistema energetico nazionale alla decarbonizzazione".

Inoltre, rileva Crippa, "l’emendamento prevede, a tutela di tutte le parti in causa che, fino all’approvazione del Ptesai, con un termine massimo di tre anni, saranno sospesi i permessi di prospezione e di ricerca già rilasciati, nonché i procedimenti per il rilascio di nuovi permessi di prospezione o di ricerca o di coltivazione di idrocarburi. Grazie a tale moratoria, sarà impedito il rilascio di circa 36 titoli attualmente pendenti compresi i tre permessi rilasciati nel mar Ionio. L’emendamento verrà discusso nei prossimi giorni in Commissioni riunite Affari Costituzionali e Lavori Pubblici, Comunicazioni".

Carige, Di Maio ai commissari: "Pubblicare elenco debitori". - Ileana Sciarra

Carige, Di Maio ai commissari: Pubblicare elenco debitori

"Chiederò formalmente, e lo faccio ora pubblicamente, ai commissari di Carige di pubblicare l'elenco dei debitori della banca. Vogliamo capire per chi e per quali ragioni Carige è stata ridotta in quello stato, se c'è un caso De Benedetti come per Mps". Lo dice in una intervista all'Adnkronos il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio. "Se i commissari non vorranno farlo - rincara la dose - chiederò alla presidente della commissione Finanze della Camera, Carla Ruocco, di convocarli ed esigere l'elenco in sede parlamentare. Tutti devono sapere perché Carige versa in queste condizioni, di chi sono le responsabilità".
"Sul caso Carige, quel che posso dire - continua - è che crediamo nella nazionalizzazione, l'unico intervento che si può fare, l'unica strada percorribile per il M5S. Il popolo sovrano si riappropria delle banche: questo è il primo caso in Europa in cui ci riprendiamo" un istituto di credito "per dare prestiti alle imprese e mutui più agevolati alle famiglie". Il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico risponde anche alle accuse di 'copia incolla' dei dl Gentiloni su Mps e Banche venete. "Non ho mai visto una svista simile sui giornali, mi spiace che anche Mentana ci sia caduto - afferma - La prima pagina del dl è uguale perché, come in tutti i decreti, ci sono i richiami alle norme esistenti".

REDDITO E QUOTA 100- Riguardo all'ultimo scontro con l'alleato di governo su reddito di cittadinanza e pensioni di invalidità, Di Maio dice: "Ricordo che quota 100 'viaggia' col reddito di cittadinanza, è davvero assurdo si rallenti tutto...". "Oggi il sottosegretario Durigon, che è uomo della Lega, ha fatto chiarezza precisando che 260mila invalidi avranno una pensione di invalidità più alta - rimarca - Mi fa piacere e conferma la sua serietà, plaudo al fatto che Durigon non voglia rallentare" l'introduzione del reddito di cittadinanza. Alla domanda se altri, in casa Lega, vogliano frenare il provvedimento bandiera dei 5 Stelle, Di Maio evita di rispondere apertamente ma ricorda che le due misure -di cui 'quota 100' fortemente voluta dalla Lega- sono legate a doppio filo e vanno approvate insieme.

CONSOB - Di Maio scioglie poi pubblicamente la riserva sul nome del M5S e della Lega per la presidenza Consob. "E' Marcello Minenna", dice il vicepremier, confermando che l'accordo con l'alleato di governo sulla presidenza dell'autorità per il controllo delle attività delle società e della Borsa è cosa fatta. "Bisogna muoversi. Non mi fa star tranquillo che in Consob e Bankitalia ci siano ancora i componenti che hanno assistito a tutto questo - aggiunge poi riguardo al caso Carige - e che dubito abbiano vigilato come dovevano".

PARAGONE A CAPO COMMISSIONE INCHIESTA BANCHE - Parlando della commissione di inchiesta sulla banche, Di Maio osserva: "La Camera deve chiudere subito questa partita e nominare al più presto i membri" della commissione che "è uno degli organismi parlamentari più importanti. Noi - annuncia - candidiamo presidente Gianluigi Paragone: stando infatti agli accordi, la presidenza di questa commissione va al M5S". "Spero che Paragone convochi subito, per prima, Bankitalia e non ho dubbi lo faccia - va avanti - A Via Nazionale va chiesto conto di quel che ha combinato in questi anni, della mancata sorveglianza che è sotto gli occhi di tutti".

MIGRANTI - Intervenendo sul botta e risposta a distanza tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il responsabile del Viminale Matteo Salvini sulle due ong -la Sea Watch e la Sea Eye- con 49 migranti a bordo, Di Maio dice: "Ora è il momento di posare i fogli, le penne e i cartelli su Instagram, e fermare le eliche degli aerei: vediamoci e la risolviamo, come abbiamo sempre fatto". "L'Italia sta facendo la sua parte - rivendica - ora è Malta a dover sbloccare la situazione o si passa il tempo a litigare su numeri e numerini", afferma il vicepremier riguardo al confronto sulla vicenda in sede europea. Quanto ai 'battibecchi' interni, Di Maio veste gli abiti da paciere: "Spegniamo i motori degli aerei e posiamo l'album e il pastello", ribadisce richiamando sia la battuta del premier nella puntata di ieri a Porta a Porta che le rimostranze di Salvini seguite sui social.

BOERI - Di Maio glissa con una battuta sull'affondo del numero uno dell'Inps in un'intervista oggi a La Stampa: "Boeri? Rilascia più interviste di me..."..

Terrorismo e immigrazione clandestina, 15 fermi in Sicilia. Il pentito: “Parlo per evitare esercito di kamikaze in Italia”

Terrorismo e immigrazione clandestina, 15 fermi in Sicilia. Il pentito: “Parlo per evitare esercito di kamikaze in Italia”

Indagine della Dda di Palermo, che ha disposto 15 provvedimenti di fermo per terrorismo, associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e ingresso illegale di migranti nel territorio nazionale. L'inchiesta partita dalle parole di un uomo in carcere a Genova. Il cassiere dell'organizzazione, che gestiva sbarchi su gommoni veloci in provincia di Trapani, incitava al jihad su Facebook.


“Vi sto raccontando quello che so perché voglio evitare che vi troviate un esercito di kamikaze in Italia”. È iniziata con queste parole di un pentito del Jihad, l’indagine della Dda di Palermo che ha portato al fermo di 14 persone nelle province di PalermoTrapaniCaltanissetta e una a Ome, nel Bresciano. Le accuse sono di istigazione a commettere delitti in materia di terrorismo, associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, ingresso illegale di migranti nel territorio nazionale ed esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria.
“Minaccia concreta alla sicurezza nazionale” – Al centro dell’inchiesta, condotta dal Ros dei carabinieri coordinati dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai sostituti Gery Ferrara e Claudia Ferrari, c’è la tratta di migranti dalla Tunisia a bordo di scafi veloci. Gli appartenenti all’organizzazione criminale avrebbero rappresentato “una attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale“, secondo quanto scrivono gli stessi magistrati della Direzione distrettuale antimafia, guidati da Francesco Lo Voi, nel provvedimento di fermo.

Per i pm c’erano legami con jihadisti – Gli investigatori parlano di “rischio terrorismo di matrice jihadista” e a loro avviso “sussistono significativi ed univoci elementi” per ritenere che l’organizzazione sia attualmente pericolosa perché fornisce “a diversi clandestini un passaggio marittimo occulto, sicuro e celere che, proprio per queste caratteristiche, risulta particolarmente appetibile anche per quei soggetti ricercati dalle forze di sicurezza tunisine, in quanto gravati da precedenti penali o di polizia ovvero sospettati di connessioni con formazioni terroristiche di matrice confessionale”, dicono i magistrati.
La propaganda islamista di un fermato – Uno degli indagati, in particolare, risulta essere contiguo “ad ambienti terroristici a sfondo jihadista pro Isis in favore di cui, attraverso la sua pagina Facebook, ha posto in essere una significativa azione di propaganda jihadista con incitamento alla violenza ed all’odio razziale”. E un “ulteriore segno di radicalizzazione a sfondo religioso” è rappresentata, secondo gli inquirenti, dall’iscrizione dell’indagato al gruppo Facebook “Quelli al quale manca il paradiso”.
“Martirio unica via per il paradiso” – Sul profilo Facebook dell’indagato, sottolineano ancora i magistrati della Dda palermitana, sono state trovati video e foto che inneggiavano all’Isis e con immagini di decapitazioni e sui social scriveva: “Il martirio e la jihad la sola via per aspirare al paradiso”. L’uomo è ritenuto uno dei cassieri dell’organizzazione e i pm sospettano che abbia usato il denaro guadagnato coi viaggi nel Canale di Sicilia anche per finanziare attività terroristiche.
Le risorse investite in immobili e banche – Le risorse economiche, stando all’indagine, “venivano infatti in parte occultate in proprietà immobiliari e in altra parte depositate in banche tunisine su conti fittiziamente intestati a soggetti residenti in Tunisia, circostanza questa che, per quanto emerso grazie alle intercettazioni svolte, avrebbe suscitato l’attenzione del Battaglione Anti-Terrorismo Tunisino il quale starebbe svolgendo delle investigazioni volte ad accertare la finalità di sospette operazioni finanziarie” che vedrebbero coinvolto uno fermati.
Come nasce l’inchiesta – Tutto è iniziato grazie alla collaborazione di un detenuto nel carcere di Genova che ha raccontato agli inquirenti di essere a conoscenza dell’esistenza di una organizzazione criminale che gestiva un traffico di esseri umani, contrabbandava tabacchi e aiutava ad espatriare soggetti ricercati in Tunisia per reati legati al terrorismo. “Vi sto raccontando quello che so perché voglio evitare che vi troviate un esercito di kamikaze in Italia”, ha riferito. E a quel punto è scattata l’indagine conclusa con l’operazione di oggi.
Le intercettazioni – “…Sedici volte sono andato in Tunisia, sedici volte vado in Tunisia e torno…”. Così, senza sapere di essere intercettato, parlava uno degli indagati. Secondo quanto ricostruito dalla procura, il gruppo criminale organizzava traversate veloci dal Paese nord-africano in cambio di 2.500 euro a migrante. In un’intercettazione, l’indagato Aymen Fathali telefonava a Mohamed alias Hamma “con il quale affrontava, sin da subito, rilevanti questioni inerenti la possibilità di poter attivare una direttrice di transito Tunisia/San Vito lo Capo, evidenziando di essere solito ad effettuare simili traversate”, si legge nel provvedimento di fermo.
“Ieri c’è stato uno sbarco” – Il dialogo, scrivono i magistrati, “poneva altresì in evidenza che Mohamed alias Hamma voleva fare arrivare in Italia il fratello, circostanza questa che faceva rammaricare Aymen Fathali il quale evidenziava che avrebbe dovuto saperlo prima, atteso che proprio il giorno precedente c’era stato uno sbarco“. Nel dialogo, evidenziano gli inquirenti, “dopo che Aymen Fathali faceva cenno a dei soggetti che avrebbe potuto interessare per la specifica vicenda (definiti, con termine affaristico, broker), si registrava quindi la rassicurazione del fatto che il fratello di Mohamed, grazie a Aymen Fathali ed al suo circuito di riferimento, sarebbe giunto illegalmente in Italia”.