martedì 8 dicembre 2020

Ma guarda un po’ questo Conte. - Andrea Scanzi

 

Ma guarda un po’ questo Conte.
Questo Presidente del Consiglio trattato come il Poro Schifoso da larga parte dei media,
dai fascisti, dai razzisti, dai casi umani.

Ma guarda un po’ questo incapace patentato. Questo parvenu, questo tontolone, questo “dittatore”.
Questo disastro ambulante.

Giuseppe Conte è primo tra i “Doers”, ovvero i politici più credibili perché hanno concretamente fatto le cose promesse, nella classifica delle personalità europee che saranno più influenti nel 2021 secondo Politico Europe.

Proprio un incapace, ‘sto Conte. Vuoi mettere con Salvini, Meloni e quel che resta di Renzi?

Andrea Scanzi 

https://www.facebook.com/andreascanzi74/photos/a.710778345605163/4237900909559538

Open, le motivazioni dei pm: “Milioni a Renzi e non al Pd”.- Antonio Massari e Valeria Pacelli

 

I benefici dell’attività di fundraising della Fondazione Open sono ricaduti non sul Partito democratico, ma “in via esclusiva sulla componente renziana dello stesso e in particolare sui parlamentari” Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Non ha alcun dubbio la Procura di Firenze che nei mesi scorsi ha iscritto nel registro degli indagati l’ex premier Renzi, insieme agli ex ministri Lotti e Boschi e all’ex presidente della Fondazione Open Alberto Bianchi, tutti accusati di finanziamento illecito.

Al centro dell’inchiesta ci sono 7,2 milioni di euro di contributi finiti dal 2014 al 2018 nelle casse di quella che era la cassaforte del renzismo e che secondo i magistrati sono stati ricevuti violando la normativa sul finanziamento ai partiti. Per i pm, infatti, la Open non era una Fondazione a se stante, ma era un’articolazione politico-organizzativa della componente renziana del Pd.

Che quei contributi siano serviti quindi per sostenere l’attività politica dei parlamentari, i magistrati lo ribadiscono nelle cinque pagine di motivazioni con le quali hanno rigettato l’istanza dei legali di Renzi e Boschi che chiedevano di trasferire l’indagine altrove, in prima istanza a Roma o, in subordine, a Pistoia o Velletri. Sono tesi che la Procura ha rigettato rispondendo punto per punto alle questioni sollevate dagli avvocati.

I magistrati fiorentini fin da subito hanno quindi chiarito un aspetto molto importante: non stanno indagando solo per finanziamento illecito, bensì stanno lavorando anche su una contestazione più grave, quella di corruzione, il che radica la competenza a Firenze. La corruzione però non viene contestata né a Renzi né a Boschi. “Deve rilevarsi – scrivono i pm – che sebbene non nei confronti degli odierni istanti (Renzi e Boschi, ndr), bensì a carico di altri soggetti indagati del medesimo delitto di finanziamento illecito, dagli atti del procedimento emergono indizi di reità per il più grave delitto di corruzione”. I nomi degli indagati per corruzione però sono al momento coperti dal segreto istruttorio.

Ma al di là della nuova contestazione, i pm non hanno dubbi: anche per il solo finanziamento illecito la competenza è Firenze. In questo caso, scrivono i magistrati, “il reato si è consumato con la ricezione del finanziamento su un conto corrente bancario fiorentino, in assenza di delibera idonea a indicarne specificatamente l’effettiva causale e il soggetto effettivamente percettore”.

Il punto è il solito: la Open, per i pm, era una copertura e quei soldi servivano per sostenere l’attività politica dei renziani.

Nell’atto in cui si rigetta l’istanza di Renzi e Boschi, i pm rispondono punto per punto alle tesi delle difese che hanno sollevato la questione della competenza territoriale. In una delle loro argomentazioni, i legali spiegano che qualora “si riconoscesse pieno credito alla tesi accusatoria, secondo la quale la Open sarebbe un’articolazione del Pd, il beneficiario effettivo dei vantaggi derivanti dall’attività della Fondazione non potrebbe altro che essere” il Partito democratico.

Di conseguenza, “gli effetti della condotta posta in essere dagli indagati si sarebbero prodotti nel luogo dove il partito ha sede”, ossia a Roma e non a Firenze.

Su questo, i pm rispondono: “L’assunto è puramente teorico” perché “smentito dalle acquisizioni investigative secondo cui i beneficiari dell’attività di fundraising sono ricaduti non già sul Partito, ma in via esclusiva sulla componente renziana dello stesso” e in particolare sui parlamentari indagati.

Esclusa Roma, si prova con Pistoia. Secondo i legali la competenza potrebbe essere nell’altra città toscana perché lì si trova la sede legale della Open. Anche questa tesi per i magistrati è smentita dalle indagini già fatte. Le “acquisizioni investigative – scrivono – dimostrano che la sede legale della Fondazione ha avuto un rilievo meramente formale”. Per i pm tutto veniva gestito nell’ufficio dell’avvocato Alberto Bianchi. “Dall’analisi della documentazione sottoposta a sequestro – riporta l’atto – emerge che l’operatività della Open si è svolta presso la sede dello studio professionale di Alberto Bianchi”. È qui, spiegano i magistrati, che “si sono tenute la gran parte delle riunioni del consiglio direttivo (13 su 17), e altri incontri organizzativi”, ma anche dove “sono stati custoditi i libri e le scritture contabili” e dove si “è concretamente realizzata la direzione dell’attività di fundraising e della programmazione dell’attività di impiego dei finanziamenti”.

Sono queste le motivazioni con le quale i magistrati di Firenze hanno chiuso il primo round, stabilendo che l’indagine resta nelle loro mani. Decisione contro la quale i legali degli indagati potrebbero fare ricorso in Cassazione. Ma la partita è tutta da giocare, con un’inchiesta che, anche alla luce del nuovo filone sulla corruzione, potrà riservare altri colpi di scena.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/08/open-le-motivazioni-dei-pm-milioni-a-renzi-e-non-al-pd/6029772/

Prese i 600 euro, Salvini premia la Murelli. - Stefano Vergine

La deputata guiderà l’“Accademia Federale-Emilia”. Il segretario diceva: “La sospendo”.

“Pur non avendo violato alcuna legge, è inopportuno che i parlamentari abbiano aderito a tale misura e per questa ragione abbiamo deciso e condiviso con i diretti interessati il provvedimento della sospensione”. Così parlò il 12 agosto Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera e fedelissimo di Matteo Salvini. Il quale, subito dopo, aggiunse: “Ho dato indicazione che chiunque abbia preso o fatto richiesta del bonus venga sospeso e in caso di elezioni non ricandidato”. Qualche giorno prima il Fatto aveva rivelato i nomi dei due parlamentari leghisti che avevano richiesto il bonus da 600 euro mensili elargito dall’Inps per i titolari di partita Iva: Andrea Dara ed Elena Murelli. “Sospensione”, aveva garantito il partito di Salvini nel tentativo di far rientrare le polemiche. Com’è andata a finire lo racconta un manifesto diffuso online nei giorni scorsi proprio dalla Lega. Ieri, alle ore 16.30, il partito ha presentato in streaming l’Accademia Federale Lega Emilia. “Un’iniziativa – si legge sul sito aperto per l’occorrenza – nata per chi intende arricchire le proprie conoscenze politiche e istituzionali partecipando al progetto di alternativa di governo proposto da Matteo Salvini”. Obiettivo: trasmettere a tutti gli interessati, “in modo approfondito e articolato, la conoscenza del nostro sistema politico, amministrativo, economico e sociale”. Chi ha scelto Salvini per insegnare ai suoi sostenitori tutto questo? Proprio la deputata Murelli, nominata addirittura responsabile dell’Accademia Federale in Emilia-Romagna, la sua regione natale.

Piacentina, 45 anni, laureata in Economia e specializzata in Finanziamenti europei per la ricerca e l’innovazione, Murelli è nella Lega dal 2001, e dopo anni di esperienza in consiglio comunale nella sua cittadina, Podenzano, nel 2018 è stata candidata da Salvini alla Camera. A dispetto dell’annunciata e non meglio specificata sospensione, Murelli è ancora oggi una parlamentare della Lega e continua a rappresentare il partito in Commissione Lavoro. Nonostante uno stipendio da 12mila euro al mese, l’economista emiliana ha richiesto e ottenuto il bonus Inps per le partite Iva. Prima che la notizia diventasse pubblica si era anche espressa pubblicamente sul tema: il 23 luglio 2020, in un intervento alla Camera, aveva accusato il governo Conte di “importare il Covid con i migranti per tenersi le poltrone”, definendo poi il bonus Inps “un’elemosina”. Ne parlava – si scoprì un mese dopo – per esperienza personale. Dopo lo scandalo dei furbastri dei 600 euro e l’annunciata sospensione, Murelli si è inabissata per un po’. Nessuna dichiarazione pubblica, nemmeno una risposta a chi (come il nostro giornale) le chiedeva un chiarimento sulla vicenda del bonus Inps. Ma la memoria è corta, si sa, e dopo nemmeno sei mesi riecco la salviniana all’attacco. “Convertire i permessi per la protezione speciali in permessi per motivi di lavoro, come prevede il decreto immigrazione, è una sanatoria mascherata che non avrebbe alcun impatto positivo sull’occupazione”, ha detto il 2 dicembre. Aggiungendo che “la Lega nulla ha contro chi viene in Italia regolarmente per lavorare e per contribuire alla crescita del nostro Paese. Siamo, invece, pienamente contrari a chi usa l’Italia, il suo sistema sanitario, il suo sistema assistenziale solo per delinquere o lavorare in nero”. Ieri sul web ha spiegato lei ai sostenitori della Lega come ci si comporta correttamente.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/08/prese-i-600-euro-salvini-premia-la-murelli/6029788/

I nuovi Bertinotti. - Marco Travaglio

C’era una volta un buon governo di centrosinistra molto più apprezzato dei partiti che lo sostenevano, con un premier onesto e capace e vari ministri coraggiosi e stimati anche all’estero. Portò l’Italia in Europa, riformò la sanità privilegiando il pubblico e non il privato, si oppose alle spinte inciuciste col centrodestra. Ma durò solo due anni. Poi un leader che si credeva il più puro e intransigente del bigoncio lo sfiduciò sventolando la decisiva battaglia per l’orario di lavoro a 35 ore. Il governo cadde alla Camera per un voto, il premier andò a casa, indisponibile ad ammucchiate. E quattro giorni dopo il suo rivale, che fino ad allora giurava “o questo governo o elezioni”, era già pronto a formarne uno nuovo con un plotone di parlamentari eletti col centrodestra. Il premier abbattuto era Romano Prodi, il suo killer Fausto Bertinotti, il successore e utilizzatore finale di cotanta intransigenza Massimo D’Alema, i voltagabbana suoi compagni di strada Mastella e Buttiglione, fondatori con Cossiga della leggendaria Udr. Nato sotto i peggiori auspici, il governo D’Alema si distinse per quattro scelte sciagurate: i bombardamenti sulla Serbia nella guerra del Kosovo, ordinati da Usa e Nato ma senza l’Onu; l’abolizione dell’ergastolo per le stragi; le privatizzazioni di due galline dalle uova d’oro come Autostrade e Telecom, praticamente regalate ai Benetton e ai “capitani coraggiosi” Colaninno, Gnutti e Consorte. Risultato: crollo dei consensi del centrosinistra, caduta di D’Alema dopo un anno e mezzo, nascita del secondo governo Amato e resurrezione di B. Che nel 2001 rivinse le elezioni e tornò al governo come nuovo. Il copione stava per ripetersi nel 2008 ai danni del governo Prodi-2, se le manovre dei compagni Rossi e Turigliatto, anch’essi purissimi e intransigentissimi, non fossero state anticipate dal ritorno di Mastella alla casa del Papi.

Ma domani il bis potrebbe arrivare al Senato con Conte al posto di Prodi, i dissidenti 5Stelle al posto di Bertinotti&C., la risoluzione sul Mes al posto delle 35 ore, pezzi di FI e pulviscoli centristi al posto dell’Udr, la moglie di Mastella al posto di Mastella, Cottarelli o Cassese o un altro tecnico uscito dal cilindro dell’Innominabile e degl’inciucisti Pd al posto di D’Alema e, come utilizzatore finale, il solito centrodestra. Naturalmente, della risoluzione sul Mes che rischia di mandare in mille pezzi M5S e maggioranza, da giovedì se ne sbatteranno tutti allegramente. Così come delle 35 ore non è mai più fregato nulla a nessuno. Ciò che resterà saranno i risultati nefasti della geniale Operazione Morra, Lezzi &C., talmente puri e intransigenti da non vedere al di là del proprio naso.

Cioè da immaginare l’eterogenesi dei fini sempre ottenuta dagli estremisti miopi, vanesii e irresponsabili, altrimenti detti “utili idioti”, che diventano regolarmente i migliori amici dei loro peggiori nemici in cambio di qualche ora di visibilità. Gli effetti di uno scisma a 5Stelle mercoledì al Senato si vedranno già da giovedì e potranno essere soltanto tre. Meglio pensarci prima che pentirsi dopo. Dunque eccoli. 1) I no dei dissidenti bastano a mandar sotto Conte e la maggioranza: così si va a votare in piena pandemia e campagna vaccinale, con la probabilissima mancata ricandidatura dei dissidenti medesimi e l’immancabile vittoria del centrodestra, che si pappa i 209 miliardi del Recovery. 2) Oppure, caduto Conte, nasce un nuovo governo-ammucchiata tecnico che smantella le principali conquiste fatte dai 5Stelle in questi due anni e mezzo e chiede il Mes sanitario: l’unico premier che non voleva chiederlo è andato a casa. 3) I frondisti non bastano a rovesciare Conte, ma fanno da cavallo di Troia al soccorso forzista-centrista, che salva il governo: così la maggioranza muta e si sposta a destra; il rimpasto, oltre al Pd e al Iv, lo chiedono pure i nuovi arrivati; i 5Stelle contano meno di prima e devono ingoiare non solo la riforma del Mes, ma pure l’accesso al Mes sanitario.

In tutti e tre i casi, la riforma del Mes va avanti spedita, visto che non dipende dai dissidenti grillini, ma dall’Unione europea. E non è all’ordine del giorno domani o dopodomani, ma a 2021 inoltrato, quando passerà per i Parlamenti degli Stati membri e tutto può accadere (del resto, un anno fa nessuno avrebbe immaginato una Ue che vara il debito comune con gli eurobond del Recovery). Intanto, finché dura la legislatura, l’Italia non chiederà mai né il Mes sanitario né quello ordinario riformato, che in questo Parlamento non hanno i numeri per passare. Tantopiù che nel 2021 l’Italia inizierà a incassare il Recovery e di tutto avrà bisogno fuorché di un premier azzoppato o ricattato da chi non sa distinguere una risoluzione parlamentare dalla riforma di un trattato e sogna un veto italiano all’Ue senza calcolare le ritorsioni che ci pioverebbero in capo. Già, perché i giochetti di queste teste calde (o vuote) danneggerebbero anzitutto gli italiani. I nuovi Bertinotti e Turigliatto, invece, diventerebbero (anzi già sono) gli idoli dei giornaloni e delle tv Mediaset. I padroni del vapore cercavano giusto un grimaldello per scassinare Palazzo Chigi, introdursi nel caveau del Recovery e levarsi dai piedi i 5Stelle e il loro premier senza lasciarci le impronte digitali. Ma nemmeno loro osavano sognare che, a servirgli il pacco dono su un piatto d’argento, fossero proprio dei 5 Stelle.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/08/i-nuovi-bertinotti/6029763/

lunedì 7 dicembre 2020

“Abusi, eletto Fd’I disse di non parlarne”. - Lucio Musolino

 

Reggio Calabria - Il capogruppo Ripepi si autosospende. E Report: “Latina, soldi portati in Svizzera”.

Il pastore Massimo Ripepi, consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Reggio Calabria e guida spirituale della comunità religiosa della Chiesa cristiana “Pace”, avrebbe dissuaso due genitori dal denunciare le violenze sessuali subite dalla figlia minorenne. È quanto emerge da un decreto del Tribunale dei minori che ha revocato la responsabilità genitoriale ai due coniugi, affidando la bambina ai servizi sociali. Lo stesso decreto è stato trasmesso alla Procura di Reggio Calabria che è stata informata della vicenda, iniziata mesi fa quando la madre è stata ricoverata in ospedale.

Non potendo la figlia essere accudita dal padre, i due genitori si erano rivolti “in cerca di aiuto al pastore Massimo Ripepi”. L’esponente di Fratelli d’Italia, non indagato, stando a quanto si legge nel decreto avrebbe invitato i due genitori ad affidare la piccola alla “nonna e ciò malgrado tutti fossero a conoscenza del fatto che quest’ultima vivesse con il figlio, in passato condannato per violenza sessuale su minori”.

Così è andata. Ma una volta tornata a casa, la bambina ha raccontato alla madre i “particolari raccapriccianti degli abusi” subiti e lo zio, a giugno, è stato arrestato. Poco prima i due genitori erano tornati dal pastore Ripepi, “venendo però dissuasi dal denunciare”. La madre della piccola, infatti, “veniva messa in guardia dal Ripepi dal rischio di provocare, con una denuncia, il suicidio del fratello (lo zio, ndr), del cui sangue sarebbe stata ‘responsabile davanti a Dio’”. La bambina, allora, si è confidata con i coetanei e ciò ha suscitato quelle che i giudici definiscono “le ire del Ripepi” nei confronti della donna “rimproverata di essere una ‘madre di merda’ perché incapace di far stare zitta la figlia”. “È una vicenda che suscita orrore e sgomento” per i consiglieri di centrosinistra che hanno chiesto a Fratelli d’Italia una “presa di posizione” e allo stesso Ripepi “le dimissioni immediate per indegnità dal consiglio comunale”.

Mentre si è autosospeso dal partito “dopo un colloquio con i vertici di Fratelli d’Italia”, Ripepi non fa passi indietro al Comune dove guida la commissione Vigilanza. Per il pastore, la madre della bambina, “in preda alla disperazione, ha fatto di tutto per cercare un capro espiatorio su cui scaricare sue esclusive responsabilità”. “La madre – dice – si è messa alla ricerca di persone che potessero aiutarla a riavere l’affidamento della figlia, sostenendo che fossi stato io a sconsigliarla di rivolgersi all’autorità giudiziaria”. Secondo la sua versione, Ripepi le aveva detto “di decidere lei liberamente cosa fare. Di questo ho già da tempo informato il pubblico ministero procedente”.

I guai di Fratelli d’Italia non finiscono qui. “Non posso conoscere tutti i candidati. Faccio un appello: inquirenti, fateci sapere”, dice Giorgia Meloni in un’intervista che andrà oggi in onda su Report. La trasmissione di Rai3 ha approfondito la situazione di Latina, fondata da Benito Mussolini e roccaforte del partito. L’uomo chiave è Pasquale Maietta, commercialista, già presidente del Latina Calcio, ex tesoriere del gruppo FdI alla Camera, ora autosospeso. Considerato vicino ad ambienti della criminalità locale di origine sinti, è accusato di aver messo in piedi una rete di evasione e riciclaggio da oltre 200 milioni di euro. La “rete” del riciclaggio arrivava fino in Svizzera e, per la Procura di Latina, sarebbe stata gestita da Max Spiess, figlio dell’avvocato di Licio Gelli.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/07/abusi-eletto-fdi-disse-di-non-parlarne/6028748/

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

Cervelli arruginiti. “Il magazzino dei vaccini. Alla periferia di Roma. Un capannone arruginito circondato da rifiuti tossici. E’ il deposito del Ministero riservato a stoccare i farmaci contro le pandemie… Arcuri e Speranza: il governo ha ordinato milioni di dosi di vaccini, ma secondo le rigorose procedure di attivazione della scorta nazionale di antidoti aggiornate lo scorso luglio, ogni movimentazione dovrà essere gestita dal fatiscente deposito sulla Tiburtina” (Espresso, inchiesta di 8 pagine, 6.12). “Come annunciato dal commissario Arcuri, i vaccini contro il Covid saranno stoccati ed immagazzinati nell’Aeroporto militare di Pratica di Mare, alle porte di Roma… dove saranno conservati in frigoriferi speciali” (Repubblica.it, 6.12). E vabbè, dài, se non è la Tiburtina è Pratica di Mare (a 45 km di distanza): otto pagine di Espresso da buttare, che sarà mai.

Severa autocritica. “Continuano a chiamarla emergenza… Chiamiamola con il giusto nome: incompetenza. Il Presidente del Consiglio continua a fare conferenze a reti unificate senza contraddittorio, ignorando l’esistenza del Parlamento e omettendo di usare l’unica parola che dovrebbe pronunciare: scusateci” (Guido Bertolaso, autocandidato a sindaco di Roma, Facebook, 4.12). Mi sa che ce l’ha ancora con B. e con il suo capo della Protezione civile per i disastri a L’Aquila e alla Maddalena.

Mes in scena. “Il prestito del Mes significherebbe per l’Italia avere a disposizione 37 miliardi. L’Italia risparmierebbe 7 miliardi di interessi nell’arco di un decennio” (Stampa, 6.12). Ma che dico 7 in un anno? 70 in un secolo! 700 in un millennio! E una batteria di pentole antiaderenti per i primi dieci!

L’Einstein al pesto. “Riteniamo che tra una Regione gialla e un’altra gialla ci si debba poter spostare visto che il virus circola in egual modo, in base al principio dei vasi comunicanti” (Giovanni Toti, ex FI ora leader di Cambiamo!, presidente Regione Liguria, conferenza stampa, 30.11). Più che altro, dei nasi comunicanti.

La parola all’esperto. “Non mancano soldi dall’Ue. É solo che li sprechiamo” (Roberto Formigoni, condannato a 5 anni e 10 mesi per 6 milioni di tangenti, Libero, 6.12). Giusto: per non sprecarli, diamoli a lui.

Babbeo Natale. “Il mio obiettivo è garantire un Natale sereno agli italiani: spero che nessuno rubi il sogno del Natale ai bambini!” (Matteo Salvini, segretario Lega, Caffè della domenica, Radio 24, 28.11). Già allertato il Telefono Azzurro.

L’insaputa. “Ero in cella ma mia madre non lo sa” (Giuseppe Scopelliti, ex presidente FI della Calabria, condannato a 4 anni e 7 mesi per bilanci falsi, Giornale, 3.12). Si spera che lo sappiano almeno gli elettori.

Acidità di stomaco. “Renzi è meno pavido e irresoluto di chi vorrebbe spingerlo avanti, vale a dire i tanti suoi ex-compagni di strada del Pd che non ne possono più di Conte e dei grillini (se potessero li scioglierebbero nell’acido)…” (Ugo Magri, Huffington Post, 29.11). Ma dire “sciogliere nell’acido” non era un’offesa sanguinosa a Lucia Annibali che faceva insorgere tutti i meglio politici e giornalisti del bigoncio? Ah no, dipende da chi lo dice.

Lacerocontuso. “Joe Biden 46° presidente degli Stati Uniti! Si apre una nuova pagina per gli Usa e per il mondo. Coesione, non lacerazione” (Piero Fassino, deputato Pd, 7.11). “Joe Biden scivola e si frattura un piede giocando col cane” (Repubblica, 29.11). Forza Joe, poteva pure andarti peggio.

Silvio ci manchi. “Io spero che la leadership di Berlusconi nel centrodestra torni ad essere salda” (Enzo Amendola, ministro Pd Affari Europei, La Stampa, 6.12). É quel che dicono anche le Olgettine.

L’ideona. “A Rebibbia il Covid ha chiuso in cella la speranza di riscatto. Visite ai familiari bloccate da marzo, contatti col mondo esterno inesistenti. Ma la politica non fa niente” (Domani, 6.12). Invece di riaprire le carceri ai colloqui e moltiplicare i contagi: vergogna.

Sua Altezza. “L’attuale classe politica non è all’altezza di governare” (Sabino Cassese, giudice emerito della Consulta, Domani, 5.12). A proposito di altezza: com’era quella dello “stato di emergenza senza più emergenza”?

Schifezze. “Gad Lerner ha scritto un pezzo in difesa della salute dei detenuti. E dove l’ha fatto? Sulla schifezza nelle mani di Travaglio. Perchè scrive sulla Gazzetta della Tortura” (Andrea Marcenaro, Foglio, 2.12). Levategli il fiasco.

I rutti di Lannutti. “Se cade il governo? Non m’importa nulla” (Elio Lannutti, senatore M5S, Corriere della sera, 5.12). Anzi, gli effetti potrebbero essere positivi: si torna a votare e Lannutti non viene rieletto.

Programmi di evasione. “Il peggior modo di usare i milioni del Recovery Fund è quello di investire nella costruzione di nuove carceri” (Patrizio Gonella, manifesto, 3.12). Molto meglio comprare lime, seghetti e lenzuola già annodate.

Il titolo della settimana/1. “Quando gli parlano di Conte, Zingaretti pensa alla palude” (Foglio, 5.12). Quella dei vaccini antinfluenzali nel Lazio.

Il titolo della settimana/2. “Il reddito di cittadinanza finanzia il terrorismo” (Libero, 3.12). A botte di 500 euro al mese.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/07/ma-mi-faccia-il-piacere-212/6028745/

domenica 6 dicembre 2020

L’egopolitica sovranista. - Tommaso Merlo

 

Il sovranismo è una destra più rozza ed estremista di quella tradizionale. Nei toni, nei contenuti. Il grande interrogativo politico è se ci troviamo di fronte ad una reazione isterica passeggera oppure se la destra moderata tradizionale è tramontata per sempre e il sovranismo è la nuova spaventosa normalità. Il boom sovranista è dovuto alla paura più diffusa, quella del cambiamento. Paura di perdere la propria presunta identità, paura di perdere quello che si possiede e si crede di essere, paura di perdere i propri fragili equilibri. Paure che in un’era di grandi cambiamenti globali come questa, sono dilagate. La perenne crisi economica, quella migratoria, quella terroristica, quella climatica. Tutte sfide globali. La ricetta del sovranismo consiste nel rifiutare il cambiamento e quindi le paure ad esso connesse. Consiste nel rinchiudersi all’interno di qualche confine o muro affidandosi a qualche salvifico sovrano. Egopolitica. Egoismo individuale che si fa collettivo, che si fa politica rispecchiando le classiche bizze dell’ego. La separazione e la divisione dagli altri, il perseguimento esclusivo dei propri interessi anche a scapito degli altri, il fastidio per ogni diversità e divergenza anche di opinione, l’aggressività e il trattare chi la pensa diversamente come nemici da abbattere, la prepotenza per imporre le proprie ragioni, l’arroganza, la superficialità. Egopolitica sovranista che elettoralmente funziona perché rispecchia la deriva egoistica della nostra era ed offre sbrigativi calmanti alle paure. Oltre a nascondere la testa sotto la sabbia lasciando il sederino all’aria, l’egopolitica sovranista rispolvera la giurassica ricetta di affidarsi a qualche capo supremo che incarni anche plasticamente i propri istinti egoistici. Dai loro capi supremi i sovranisti non pretendono onestà nemmeno intellettuale, non pretendono competenza o coerenza o moralità e nemmeno che raggiungano chissà quali traguardi. L’unica cosa che pretendono è protezione, è la difesa dei propri interessi, della propria presunta identità, della propria tribù. Per questo i sovranisti difendono i loro capi supremi anche quando si rivelano dei ciarlatani o piantano disastri. Al sovranista interessa solo che il sovrano risponda alle proprie esigenze egoistiche e che lo liberi da ogni fardello che vada oltre la propria staccionata. L’egopolitica sovranista urla e mostra i muscoli ma sono i deboli a scappare davanti ai cambiamenti invece di gestirli, invece di indirizzarli con le proprie convinzioni. L’egopolitica sovranista urla e mostra i denti ma i cambiamenti globali non si possono fermare con nessun confine o muro. E più ci dividiamo tra persone, tra categorie, tra nazioni e più saremo deboli e quindi incapaci di gestire cambiamenti che ci stanno già travolgendo. E per risolvere problemi sempre più complessi serve una politica altrettanto complessa, serve una intelligenza e una coscienza altrettanto complesse, altro che affidarsi alle qualità salvifiche di qualche cialtrone supremo. E invece di sudditi pompati dalla propaganda permanente serve la partecipazione di cittadini consapevoli. Ed invece che guerre intestine serve unione e cooperazione. Ed invece che egoismo serve altruismo e tolleranza. Per raccattar voti l’egopolitica sovranista lucra sulle paure e semina odio. Ma come sempre accade l’odio genera una reazione avversa ancora più veemente, quella che ha portato alla sconfitta di Trump e al declino di altri egoistici sovrani. Non ci vorrà molto per capire se si tratta di una tendenza e se si svilupperanno coalizioni contro l’egopolitica sovranista in tutto l’occidente. Non ci vorrà molto per capire se siamo di fronte ad una reazione isterica passeggera oppure se la destra moderata tradizionale è tramontata per sempre e l’egopolitica sovranista è la nuova spaventosa normalità.

Tommaso Merlo

(foto: https://espresso.repubblica.it/polopoly_fs/1.323780.1528989684!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/articolo_648/image.jpg)

https://repubblicaeuropea.wordpress.com/2020/11/22/legopolitica-sovranista/