Uno striminzito cinque virgola qualcosa è il voto, insufficiente, che un sondaggio trasmesso ieri a “L’aria che tira” assegna a questi ultimi mesi del governo Conte. Se fossimo a scuola i genitori dell’alunno sarebbero convocati per sentirsi dire che è un vero peccato, visto che dal famoso 9 marzo in avanti Giuseppe si era ben comportato meritandosi un’alta popolarità e gli elogi dei colleghi stranieri. I più critici sentenzieranno che dalla fine dell’estate il soggetto è apparso incerto, litigioso, e poi indulge a promesse sui cosiddetti ristori non sempre realistiche. Senza contare che fa confusione con i colori della carta geografica. “Sfido a dimostrare che questo Governo abbia buttato via tre mesi o, come si è detto, che è stato in vacanza questa estate”, si giustifica lui con “La Stampa”, impegnandosi a mettercela tutta per fare meglio. Insomma, le solite assicurazioni dello studente accusato di aver fatto “la cicala”, se non fosse che in tempo di pagelle, per una questione di equità, i voti vanno dati a tutti. Dalla fase dei Dpcm solitari del premier (tacciati di autoritarismo, l’ “emergenza senza l’emergenza” del prof. Cassese) non si è forse passati alla piena condivisione delle scelte? Sarebbe interessante interpellare gli italiani. Che giudizio date del contributo dell’opposizione alla soluzione dei problemi? E, in particolare, quali proposte avanzate da Salvini &Meloni per contrastare la diffusione del contagio meritano la promozione (basta ricordarne una)? E quali meritano una sonora bocciatura (basta ricordarne una) ? A quali presidenti di regione dareste un sei pieno? A quali un bel quattro? Di quali virologi vi fidate pienamente (è sufficiente indicarne uno). E nelle mani di quali infettivologi, al contrario, non vorreste mai capitare (fino a dieci nomi)? C’è anche l’autosondaggio: ultimamente vi siete comportati sempre come cittadini consapevoli della pericolosità del virus? Quante volte vi siete assembrati nelle piazze e sulla spiagge? E quando siete usciti di casa, era così indispensabile? E l’obbligo di mascherina? Che voto mi do io? Direi un cinque virgola qualcosa, giusto per rispettare la media. Ma posso (possiamo tutti) decisamente migliorare.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 12 novembre 2020
Comprati da un dentista di Bolzano, importati dall’India, contatto cinese e intermediario turco: la farsa dei 150mila vaccini antinfluenzali di Regione Lombardia. - Luigi Franco
È la surreale filiera esistente dietro una discussa fornitura che ora rischia di saltare. Sul caso hanno avviato verifiche sia i carabinieri del Nas di Trento sia la guardia di finanza di Bolzano, dopo l’articolo de ilfattoquotidiano.it che ha svelato i retroscena dell’ultimo tentativo della giunta Fontana per mettere una pezza sul pasticcio dei vaccini. Dai primi riscontri è emerso che la società dello studio dentistico non è iscritta nel registro degli intermediari di prodotti farmaceutici detenuto dal ministero della Salute. E per questo i carabinieri, in attesa di approfondire eventuali rilievi penali, hanno già preso un primo provvedimento amministrativo: una sanzione da 6mila euro allo studio.
Vaccini indiani importati da un dentista di Bolzano attraverso un intermediario turco, grazie agli auspici di un conoscente cinese. È questa la surreale filiera dietro la fornitura di 150mila dosi di vaccino antinfluenzale che Regione Lombardia era in procinto di affidare allo Studio Dr. Mak & Dr. D’Amico Srl, società che gestisce un piccolo studio dentistico in Alto Adige. Una fornitura che ora rischia di saltare. Sul caso hanno infatti avviato verifiche sia i carabinieri del Nas di Trento sia la guardia di finanza di Bolzano, dopo l’articolo de ilfattoquotidiano.it che ha svelato i retroscena dell’ultimo tentativo della giunta Fontana per mettere una pezza sul pasticcio dei vaccini. Dai primi riscontri è emerso che la società dello studio dentistico non è iscritta nel registro degli intermediari di prodotti farmaceutici detenuto dal ministero della Salute. E per questo i carabinieri, in attesa di approfondire eventuali rilievi penali, hanno già preso un primo provvedimento amministrativo: una sanzione da 6mila euro allo studio.
La vicenda è solo l’ultimo tassello della tragicomica rincorsa ai vaccini antinfluenzali di Regione Lombardia, che dopo una sequela di errori fatti nei bandi d’acquisto è arrivata in ritardo e con carenza di dosi all’appuntamento con la campagna vaccinale, quest’anno ancora più importante del solito per la concomitanza con la pandemia di Covid. Nelle scorse settimane la Procura di Milano ha aperto un fascicolo conoscitivo sui prezzi elevati a cui sono stati acquistati alcuni lotti. E come se non bastasse 620mila dosi, parte delle 2,9 milioni di dosi ordinate, sono al momento senza l’autorizzazione all’importazione dell’Agenzia italiana del farmaco. Così il 28 ottobre la centrale acquisti regionale Aria ha pubblicato in fretta e furia un ultimo bando, il decimo, per l’acquisto di altre 150mila dosi. Un bando lampo, rimasto aperto per sole 24 ore, tempo comunque sufficiente perché la società Studio Dr. Mak & Dr. D’Amico Srl di Bolzano, che ha come soci e amministratori il dentista Lars D’Amico e la specialista in ortodonzia Rozmary Mak D’Amico, inviasse la propria offerta da 2,7 milioni di euro e si aggiudicasse la gara, salvo le verifiche ancora da effettuare sul possesso dei requisiti richiesti.
A colpire sono soprattutto il brevissimo tempo previsto dal bando per presentare un’offerta e le caratteristiche dell’unico partecipante, che in quanto studio dentistico dovrebbe occuparsi di ben altro, piuttosto che fornire vaccini alle regioni. Ma non è tutto: la società di Bolzano è stata costituita poco più di un mese fa, il 30 settembre, giusto in tempo per partecipare alla gara lombarda. Quando la settimana scorsa ilfattoquotidiano.it ha chiesto chiarimenti in Regione, l’assessore al Welfare Giulio Gallera ha scaricato ogni responsabilità relativa ai bandi su Aria. E Lorenzo Gubian, direttore generale che in Aria ha sostituito Filippo Bongiovanni dopo il caso dei camici comprati dall’azienda di famiglia Fontana, ha spiegato che era “in corso la verifica dei requisiti sulla base del codice appalti. Se l’operatore economico non è una casa farmaceutica, sarà un intermediario come succede per tantissime gare di beni sanitari. Se ha i requisiti per poterlo fare, non c’è nessun problema dal punto di vista della legittimità”.
Ma l’autorizzazione per fare da intermediario nella vendita di farmaci, non si ottiene di solito nelle poche settimane trascorse dalla costituzione della società. E i farmaci possono venderli i farmacisti e i grossisti farmaceutici, non i medici o i dentisti. Così a Bolzano sulla vicenda si è scatenato un vespaio. Se ne sono interessati l’ordine dei farmacisti e quello dei medici, che ha avviato una serie di verifiche. Così come hanno fatto la guardia di finanza e i carabinieri del Nas che, come detto, hanno già sanzionato la studio dentistico, mentre ulteriori approfondimenti sono in corso. Tornando in Lombardia, resta da capire se davvero in Aria e negli uffici dell’assessorato di Gallera non si sono accorti di avere in corso una negoziazione per la fornitura di vaccini non con una società che commercia farmaci, ma con un dentista. Il quale – secondo i primi accertamenti – per venderli alla Lombardia se la fornitura non andrà a monte, li importerà dall’India attraverso una triangolazione con un conoscente cinese e un intermediario turco. “La fornitura è sotto verifica – si limita a dire ancora oggi il direttore generale di Aria -. Le procedure d’acquisto sono regolate dal codici appalti e le verifiche dei requisiti vengono effettuate in sede di gara prima di procedere all’esecuzione del contratto. Questo è il modo previsto dalla norma a tutela della stazione appaltante”. Raggiunto al telefono da ilfattoquotidiano.it, invece, il dentista D’Amico dice: “Non so nulla della sanzione. Per il momento non posso dire niente, posso solo dire che tutto procede per il meglio”.
United leccons. - Marco Travaglio
Il minimo che si possa fare leggendo le intercettazioni di Castellucci, Mion e degli altri magnager di casa Benetton intercettati dalla Procura di Genova, è vomitare. Ma stupirsi, per favore, no. Da ieri siamo inondati dai commenti indignati di politici, giornalisti e commentatori che fingono di meravigliarsi per le parole sprezzanti dei manager scelti dai Benetton per speculare a suon di dividendi miliardari su un bene pubblico (le autostrade), la sicurezza pubblica (le mancate manutenzioni dei viadotti) e l’incolumità pubblica (i cavi del Morandi “corrosi” e i pannelli “incollati col Vinavil”). Ecco: ce li risparmino. Oggi intitoliamo questa colonna come quella dell’agosto 2018 sul crollo del ponte Morandi, perchè ricordiamo benissimo cosa dicevano questi tartufi. Era già tutto chiaro e lampante allora, almeno per le responsabilità gestionali dei dirigenti scelti da Luciano, Gilberto & F.lli, noti imprenditori a pelo lungo passati dal tosare le pecore al tosare gli italiani. Ma quando il premier Conte e i suoi vice Di Maio e Salvini (che si sfilò un minuto dopo) promisero ai funerali di cacciare i Benetton da Aspi, furono investiti da una potenza di fuoco politico-mediatica mai vista prima, al grido di “no all’esproprio” e “aspettiamo la Cassazione”. Anche se il crollo del Morandi (43 morti) era il macabro replay della strage di Avellino del 2013 (40 morti).
Solo il Fatto e la Verità osarono mettere la parola “Benetton” in prima pagina. Quella del Corriere non citava né Atlantia, né Autostrade, né Benetton: in compenso additava come colpevoli i 5Stelle e gli ambientalisti contrari alla Gronda (anche se la Gronda non l’avevano certo bloccata loro, non avendo mai governato né la Liguria né l’Italia, ma la destra e la sinistra; e comunque la Gronda, anche se esistesse, non rimpiazzerebbe ma affiancherebbe il Morandi). Stessa favoletta su Repubblica: niente Atlantia, Autostrade e Benetton, ma giù botte a i 5Stelle anti-Gronda. Idem su La Stampa (“Imbarazzo per un documento M5S” e per “il blog di Grillo”), il Giornale (“chi è stato”: i Benetton? No, “i grillini”) e tutti i tg. Perché? Elementare, Watson: i Benetton riempiono di pubblicità milionarie giornali e tv; il M5S e gli ambientalisti un po’ meno. In più, per pura combinazione, Autostrade sponsorizzava la festa di Repubblica “Rep Idee” e aveva nel Cda l’amministratore di Repubblica Monica Mondardini. Quindi la revoca della concessione alla Sacra Famiglia trevigiana era pura bestemmia. Repubblica, Corriere, Stampa, Messaggero e
Giornale ripeterono per giorni che Conte, Di Maio e chiunque altro si azzardasse a incolpare Atlantia per le colpe di Atlantia era affetto da patologie gravissime.
Eccole: populismo, giustizialismo, moralismo, giustizia sommaria, punizione cieca, voglia di ghigliottina, ansia da Piazzale Loreto, sciacallaggio, speculazione, ansia vendicativa, barbarie umana e giuridica, cultura anti-impresa che dice “no a tutto”, deriva autoritaria, ossessione del capro espiatorio, pressappochismo, improvvisazione, avventurismo, collettivismo, socialismo reale, oscurantismo. Ezio Mauro spiegò su Repubblica che “una delle più grandi società autostradali private del mondo” non può diventare “il capro espiatorio di processi sommari e riti di piazza”, “tipici del populismo” e dei “pifferai della decrescita”. Toccare la sacra concessione, per Daniele Manca del Corriere, era una pericolosa “scorciatoia”, “un errore” e “un indizio di debolezza”. Giovanni Orsina, su La Stampa, lacrimava inconsolabile per i poveri Benetton (mai nominati), “sacrificati” come “capro espiatorio”: roba da “paesi barbari”. L’emerito Sabino Cassese tuonava a edicole unificate, dal Corriere al Sole 24 Ore a Repubblica, contro la revoca ai Benetton e il ritorno delle Autostrade allo Stato: “Sarebbe una decisione immotivata e anche illegale”, strillava, scordandosi di premettere che nel 2000-‘05 era stato nel Cda del gruppo Benetton, uscendone con 700mila euro tra gettoni e consulenze.
Centrosinistra e centrodestra, a suo tempo lautamente foraggiati da Autostrade, le fecero scudo come un sol uomo, tempestando la Consob di esposti contro Conte&C.: il crollo che li angosciava non era quello del Ponte sui 43 morti, ma quello del titolo Benetton in Borsa. “Qualcuno sarà chiamato a rispondere di aggiotaggio” (Michele Anzaldi, deputato renziano, 16.8). “Consob avverte Palazzo Chigi: ‘Pericoloso turbare i mercati’” (Stampa, 17.8). “Consob raccoglie l’appello di Forza Italia: verifiche su Autostrade. Brunetta: ‘Attenzione a chi turba i mercati’” (Giornale, 18.8). Il Partito d’Azioni trovava il suo naturale portavoce nell’Innominabile: “Revocare la concessione ad Autostrade significa pagare 20 miliardi di danni”. Poi, con comodo, il nome Benetton riapparve sui giornaloni. Ma per riabilitarli con titoli e interviste strappalacrime. Da Pulitzer quella di Francesco Merlo (Repubblica) a Luciano dai capelli turchini, poco dopo la morte del fratello Gilberto. Merlo lo definì “imprenditore di sinistra”, forse perché nelle foto di famiglia siede da quella parte. Poi affondò il colpo: “È vero che il crollo del Ponte Morandi a Genova con i suoi 43 morti ha ferito lei e ha ucciso suo fratello?”. Mancò poco che chiedesse i danni ai famigliari delle vittime. Quindi, signore e signori: vomito sì, stupore no. Magari qualche parolina di scuse, ecco.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/12/united-leccons/6000684/
Oltre il Morandi. “Meno sicurezza e più utili. E i Benetton sono contenti”. - Vincenzo Iurillo e Jacopo Rocca
C’è un pregnante odore del ‘metodo Castellucci’ nelle carte dell’arresto dell’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia. Il metodo del massimo risparmio sulle manutenzioni a scapito della sicurezza, già visto intorno all’inchiesta madre della Procura di Genova per il crollo del ponte Morandi che causò la morte di 43 persone, di cui i sei provvedimenti cautelari di ieri per le barriere antirumore ‘incollate col Vinavil’, come si ascolta in una intercettazione, sono uno spin off. Finiscono ai domiciliari l’ex ad Giovanni Castellucci, Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti, rispettivamente ex responsabile manutenzioni e direttore centrale operativo dell’azienda. Provvedimenti interdittivi per altri tre manager: Stefano Marigliani, responsabile del tronco autostradale di Genova all’epoca del crollo del ponte Morandi, Paolo Strazzullo, responsabile delle ristrutturazioni pianificate sul ponte Morandi, per l’accusa mai eseguite, distaccato a Roma, e Massimo Miliani di Spea, consociata di Aspi. Le accuse ipotizzate dai pm di Genova, vagliate dal giudice Paola Faggioni, sono attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in pubbliche forniture.
Riguardano le installazioni di barriere fonoassorbenti su 30 chilometri di rete autostradale: Aspi, secondo le accuse, sapeva che la progettazione era difettosa, che cadevano al primo colpo di vento, perché progettate con una resina non omologata dall’Unione Europea; ma i suoi massimi dirigenti lo nascosero al Ministero, mettendo a rischio la sicurezza degli utenti. Tra novembre 2016 e gennaio 2017 due di queste barriere posizionate sui viadotti Rio Rezza e Rio Castagna cedettero a causa del forte vento. Ed altre barriere di quel tipo ebbero la stessa sorte sull’autostrada Adriatica. I tecnici scoprirono che le barriere “Intergautos” soffrivano di un difetto di progettazione degli ancoraggi e dell’installazione. La resistenza al vento ligure era stata sottostimata anche del 50%. Insomma, sbragavano alle intemperie, costringendo i tecnici di Aspi ad alzarne e abbassare le cerniere delle protezioni. Ridotte di un metro di altezza grazie a queste speciali ‘cerniere’, le barriere – oltre a rimanere comunque a rischio crollo – perdevano la funzione di insonorizzazione. Per l’infelicità di chi abitava lì intorno, fino a quando il frastuono insopportabile non si traduceva in centinaia di mail di protesta, alle quali Aspi replicava con risposte preconfezionate. Occorreva cambiarle, ma costava troppo. Più facile addossare la colpa ai subappaltatori, idea “aziendalista” di Donferri. “Michele, ma ti rendi conto che non tiene il vento quella barriera?”. E ancora: “Il tirafondo è nella barriera. È incollato col Vinavil”. La sintesi della filosofia aziendale di Aspi, secondo chi indaga, è tutta in un’intercettazione di Gianni Mion, Ad di Edizione Holding, che controlla a sua volta Atlantia: “Le manutenzioni le abbiamo fatte in calare, più passava il tempo meno facevamo … cosi distribuiamo più utili … e Gilberto e tutta la famiglia erano contenti”. Gilberto Benetton è scomparso il 22 ottobre 2018. Secondo gli investigatori ci sono“60 chilometri di barriere fonoassorbenti potenzialmente pericolose” solo nel tratto genovese.
Per un problema emerso “nel luglio 2017”. I lavori di adeguamento erano andati a rilento perché pagarli sarebbe stato “un bagno di sangue”: “’Ndo chiappi i sordi?”, sintetizza Donferri. Anche il nuovo ad di Aspi Roberto Tomasi è indagato, ma la sua posizione è prossima all’archiviazione.
Aspi fa sapere tramite una nota di aver eseguito i lavori tra la fine del 2019 e il 2020 dopo aver appreso dell’indagine. “Stupore e preoccupazione per un provvedimento che non si giustifica in sé e che non si vorrebbe veder finire a condizionare una vicenda, quella del crollo del Ponte Morandi, che con quella odierna non ha nulla a che vedere” scrivono i legali di Castellucci.
mercoledì 11 novembre 2020
Il Supercasino del tutti contro tutti. - Antonio Padellaro
Quando il 9 marzo Giuseppe Conte decise il lockdown nazionale, gli italiani si chiusero disciplinatamente in casa e il tricolore esposto sui balconi simboleggiava lo spirito patriottico dell’unità nazionale. Se, come leggiamo, prima o dopo Natale il governo dovesse essere costretto a una misura analoga per frenare la curva impazzita dei contagi, dei decessi, degli ospedali presi d’assalto, teniamoci pronti a celebrare lo spirito fazioso della disunità nazionale. Il tutti contro tutti delle ultime settimane non lascia del resto molto spazio all’ottimismo.
All’interno del governo, dove l’allarme ripetutamente lanciato contro gli assembramenti nelle piazze e sulle spiagge, complice lo sfavillante novembre è già un modo per mettere le mani avanti. Del tipo: cari italiani ci eravamo raccomandati al vostro senso di responsabilità ma visto che continuate a fregarvene vi spediamo di nuovo tutti a casa. Quanto all’opposizione essa si opporrà in qualunque caso. Se ci sarà il lockdown strillerà contro la dittatura sanitaria, la catastrofe economica e il governo brutto e cattivo che ruba il Natale ai bambini. Se il lockdown non ci sarà strillerà contro la dittatura del contagio, opera del governo degli incapaci e degli assassini (sentiremo anche questa). Sui presidenti delle regioni, che ve lo dico a fare, c’è più armonia, compattezza e unità d’intenti nella Casa del Grande Fratello. Virologi e immunologi? Una credibilità messa a dura prova dai continui litigi televisivi, tanto che perfino il presidente della Lazio, Claudio Lotito può serenamente discettare su Covid e batteri nella vagina delle donne. E la babele dell’informazione? E gli opinionisti tre palle un soldo? E le associazioni dei medici e del personale sanitario che allo stremo delle forze gridano lockdown subito? E le categorie del commercio, del turismo e della ristorazione che tra le macerie delle loro attività implorano lockdown mai? E i cosiddetti ristori, giudicati elemosine nel migliore di casi (e nel peggiore non pervenuti)? E la demenziale guerra dei Toti contro gli anziani non più utili al processo produttivo? Inutile andare avanti perché il supercasino è sotto gli occhi di tutti. Non resterebbe che tornare al punto di partenza, a quel 9 marzo quando un uomo solo al comando decise per tutti. Ma oggi signor presidente del Consiglio siamo troppo confusi e non sappiamo più cosa sperare.
Energie rinnovabili: la Regione Campania in top ten per energie alternative.
Energie rinnovabili: la Regione Campania in top ten per energie alternative
„Tra i primi dieci Comuni da menzionare per le energie rinnovabili il Comune di Campagna, in Provincia di Salerno, con oltre 5.000 abitanti, in grado di produrre piu' energia elettrica di quella consumata dalle famiglie residenti.
Energie rinnovabili: la Regione Campania in top ten per energie alternative
„
La Campania nella top ten delle regioni italiane riscaldate dal sole e alimentate dal vento. Con i suoi 35.709 impianti da fonti rinnovabili, presenti in tutti i Comuni a fine 2019, la Campania si conferma tra le prime 10 Regioni italiane con la maggior potenza installata, dove il solare fotovoltaico e' la tecnologia prevalente con 34.939 impianti, pari al 97,8% del totale, seguita dall'eolico con 616 impianti pari all'1,7%.
Il report
E' quanto emerge dal Rapporto Comuni rinnovabili Campania di Legambiente. Rispetto al 2018 complessivamente è stato registrato un ulteriore incremento del numero totale di impianti installati sull'intero territorio regionale, pari al 7,4%, dove il solare, con il 7,5%, e' la tecnologia che ha visto il maggior incremento seguita dall'eolico con 1,3%. La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nel 2019, e' stata del 44,4% del toltale della produzione territoriale, con un incremento del 5,2% rispetto allo scorso anno. Rispetto al 2018 e' stato osservato un incremento dello 5,24% della produzione di energia da fonti rinnovabili. Inoltre, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, analogamente alla potenza installata, e' cresciuta nel corso degli anni, con un aumento annuo medio dal 2008 al 2019 del 14,2%, passando da 1.476,7 GWh/anno nel 2008 a 5567GWh/anno nel 2019 con un incremento del 277%. A livello provinciale, nel 2018, la maggiore produzione da fonti rinnovabili arriva dalla provincia di Avellino. La seconda posizione, in termini di produzione, è invece occupata dalla provincia di Napoli, seguono Salerno e Benevento. E' Caserta la provincia dove l'idroelettrico risulta essere la tecnologia che presenta la maggior produzione, con il 53,97%, di energia da fonti rinnovabili. Tra i primi dieci Comuni da menzionare per le energie rinnovabili il Comune di Campagna, in Provincia di Salerno, con oltre 5.000 abitanti, in grado di produrre piu' energia elettrica di quella consumata dalle famiglie residenti.
GIUSTIZIA & IMPUNITÀ Autostrade, 6 misure cautelari per ex e attuali manager: ai domiciliari l’ex ad Castellucci. “Attentato a sicurezza dei trasporti e frode”.
Sapevano che le barriere fonoassorbenti erano difettose e del potenziale pericolo per la sicurezza, ma non hanno voluto procedere alla loro sostituzione e hanno occultato la loro pericolosità. Sono queste le accuse che hanno portato a tre arresti domiciliari e tre misure interdittive per gli ex vertici e alcuni degli attuali manager di Autostrade per l’Italia. Ai domiciliari sono finiti l’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci, ma anche Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti, rispettivamente ex responsabile manutenzioni e direttore centrale operativo dell’azienda. Le misure interdittive, della durata di un anno, riguardano invece Stefano Marigliani, già direttore del primo tronco di Autostrade ora trasferito a Milano, Paolo Strazzullo, che era responsabile delle ristrutturazioni pianificate sul ponte Morandi, per l’accusa mai eseguite, distaccato a Roma, e Massimo Miliani di Spea, consociata di Aspi. La Guardia di Finanza ha eseguito le sei misure cautelari: le accuse ipotizzate sono attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in pubbliche forniture. L’indagine, avviata un anno fa, è un terzo filone nato dall’inchiesta principale legata al crollo del Ponte Morandi. È relativa alle criticità – in termini di sicurezza – delle barriere fonoassorbenti montate sulla rete autostradale ed è proseguita in parallelo a quella principale sul crollo del 14 agosto 2018 che causò la morte di 43 persone. Autostrade per l’Italia comunica di aver “attivato le procedure previste dal contratto per una immediata sospensione dal servizio” dei due tecnici ancora dipendenti coinvolti nell’indagine.
L’inchiesta della Procura di Genova, procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio e pm Walter Cotugno, parte da analisi dei documenti, indagini tecniche e testimonianze che hanno portato a “raccogliere numerosi e gravi elementi indiziari e fonti di prova in capo ai soggetti colpiti da misura”, si legge nel comunicato della Guardia di Finanza. In particolare, per gli investigatori emerge la “consapevolezza della difettosità delle barriere e del potenziale pericolo per la sicurezza stradale, con rischio cedimento nelle giornate di forte vento (fatti peraltro realmente avvenuti nel corso del 2016 e 2017 sulla rete autostradale genovese)”. Si parla delle barriere integrate modello ‘Integautos’ con specifico riferimento a quelle del primo tronco autostradale, dove sono stati registrati anche alcuni parziali cedimenti dei pannelli sulla A12.
“È emersa la consapevolezza di difetti progettuali e di sottostima dell’azione del vento, nonché dell’utilizzo di alcuni materiali per l’ancoraggio a terra non conformi alle certificazioni europee e scarsamente performanti”, si legge ancora nel comunicato. Che evidenzia anche altri due elementi. Da un lato, la “volontà di non procedere a lavori di sostituzione e messa in sicurezza adeguati, eludendo tale obbligo con alcuni accorgimenti temporanei non idonei e non risolutivi”. Infine, si ipotizza anche la frode nei confronti dello Stato, “per non aver adeguato la rete da un punto di vista acustico (così come previsto dalla Convenzione tra Autostrade e lo Stato) e di gestione in sicurezza della stessa, occultando l’inidoneità e pericolosità delle barriere, senza alcuna comunicazione – obbligatoria – all’organo di vigilanza (ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti)”.
Castellucci non è più amministratore delegato di Aspi da settembre 2019, quando a un anno dal crollo del Ponte Morandi lasciò la guida della holding Atlantia concordando una buonuscita da 13 milioni di euro. Successivamente, nel dicembre dello stesso anno, il gruppo guidato dalla famiglia Benetton decise di sospendere la seconda rata del pagamento per “elementi sopravvenuti emersi dalle indagini in corso”. Quando la buonuscita fu concordata però erano già noti i tentativi di ostacolare le intercettazioni con l’utilizzo dei disturbatori di frequenze, le registrazioni dei dialoghi tra i manager addetti alle manutenzioni che strepitavano per risparmiare sui lavori e anche la circostanza secondo cui uno dei funzionari di Autostrade condannati in primo grado per la strage del bus ad Avellino non abbia raccontato tutto durante il processo. Un processo in cui l’ex ad Castellucci è stato assolto perché “nessuna norma imponeva la sostituzione delle barriere”.
La nota di Aspi – Autostrade per l’Italia “ha attivato le procedure previste dal contratto per una immediata sospensione dal servizio” dei due tecnici dipendenti coinvolti nell’indagine, si legge in una nota della società, in cui si precisa che gli altri 4 coinvolti sono già ex manager. “L’indagine della Procura di Genova, che ha portato stamane a misure cautelari nei confronti di 4 ex manager di Aspi e di due tecnici (uno del Tronco genovese e l’altro trasferito presso il Traforo del Monte Bianco), riguarda una specifica tipologia di barriere integrate anti-rumore, denominate “Integautos”, presenti su circa 60 dei 3000 km di rete di Autostrade per l’Italia”. Aspi sottolinea poi che “la totalità di queste barriere è già stata verificata e messa in sicurezza con opportuni interventi tecnici tra la fine del 2019 e gennaio 2020, nell’ambito del generale assessment delle infrastrutture messo in atto dalla società su tutta la rete autostradale”.
“La società era venuta a conoscenza delle attività di indagine lo scorso 10 dicembre 2019, a seguito di un provvedimento di sequestro di documentazione notificatole dalla Guardia di Finanza di Genova, come reso noto dalla società stessa nella successiva trimestrale”, si legge nella nota. “Per tali infrastrutture è stato parallelamente definito a inizio 2020 un piano di sostituzione – spiega ancora Aspi – di intesa con il Dicastero concedente, articolato in tre fasi: una prima fase propedeutica agli interventi, attualmente in corso. Una seconda fase, che prevede la sostituzione delle barriere nei punti maggiormente esposti a impatto acustico, pianificata dalla seconda metà del 2021. Una successiva terza fase completerà invece la sostituzione sugli altri punti”. “La spesa per la totalità degli interventi di sostituzione, pari a circa 170 milioni di euro, è già stata autorizzata dal Consiglio di amministrazione di Aspi dell’aprile 2020 e sarà a completo carico della società”, puntualizza Autostrade, aggiungendo che “tutte le procedure di controllo e di sicurezza, nonché le soluzioni progettuali per la sostituzione delle barriere, sono stati definiti con gli organi tecnici preposti del ministero delle infrastrutture e trasporti”.
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