martedì 25 marzo 2014

"I Servizi coprivano le Brigate Rosse": rivelazioni sulla messinscena del rapimento Moro. - Fausto Carotenuto

viafani

«Tutto è partito - ha detto l’ispettore di polizia Rossi all’Ansa - da una lettera anonima scritta dall’uomo che era sul sellino posteriore dell’Honda in via Fani quando fu rapito Moro. Diede riscontri per arrivare all’altro. Dovevano proteggere le Br da ogni disturbo. Dipendevano dal colonnello del Sismi che era lì».  
Le ricerche dell’ispettore sono nate da una lettera anonima inviata nell’ottobre 2009 alla redazione de La Stampa. Questo il testo: «Quando riceverete questa lettera, saranno trascorsi almeno sei mesi dalla mia morte come da mie disposizioni. Ho passato la vita nel rimorso di quanto ho fatto e di quanto non ho fatto e cioè raccontare la verità su certi fatti. Ora è tardi, il cancro mi sta divorando e non voglio che mio figlio sappia. La mattina del 16 marzo ero su di una moto e operavo alle dipendenze del colonnello Guglielmi, con me alla guida della moto un altro uomo proveniente come me da Torino; il nostro compito era quello di proteggere le Br nella loro azione da disturbi di qualsiasi genere. Io non credo che voi giornalisti non sappiate come veramente andarono le cose ma nel caso fosse così, provate a parlare con chi guidava la moto, è possibile che voglia farlo, da allora non ci siamo più parlati, anche se ho avuto modo di incontrarlo ultimamente...Tanto io posso dire, sta a voi decidere se saperne di più».
La polizia avviò così le prime indagini. In una casa di Cuneo, dove l’uomo ha vissuto con la prima moglie, vengono trovate due armi regolarmente denunciate: una Beretta e una Drulov, un’automatica di precisione di fabbricazione cecoslovacca. E le pagine originali di Repubblica dei giorni del sequestro Moro. Rossi afferma di aver chiesto di sentire la coppia e di ordinare una perizia sulle armi. Ma la sua richiesta non ebbe seguito. Le armi sarebbero state distrutte senza effettuare alcuna perizia e il fascicolo sarebbe finito nella palude dei palazzi di giustizia romani.
Un’Honda blu era effettivamente presente in via Fani il 16 marzo del 1978 e si occupò di tenere lontani, anche sparando estranei che potessero arrivare casualmente sulla scena del rapimento. I brigatisti hanno sempre affermato che quella moto “non era roba loro”. Il Colonnello Guglielmi disse che era lì, a pochi passi, perché invitato a pranzo da un collega. Peccato che fossero le 9,30 del mattino…
Si tratta dell’ultima di una serie di rivelazioni che viene fuori negli ultimi tempi, nelle quali un artificiere, poi un finanziere e quindi un poliziotto, rivelano retroscena tendenti a dimostrare che tutte le attività delle brigate rosse erano attentamente seguite da organi dello Stato e che l’attività di questi organi, per conto di certi vertici politici fu quella di fare in modo che l’operazione fosse “protetta” fino ad arrivare al risultato della eliminazione di Moro.
In un nostro articolo abbiamo chiaramente definito la vicenda del rapimento: “…venne rapito con la messinscena delle Brigate Rosse, da ben altre forze. Forze anti-coscienza e forze lanciate alla distruzione del sistema degli stati nazionali, per avere a disposizione dei mega stati meglio controllabili.” (http://coscienzeinrete.net/politica/item/1178-16-marzo-1978-%E2%80%93-aldo-moro-viene-rapito-per-toglierci-sovranit%C3%A0-e-libert%C3%A0 )
Ma ora perché tutte queste rivelazioni? Perché il gruppo gesuita-massonico vincente a livello mondiale non ha più bisogno di quegli ambienti “atlantisti”, piduisti, fascistoidi e americano-massonici che si occuparono della strategia della tensione, ricevendone potere politico ed economico. Ora quella classe politica viene rapidamente sostituita da uomini e ambienti più funzionali al disegno di un’Europa schiava della finanza mondialista. Uomini dall’immagine ancora “pulita”, adatti alle nuove manipolazioni dell’opinione pubblica. I vecchi e logori strumenti possono andare in soffitta… e gli scheletri vengono fuori dagli armadi, per convincere i più riottosi a farsi da parte.
Noi non ci faremo fuorviare da questi giochetti del potere: i Cossiga e gli Andreotti di allora venivano presentati benissimo, così come ora i Letta, i Renzi, i Napolitano di oggi. Ma ormai conosciamo bene le intenzioni di chi tuttora guida la danza della manipolazione. Noi ci fidiamo solo della nostra coscienza e di quella dei tanti amici che vogliono veramente il bene di tutti, ma che rarissimamente appaiono sui giornali del potere o assumono incarichi importanti nella struttura governativa. Insieme, in rete, muoviamoci per migliorare la società intorno a noi!

Sicilia, Ingroia licenzia 16 dipendenti. Compresi parenti di politici e mafiosi. - Giuseppe Pipitone

Sicilia, Ingroia licenzia 16 dipendenti. Compresi parenti di politici e mafiosi


L'ex pm è commissario della disatrata società regionale di informatica Sicilia e-Servizi. Tra le persone allontanate la figlia del boss Giovanni Bontate, il figlio dell'ex sindaco di Palermo Cammarata: "Non hanno i requisiti". La Uilm: "Crocetta ci aveva rassicurato".

Sedici dipendenti licenziati ad appena tre mesi dall’assunzione. Tra loro anche gente dal cognome ingombrante come Marilena Bontate, figlia di Giovanni, boss di Villagrazia assassinato nel 1988. Lo ha deciso Antonio Ingroia, l’ex pm ora commissario di Sicilia e-Servizi, la società della Regione che si occupa di informatica. “I licenziamenti arrivano dopo che una commissione super partes da me nominata ha esaminato i dipendenti: non hanno passato i test scritti e orali. E in certi casi non c’era nemmeno il requisito dell’affidabilità” dice l’ex procuratore aggiunto di Palermo a ilfattoquotidiano.it.
Tra i sedici defenestrati c’è infatti Marco Picciurro, genero di Bontate, avendone sposato la figlia, a sua volta licenziata. Nella lista dei non idonei anche Francesco Nuccio, arrestato nell’estate del 2012 perché  coinvolto in un’inchiesta sulle tangenti che giravano nel mondo degli appalti per l’energia eolica. Facevano tutti parte dei 76 dipendenti provenienti dalla società privata che insieme alla Regione Siciliana controllava Sicilia e-Servizi, e  che Ingroia aveva assunto a gennaio con un contratto da diciotto mesi. “Abbiamo deciso di assumere il personale proveniente dall’ex socio privato perché la Regione non ha tra i propri dipendenti le figure professionali per gestire il servizi: in questo modo abbiamo evitato il blocco del sistema informatico che avrebbe mandato in tilt la Regione” si era giustificato l’ex pm, dato che le assunzioni avevano suscitato roventi polemiche.
La lista degli assunti infatti era infarcita di parenti di politiciburocrati regionali, se non addirittura boss mafiosi, come nel caso di Bontate Junior. Tra gli assunti Ettore Nicosia, fratello dell’ex capo di gabinetto dell’assessore Salvatore Cintola, il figlio del pari grado di Totò Cuffaro Massimo Sarrica, e l’erede dell’ex sindaco di Palermo Piero Cammarata. E mentre la Corte dei Conti ha aperto un’inchiesta sulle assunzioni (ancora in corso), Ingroia ha varato una commissione super partes, composta da un docente di informatica e da due generali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri (uno dei quali in passato ha anche indagato sulla trattativa Stato-mafia, inchiesta coordinata dallo stesso ex pm) per valutare l’effettivo valore dei neoassunti. Valore che evidentemente non è stato riscontrato dalla commissione, che quindi ha messo alla porta sedici dipendenti su settantasei. “Ma potrebbero esserci anche altri licenziamenti: c’è ancora un mese di prova” avverte l’ex procuratore aggiunto. “Il governatore Crocetta aveva assicurato che nessun lavoratore sarebbe stato licenziato. Sulla vicenda chiediamo un incontro” protesta invece Giuseppe Di Liberto della Uilm.
Ingroia era stato chiamato a mettere ordine in Sicilia e- Servizi nel luglio scorso, dopo che dalla società era arrivata una richiesta di finanziamento per due milioni e mezzo di euro: sarebbero serviti per trasferire nuovamente sull’isola tutti i dati della Regione, dato che erano finiti in Val D’Aosta non si sa bene per quale motivo. Esasperato dai costosissimi pasticci della società informatica, Crocetta aveva deciso di chiuderla, nominando commissario liquidatore lo stesso Ingroia. A dicembre però è arrivato l’ennesimo passo indietro: in Finanziaria infatti è previsto un riordino delle società partecipate che diventeranno soltanto nove. Tra queste anche Sicilia e-Servizi, la società in grado in passato di polverizzare 150 milioni di fondi comunitari, che dunque riesce sempre a rinascere dalle proprie ceneri. Non sarà l’Araba fenice, ma poco ci manca.

Caso Ruby, Cassazione assolve il pm Fiorillo e condanna il Csm.

Annamaria Fiorillo


La Suprema corte ha annullato con rinvio la sanzione inflitta dal Consiglio superiore della magistratura al pm del Tribunale per i minorenni che decise che la marocchina doveva andare in comunità. Secondo gli ermellini aveva il diritto dovere di difendersi dalle "denigrazioni diffamatorie" dell'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni La toga aveva smentito, con interviste, la ricostruzione sull'affidamento della giovane marocchina a Nicole Minetti.

La Cassazione “assolve” un magistrato e punta il dito contro il Csm che l’aveva punito. Uno scontro tra palazzi che avviene su uno dei casi più bollenti degli ultimi anni: ovvero l’affaire Ruby. Protagonisti di un verdetto a sezione Unite il pm per i minori Annamaria Fiorillo, l’allora ministro Roberto Maroni, e il Consiglio superiore della magistratura che alla toga ribelle, che rilasciò interviste per difendersi dalle dichiarazioni del responsabile del Viminale, considerate diffamatorie, aveva inflitto una sanzione. Il magistrato ordinò che la giovane marocchina, all’epoca 17enne, venisse accompagnata in comunità. Invece fu affidata all’allora consigliera regionale del Pdl Nicole Minetti. Quando il ministro disse che la procedura era stata regolare Fiorillo rilasciò alcune interviste sostenendo che Maroni aveva mentito.
La Fiorillo fu quindi condannata per violazione del riserbo dal Consiglio superiore della magistratura, ma oggi la Cassazione dice che aveva diritto di difendersi da una diffamazione. Che riguardava lei come magistrato, ma anche la stesso organo: “La tutela dei magistrati contro denigrazioni diffamatorie è, oltre che compito del Consiglio Superiore, un diritto per ciascun magistrato ed un dovere istituzionale – osservano i magistrati – al quale non si può abdicare, poiché la credibilità dell’istituzione giudiziaria e la fiducia dei cittadini nella sua imparzialità sono una garanzia assoluta della vita democratica”. Insomma la Fiorillo con le sue dichiarazioni aveva difeso la sua toga e quella di tutti i suoi colleghi. Con la sua punizione in qualche modo si è mutilata quella difesa. 
Annullata la sanzione del Csm inflitta al pm minorile. La Cassazione ha quindi annullato con rinvio quella decisione affinché il Csm quindi riesamini la vicenda. Il magistrato aveva smentito, con interviste, la ricostruzione sull’affidamento di Ruby a Nicole Minetti che, il 9 novembre 2010, l’allora ministro dell’Interno disse che avvenne su indicazioni della stessa Fiorillo. La toga, sentita come teste nel processo Rubyaveva ribadito che l’allora responsabile del Viminale non disse il vero perché lei non aveva mai autorizzato quell’affidamento anomalo di una minorenne, denunciata per furto e sospettata di essere unaprostituta
“Aveva il diritto dovere di difendersi da denigrazioni diffamatorie”. Per la Cassazione, i magistrati hanno il diritto e il dovere di difendersi dalle “denigrazioni diffamatorie“. Scrivono gli ‘ermellini’ – nella sentenza 6827 delle Sezioni Unite, pubblicata oggi e relativa all’udienza dello scorso 28 gennaio – che “la pubblica notizia dell’affidamento di una minore ad una persona estranea alla famiglia, in una vicenda contraddistinta dall’intervento del Presidente del Consiglio dell’epoca (Silvio Berlusconi condannato per concussione e prostituzione minorile in primo grado), era idonea a compromettere presso l’opinione pubblica non solo l’onore e la professionalità” della pm Fiorillo, “ma anche i valori dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura”.
“Compito di tutelare i magistrati è del Csm “.  Sottolinea la Cassazione che in questo procedimento disciplinare, non si discute della reazione del pm a una critica, ma della sua reazione “all’attribuzione di un provvedimento non solo di contenuto diverso da quello effettivamente adottato, ma anche inconciliabile con i doveri del magistrato e con l’immagine che il magistrato deve dare di sé per la credibilità propria e della magistratura”. In proposito, accogliendo il ricorso del pm Fiorillo contro la sanzione inflittale daPalazzo dei Marescialli lo scorso giugno, la Cassazione staffilando i togati del Csm spiega che “la tutela dei magistrati contro denigrazioni diffamatorie è, oltre che compito del Consiglio Superiore, un diritto per ciascun magistrato ed un dovere istituzionale al quale non si può abdicare, poiché la credibilità dell’istituzione giudiziaria e la fiducia dei cittadini nella sua imparzialità sono una garanzia assoluta della vita democratica”. Il verdetto ricorda che Fiorillo ha difeso la sua “professionalità” e la sua “credibilità” di magistrato che sono un bene “coerente” con quello della imparzialità e indipendenza dei giudici.
La Cassazione: “La verità mediatica si fissa nella memoria collettiva.” Ora il Csm dovrà verificare se il pm anziché rilasciare interviste – a ‘In mezz’ora’ e a ‘Repubblica’ – avrebbe potuto difendersi con altri mezzi, senza violare il dovere del riserbo e la prerogativa del capo della Procura a parlare con i media. Ad esempio, come aveva sostenuto il Pg della Cassazione, chiedendo l’intervento a tutela del Csm, l’intervento a tutela del capo dell’ufficio, o presentando querele. Ma i supremi giudici, spezzando ancora una volta una lancia in favore di Fiorillo – e della scelta di esternare ai media la sua versione dei fatti, in assenza di immediati atti a tutela, pur da lei sollecitati – osservano che “non può tacersi che nell’attuale società mediatica l’opinione pubblica tende ad assumere come veri i fatti rappresentati dai media, se non immediatamente contestati: la verità mediatica, cioè quella raccontata dai media, si sovrappone, infatti, alla verità storica e si fissa nella memoria collettiva con un irrecuperabile danno all’onore”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/24/caso-ruby-cassazione-assolve-pm-fiorillo-fu-diffamata-da-maroni/924748/

Formazione, M5S: "È caos senza fine, 7000 assunti dopo il blocco e rendiconti parziali. Le Carte in Procura". - Claudia La Rocca


Dopo la tegola Genovese altri fulmini sul settore in seguito ad un'audizione all'Ars. I parlamentari del Movimento 5 Stelle sollecitano l'intervento della magistratura e la rimozione dei dirigenti che hanno favorito lo sfascio.
Gianina-Ciancio-236x300.jpgGianina Ciancio: "Venute fuori nuove e gravissime anomalie che rischiano di far collassate il sistema".
Valentina Zafarana: "Gli enti che non hanno giustificato le spese rischiano di dover restituire ingenti somme e a farne le spese potrebbero essere i lavoratori".
Migliaia di assunzioni dopo il blocco del 2008, assenza di controlli e rendicontazioni parziali da parte degli enti. Nel pianeta Formazione è caos senza fine e il gruppo parlamentare all'Ars del Movimento 5 Stelle chiede all'amministrazione l'invio degli incartamenti in Procura e la rimozione dei dirigenti responsabili.
L'ultima audizione a palazzo di Normanni della dirigente generale del dipartimento istruzione e Formazione professionale, Anna Maria Corsello, consegna la radiografia di un settore sull'orlo del collasso.

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Sarebbero circa 7000 le assunzioni fatte dagli enti dopo lo stop ai contratti a tempo indeterminato, cosa che - ha affermato la stessa Corsello - in caso di ricorso al giudice potrebbe provocare il tracollo del sistema.
Parecchi lavoratori sarebbero entrati nel mondo della Formazione attraverso la porta di servizio di contratti atipici, suscettibili di essere trasformati in sede di conciliazione e giudiziaria in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
"Questo - afferma la deputata Gianina Ciancio - a causa di controlli inesistenti. È stata la stessa dottoressa Corsello ad ammettere che in assessorato ci sono circa 2000 faldoni di documentazione giacenti dal 1998, che solo ora hanno cominciato ad essere esaminati".
Negli ultimi tempi, invece, sarebbero stati gli enti a mostrarsi sordi alle richieste di invio delle carte, fatte dalla Regione, cosa che rischia di innescare l'ennesima bomba nell'universo Formazione.
"Gli enti che non hanno provveduto a mandare in assessorato le pezze d'appoggio - afferma Valentina Zafarana - non solo non vedranno mai i saldi dei finanziamenti che si attestano a circa al 25 per cento delle annualità già erogate, ma rischiano di dover restituire anche le anticipazioni avute, con contraccolpi dalle conseguenze forse nemmeno immaginabili e che potrebbero pagare anche i lavoratori".
Per ottenere la documentazione, la Regione avrebbe bussato più volte alle porte degli Enti di Formazione, spesso invano.
Gli enti inadempienti sarebbero decine. Gli elenchi dovrebbero essere resi noti a giorni.

Procura apre inchiesta sul vaccino trivalente: "Sintomi autismo e diabete in due bimbi". - Giovanni Di Benedetto

Procura apre inchiesta sul vaccino trivalente: "Sintomi autismo e diabete in due bimbi"

Accertare l’esistenza di un nesso di causalità tra la somministrazione del vaccino pediatrico anti morbillo, parotite e rosolia e reazioni di tipo autistico o altro, come per esempio il diabete mellito. All’indomani della denuncia dei genitori di due minori ai quali è stata diagnosticata una sindrome autistica ad insorgenza post vaccinale la procura di Trani ha aperto un’inchiesta.

L’ipotesi contenuta nel fascicolo sulla scrivania del magistrato Michele Ruggiero è di lesioni colpose gravissime, al momento è a carico di ignoti. Ai carabinieri del Nas è stato chiesto così di acquisire il piano nazionale dei vaccini e il calendario delle vaccinazioni obbligatorie e facoltative per l’età evolutiva, di capire quale sia la composizione dell’antidoto, quali i suoi produttori, e accertare l’esistenza, in relazione agli ultimi 5 anni, di casi di patologie autistiche insorte dopo la somministrazione del medicinale. 

In ultimo gli investigatori dovranno verificare quali sono state le determinazioni assunte dal Ministero della Salute a seguito delle sentenze di condanne da parte di diversi tribunali in Italia che hanno riconosciuto il nesso di causalità. All’inizio del mese a Bisceglie alcuni genitori rappresentati dell’associazione Comilva Puglia sono stati convocati dai servizi sociali del comune di Bisceglie dopo aver deciso di non immunizzare i propri figli e la Asl ha segnalato la vicenda al tribunale dei minori di Bari.

Garattini: "Vecchia teoria, senza alcuna prova"
Ma per l'Oms. l'Organizzazione mondiale della sanità, non c'è un legame tra vaccini e autismo. Lo ha ribadito solo pochi mesi fa, nel settembre 2013, in un vademecum pubblicato sul suo sito. Già nel 2012 un'altra sentenza, del tribunale di Rimini, aveva condannato il ministero della Salute a risarcire una famiglia in cui un bimbo avrebbe sviluppato la malattia proprio a seguito dell'immunizzazione. Una correlazione, quella tra vaccinazioni e autismo o altre malattie, negata però dal mondo scientifico e dall'Oms: "I dati epidemiologici disponibili non mostrano nessuna evidenza di correlazione tra il vaccino trivalente per morbillo, rosolia e parotite e l'autismo, e lo stesso vale per ogni altro vaccino infantile - sottolinea l'Oms -. Studi commissionati dall'Oms hanno inoltre escluso ogni associazione con gli adiuvanti al mercurio usati in alcune formulazioni".

A suggerire un legame furono alcuni studi pubblicati dal medico inglese Andrew Wakefield nel 1998 su riviste come Lancet e il British Medical Journal, che indagini successive hanno dimostrato essere falsi, tanto da meritare il 'ritiro ufficialè da parte degli organi scientifici. Questi stessi studi sono i più citati dai vari movimenti contro i vaccini che proliferano soprattutto su Internet. Il vademecum dell'Oms rileva inoltre come la prevalenza della malattia sia di un caso ogni 160, parlando però più correttamente di 'disordini dello spettro autisticò per sottolineare che si tratta in realtà di una serie di malattie diverse. Ancora poco, conferma l'Oms, si sa delle cause, ma le evidenze scientifiche suggeriscono che vari fattori genetici e ambientali possono influire.

Anche i pediatri sulla linea dell'Oms. La "paura" di una correlazione tra il vaccino trivalente non obbligatorio contro morbillo, parotite e rosolia (Mpr) e l'insorgenza dell'autismo è "assolutamente immotivata". E' la posizione espressa dal presidente della Spcietà italiana di pediatria (Sip), Giovanni Corsello, dopo l'indagine avviata dalla procura di Trani. "Non c'è alcuna prova scientifica che metta in correlazione autismo e vaccinazioni. Studi sono stati fatti e altri studi sono in corso - spiega Corsello - e non hanno evidenziato alcun legame". Al contrario, sottolinea, "il fatto che alcuni diano come acquisita una correlazione che scientificamente non è provata rischia di ridurre le copertura vaccinali, con il pericolo concreto che possano riemergere malattie gravi ad oggi quasi scomparse". 

Proprio tali paure, denuncia il presidente Sip, "negli ultimi due anni hanno portato ad una riduzione della copertura vaccinale per il morbillo, e questo ci preoccupa poiché, se la copertura scende sotto il livello del 90-95% della popolazione, aumenta il pericolo di epidemie". Ma il pericolo ulteriore è che, "per un effetto di 'trascinamentò - avverte l'esperto - vengano penalizzate tutte le vaccinazioni, dimenticando che oggi queste rappresentano invece uno strumento di prevenzione insostituibile". Il consiglio ai genitori è, dunque, di "continuare a vaccinare i propri bambini con assoluta tranquillità".

Fondamentale tuttavia, rileva Corsello, è che il ministero della Salute "dia un messaggio chiaro anche ai Tribunali, sul fatto che tale correlazione  non è provata". Proprio per informare l'opinione pubblica, ha quindi annunciato Corsello, "insieme alla Società italiana di Igiene ed alla Federazione pediatri Fimp, avvieremo una campagna di sensibilizzazione sulle vaccinazioni, che partirà a breve, attraverso i nostri siti e la stampa nazionale, e chiederemo al ministero della Salute di essere partner nella campagna".

http://www.repubblica.it/salute/medicina/2014/03/24/news/inchiesta_su_vaccino_trivalente_su_ipotesi_causa_autismo_e_diabete-81751490/

sabato 22 marzo 2014

PROTESTA LEGHISTA: IN GOMMONE IN TUNISIA, MA NAUFRAGANO A MALTA.

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MALTA – E’ il 20 Marzo 2014 e si ritorna a parlare del problema immigrazione. Solo nelle ultime 24 ore sono stati soccorsi barconi che contenevano un totale di circa mille immigrati clandestini. Mobilitate numerose navi della Marina Militare per salvare gli extracomunitari provenienti dalle coste del Nord Africa.
La Lega, però, non ci sta: “Queste masse di persone partono dai loro paesi perchè sanno che qui c’è una politica di immigrazione debole pronta ad accoglierli a braccia aperte, salvandoli e nutrendoli finchè non sono in grado di scappare dal centro di accoglienza e sopravvivere di espedienti a zonzo per le nostre città” ha dichiarato ieri il segretario Matteo Salvini. “Oltre che mettere in ginocchio il popolo italiano in termini di sicurezza, economia e serenità, questi sbarchi preoccupano dal punto di vista umano: i poveri immigranti rischiano grosso e questo è confermato dalle continue stragi sfiorate di cui sentiamo parlare ogni giorno al telegiornale.”
A dare visibilità al messaggio contenuto nelle dichiarazioni del segretario della Lega Nord Matteo Salvini, però, sono stati i sette militanti Diego e Giovanni Murtaro, Michele Brambilla, Gino Troisi, Giacomo Gremini, Fausto Sarti e Remo Girenni. Questi, senza pensarci due volte, sono partiti all’alba da Modena, la loro città, tutti a bordo di un’auto con un gommone al rimorchio, per arrivare a Melito di Porto Salvo, nell’estremo a Sud della Calabria. Da qui poi si erano imbarcati tutti a bordo di un gommone 7 metri che sventolava bandiera della Lega Nord per dirigersi in Tunisia. Lo scopo di tutto ciò sarebbe stato verificare la pericolosità di tale viaggio e testare la reattività dei sistemi di salvataggio nordafricani. Un obiettivo che però ha trovato il suo primo e ultimo scoglio a Malta, quando i sette hanno prima visto incendiarsi il motore del gommone e poi, dopo aver estinto le fiamme, hanno dovuto lanciare un razzo di segnalazione di emergenza. Questo, probabilmente per essere stato male indirizzato, ha in qualche modo bucato il galleggiante del gommone, mandando gradualmente a bagno i militanti del partito verde. Un secondo razzo è stato inviato.
A ricevere il messaggio la Marina Militare di Malta, che con i mezzi di soccorso a disposizione ha trainato ciò che restava del mezzo in porto e fornito le prime cure alle vittime.
In conclusione c’è da dire che, sicuramente, il primo degli intenti del viaggio è perfettamente riuscito. Una traversata del genere su un mezzo inadatto è pericolosa.