martedì 24 novembre 2020

Sci-muniti. - Marco Travaglio

 

Il Covid-19 ci ha regalato due ondate e, se tutto va male, a gennaio arriva la terza. Invece la cosiddetta informazione sforna un’ondata alla settimana. Ma non di virus: di cazzate. C’è la settimana del governo Draghi (la prima di ogni mese), quella del Mes (la seconda), quella del rimpasto, quella delle troppe scarcerazioni (colpa di Bonafede), quella delle troppe carcerazioni (colpa di Bonafede), quella del governo senza “anima”, quella di Conte che decide sempre tutto da solo, quella di Conte che non decide mai niente neanche in compagnia, quella che le scuole che non riapriranno mai (colpa della Azzolina), quella che riaprire le scuole è stato un errore (colpa della Azzolina), quella che devono decidere le Regioni, quella che deve decidere il governo, quella che ci vuole il lockdown, quella che meno male che non s’è fatto il lockdown, quella che i vaccini arrivano troppo tardi (colpa di Arcuri), quella che i vaccini che arrivano troppo presto (colpa di Arcuri), quella di Salvini europeista liberale, quella di B. che è diventato buono. La settimana scorsa era quella del “salviamo il Natale”. Ieri, altro giro di giostra: “Salviamo le vacanze sulla neve”.

Un’allegra combriccola di buontemponi che si fan chiamare “governatori” e “assessori” di alcune fra le Regioni peggio messe (le zone rosse Lombardia, Piemonte, Alto Adige, Val d’Aosta, l’arancione Friuli-Venezia Giulia e le gialle Veneto e Trentino), chiede di riaprire la stagione sciistica. Con 600-700 morti al giorno e molti ospedali in overbooking, gli sci-muniti pensano alle “linee guida per l’utilizzo degli impianti di risalita nelle stazioni e nei comprensori sciistici da parte degli sciatori amatoriali”. Gli assessori lombardi Caparini e Sertori, in rappresentanza di una giunta che non riesce nemmeno a comprare i vaccini antinfluenzali per medici, anziani e malati, spiegano spensierati che chiudere gli impianti di sci è stata addirittura “una scelta scriteriata e incomprensibile da parte di un governo disorientato” (loro invece sono lucidi). Intanto i giornaloni raccolgono gli appelli di Alberto Tomba e di altri cervelli in fuga. Tutti a strillare che lo sci “è uno sport all’aperto e individuale” (come se gli assembramenti si verificassero sulle piste e non prima e dopo le discese, cioè negli hotel, negli impianti di risalita, nei rifugi e nei locali serali di “après ski”) e bisogna “dare un segnale positivo” (al Covid-19). È la stessa demenza collettiva che prima voleva “salvare la Pasqua”, poi “il ferragosto”, “la movida”, “le discoteche”. La stessa follia che ancora a metà settembre, mentre i contagi risalivano, portò la Conferenza delle Regioni a chiedere di riaprire gli stadi fino al 25% della capienza. Quando arriva il vaccino contro i cretini?

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Vaccini Covid: 1 regione su 2 è ancora senza piano. - Natascia Ronchetti

 

Dopo i due vaccini anti-Covid messi a punto negli Stati Uniti dalla partnership Pfizer-Biontech e da Moderna, nella corsa agli annunci (e a chi ce la farà prima), arrivano anche i risultati preliminari dei testi clinici condotti in Regno Unito e Brasile arrivati in fase 3 del vaccino europeo, quello sviluppato da Irbm – il gruppo di Pomezia specializzato nella ricerca farmaceutica – insieme all’Università di Oxford e alla multinazionale britannica AstraZeneca.

Il nuovo vaccino, per il quale la commissione dell’Unione europea ha pattuito con la big pharma inglese l’acquisto di 300 milioni di dosi per tutti i Paesi Ue (con una opzione per altri 100 milioni), ha una efficacia media intorno al 70%, che però può arrivare al 90: dipende dal dosaggio. La sperimentazione ha dimostrato che la somministrazione di due dosi genera una protezione del 62% ma quella di una mezza dose, seguita da una intera, la porta al 90. Certo, si tratta di una soglia inferiore a quella può essere raggiunta dai vaccini targati Pfizer-Biontech e Moderna (rispettivamente 95 e 94,5% di efficacia). Ma quello di AstraZeneca offre altri vantaggi, come il fatto di poter essere conservato e trasportato a una temperatura che oscilla tra i 2 e gli otto gradi, a differenza del preparato di Pfizer che richiede una refrigerazione di 70-80 gradi sotto zero. Inoltre il prezzo sarebbe decisamente più conveniente. Il vaccino AstraZeneca costa 2,80 euro, richiamo compreso, contro i 16-20 euro a dose degli altri due vaccini americani, per i quali in questi giorni sarà depositata la richiesta di autorizzazione di emergenza alla Food and Drug Administration, l’agenzia del farmaco Usa.

Fin qui tutto bene. I problemi, però, arrivano quando si va a verificare la rapidità della risposta dei sistemi regionali alla predisposizione di un piano nazionale di stoccaggio e somministrazione dei vaccini alla popolazione, a partire dagli operatori sanitari e dagli ospiti delle residenze per anziani, i più esposti al contagio.

Entro venerdì scorso tutte le Regioni avrebbero dovuto inviare a Domenico Arcuri, il commissario straordinario per l’emergenza pandemica, un piano dettagliato, con l’individuazione dei luoghi più idonei per stoccaggio e somministrazione. Una richiesta fatta il 17 novembre. E alla quale, alla scadenza, hanno risposto solo dieci Regioni: una su due. Non ce l’hanno fatta, a rispettare il termine del 20 novembre, né al Nord né al Sud. Dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia, per arrivare alla Campania. Nonostante le ripetute sollecitazioni di Arcuri – e la concessione di uno slittamento della scadenza – ieri alle 16 mancavano all’appello ancora sette regioni. Questo a poche ore dal termine ultimo della proroga, fissato proprio a ieri: le 24. In vista della probabile disponibilità dei vaccini a partire dai primi mesi del prossimo anno, Arcuri ha chiesto alle Regioni, per “definire il piano di fattibilità in questa prima fase di somministrazione”, di individuare “in ogni provincia le idonee strutture”, capaci di rispettare alcuni vincoli. Vincoli che riguardano la conservazione e la somministrazione del vaccino Pfizer, “il cui iter di validazione sembra essere, ad oggi, il più avanzato” e di cui l’Italia già da gennaio potrebbe disporre di 3,4 milioni di dosi per vaccinare 1,7 milioni di persone. Vale a dire, celle frigorifere a meno 75 gradi per la conservazione di sei mesi; nelle apposite borse del fornitore per 15 giorni.

Il ritardo si somma ad altri ritardi, soprattutto se confrontato con altri Paesi europei. La Germania già i primi di novembre aveva previsto l’attivazione di 60 centri per la vaccinazione, dando mandato agli Stati federali di individuarli e comunicarli entro il 10 dello stesso mese al ministero della Salute. In Italia tutto si inserisce nel quadro di un sistema nazionale dei trasporti e della logistica molto fragile. “Le imprese del settore non sono preparate per affrontare lo stoccaggio e il trasporto dei vaccini – spiega Dario Balotta, presidente dell’Osservatorio liberalizzazioni trasporti e infrastrutture –. Non lo erano nemmeno per quelli antinfluenzali. Sono arretrate, poco digitalizzate, come del resto conferma la gestione della logistica dei prodotti farmaceutici affidata a operatori stranieri”.

L’aeroporto di Bruxelles ha già messo le mani su una fetta sostanziosa del mercato del trasporto dei vaccini anti-Covid: sulla piattaforma a temperatura controllata è stato già sperimentato il trasporto di carichi aerei altamente termosensibili nei 30mila metri quadrati del Bruxelles Pharma Center. Con la simulazione di due spedizioni, una con temperatura di -70 gradi, è riuscito a mantenere le condizioni prescritte, grazie anche all’uso di ghiaccio secco sia all’interno del magazzino, sia durante il carico sui veicoli industriali. A Malpensa l’Italia può contare sull’area PharmaZone, che però si estende su una superficie di soli 600 metri quadrati ed è divisa in diverse aree a temperatura controllata, da -25 gradi a +8, con strutture inadeguate. “Il che equivale a dire – osserva Balotta –, che siamo nudi alla meta”.

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lunedì 23 novembre 2020

M5S verso una governance collegiale. Ecco il documento di sintesi su organizzazione, regole e principi. Andrà al voto su Rousseau. -

 

“Gli Stati Generali hanno rappresentato l’inizio di un percorso fatto di partecipazione ed entusiasmo che ha raccolto idee e proposte. I contributi che hanno consentito di tracciare la parte tematica, come già reso noto, verranno ulteriormente arricchiti grazie al supporto e al coordinamento del Team del Futuro e al coinvolgimento del maggior numero possibile di iscritti al MoVimento. Il percorso tematico dell’Agenda per il Paese ripartirà nelle prossime settimane”. E’ quanto scrive sul Blog delle stelle il capo politico M5S, Vito Crimi, presentando il documento di sintesi (disponibile qui) dedicato a organizzazione, regole e principi del Movimento 5 Stelle.

“Un MoVimento  – prosegue l’esponente pentastellato – che in questi anni è cresciuto, ha realizzato tanti degli obiettivi per il Paese che si era prefisso, e che ha confermato la volontà di proporsi come forza di governo in grado di costruire e dare risposte concrete ai cittadini. Per realizzare questi obiettivi e rispondere alle nuove sfide che ci attendono, il MoVimento ha la necessità di dotarsi di un’organizzazione e di regole all’altezza di questo ruolo. I contenuti del documento di sintesi sono il frutto del lavoro svolto nel corso degli Stati Generali a partire dalle riunioni territoriali fino all’evento nazionale, e saranno sottoposti, per parti separate, al voto dell’assemblea degli iscritti sulla piattaforma Rousseau. Voto il cui esito costituirà l’atto di indirizzo a cui gli organi del MoVimento preposti, attuali e futuri, e i suoi portavoce, dovranno attenersi”.

“Per le parti in cui si renderà necessario apportare modifiche allo Statuto, al Codice Etico, ai regolamenti esistenti, conclude Crimi, gli organi preposti formuleranno le relative proposte che saranno di volta in volta sottoposte al voto dell’assemblea degli iscritti. Per alcuni temi che richiedono un ulteriore lavoro di approfondimento, saranno costituiti appositi tavoli di lavoro”.

“Trasferire le funzioni oggi attribuite al Capo politico ad un organo collegiale – si legge in uno dei passaggi del documento -, che combini rapidità ed efficienza nell’azione politica. Attribuire alcune funzioni di indirizzo politico, nonché di convocazione dell’assemblea degli iscritti, ad un organo collegiale ad ampia rappresentatività dei livelli istituzionali, territoriali, anagrafici e di genere”.

“In questi mesi abbiamo lavorato con grande passione e partecipazione su temi, idee e principi che tracceranno la traiettoria del Movimento5stelle e del Paese. Sono state raccolte delle proposte comuni che partono dalla base, che è il vero motore del Movimento. Abbiamo dimostrato che la democrazia dal basso, tanto auspicata, può essere resa possibile! Continuiamo a lavorare con ancora più fervore per far sì che siano i cittadini a decidere del futuro di questo Paese” ha scritto su Facebook la vicepresidente del Senato, Paola Taverna.

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Financial Times: ecco le dieci cose che la crisi da covid cambierà a lungo termine. - Martin Wolf

 

Il Covid-19 ha provocato una recessione economica di enormi proporzioni, tutt’altro che uniforme tra i vari Paesi. Dalla globalizzazione, al fallimento dei populismi, all'uso della tecnologia: ci troveremo davanti un mondo diverso.

Cosa ci hanno insegnato 10 mesi di Covid-19? Per il momento, quello che sappiamo è che il mondo non era preparato ad affrontare la pandemia, innanzitutto, e che il virus ha causato finora circa 1,1 milioni di morti, soprattutto tra gli anziani, e alcuni Paesi hanno reagito meglio di altri. Sappiamo anche che il Covid-19 ha provocato una recessione economica di enormi proporzioni, e che questa è stata tutt’altro che uniforme tra i vari Paesi. Ne hanno subito maggiore danno i giovani, i lavoratori relativamente poco qualificati, le madri lavoratrici e gli appartenenti a minoranze deboli.

Sappiamo che il cosiddetto “distanziamento sociale”, in parte spontaneo e in parte forzato, ha danneggiato tutte le attività basate sulla prossimità umana, a beneficio di quelle che si possono fare da casa. Quasi nessuno viaggia più. Sappiamo che tantissime aziende usciranno dalla crisi cariche di debiti e molte altre non ne usciranno affatto. Sappiamo che le istituzioni fiscali e monetarie internazionali hanno messo in campo interventi senza precedenti in tempi di pace, soprattutto nei Paesi con valute accettate al livello internazionale. Sappiamo, non da ultimo, che lo scambio di accuse sulle responsabilità della pandemia ha destabilizzato le relazioni tra Stati Uniti e Cina e che, inoltre, il virus ha già messo in crisi la globalizzazione, soprattutto sul piano delle filiere produttive.

A partire da tutto ciò, è possibile delineare degli scenari a lungo termine? E quali? Nei dieci punti che seguono proveremo a indicare alcuni spunti.

Primo, l’evoluzione della pandemia. È possibile che molto presto si individuerà un vaccino (o più d’uno) definitivo contro il Covid-19, ed è altrettanto possibile che quest’ultimo venga messo a disposizione del mondo intero a tempi di record. Tuttavia, a ben guardare l’una cosa sembra escludere l’altra. Il rischio, perciò, è che il virus resterà ancora per molto tempo una minaccia concreta.

Secondo, la durata della crisi economica. L’entità delle perdite dipende in parte dalla velocità con cui riusciremo a mettere sotto controllo la malattia. Bisognerà però valutare quanto profonde saranno le cicatrici che questa ferita lascerà sul nostro tessuto sociale, in particolare in termini di disoccupazione, debiti insoluti, aumento di povertà, divari nell’accesso all’istruzione e così via. L’economia del mondo intero, come quella della maggior parte dei singoli Stati, usciranno probabilmente dalla pandemia ridotte di taglia in modo permanente, e la popolazione risulterà complessivamente più povera.

Terzo, la composizione dell’economia. Torneremo mai allo stile di vita pre-Covid-19? Oppure smetteremo definitivamente di viaggiare e di lavorare come pendolari? La cosa più probabile è che entrambe le ipotesi si verificheranno, cioè che viaggi e pendolarismo potranno riprendere, ma non torneranno ai livelli precendenti la pandemia. Inoltre, il Covid ci ha catapultato in un mondo nuovo ad alto tasso di “virtuale”, che difficilmente abbandoneremo anche dopo la crisi. Questo avrà effetti positivi su alcune forme di vita e di lavoro.

Quarto, il ruolo della tecnologia. Lo abbiamo detto. Non torneremo indietro sull’espansione tecnologica, ma è vero che il peso sempre maggiore acquisito dalle big tech di recente ha attirato l’attenzione pubblica sul potere che hanno nelle nostre società. È immaginabile che questo accrescerà la tendenza alla regolamentazione dei monopoli tecnologici e all’aumento della concorrenza.

Quinto, la centralità dei governi. Le grandi crisi tendono a provocare grandi salti di qualità nell’azione di governo. Con il Covid è cresciuta la richiesta sociale di “ricostruire” il ruolo del pubblico, ed eventualmente anche accrescerlo. Perciò è opportuno valutare la probabilità che i governi diventino sempre più interventisti in economia.

Sesto, il focus degli interventi. Le banche centrali di tutto il mondo si sono impegnate a tenere bassi i tassi di interesse per molto tempo. Se ciò resterà vero sia per i tassi reali che per quelli nominali, i governi saranno effettivamente in grado non solo di gestire i propri deficit, ma anche di cooperare per la ristrutturazione di quelli altrui. A un certo punto, tuttavia i disavanzi fiscali dovranno necessariamente essere ridotti e, stanti le pressioni dell’opinione pubblica per l’aumento di spesa, è possibile che i governi si orienteranno verso un aumento delle tasse, in particolare quelle per i ricchi.

Settimo, la politica interna. Alcuni paesi hanno messo in campo risposte efficaci contro la crisi pandemica, altri no. Nella valutazione del successo delle misure, tuttavia, non sembra essere stato rilevante il fattore della democraticità dei paesi. Invece, quello che sembra aver giocato un ruolo importante è il senso di responsabilità mostrato dai governanti rispetto all’efficacia delle loro azioni. La demagogia populista dei vari Jair Bolsonaro, Boris Johnson e Donald Trump ha ottenuto pessimi risultati nella gestione della pandemia, perciò il Covid potrebbe forse aver fermato la corsa del populismo.

Ottavo, le relazioni internazionali. La crisi che stiamo vivendo è davvero globale, perciò può essere gestita efficacemente solo attraverso la cooperazione internazionale. Eppure, la pandemia sembra aver rafforzato le tendenze all’unilateralismo e allo scontro frontale tra paesi. Esistono anzi buone probabilità che la situazione peggiori, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra Stati Uniti e Cina.

Nono, il futuro della globalizzazione. La globalizzazione delle merci aveva già subito un brusco rallentamento dopo la crisi finanziaria del 2008. Dopo il Covid-19 è probabile che si ritroverà ulteriormente frenata. La pandemia può erodere il sistema di scambi multilaterale, e in particolare il ruolo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, mentre le controversie commerciali tra Occidente e Cina non sembrano avviate a una risoluzione. Quanto alla globalizzazione virtuale, invece, è probabile che crescerà.

Decimo, la gestione dei beni comuni globali. Da questo punto di vista il Covid-19 è un’arma a doppio taglio. Da un lato, infatti, ha accresciuto il desiderio di una politica milgliore tanto sul piano nazionale che su quello internazionale, in particolare riguardo al clima. Dall’altro lato, però, il Covid ha indebolito la legittimità degli accordi internazionali, soprattutto per paesi come gli Stati Uniti che si sono ritirati dall’accordo di Parigi sul clima e dall’Organizzazione mondiale della sanità.

In conclusione, è chiaro che il Covid-19 è stato e sarà un shock profondo per il mondo, a solo 12 anni dall’enorme sconvolgimento della crisi finanziaria globale del 2008. Sicuramente la pandemia avrà effetti importanti e a lungo termine sull’economia, le imprese, la politica interna e le relazioni internazionali. I cambiamenti saranno molti, e molti di essi saranno imprevedibili.

Fonte: FT.com

Traduzione di Riccardo Antoniucci

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/23/financial-times-ecco-le-dieci-cose-che-la-crisi-innescata-dal-coronavirus-cambiera-a-lungo-termine/6013234/

La metà dei prestiti garantiti al Nord. Sud a rischio usura. - Patrizia De Rubertis

 

Le imprese chiedono sempre più liquidità, anche perché la ottengono a basso prezzo grazie alle garanzie statali. Ma il flusso di questi soldi si ferma soprattutto al Nord, con un rischio usura nelle regioni del Sud. A otto mesi dall’avvio dei prestiti garantiti, introdotti dal dl Liquidità, da una parte ci sono i dati forniti dall’Associazione bancaria (Abi) che rilevano l’ingente crescita delle richieste di finanziamento arrivate al Fondo centrale di garanzia che hanno smosso crediti per oltre 106 miliardi. Dall’altra parte ci sono i numeri che arrivano dal territorio elaborati dal sindacato dei bancari Fabi che mostrano uno “squilibrio” nell’erogazione dei soldi: oltre il 52% dei finanziamenti garantiti dallo Stato sono andati a quattro Regioni (Lombardia 23%, Veneto 11,4%, Emilia-Romagna 10,2%, Toscana 8,2%) dove opera, però, appena il 37% di Pmi e partite Iva. Due facce della stessa medaglia.

Dal 17 marzo al 20 novembre, ha spiegato il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini, nel corso di un’audizione in commissione Bilancio, sono arrivate 1 milione e 290 mila domande al Fondo di garanzia per le Pmi per un importo che ha già superato i 100 miliardi di liquidità, soglia ipotizzata dal governo all’emanazione del decreto. Di queste domande, 991 mila (oltre 19,4 miliardi) sono per prestiti fino a 30 mila euro con garanzia statale del 100% e durata di 10 anni concessi in automatico senza necessità di un’istruttoria. Poco più di 277 mila le richieste di finanziamento fino a 800.000 (non si deve superare il 25% dei ricavi) per un totale di 82,2 miliardi. Si tratta di prestiti con durata massima di 72 mesi e garanzia al 90%, ma estendibile fino al 100%.

Una massa senza precedenti di denaro che si è fermata a Bologna. La rilevazione della Fabi mostra evidenti discrepanze su base territoriale. Gli estremi sono dati da Lombardia ed Emilia-Romagna che hanno ricevuto più di un terzo del totale. dall’altra parte c’è il Molise con 4.854 richieste pari allo 0,5% del totale e 89 milioni di euro complessivi. È nelle Regioni del Centro-Nord che si concentra sia l’erogazione dei mini-prestiti che di quelli fino a 800.000 euro. Eppure in questi territori la maggior parte delle fabbriche non ha chiuso durante il lockdown di marzo e aprile. Mentre al Sud, dove c’è più bisogno di liquidità, i prestiti garantiti scarseggiano spingendo il ricorso a forme alternative di finanziamento non legali. “In una situazione così difficile non bastano i finanziamenti: sono indispensabili anche stanziamenti a fondo perduto anche per evitare che famiglie e imprese possano essere costrette a chiedere denaro agli usurai”, commenta il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. Tanto che nei primi sei mesi dell’anno, le segnalazioni di operazioni sospette lavorate dalle banche hanno raggiunto quasi 50 miliardi, di cui il 99% relativo al rischio riciclaggio.

Le moratorie sui crediti scadranno il 31 gennaio. Al ministero dell’Economia stanno valutando la possibilità di prevederne un ulteriore prolungamento da inserire nella manovra o nel Milleproroghe. Con un occhio alla possibile esplosione dei crediti deteriorati da parte di imprese e famiglie che potrebbero non essere in grado di restituire i prestiti ottenuti.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/22/la-meta-dei-prestiti-garantiti-al-nord-sud-a-rischio-usura/6012174/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-11-22#

PER QUALCHE ...... VOTO IN PIÙ - Rino Ingarozza













È un post che ho scritto un paio di giorni fa, ma che non ho pubblicato perché ho avuto altro a cui pensare e cioè ai miei concittadini, alle prese con questa terribile alluvione che ha colpito Crotone. La situazione adesso è leggermente migliorata e sono rinfrancato dalla notizia che, almeno, non ci sono vittime, e quindi lo pubblico, anche se, credetemi, ho ancora la morte nel cuore.

Il 27 Gennaio di quest'anno ho fatto un post che recitava: "L'ultimo Presidente della Regione Calabria, di destra, è ancora in carcere. A questi nuovi diamogli un po' di tempo".
Come dice quella pubblicità? "Ti piace vincere facile eh ......" Ponzi ponzi popopo'..... Direi che era una previsione talmente scontata che non mi potrò certo candidare a "novello NOSTRADAMUS". D'altronde è noto a tutti che, a destra, se non presenti un curriculum con almeno un avviso di garanzia, non ti candidano. Specialmente se sei in odore di mafia. In questo caso scavalchi tutti gli altri. Perché? Semplice, perché la mafia vota e fa votare. Uso il termine "mafia" per semplificare, visto che, in Italia, per non farci mancare niente, abbiamo diverse denominazioni, per definirla, a seconda delle Regioni. Una sorte di DOP (denominazione di origine protetta). E allora abbiamo la "cosa nostra" siciliana, la "ndrangheta" calabrese, la "camorra" campana, la "sacra corona unita" pugliese e "mafia capitale" romana e quindi laziale. Poi ci sono varie "imitazioni" tipo "la mafia del Brenta" o la generica" mafia dei Casamonica", che però non si "pregiano" della DOP. Sia chiaro, però, che come tutti i prodotti DOP seri, anche la mafia ha "esportato" i propri, in tutta Italia e anche all'estero. E se non trovi "acquirenti" anche in questi territori, non attecchisci. Questo per essere chiari.
Parlando della mia regione e, cioè, la Calabria, ad oggi, i consiglieri regionali, tra inquisiti e arrestati, sono gia' un numero congruo, ma, diamo tempo al tempo, la legislatura è appena all'inizio.
L'ultimo, in ordine temporale è stato,
l'ormai famoso, Presidente del consiglio regionale, Domenico Tallini.
L'accusa è molto grave ma può sorprendere noi che magari non lo conoscevamo, non sorprende sicuramente le procure e la commissione antimafia, che lo aveva inserito nell'elenco degli "impresentabili" e quindi incandidabili.
Ora, il discorso è questo, se un giornalista sbaglia un articolo, il direttore è anch'esso responsabile, per questo. Se un dirigente di una qualsiai azienda sbaglia qualcosa, l'amministratore delegato o il presidente, ne devono dar conto, di questo sbaglio. Persino se, un giocatore di calcio, sbaglia un rigore, l'allenatore è "correo" in quanto è quello che lo ha designato a tirarlo. Perché, allora, in questo caso, che è di una gravità inaudita (collusione con la mafia) nessuno dei suoi superiori viene chiamato in correità? Perché nessuno paga?
Perché, signor Tajani? Perché, signor Berlusconi? Perché, signor Gasparri? Perché, signora Gelmini? Perché?
Delle due, una: o sapevate e avete taciuto, per qualche dollaro (voto) in più e non importava se era sporco di sangue, o non lo sapevate e allora vuol dire che non indagate su certi candidati sospetti. Certo, non lo si può fare con tutti, ma almeno su quelli segnalati dalla commissione antimafia, si. Era, ed è, sempre doveroso.
Certo, c'è una terza ipotesi (questa per i malpensanti) e cioè che se è vero come è vero, che Forza Italia è stata fondata da un mafioso, non c'è da meravigliarsi. Infatti io non meraviglio. Mi meraviglio del contrario, quando vedo gente onesta e perbene.
Per tutto ciò ho detto, in un altro post, che Morra avrebbe fatto meglio a non dire quello che ha detto. O meglio poteva e doveva dire che la Santelli e gli altri dirigenti del partito, non dovevano candidare un simile personaggio. E non dire, come ha detto, che i Calabresi sapevano della sua malattia e l'hanno votata lo stesso. Avrebbe dovuto sapere, da persona intelligente qual è, che queste sue affermazioni sarebbero state strumentalizzate e quindi, come è successo, spostato il centro dell'attenzione. Si sarebbe, invece, dovuto tambureggiare su questa notizia, si sarebbe dovuto chiederne conto alla destra del perché di questa candidatura. Il Movimento, questo non lo fa mai. Si fa aggredire ma non aggredisce mai. Si fa deridere per un divieto di sosta ma non dice niente per un arresto per mafia dell'altra parte. Questo è sbagliato. Le cose che arrivano alla gente sono le grida e non i sussurri.
Le incazzature e non il fair play.
Ad essere buoni, si può dire che quando lo fa, lo fa non con l'impeto necessario.
E non parlo certo della base, dei simpatizzanti, degli attivisti. Questi lo fanno, si dannano l'anima. Parlo della classe dirigente. Devono andare in TV e, anche se nessuno glielo chiede, perché non se ne deve parlare, una volta che hanno il microfono in mano, devono denunciare queste malefatte. Devono informare i più distratti, i rincoglioniti (volutamente) dalle reti Mediaset. Se non fa questo, continuerà a perdere voti e a chiedersi il perché. L'Italia è fatta anche da gente comune (per fortuna), di gente che gli devi dire, in maniera semplice, come vanno le cose, altrimenti continuerà a credere che a Madrid c'è un porto, che il ponte di Genova è fatto con pannelli solari al metano e che Ruby è la nipote di Mubarak.
Forza Crotone, ti rialzerai.

Ma mi faccia. - Marco Travaglio

 

Il sensale. “Melania vuole lasciare Donald? Fonti vicine alla coppia presidenziale mi dicono che il gossip è completamente privo di fondamento” (Matteo Salvini, segretario Lega, Un giorno da pecora, Radio1, 10.11). Non so voi, ma io i Trump li vedo maluccio. Manca solo la benedizione di Fassino.

Draghi e draghetti. “Governo Draghi nel 2021” (Renato Brunetta, deputato FI, Repubblica, 22.11). Ci parla lui.

Orgoglio e pregiudizio. “C’è pregiudizio sui calabresi. Non siamo tutti ‘ndranghetisti” (Nino Spirlì, presidente reggente Regione Calabria, La Stampa, 19.11). Vero: certa gente la ‘ndrangheta la scarta.

Parole sante. “Rimpianti? Uno solo, forse. Non essermi levato di torno, e per sempre, subito dopo la sconfitta al referendum” (Matteo Renzi, segretario Italia Viva, Sette-Corriere della sera, 20.11). Ma sei sempre in tempo.

Un americano a Roma. “Avevo tre offerte di lavoro dagli Usa, avevo già optato per una. Poi tutto lo stato maggiore del Pd mi convinse” (Renzi, ibidem). A me m’ha bloccato la malattia. Se io mi trovo in questo suolo è perché è il babbo che lo vuole, sennò a quest’ora io sarei a Broadway e non in questo zozzo letamaio!

AAA cercasi palo. “La novità è che oggi si sta ampliando il numero delle persone disponibili a riconoscere a Berlusconi un ruolo importante. Sta all’intelligenza delle forze di governo e del presidente del Consiglio dare segnali concreti: non tappeti rossi, ma disponibilità a lavorare insieme” (Giorgio Gori, Pd, sindaco di Bergamo, La Stampa, 19.11). Serve qualcuno che gli tenga il sacco.

Energie migliori. “Il segnale di Forza Italia va raccolto subito. Chiamare al governo le energie migliori” (Goffredo Bettini, Pd, Corriere della sera, 16.11). Possibilmente prima che ce le arrestino tutte.

Bongiorno giustizia/1. “Sarà la Bongiorno a incastrare Grillo e il figlio. Da quandoassiste una delle ragazze che avrebbero subìto violenza i 5Sstelle tremano” (Pietro Senaldi, Libero, 22.11). E da quando riuscì a far dichiarare Andreotti colpevole di mafia fino al 1980, i suoi clienti pregano.

Bongiorno giustizia/2. “Sono positiva al Covid: Bonafede non ha protetto noi frequentatori dei tribunali, non ha fatto nulla per evitare che chi – pur con mascherina – è costretto nelle aule, senza ricambio d’aria e spesso senza finestre, si ammalasse” (Giulia Bongiorno, senatrice Lega, 20.11). Covid governo ladro.

L’emerito. “La pioggia di misure non aiuta” (Sabino Cassese, giudice emerito della Consulta, Corriere della sera, 20.11). A proposito, emerito: com’era quella dello stato di emergenza senza più emergenza?

Fake news. “Recovery, allarme Ue sul ritardo dell’Italia. Restano 45 giorni per la presentazione dei progetti di rilancio dell’economia” (Claudio Tito, Repubblica, 19.11). Ora, posto che i progetti vanno presentati a gennaio, siamo a novembre e nessun Paese Ue ha presentato un progetto, delle due l’una: o l’Italia è in ritardo, o Repubblica è in anticipo.

Er Più. “I grillini governano senza trasparenza. La Azzolina che nasconde i dati del suo concorso. Bonafede che ha liquidato Di Matteo e scarcerato i boss. Patuanelli che incontra Castellucci con una senatrice ex assistente di volo e quindi esperta di Alitalia. La Castelli che andrebbe bene per dare ripetizioni serali a ragioneria. Un gaffeur come Di Stefano. Di Maio che inciucia, rinnega, si accoda, piazza i suoi uomini” (Gianluigi Paragone, senatore ex M5S, ora leader di Italexit, La Verità, 16.11). E dimentica la più bella: quei dementi hanno fatto eleggere addirittura Paragone.

Gaudium magnum. “Perchè non voglio più fare il commissario alla Sanità in Calabria? Motivi personali e familiari me lo impediscono. Mia moglie non ha intenzione di trasferirsi a Catanzaro. Non ho intenzione di aprire una crisi familiare” (Eugenio Gaudio, rettore uscente dell’Università La Sapienza di Roma, Repubblica, 17.11). Un “tengo famiglia” alla rovescia.

Calabria Saudita. “Ma che cazz! Ma cosa c’entra Gino Strada? La Calabria è una Regione dell’Italia, non abbiamo bisogno di medici missionari africani, vergogna! La Calabria non è l’Afghanistan, non siamo uno Stato del quarto mondo, dovranno passare sul mio corpo!” (Spirlì, presidente reggente della Calabria, La zanzara, Radio24, 11-3). Infatti Gino Strada è nato a Sesto San Giovanni (Milano), a metà strada tra l’Africa e l’Afghanistan.

Papa Donald I. “Se gli italiani potessero, dovrebbero collocare Trump al posto del Papa. Dico sul serio. Dovreste prendere Trump, metterlo su un aereo e installarlo in Vaticano. Le sue idee vi tornerebbero molto utili” (Edward Luttwak, politologo, La Verità, 9.11). Ecco chi ha messo il like alla foto della modella osé dall’account Instagram del Papa.

Il titolo della settimana. “I parlamentari azzurri: ‘Non ci saranno più fughe’” (il Giornale, 21.11). Poi comprano una vocale.

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