sabato 9 aprile 2022

I “boia di Bucha” sono serviti, ma molti non sono mai stati lì. - Riccardo Antonucci

 

SCOOP MANIFESTO - La foto vecchia, del 2019, molti dei soldati yakuti sono in congedo.

“I volti sorridenti dei boia di Bucha”. Oppure no. Così è stata presentata una foto che ritrae una ventina di giovani in divisa militare russa, i tratti somatici tipici della minoranza etnica della Yakutia, in posa per un selfie di gruppo mentre stringono una bandiera della loro regione.

Tre giorni dopo le immagini dei cadaveri trovati per le strade della cittadina a nord di Kiev, su molti giornali i colpevoli sono serviti. Ma le cose sono più complicate. La foto è vecchia, almeno due di quei ragazzi non è più nelle forze armate russe e forse nessuno di loro è mai stato in Ucraina.

È stato il reporter Luigi De Biase a portare ieri, sul manifesto, alcune prove che mettono in dubbio il loro coinvolgimento. De Biase riferisce di aver rintracciato al telefono e videochiamato due dei ragazzi di quello scatto. Uno in particolare, Vladimir Osipov, dice di aver lasciato l’unità a dicembre 2021 dopo la fine del periodo di leva obbligatoria e che la foto è stata scattata nel 2019, vicino alla base siberiana dove prestavano servizio. Aggiunge che “tutti gli altri commilitoni” sono in congedo e non sono mai stati in Ucraina. Online si trova traccia di un post con quel selfie datato 25 ottobre 2020.

Come ha fatto questa foto a finire sui media come documento dei “mostri sorridenti di Bucha”. La spiegazione è sui social e pare dipendere dall’innesto di contenuti di intelligence aperta (Osint) con informazioni non verificate.

Questa la cronologia che siamo riusciti a ricostruire. Lunedì 3 aprile il consigliere del presidente ucraino Zelensky, Aleksey Arestovich, che è anche capo negoziatore ai tavoli con i russi, pubblica alcune sigle di brigate dell’esercito russo che, dice, sono state impiegate nell’occupazione di Bucha. Tra queste c’è la 64ª Brigata Motorizzata di Khabarovsk, città della Yakutia (da cui proviene Osipov). Il sito del ministero della Difesa ucraino diffonde inoltre un elenco di nomi, cognomi e numeri di passaporto di presunti appartenenti alla 64a brigata. Il giornale Kyiv Indipendent la riprende. Il nome di Osipov in questa lista non c’è.

In parallelo si muovono alcuni gruppi di attivisti digitali schierati con Kiev, che dall’inizio dell’invasione diffondono informazioni sulle posizioni e le azioni delle truppe russe. Il gruppo Infonapalm, molto seguito all’estero, rilancia su Telegram un post di un altro account minore che si presenta come canale di volontari ucraini, si chiama “Terza forza”. Questo post contiene diverse foto di soldati russi, tra cui quella dei coscritti siberiani incriminata. Le riprende su Instagram il musicista ucraino Oleksii Potapov, con oltre 2 milioni di follower. Aggiunge questo messaggio: “stupratori e assassini, presto conosceremo i vostri nomi”. Quasi centomila like, ma nessuna prova che le foto mostrino dei veri soldati russi impiegati a Bucha. Il contenuto però finisce sull’agenzia di stampa ucraina Unian, e da lì a cascata sui media internazionali. A supporto, Unian cita dichiarazioni di alcuni residenti riportate da un sito di news locale, Obozrevatel, che avrebbero riferito che i militari responsabili del massacro c’erano “buriati (nome della minoranza etnica siberiana, ndr) con gli occhi stretti e lunghi”. Il 5 aprile si ritrova sulle pagine dei principali giornali italiani come risposta alla domanda “chi sono gli aguzzini del massacro di Bucha”. Nel frattempo altre agenzie parlavano di gruppi di ceceni e di altre unità russe.

Anche la genealogia della lista di soldati russi diffusa dal governo ucraino è complessa. Non solo non ci sono i nomi dei protagonisti di quelle foto, né quello del tenente colonnello Azatbek Asanbekovich Omurbekov citato come comandante in capo a Bucha, ma sembra provenire da una elenco pubblicato il 27 febbraio dal gruppo hacker “Enigma”, rilanciato poi sia da InformNapalm che da Anonymous. È una lista di decine di migliaia di nominativi di militari, che però è accompagnata da un’avvertenza: sono dati di cittadini russi che “hanno o hanno svolto” il servizio militare, quindi potrebbero essere vecchi. “Non abbiamo ancora abbastanza dati per confermare la lista, ma continueremo a controllarla”, scrive Infonapalm. E molte verifiche restano ancora da fare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/09/i-boia-di-bucha-sono-serviti-ma-molti-non-sono-mai-stati-li/6553914/?utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_campaign=Echobox2021&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR3vUDNtkq8zBq7tuiS1WhEDY84Okqe_3lf67K44UBJMVmeu94Xap-sdfIM#Echobox=1649492799

venerdì 8 aprile 2022

Guerra Ucraina, Angela Merkel riappare: il messaggio contro Zelensky su Ucraina e Nato mentre è in vacanza in Italia.

 

Nelle dinamiche inedite della guerra in Ucraina, “lei” è tra i protagonisti, per quanto protagonista invisibile. Angela Merkel. Il suo ruolo, afferente alla funzione di traino dell’Europa esercitata negli oltre tre lustri di cancellierato tedesco, è stato evocato, dibattuto, scandagliato nel dibattito pubblico in Germania in queste settimane. Così come la presunta quota di responsabilità politiche per l’attuale condizione dipendente alle forniture di gas russo, in cui versano il suo Paese e tutta l’Europa.

Qualche giorno fa, un portavoce ha filtrato (interrompendo in via indiretta la linea del silenzio) la sua posizione, che rivendica la scelta di aver detto no, nel 2008, all’ingresso dell’Ucraina nella Nato. A quanto pare, in questi giorni è in Italia, in vacanza. E si gode il suo soggiorno a Firenze che stando a indiscrezioni dovrebbe durare fino a lunedì.

Tra l’ex cancelliera e il nostro Paese c’è un legame antico, vista la sua tradizionale predilezione per la costiera amalfitana. Una scelta che fece “colore”, negli anni di maggiore ruvidezza di rapporti tra Roma e Berlino (non tanto a livello di governi, quanto di forze politiche d’opposizione e nell’opinione pubblica). Il suo amore turistico per il nostro Paese aveva, quindi, come contraltare l’intransigenza dei tempi dell’austerità come politica europea, di cui la Germania era ligia interprete. Un’epoca fa, oramai. 

https://www.iltempo.it/attualita/2022/04/07/news/guerra-russia-ucraina-bucha-angela-merkel-vacanza-italia-messaggio-contro-zelensky-nato-31129173/amp/?fbclid=IwAR3z98WOjMfnrmbQEBQyTR7w5qv4MzkdWUJwFgMku_v7BsprE-7jgOnXaFk

Ucraina, la guerra merita di essere condannata ma bisogna raccontarla tutta la storia. - Diego Fusaro

 

Come diceva qualcuno, in guerra la prima a morire è sempre l’informazione. I media occidentali lo stanno tragicamente confermando. Nella massima parte, essi figurano come megafoni della voce del padrone a stelle e strisce: sono portatori di una visione a tal punto di parte, a tal punto sfacciatamente ideologica, che sembrerebbe impossibile accettarla anche in minima parte. Eppure i più, letteralmente, se la bevono.

I monopolisti del discorso non vi dicono che la Ue ha già dichiarato guerra alla Russia. Ha inviato in Ucraina sistemi d’arma non solo difensivi ma offensivi, la Nato sta pensando di mandare gli aerei da combattimento. Inviare armi difensive a un paese in guerra non è un atto di guerra contro il suo nemico, lo è però l’invio di armi offensive. Gli Usa stanno conducendo una strategia bellica indiretta, usando l’Ucraina come “bastone contro la Russia” (Giulietto Chiesa). E, insieme, usando la Ue come “prima linea” del conflitto, inducendola a mandare armi offensive in Ucraina: e ciò del tutto contro l’interesse della Ue stessa, che in questa guerra ha solo da perdere.

Lo scopo di tutto ciò? Difendere l’Ucraina e la sua sovranità? Nemmeno per sogno! Avete sentito Draghi? Dobbiamo batterci perché l’Ucraina entri in Ue, ha asserito: altro che neutralità e sovranità ucraina! Lo vuole il popolo, dicono i media nostrani: ne siamo sicuri? Perché il guitto Zelensky – un attore Nato, è il caso di dire – limita i partiti d’opposizione, allora? Che cosa desiderano realmente gli ucraini?

A mio avviso l’obiettivo vero per gli Usa e per la loro colonia Ue è a) annettere l’Ucraina nella propria area d’influenza e b) provocare il regime change in Russia: detto altrimenti, sostituire Putin con un “fantoccio” atlantista, modalità Eltsin che svendeva il paese a Washington e rotolava ubriaco di vodka. E ciò di modo che la Russia, un poco alla volta, si normalizzi, fino a diventare colonia di Washington tra le tante.

Sembrava, in effetti, che quello fosse il suo destino dopo il 1989: piegarsi, umiliarsi, genuflettersi al cospetto della civiltà del dollaro. Tutto cambiò con Putin, che iniziò a dire di no: no all’espansionismo Nato, no all’atlantizzazione degli spazi post-sovietici, no alla cultura del nulla di marca globalista. Per quello, Putin è da anni tra i nemici principali della “globalizzazione”, vale a dire della americanizzazione coatta del pianeta.

Nel 2014 gli Usa dirigono da dietro le quinte un golpe in Ucraina (velvet revolution), noto come Euromaidan: e vi insediano un “governo fantoccio” a loro gradito, atlantista e filo-Ue. Tale governo inserisce in Costituzione la volontà di entrare nella Nato. Nel 2021 Usa e Ue armano pesantemente le forze armate ucraine. Il guitto Zelensky nasce in quel contesto: come prodotto in vitro di serie televisive hollywoodiane, letteralmente recitando un copione scritto in terra americana. Da attore a presidente del suo paese in un attimo, con un solo obiettivo: favorire il transito dell’Ucraina verso la Ue e verso la Nato, di fatto portando le basi militari Usa ai confini con Mosca.

Nessuno – almeno, non io – vuole giustificare o magari glorificare il gesto di Putin, ossia l’invasione dell’Ucraina: la guerra, ogni guerra, merita di essere condannata, a partire da quelle del proprio paese (l’Italia sta sciaguratamente mandando armi in Ucraina, come sappiamo, con una retorica guerrafondaia stomachevole e orwelliana, appellano “missione di pace” l’invio di mitraglie pacifiche e di missili democratici).

Si tratta però di raccontarla tutta la storia: e se vogliamo, come vogliamo, condannare la guerra, dobbiamo condannarla a partire dal suo reale cominciamento e dalle sue reali cause, vale a dire, appunto, dall’espansionismo della Nato verso Oriente, verso le aree post-sovietiche. Detto altrimenti, con parola cara a Lenin e obliata dalle sinistre fucsia – la nuova “sinistrash” postmoderna, interscambiabile con la destra bluette –, la causa primissima è l’imperialismo made in Usa. Rammentiamo che, nel 2008, a Bucarest, la Nato aveva proclamato senza perifrasi che Ucraina e Georgia, presto o tardi, sarebbero entrate nella Nato stessa. Se si vuole condannare una rissa, si condanna non solo il contegno – certo criticabile – di chi ha tirato l’ultimo pugno, ma anche, ovviamente, di chi ha assestato i colpi precedenti, e magari anche di chi l’ha avviata.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/04/07/ucraina-la-guerra-merita-di-essere-condannata-ma-bisogna-raccontarla-tutta-la-storia/6551703/

Il tecnico del gas. - Marco Travaglio

 

Finora, nella crisi ucraina, Draghi non toccava palla. Poi l’altroieri l’ha toccata, ma per tirarla nella sua porta, che purtroppo è anche la nostra. È stato quando ci ha detto che “sull’embargo al gas russo seguiremo le decisioni della Ue” e ci ha posto l’aut-aut “fra la pace e i condizionatori accesi”, costringendoci a scegliere fra due possibili reazioni. La più irresistibile: una pernacchia. E la più faticosa: prenderlo sul serio. Proprio perché è lui, tentiamo la seconda. L’embargo sul gas russo, da cui dipendiamo per il 46,6%, ci costerebbe fino a 2,3 punti di Pil (75 miliardi), cioè crescita zero, metano a 200 /kwh, mezzo milione di disoccupati in più, migliaia di aziende che chiudono. Una cosetta, che però ingrasserebbe gli Usa. Dunque Draghi annuncia che, “se l’Ue ci propone l’embargo sul gas, noi saremo ben contenti di seguirla”. Ben gentile. Ma l’Ue non siamo anche noi, anzi soprattutto noi, da quando le gazzette draghiane ci assicurarono che la neopensionata Merkel passava lo scettro del comando a SuperMario? Qualcuno glielo dica: l’Ue sei tu, torna a bordo, cazzo!

Al nostro Di Foggia che osa fargli una domanda il premier risponde piccato: “Preferisce la pace o il condizionatore acceso? È questa la domanda che ci dobbiamo porre”. Veramente la domanda che ci dobbiamo porre è come sia possibile che uno che parla così venga scambiato da 14 mesi per un fenomeno, anzi il Migliore.

1) Come gli rammenta un basito Lucio Caracciolo, “non esiste l’alternativa pace-gas: non ricordo un conflitto di qualche rilievo interrotto da sanzioni e i russi hanno dimostrato di saper rinunciare a moltissimo pur di non perdere una guerra”. A furia di sanzioni inflitte dai governi che han fatto come o peggio di lui in Serbia, Afghanistan, Iraq e Libia, Putin è balzato all’83% di consensi.

2) Il premier è lì per risolverci i problemi, non per illustrarceli come se stesse al bar per farli risolvere a noi e farci pure sentire in colpa come sabotatori della pace perché accendiamo lo split.

3) In un referendum tra pace e condizionatori, specie se si tenesse a Ferragosto, vincerebbero i secondi (possibilmente accesi), perché tutti sanno che la pace non si agevola tagliandoci il gas da soli, ma smettendo di riempire di armi il campo di battaglia, che ne è già pieno zeppo, evitando di seguire Usa&Nato nell’ideona di allungare il conflitto e riprendendo l’esile filo del negoziato.

4) Abbiamo sempre considerato Draghi un grande sopravvalutato, ma sottovalutavamo la sopravvalutazione. Ora chi gli vuol bene dovrebbe spiegargli un paio di cose, anche con disegnini. Possibilmente prima che ci ponga i prossimi aut-aut fra la tregua e Alexa, fra il genocidio e l’aspirapolvere, fra l’atomica e il tostapane.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/08/il-tecnico-del-gas/6552734/

giovedì 7 aprile 2022

Draghi: “Occorre scegliere fra pace e aria condizionata”


La domanda sorge spontanea: Ma lui è al freddo?
Suppongo che sia al caldo, visto che non è lui a pagare, ma noi...
La sua battuta, che definirei inopportuna, denota strafottenza nei nostri riguardi.
Per essere una persona definita "capace" dai "migliori di sta ceppa" mi sembra alquanto sprovveduto, impreparato all'approccio interpersonale.
Mi manca tanto Conte... lui pensava a noi e non a se stesso e lo hanno massacrato ingiustamente nel peggiore dei modi, dimostrandoci che la nostra non è una repubblica democratica, ma oligarchica, visto che al potere ci sono sempre gli stessi, quelli che ci hanno indebitato senza ritegno e senza darci nulla in cambio, privandoci anche di quei pochi diritti che eravamo riusciti a conquistare col tempo.
La politica attuale è disgustosa, velenosa, urticante.
Abbiamo un governo occupato da abusivi, bramosi di potere, che decidono per noi, e mai per il nostro bene, mentre si spartiscono quel poco che è rimasto di questa povera patria.

cetta

NON VOGLIO VEDERLO. - Toni Capuozzo

 

Mi trattengo. Come tutti posso commettere degli errori, ma ci sono errori che so di non voler fare. Ho davanti un video, girato nei dintorni di Bucha, di un’imboscata ucraina a un gruppo di soldati russi in ritirata. I soldati russi sono a terra, e dalle pozzanghere di sangue e dalla gola di qualcuno si capisce che sono stati sgozzati. Gli ucraini si aggirano tra loro, uno a terra muove un braccio, gli sparano. E’ la scena di un piccolo crimine di guerra. Che senso ha mostrarla ? Entrare nella curva delle tifoserie contrapposte ? Far vedere che gli ucraini, per quanto aggrediti, non sono dei boy scout ? Bilanciare il piatto dei crimini commessi ? Lo conservo, quel filmato. perché si vedono i volti degli autori, fieri, mentre dicono “Gloria all’Ucraina”, e magari un giorno ci sarà una piccola inchiesta (il video è loro, non è rubato, è esibizione tronfia). No, non aggiunge nulla che io già non sappia: la guerra peggiora tutti, giorno dopo giorno, e anche se agli ignoranti sfugge, in guerra i nemici tendono ad assomigliarsi, alla fine: odio e paura, vendetta per l’amico ucciso, perdita dell’innocenza.
Non mi trattengo, invece, dal fare altre domande. Perché non è stata coinvolta, sulla scena del massacro di Bucha, la Croce Rossa Internazionale ? Lo sanno tutti che è il primo passo per denunciare un crimine, fare i rilievi, raccogliere testimonianze indipendenti. Una svista ? Il timore che vedessero, ad esempio la scena che vi ho descritto prima ? O che facessero domande indiscrete ?
Ho postato ieri il giornale ucraino che il 2 aprile annunciava un’operazione dei corpi speciali per stanare sabotatori e collaborazionisti dei russi. Com’è finita ? I giornalisti andati sul posto lo hanno chiesto, se lo sono chiesti ? Nessuno risponde-
C’è una documentazione, piuttosto sofisticata, che circola in rete che dimostrerebbe che la famosa foto satellitare del New York Times sarebbe stata scattata il 1 aprile. Non mi interessa molto perché se pure fosse stata scattata il 19 marzo non esiste che dei corpi restino all’aperto per quasi quindici giorni conservati in quel modo. Il New York Times fa il suo mestiere. Lo fa anche il Corriere della Sera. Non gli passa per la testa che sia improbabile che i corpi siano rimasti in strada 15 giorni. Ma avete mai visto il luogo di un massacro, anche dopo soli 2 giorni ? Torno a domandare: dando per certo che i russi durante l’occupazione di Bucha hanno ucciso e commesso crimini, testimoniati dalle fosse comuni, dove i cittadini di Bucha hanno sepolto i loro morti sfidando l’occupante, perché improvvisamente, all’inizio di aprile, i morti per strada non vengono più sepolti, in quelle fosse ? Se hai sfidato l’occupante nel gesto pietoso di seppellire, perché non lo fai più quando Bucha è libera ? Erano morti altrui ? Il primo fotografo giunto sul posto raccontò a Repubblica di aver visto in una cantina vittime con il bracciale bianco, collaborazionisti. Poi quel dettaglio è sparito. Lo intervistano, non glielo chiedono più. E lui, dovendo lavorare sul posto, non si dilunga.
Ho sentito e letto di Bucha come spartiacque valicato, di punto di non ritorno. Se cercavano un’autorizzazione a procedere sulla via della guerra, l’hanno trovata.
Non lo so se dietro quella strage ci siano menzogne o altro, so che, alla fine, è stata una strage, chiunque fossero quei morti e chiunque li abbia uccisi. Ma so che perfino lo spostamento di un corpo da esibire ai fotografi mi fa una pena infinita. Lo stesso morto, ma cambiamo la posa.


https://www.facebook.com/photo?fbid=520591189467126&set=pcb.520591676133744

Il Family Act è diventato legge, riforma organica per famiglie. - Simona Tagliaventi

 

Assegno unico, autonomia giovani, conciliazione vita-lavoro donne.

Per la prima volta, e da oggi con il voto del Senato è realtà, l'Italia si dota di una riforma organica delle politiche per la famiglia, che prevede un potenziamento del sistema del welfare, con l'introduzione dell'assegno unico e universale, il sostegno alle spese per i percorsi educativi dei figli, la revisione dei congedi parentali con la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura dei figli per entrambi i genitori, misure di incentivo al lavoro femminile e infine il tema della formazione e della emancipazione giovanile.

L'assegno unico e universale - che è già in vigore e può essere richiesto dai nuclei familiari di cittadini italiani o con permessi di soggiorno, residenti in Italia, con a carico un figlio minore (a partire dal 7° mese di gravidanza), o un figlio entro i 21 anni di età - sostituisce le detrazioni Irpef sui figli a carico; gli assegni al nucleo per figli minori; gli assegni per le famiglie numerose; il Bonus Bebè; il premio alla nascita e il fondo natalità per le garanzie sui prestiti, con un'unica prestazione calcolata sulla base dell'Isee.

Con il Family Act vengono inoltre rivisti e rafforzati i congedi parentali di maternità e di paternità fino al compimento dei 14 anni del figlio; vengono introdotte detrazioni fiscali per le spese legate all'istruzione universitaria e per la locazione dell'immobile adibito ad abitazione principale o, per le giovani coppie composte da soggetti aventi entrambi età non superiore a 35 anni alla data di presentazione della domanda, per l'acquisto della prima casa.

Il Family Act prevede anche misure premiali per i datori di lavoro che realizzino politiche atte a promuovere una piena armonizzazione tra vita privata e lavoro, quali, ad esempio, il lavoro flessibile. Inoltre una quota della dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese verrà riservata all'avvio delle nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per i primi due anni; premi anche per chi incentiva il lavoro femminile nelle regioni del Mezzogiorno. "Ringrazio per il contributo trasversale di ricomposizione delle posizioni a livello parlamentare. La riforma del Family Act deve essere di tutti, non deve avere l'identità di una parte politica, perché è un riforma di cui tutti noi ci dobbiamo rendere responsabili, è una riforma per il Paese di oggi e per il Paese di domani. Attraverso questo voto proponiamo un nuovo modo di fare politica che richiede mediazione, onestà, attenzione ai tempi e rispetto delle parole, come diceva Tina Anselmi", ha commentato la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti a Palazzo Madama.

Dopo l'approvazione il leader di Iv Matteo Renzi ha twittato: "Un'altra idea pensata e presentata alla Leopolda diventa legge dello Stato. Dalla Leopolda alla Gazzetta ufficiale: il Family act. Grazie a Elena Bonetti e a tutta Italia viva. E grazie anche alla Leopolda, vivaio di idee e di speranze". La presidente della commissione Lavoro, Susy Matrisciano del M5s che è anche relatrice del provvedimento ha sottolineato che "il Family Act riguarda la vita quotidiana di milioni di mamme e papà".

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2022/04/06/il-family-act-e-diventato-legge-_01e19c64-c0c2-4f36-b24d-60687db59656.html