sabato 13 febbraio 2021

Draghi, il governo “dei competenti”? Con il manuale Cencelli. I ministri: 15 politici e 8 tecnici. Quattro del M5s, 3 di FI, Pd, Lega. Uno per Iv e Leu. Le novità: Cingolani e Colao a ecologia e digitale.

 

CRONACA ORA PER ORA - L’ex governatore della Bce scioglie la riserva: Franco all’Economia, Cartabia alla Giustizia, alle infrastrutture Giovannini, allo Sviluppo economico il leghista Giorgetti, all’istruzione Patrizio Bianchi, al lavoro il dem Andrea Orlando. Confermati Di Maio, Lamorgese, Speranza, Guerini, Franceschini. La componente Forza Italia: Brunetta alla Pubblica amministrazione, Carfagna al Sud, Gelmini alle Autonomie.

Alla fine Mario Draghi ha seguito effettivamente il modello di Carlo Azeglio Ciampi. Ma si è dovuto affidare parecchio pure a Massimiliano Cencelli, il democristiano che inventò il mitologico manuale che porta il suo nome. Il governo dei competenti, quindi, nella sua parte politica è il risultato di un’elaborata distribuzione di poltrone. Una divisione effettuata col bilancino che alla fine finisce inevitabilmente per sacrificare competenze ed esperienza. D’altra parte i partiti che appoggiano l’ex presidente della Bce sono quasi tutti quelli presenti in Parlamento: trovare la quadra è stato complicato.

Conferme, ritorni e proporzioni: i numeri del governo Draghi – La proporzione tra tecnici e politici è di uno a due: i primi sono otto, i secondi 15. Sono i tecnici, però, a guidare i ministeri chiave. Quattro ministeri vanno al Movimento 5 stelle, principale gruppo politico in Parlamento. Tre dicasteri vanno invece a esponenti della Lega, di Forza Italia e del Pd: partiti che nel 2018 avevano eletto tutti più o meno lo stesso numero di parlamentari. Ai gruppi più piccoli – Italia viva e Leu – resta un ministero a testa. Dopo tanti annunci le donne sono solo otto su ventitré poltrone in totale: poco più di un terzo. L’età media si alza a 54 anni, dopo i 48 del Conte 2 e i 47 del Conte 1 (il secondo più giovane della storia repubblicana). Non entrano i leader di partito, ma i numeri due (per il Pd Andrea Orlando, per la Lega Giancarlo Giorgetti). Nove i ministri confermati dal precedente esecutivo, anche se qualcuno per motivi di parcellizzazione deve cambiare delega, mandando in fumo un anno e mezzo di esperienza. Rientrano al governo anche tre leghisti che sedevano già nell’esecutivo gialloverde, mentre tre esponenti di Forza Italia tornano a fare i ministri a dieci anni dall’ultima volta. Ma andiamo con ordine.

Europa e Recovery in mano a premier e tecnici – A nove giorni dall’incarico ricevuto da Sergio Mattarella, Draghi è salito al Colle per sciogliere la riserva e sottoporre la lista dei ministri al presidente della Repubblica. Che l’ha approvata, firmando i decreti di nomina: il giuramento è previsto per sabato 13 febbraio alle ore 12. Il premier è poi uscito per leggere alla stampa la lista dei componenti dei suoi governi. I dicasteri sono praticamente identici a quelli del governo Conte. Non c’è più il ministero per gli Affari europei, mentre i dicasteri chiave per la gestione del Recovery plan sono tutti affidati a tecnici: segno che Draghi intende tenere per sé e per le persone di sua fiducia sia i rapporti con l’Europa che la stesura del delicato piano di fondi europei.

I tecnici: da Cingolani a Colao – Il cambiamento principale è quello legato al ministero che suscitava maggior interesse nell’opinione pubblica: quello alla Transizione energetica, chiesto da Beppe Grillo come condizione per l’appoggio del M5s. Il nuovo dicastero prende il posto del ministero dell’Ambiente, che assorbirà le competenze in materia energetica al momento assegnate agli altri ministeri. Il titolare del nuovo dicastero presiederà anche un comitato interministeriale che sarà creato per la transizione energetica. Un ruolo delicato per il quale la scelta di Draghi è finita sul fisico Roberto Cingolani, manager di Leonardo, che ha partecipato a Sum, il convegno annuale organizzato dalla fondazione Gianroberto Casaleggio. Ma è stato pure ospite della Leopolda di Matteo Renzi e di Vedrò, il vecchio think tank di Enrico Letta. In passato ha condotto una rubrica sulla web radio del fattoquotidiano.it. Un altro tecnico che era tornato di recente al centro delle cronache politiche è Vittorio Colao, il manager scelto da Conte per guidare la task force sulla ripartenza del post pandemia: da domani guiderà il ministero per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale. Viene spoliticizzato pure il ministero della giustizia: sarà guidato da Marta Cartabia, ex presidente della Consulta nominata da Giorgio Napolitano. Eredita la poltrona di Alfonso Bonafede e una serie di riforme delicate e fondamentali anche in chiave Recovery plan. Tecnici sono pure Cristina Messa, ex rettrice della Bicocca che va all’Università, e Patrizio Bianchi, ex assessore regionale in Emilia Romagna e rettore di Ferrara, al quale invece va l’Istruzione. Alle Infrastrutture finisce Enrico Giovannini, già ministro con Mario Monti. Confermata la nomina all’Economia di Daniele Franco, direttore generale di Bankitalia e fedelissimo di Draghi. In quota “tecnica” è pure una delle ministre riconfermate del passato governo: Luciana Lamorgese rimane a guidare il Viminale come fa nel 2019. All’epoca la scelta era stata di spoliticizzare il Viminale dopo l’ingombrante presenza di Matteo Salvini. Adesso la Lega governerà con la ministra che ha tanto attaccato in questi mesi.

La politica: tra conferme e new entry (e poche donne) – Poi ci sono i politici. Quelli confermati dal governo Conte 2 sono per il M5s Luigi Di Maio, che resta agli Esteri, Federico D’Incà, ai Rapporti per il Parlamento, Fabiana Dadone, che invece trasloca: lascia la Pubblica amministrazione e va alle Politiche giovanili. Cambia ministero pure Stefano Patuanelli, di professione ingegnere: lascia lo Sviluppo economico e va all’Agricoltura. Il Pd conferma Dario Franceschini alla Cultura – dal quale viene scorporato il Turismo – e Lorenzo Guerini alla Difesa. Entra al governo, al ministero del Lavoro, Andrea Orlando: per l’attuale vicesegretario del Pd è la terza volta da ministro dopo i precedenti all’Ambiente e alla Giustizia. Leu ottiene la conferma di Roberto Speranza alla Salute, mentre Italia viva, che aveva provocato la crisi facendo dimettere i suoi ministri, riporta di nuovo alle Pari opportunità Elena Bonetti: dopo meno di un mese, quindi, la renziana torna a sedersi sulla poltrona lasciata in polemica col governo Conte. Poi ci sono gli altri partiti, quelli che sono passati dall’opposizione alla maggioranza. La Lega di Salvini torna al governo e piazza Giancarlo Giorgetti, già sottosegretario del governo gialloverde, allo Sviluppo Economico. Erika Stefani, ministro degli Affari regionali del governo Conte 1, si siede sulla poltrona di ministra delle Disabilità, un dicastero creato dopo espressa richiesta di Salvini. Massimo Garavaglia, viceministro dell’Economia del governo gialloverde, torna al vertice del ricostituito ministero del Turismo. Anche per Forza Italia tre poltrone e tutte a tre a ex ministri, che però non fanno parte di un esecutivo dai tempi di Silvio Berlusconi: dopo le roventi polemiche del 2008/2011 Renato Brunetta si riprende l’incarico al vertice della Pubblica amministrazione. Mara Carfagna – già titolare delle Pari Opportunità – ottiene il Sud e la Coesione sociale, Mariastella Gelmini, contestatissima ministra dell’Istruzione di Berlusconi, va invece agli Affari regionali. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio sarà Roberto Garofoli, già capo di gabinetto del ministero dell’Economia che si dimise nel dicembre del 2018 in polemica con il Movimento 5 stelle.

Un governo del Nord – E se a livello politico Draghi ha stilato la sua lista seguendo il Cencelli, a livello geografico è andata diversamente. A prevalere nel nuovo governo è soprattutto il nord d’Italia, con una schiacciante maggioranza di 9 lombardi (Cartabia, Guerini, Giorgetti, Cingolani, Messa, Colao, Gelmini, Bonetti, Garavaglia). Il quadro delle regioni settentrionali si completa con una piemontese (Dadone), un ligure (Orlando), un friulano (Patuanelli), quattro veneti (Brunetta, Stefani, Franco e D’Inca, questi ultimi due originari di Belluno) e due emiliani (Franceschini e Bianchi, entrambi di Ferrara).Il centro Italia vede un laziale (Giovannini) e per il Sud quattro ministri: due campani (Di Maio, Carfagna) e due lucani (Speranza e Lamorgese, entrambi nati a Potenza).

Ecco la lista dei ministri del governo Draghi:

MINISTRI SENZA PORTAFOGLIO.

Sottosegretario alla Presidenza del consiglio: Roberto Garofoli

Ministro per i Rapporti con il Parlamento: Federico D’Incà (M5s)

Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale: Vittorio Colao (Tecnico)

Ministro per la Pubblica Amministrazione: Renato Brunetta (Forza Italia)

Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie: Mariastella Gelmini (Forza Italia)

Ministro per il Sud e la Coesione territoriale: Mara Carfagna (Forza Italia)

Ministro per le Politiche giovanili: Fabiana Dadone (M5s)

Ministro per le Pari opportunità e Famiglia: Elena Bonetti (Italia viva)

Ministero per le Disabilità: Erika Stefani (Lega)

MINISTERI COL PORTAFOGLIO

Ministero del Turismo: Massimo Garavaglia (Lega)

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: Luigi Di Maio (M5s)

Ministero dell’Interno: Luciana Lamorgese (Tecnica)

Ministero della Giustizia: Marta Cartabia (Tecnica)

Ministero della Difesa: Lorenzo Guerini (Pd)

Ministero dell’Economia e delle Finanze: Daniele Franco (Tecnico)

Ministero dello Sviluppo Economico: Giancarlo Giorgetti (Lega)

Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: Stefano Patuanelli (M5s)

Ministero per la Transizione Ecologica: Roberto Cingolani (Tecnico)

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: Enrico Giovannini (Tecnico)

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: Andrea Orlando (Pd)

Ministero dell’Istruzione: Patrizio Bianchi (Tecnico)

Ministero dell’Università e della Ricerca: Cristina Messa (Tecnica)

Ministero della Cultura: Dario Franceschini (Pd)

Ministero della Salute: Roberto Speranza (Leu)

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/12/draghi-ecco-i-ministri-15-politici-e-8-tecnici-quattro-del-m5s-3-di-fi-pd-lega-uno-per-iv-e-leu-il-governo-dei-competenti-con-il-manuale-cencelli-le-novita-cingolani-e-colao-a-ecologia/6098994/

Governo Draghi: ecco la lista dei ministri.

 

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli.

Sono otto, su un totale di ventitre, le donne ministro del governo Draghi, mentre gli uomini sono quindici.

La compagine 'rosa' del governo è composta da Marta Cartabia, Luciana Lamorgese, Mariastella Gelmini, Mara Carfagna, Fabiana Dadone, Elena Bonetti, Erika Stefani e Cristina Messa.

Gli uomini sono Dario Franceschini, Andrea Orlando, Federico D'Incà, Vittorio Colao, Renato Brunetta, Massimo Garavaglia, Luigi Di Maio, Lorenzo Guerini, Daniele Franco, Giancarlo Giorgetti, Stefano Patuanelli, Roberto Cingolani, Enrico Giovannini, Patrizio Bianchi e Roberto Speranza.

Ecco tutti i ministri del governo Draghi: 

1) Daniele Franco all'Economia

2) Giancarlo Giorgetti ministro Sviluppo economico

3) Roberto Speranza alla Salute

4) Cingolani all'Ambiente Transizione ecologica

5) Luigi Di Maio ministro degli Esteri 

6) Marta Cartabia alla Giustizia

7) Renato Brunetta alla Pubblica Amministrazione 

8) Andrea Orlando al Lavoro

9) Luciana Lamorgese agli Interni 

10) Erika Stefani alle Disabilità

11) Vittorio Colao all'Innovazione tecnologica

12) Patrizio Bianchi all'Istruzione

13) Dario Franceschini alla Cultura

14) Federico D'Incà ai Rapporti con il Parlamento

15) Massimo Garavaglia al Turismo

16) Elena Bonetti pari Opportunità

17) Mara Carfagna ministro al Sud e Coesione 

18) Lorenzo Guerini alla Difesa

19) Maria Stella Gelmini alle Autonomie

20) Dadone alle Politiche Giovanili

21) Stefano Patuanelli all'Agricoltura

22) Enrico Giovannini alle Infrastrutture

23) Cristina Messa all'Università 

https://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/2021/02/12/governo-ecco-la-lista-dei-ministri_dacbfa1b-cad7-49a8-91a1-82b761c511e6.html

venerdì 12 febbraio 2021

Matteo Renzi e Denis Verdini a processo lo stesso giorno davanti alla Corte dei Conti. Stesso reato (danno erariale) ma fatti diversi.

Le udienze si terranno in videoconferenza per l'emergenza coronavirus. Le accuse all'ex premier riguardano la scelta di due collaboratori non laureati per il suo staff, nel 2009. L'ex senatore di Forza Italia, attualmente ai domiciliari, invece a processo per la truffa legata ai finanziamenti ricevuti dalla Società Editoriale Toscana.

Di nuovo insieme ma stavolta la politica non c’entra. Matteo Renzi e Denis Verdini saranno a processo lo stesso giorno davanti alla Corte dei Conti. Il 24 febbraio prossimo il fondatore d’Italia viva e l’ex leader di Ala compariranno davanti ai magistrati contabili che li accusano di danno erariale. A riportare la notizia sono la Nazione e l’edizione fiorentina di Repubblica, che spiega come Renzi e Verdini siano accusati dello stesso reato ma per fatti completamente diversi. I due, tra l’altro, non si incontreranno visto che entrambe le udienze saranno tenute in videoconferenza a causa dell’emergenza coronavirus. Le accuse per Renzi riguardano la scelta di due collaboratori non laureati per il suo staff, nel 2009, quando era sindaco di Firenze, circostanza di cui sono chiamati a rispondere anche due dirigenti di Palazzo Vecchio. Il danno contestato dalla procura contabile è di 69mila euro.

Verdini, invece, è a processo per la truffa legata ai finanziamenti ricevuti dalla Società Editoriale Toscana (Ste), che pubblicava Il Giornale della Toscana. Durante le indagini, la Procura della Corte dei Conti aveva disposto un sequestro conservativo a carico dell’ex senatore di Forza Italia e dell’ex deputato Massimo Parisi fino a un valore di 9 milioni e 100mila euro, pari ai contributi pubblici per l’editoria “ottenuti non avendone diritti”. Il padre della compagna di Matteo Salvini si trova attualmente agli arresti domiciliari nella sua villa di Pian del Giullari, ottenuti nei giorni scorsi dopo che il tribunale del Riesame lo aveva considerato “soggetto particolarmente vulnerabile al contagio da Covid 19″ e “occorre tutelare in via provvisoria la sua salute“.

Da novembre si trovava nel carcere di Rebibbia dopo la condanna in via definitiva a sei anni e mezzo per il crac del Credito cooperativo fiorentino. Durante la detenzione Verdini ha ricevuto le visite di di parlamentari, come aveva raccontato ilfattoquotidiano.it: lo stesso SalviniMatteo RenziLuca Lotti e tanti ex compagni di centrodestra. E poi il “re delle cliniche romane” Antonio Angelucci, Ignazio Larussa e Daniela Santanché, fino a Maurizio Lupi e Renata Polverini. Proprio per sostenere il governo di Renzi, nel 2014 Verdini uscì da Forza Italia fondando Ala, un suo gruppo parlamentare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/12/matteo-renzi-e-denis-verdini-a-processo-lo-stesso-giorno-davanti-alla-corte-dei-conti-stesso-reato-danno-erariale-ma-fatti-diversi/6099250/

Provo a capire ...

 

Mi sforzo di comprendere i motivi della reazione di Di Battista e di chi lo segue, ma non riesco a capire.
Di Battista, duro e puro, non vuole Draghi al governo, e non vuole trovarsi al tavolo con Berlusconi, Salvini, e Renzi... quindi, in contrasto con la vittoria dei Si per l'adesione all'eventuale governo Draghi, lascia il movimento dal quale non si sente più rappresentato...
Ma non lo aveva già abbandonato quando decise di vivere la sua vita dichiarando che non si sarebbe più candidato alle successive elezioni politiche in Parlamento?
Infine, non ha pensato che votando no al governo Draghi avremmo lasciato il governo nelle mani di Draghi, Berlusconi, Salvini e Renzi e che, pertanto, l'avremmo data vinta a chi voleva fuori dal governo il movimento che aveva stravinto le elezioni?
Quando si decide di entrare a far parte della politica, purtroppo, - specialmente in ambienti come il nostro, corrotto, alla mercé di spudorati yes man asserviti al potere economico e mafioso, succubi di una legge elettorale illogica, definita dagli stessi che l'hanno approvata "legge porcata" - bisogna aguzzare l'ingegno, adeguarsi ai tempi e adottare anche decisioni sgradevoli come quella di sedersi la tavolo con degli aguzzini, avendo come unico scopo portare a termine il mandato ricevuto, quello di governare il paese nel migliore dei modi, con onore.
Gli eccessi di egocentrismo, di protagonismo lasciamoli agli altri, occupiamoci di raggiungere, ad ogni costo, senza ma e senza se, gli obiettivi che sono il cardine che ha dato vita ed esistenza al movimento, a cominciare dalla salvaguardia dell'ambiente e continuando con tutti quelli che sono i punti principali del programma.
A tale proposito vi faccio notare che solo il m5s ha portato a termine almeno una parte del programma promesso, una piccola parte, lo ammetto, ma con tanta fatica, enorme fatica, perché avevamo tutta la stampa, la politica e i mass media contro,
Poi è arrivato un piccolo ed insulso yesman che, al soldo di tattici strateghi ha cancellato, con un colpo di spugna, il lavoro fatto.
Avete ancora voglia di comprendere Di Battista? Io no, non me ne preoccupo, sa badare a se stesso e gli auguro tutto il bene possibile.
Avete ancora voglia di riconsegnare il paese nelle mani di chi lo ha distrutto fino ad ora?

IO NO!!!!!

cetta.

Governo, Draghi lavora alla squadra. Attesa per la salita al Colle.

Tra stasera e domenica Draghi potrebbe salire al Quirinale, sciogliere la riserva e dar vita al suo governo.


Dopo il via libera M5s al governo Draghi, cade l'ultimo ostacolo alla formazione dell'esecutivo guidato dall'ex presidente Bce. Il premier incaricato ha il quadro completo e può chiudere il puzzle della squadra di governo. Cresce l'attesa dei partiti, ma timing e lista dei ministri restano nelle mani del professore. Potrebbe salire al Colle per sciogliere la riserva già oggi ma anche domani.

E sembra ormai chiaro che solo allora le forze politiche che lo sostengono sapranno se i loro desiderata sono stati accolti o meno. Forse martedì al Senato e mercoledì a Montecitorio il voto di fiducia. M5s: su Rousseau il 59,3% per il Sì a Draghi. Di Battista: "Mi faccio da parte"

"Abbiamo indicato con grande chiarezza quali sono i nostri progetti, le nostre idee, i nostri valori al professor Draghi, ora aspettiamo e ci rimettiamo nelle mani del professor Draghi e del presidente Mattarella per quella che sarà la squadra di governo. La cosa positiva è che il Pd unito è in campo per sostenere questa nuova sfida". Così il segretario Pd Nicola Zingaretti.
"Il Pd non ha avanzato alcuna rosa di nomi per la composizione del Governo. Come ho detto ieri, ci rimettiamo al rispetto dell'articolo 92 della Costituzione che conferisce al Presidente della Repubblica e al Presidente incaricato questo compito. Un' ipotesi sulla quale c'è l'unanimità della direzione nel corso della quale abbiamo suggerito dei criteri per la squadra: qualità, pluralismo politico, differenza di genere", ha detto Zingaretti.

Coesione. E' la parola che Mario Draghi pone al centro, nella formazione del suo governo. E' coesione sociale, ma anche coesione delle forze che sosterranno l'azione dell'esecutivo. Solo con la coesione - è il ragionamento - si può dare corpo a decisioni coraggiose nel Paese. Ed è questa la ragione per cui i partiti della larghissima maggioranza confidano che il premier incaricato terrà conto delle loro sensibilità, nella scelta dei ministri. Ma sceglierà Draghi, come da sue prerogative costituzionali.

Lo farà dopo aver ponderato ogni scelta, senza mosse frettolose. E non è affatto detto che sciolga già nelle prossime ore, come i partiti si aspettano, la riserva: potrebbe salire al Quirinale venerdì sera o prendersi ancora due giorni di tempo per comporre la lista e poi giurare con i suoi ministri entro la settimana. Prendersi tutto il tempo necessario, è l'indicazione che sarebbe arrivata anche dal Colle. Con il consiglio di non aprire contrattazioni con i partiti ma comporre, dopo attento ascolto, la squadra di più alto profilo da consegnargli al momento dello scioglimento della riserva. L'ex presidente della Bce lavora tutto il giorno senza rompere la regola del silenzio che osserva dal momento in cui ha ricevuto l'incarico, tra la sua casa romana e la Camera. A sera i 'luogotenenti' dei partiti si sentono tra loro e appurano che nessuno è stato ufficialmente contattato. Circola voce di un colloquio tra Draghi e Conte e aumentano i rumors di un possibile ingresso del premier uscente nel governo, da ministro degli Esteri o superministro della Transizione ecologica. E' questa la prima giornata dedicata da Draghi alla composizione della squadra, insieme alla prosecuzione del lavoro sul programma, in vista del discorso sulla fiducia in Parlamento, che si ipotizza possa essere fissato per martedì (se non lunedì) al Senato e il giorno dopo alla Camera.

I cardini sono stati indicati dall'ex presidente Bce nell'intervento al Quirinale dopo aver ricevuto l'incarico e dettagliati nelle consultazioni. Il primo punto è l'uscita dall'emergenza Covid, a partire dall'accelerazione della campagna di vaccinazione sul modello inglese. Solo così si potrà avviare la "lenta" ripresa. Draghi pone al centro dell'azione del suo nascente esecutivo i giovani. Per dar loro una prospettiva di futuro, è cruciale il rilancio dell'economia - ha spiegato agli interlocutori - attraverso il Recovery plan. L'impegno è non alzare le tasse e rilanciare il tessuro produttivo, non puntare solo sui sussidi, ma anche non smantellare il reddito di cittadinanza. E intanto porre al centro di tutte le politiche l'ambiente. Il ministero per la Transizione ecologica, caldeggiato da Beppe Grillo e annunciato alle associazioni ambientaliste, è già oggetto misterioso e ambito da diversi partiti. Per la sua guida viene citato l'ex ministro, apprezzato dai Cinque stelle, Enrico Giovannini, ma anche Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont. Non si esclude però il un 'superministro' politico come il premier uscente Conte o lo spacchettamento delle deleghe, dallo sviluppo economico all'ambiente, tra diversi viceministri. Si discute già anche delle ambite deleghe all'Economia, ministero per il quale viene ancora considerato 'in pole' Daniele Franco, direttore generale di Bankitalia: si fanno i nomi di Ernesto Maria Ruffini per la riforma del fisco e poi di figure politiche esperte, come il leghista Massimo Garavaglia, nelle caselle di viceministri e sottosegretari. Negli ambienti politici c'è grande agitazione tra chi aspira a entrare al governo, anche da 'semplice' sottosegretario.

In giornata si diffonde la voce che Draghi abbia chiesto informalmente alle segreterie di inviare una 'shortlist' di candidati tra cui scegliere. Ma su possibili rose di candidati non c'è alcuna conferma e viene smentita, in ambienti vicini al premier incaricato, l'attendibilità di gran parte delle ipotesi circolate negli ultimi giorni. Sarà Draghi a chiamare i ministri, a ridosso della chiusura della lista. La presenza di donne si annuncia consistente. E c'è chi ipotizza che alla fine ai tecnici nel governo vadano deleghe di peso, ma che numericamente i politici possano essere di più. Continua a circolare l'ipotesi che i ministri di partito siano dodici: tre al M5s, due ciascuno a Pd, Fi e Lega, uno a Leu, Iv e Misto. Quanto ai nomi, si citano Giancarlo Giorgetti e Riccardo Molinari o Giulia Bongiorno per la Lega, Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli per il M5s ('fuori quota', eventualmente, il premier Giuseppe Conte), per il Pd sarebbero in lizza Andrea Orlando, Dario Franceschini e Lorenzo Guerini (difficile l'ingresso del segretario Nicola Zingaretti, anche perché potrebbe chiedere poi di entrare Matteo Salvini). In Fi si citano Antonio Tajani e Anna Maria Bernini, per Leu Roberto Speranza, per Iv Teresa Bellanova. Resisteranno questi nomi alla prova di Draghi? Difficile dire. Così come non confermati sono i nomi dei possibili tecnici al governo. Circola con insistenza l'ipotesi di Carlo Cottarelli alla Pa, Marta Cartabia alla Giustizia, Luciana Lamorgese all'Interno, Rocco Bellantone alla Salute, Elisabetta Belloni agli Esteri.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/02/12/governo-attesa-la-squadra-di-draghi.-ok-anche-da-iscritti-m5s_24c86f89-a513-4caf-b83c-8d95540d293c.html

Vogliamo i competenti. - Marco Travaglio

 

Se prima bastava leggere i giornaloni per sapere che mai i poteri marci avrebbero consentito al governo Conte, il più “sociale” e lontano dalle lobby mai visto in Italia, di gestire i 209 miliardi del Recovery Fund, ora basta leggere i giornaloni e vedere i talk show per sapere che cosa ci aspetta nei prossimi mesi. Non sono trascorsi 10 giorni dalla crisi di governo e tutti già fingono di dimenticare chi l’ha scatenata. Cianciano di “crisi di sistema”, come se un bulletto col 2% facesse capoluogo. Sproloquiano di “fallimento della legislatura populista” e “vittoria dei competenti sugli incompetenti”, come se prima del 2018 l’Italia fosse stata governata da competenti, come se dal 2018 a oggi fosse stata governata da incompetenti e come se ora l’indubbia competenza di Draghi (in fatto di economia e finanza, non di altro) si estendesse automaticamente a tutti i rami dello scibile umano e, per contagio, a tutti i suoi futuri ministri. Di cui nessuno sa ancora nulla, ma a cui tutti (salvo FdI), hanno già garantito la fiducia. Al buio. Uscendo dalle consultazioni con le mani alzate e le braghe calate. Ora che anche 6 iscritti su 10 dei 5Stelle si son bevuti la supercazzola di Grillo sul Superministero della Transizione Ecologica e hanno dato il via libera al suicidio del M5S, oggi sposo di B. dei 2 Matteo, sapremo finalmente tutto del governo che “salverà l’Italia”. Poi magari scopriremo da chi e da cosa, visto che abbiamo i contagi meno peggiori dei grandi Paesi Ue, la campagna vaccinale più efficiente d’Europa e un Recovery Plan depositato in Parlamento in attesa che chi l’ha sequestrato per cacciare Conte, incassato il riscatto, lo rilasci e vi aggiunga gli ultimi dettagli.

Noi, incompetenti come siamo, non abbiamo alcun titolo per suggerire alcunché. Ma, interpretando il desiderio dei tanti “colleghi” che si riempiono le boccucce a cul di gallina di “crisi di sistema”, “discontinuità”, “ritorno della competenza” e “nuova èra”, auspichiamo che Super Mario si sbarazzi al più presto di tutti i lasciti del Triennio dell’Incompetenza. E colmi il vuoto con i migliori scampoli di competenza del tempo che fu. Cestini il Recovery Plan di Conte e Gualtieri e lo rifaccia da capo, aggiungendovi – si capisce – il mitico Mes. Cancelli brutture tipo Spazzacorrotti, Bloccaprescrizione, manette agli evasori, Reddito, dl Dignità ecc. Ripristini il Jobs Act e la Buona scuola, rimpiazzando le incompetenti Catalfo e Azzolina con Fornero e Fedeli (falsa laureata, ma tecnica a prescindere). Riporti i parlamentari da 600 a 945 e restituisca loro i vitalizi. Licenzi Arcuri e Speranza col loro fallimentare piano vaccini, sostituendoli con Bertolaso e Nicole Minetti. Che è igienista dentale: più tecnica di così si muore.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/12/vogliamo-i-competenti/6098748/

l sassolino nella scarpa. - Massimo Erbetti

 

Avete presente quando avete un sassolino nella scarpa? Avete presente quanto da fastidio? Avete presente il disagio? Ecco bene…beh sappiate che io sono giorni…settimane…, anzi no, mesi che mi porto qualcosa di molto più grande nella scarpa.

Arriva il momento in cui quel sassolino lo devi togliere, perché proprio non ne puoi più…e quel momento è arrivato…è arrivato il momento di fare i conti con la realtà dei fatti.

"ci siamo snaturati, non siamo più quelli che eravamo"...

Certo è vero…e cosa pensavate? Pensavate si potesse essere al tempo stesso, movimento di lotta e di governo? Quando prendi il 32%, quando 11 milioni di persone ti danno fiducia, non puoi essere quello che eri prima, ti devi assumere delle responsabilità e fare delle scelte…devi decidere…decidere se diventare grande o continuare ad essere Peter Pan.

Il problema è che ogni scelta ha dei risvolti positivi e negativi al tempo stesso, se decidi di essere movimento di governo, quello positivo è che puoi incidere, quello negativo è che chi ti ha votato solo perché dovevi mandare a casa quelli che c'erano prima, ti abbandonerà…perché sei diventato tu quello da mandare a casa.

Se decidi invece di essere movimento di lotta…avrai tanti applausi, tante strette di mano, tante pacche sulla spalla…ti aduleranno, ti santificheranno…ma non farai niente di buono per il tuo paese.

Continuerai ad ululare alla luna, mentre gli altri continueranno a mandare a picco il paese...chi fa sbaglia, chi protesta ci indovina sempre…funziona così…è facile puntare il dito, non costa nulla e nessuno potrà mai accusati di aver sbagliato, perché nessuno potrà mai verificare quello che affermi.

"Se fossimo rimasti coerenti ora avremmo ancora il 32%"...ma certo che si, ma per fare cosa? A cosa serve avere il 32% se poi non puoi fare niente?... "eh…ma se avessimo continuato a protestare, se fossimo rimasti puri…arrivavamo al 41%" dicono i duri e puri…certo come no…tanto chi può smentirli?...mia nonna diceva che con i se e con i ma, non si fa mai giorno.

Arrivare al 41%,sono chiacchere vuote e senza senso…perché un ulteriore 9% sono milioni di voti…milioni capite? Per la precisione 3,1 milioni…ma tanto chi afferma questo continuerà a farlo…tanto chi potrà mai dire il contrario?

Sapete invece cosa avremmo dovuto fare? Stringerci intorno ai nostri eletti, sostenerli, incoraggiarli…e invece cosa abbiamo fatto? Abbiamo puntato il dito, li abbiamo criticati, li abbiamo insultati, li abbiamo trattati come fossero nostri nemici…

Se facevano uno, era poco…se facevano dieci, era poco e se facevano cento era poco…non siamo mai riusciti a gioire di un solo risultato, mai una volta.

Ma gli altri li avete mai guardati? Li avete mai osservati? Guardate ora Salvini…da anti europeista ora indossa la felpa con su scritto "prima l'Europa", da no Recovery, a si Recovery…da flat tax a imposta progressiva…da no migranti a si migranti…e tutti i suoi muti, muti come pesci, nessuno che protesta, nessuno che si lamenta.

E il PD? Ma ci siete mai stati sulla pagina di Zingaretti? Sapete di cosa lo accusano? Di essersi asservito a noi…perche noi siamo riusciti a fargli dire si al taglio dei parlamentari, dopo tre volte che aveva votato no…capito? Tre volte no, poi siamo arrivati noi e ha dovuto dire si.

Ma a noi non basta, noi vogliamo di più…sempre di più…non ci basta mai, sempre poco, troppo poco.

E arriviamo ad oggi…il periodo più travagliato e doloroso della nostra storia…ma pensate che votare Sì ieri sia stato facile? Ma pensate che cliccare su quel tasto non sia stato doloroso per tutti?
E cosa vedo? Vedo gente che invece di incoraggiare, di aiutare, di consolare…cosa fa? Punta il dito…"spariremo".

Ma stiamo scherzando? Ma veramente? In un momento come questo c'è bisogno di unità, c'è bisogno di stringerci intorno ai nostri eletti e aiutarli a superare questo momento.
Non abbiamo bisogno di tifosi, abbiamo bisogno di gente che consapevolmente si rimbocca le maniche e lavora, perché gli eletti, i nostri portavoce, sono come noi, sono noi…erano quelli che con noi facevano banchetti, attaccavano manifesti...sono sempre loro e se oggi pensiamo siano altro, se lo pensiamo veramente…allora abbiamo un serio problema e non siamo così diversi da quelli che nel 2018 ci hanno votato per mandare a casa quelli che c'erano prima e che oggi votano per mandare a casa noi, perché il loro unico scopo di vita, non è costruire un paese migliore, ma mandare a casa qualcuno.

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