sabato 19 gennaio 2019

Il risveglio improvviso di un buco nero.

Buco nero

Alcuni astronomi hanno scoperto un buco nero supermassiccio risvegliatosi improvvisamente.
Questo corpo celeste, come si legge sulla rivista Natura Astronomy, ha incrementato la luminosità della galassia in cui si trova di circa il 50% in 2 mesi. Secondo gli scienziati, questo spiegherebbe la brusca accelerazione di assorbimento del gas circostante. I ricercatori non sono ancora in grado di spiegare perché questo corpo celeste si sia risvegliato all'improvviso.
Al centro di quasi tutte le galassie a noi oggi note si trovano buchi neri supermassicci la cui massa può anche essere superiore a quella del Sole di milioni di volte. Tuttavia, gli astronomi non hanno ancora capito come riescano a raggiungere queste dimensioni. Mentre alcuni corpi celesti assorbono il gas circostante a una velocità più o meno costante, altri possono inghiottire direttamente una stella. Tuttavia, al momento gli scienziati hanno scoperto buchi neri in grado di risvegliarsi improvvisamente e accelerare la velocità di accrescimento di alcuni mesi prima di assopirsi nuovamente.
In un nuovo studio il gruppo di ricercatori guidati da Benny Trakhtenbrot del Politecnico federale di Zurigo ha studiato l'evento denominato AT 2017bgt. L'evento è stato osservato per la prima volta nel febbraio del 2017 al centro della giovane galassia 2MASX J16110570+ 0234002, a 900 milioni di anni luce dalla Terra. I dati raccolti da All-Sky Automated Survey for Supernovae hanno dimostrato che la luminosità complessiva della galassia durante l'evento in questione è aumentata di circa il 50% in 2 mesi e più di metà della crescita si è verificata nelle prime 3 settimane. Grazie a ulteriori osservazioni effettuate dall'osservatorio Swift si è chiarito che l'intensità delle radiazioni UV ha superato di circa 75 volte i valori del 2004, mentre quelle a raggi X di 2-3 volte rispetto ai parametri del 1990.
Gli astronomi sono giunti alla conclusione che a un certo punto tra il 2004 e il 2017 si sia verificata una brusca accelerazione della radiazione ultravioletta emessa dalla sorgente AT 2017bgt. La radiazione è stata accompagnata anche da un aumento più contenuto delle radiazioni a raggi X e visibili.
Inizialmente gli scienziati pensavano di stare osservando ciò che viene definito un evento di distruzione mareale, ovvero la distruzione di una stella che si è avvicinata troppo a un buco nero. Tuttavia, l'analisi dei dati ottenuti ha dimostrato che alcune caratteristiche dello spettro dell'AT 2017bgt non coincidono con quelle che solitamente si osservano nel caso di assorbimento di una stella da parte di un buco nero.
Inoltre, l'evoluzione della curva di luce è stata troppo lenta per un evento del genere e il buco nero molto probabilmente non era completamente a riposo prima dell'evento.
Trakhtenbrot pensa che il suo gruppo sia riuscito a scoprire un nuovo metodo con cui si "alimentano" i buchi neri. Alcune caratteristiche singole dello spettro dell'AT 2017bgt coincidono con le previsioni statistiche di un altro gruppo relativo a buchi neri supermassicci che assorbono gas in rapido movimento. Inoltre, in passato gli astronomi hanno registrato due eventi con caratteristiche simili.
Se l'ipotesi degli scienziati è corretta, l'evento AT 2017bgt si è verificato in seguito all'accelerazione dell'accrescimento della sostanza di un buco nero supermassiccio di massa pari a circa 1,8 x 107 volte quella del Sole. Tuttavia, gli scienziati non sono ancora in grado di spiegare a cosa sia legato questo risveglio.
"Sappiamo che esistono alcuni modi per accelerare la crescita di un buco nero gigante, ma solitamente questi richiedono un periodo di tempo più lungo", osserva Trakhtenbrot. In futuro spera di scoprire altri corpi celesti simili per risolvere il mistero.
L'anno scorso gli astronomi hanno scoperto un buco nero che cresce più velocemente di tutti i buchi neri a noi oggi noti. Ogni due giorni assorbe tanta sostanza quanta ne contiene il Sole.

SI TAVOR - Marco Travaglio


Appena nacque il governo Conte, pubblicammo un collage degli oracoli e oroscopi catastrofisti dei signorini grandi firme sull’Apocalisse prossima ventura. I nostri migliori indovini dicevano sostanzialmente tre cose. 
1) Conte è una pippa, dunque sarà il burattino di Di Maio&Salvini e ci sputtanerà in Europa e nel mondo. 
2) 5Stelle e Lega sono due branchi di incapaci, ignoranti, nemici della scienza e del progresso, non sanno neppure legarsi le scarpe, figurarsi governare un Paese: prepariamoci al disastro. 
3) 5Stelle e Lega hanno vinto perché, da bravi populisti e sovranisti, hanno truffato gli elettori con fake news e promesse che non potranno mai mantenere tenendo i conti in ordine: il reddito di cittadinanza e quota 100 costano rispettivamente 50 o 60 e 20 o 30 miliardi. Quindi o le tradiscono, e allora vengono impiccati sulla pubblica piazza da chi s’è fidato di loro; oppure le mantengono, e allora sfasciano i conti e l’Italia fa bancarotta e viene sbattuta fuori dall’Europa (che poi è il sogno dei giallo-verdi). 
Comunque vada, sarà un disastro. Noi ci permettemmo di osservare che queste fosche previsioni erano forse un tantino eccessive e premature, soprattutto prima di conoscere il premier e di vedere all’opera il governo Salvimaio. Ma, se l’apocalisse non si fosse verificata e i giallo-verdi fossero riusciti a mantenere almeno qualcuno degli impegni presi, quel pregiudizio universale si sarebbe ritorto come un boomerang contro chi l’aveva lanciato e a vantaggio di chi avrebbe dovuto esserne colpito.
Ora, dopo sette mesi, possiamo serenamente constatare che: 
1) Conte conta e sa il fatto suo, in Italia e in Europa, come gli riconoscono a denti stretti anche i suoi più strenui detrattori; 2) gli incapaci, pur con tutti i loro errori, indecenze e gaffe, non sono ancora riusciti a far rimpiangere i capaci di prima, infatti nei sondaggi la maggioranza gode di un consenso unico in Europa mentre le opposizioni continuano a calare; 
3) il reddito di cittadinanza e la quota 100 sulle pensioni, pur con mille limiti, paletti e incognite, sono legge dello Stato, con tanto di coperture e senza procedure d’infrazione né espulsioni dall’Europa. Tant’è che il partito dei pop-corn, che attende in riva al fiume il passaggio dei cadaveri giallo-verdi tifando prima per lo spread, poi per la fucilazione europea, infine per il fallimento delle due riforme-bandiera, è letteralmente ammutolito e punta patriotticamente sulla recessione (che però riguarda tutta Europa, a prescindere dai governi). Non abbiamo titoli per dare consigli alle opposizioni, che riescono benissimo a sbagliare tutto da sole.
Ma, al posto loro, ci faremmo visitare da un bravo psicanalista, o almeno da un esperto di logica. Perché non si può continuare a dire tutto e il contrario di tutto: ci vuole coerenza, anche nelle cazzate. Prendiamo il Tav, perfetta parabola della demenza collettiva. Si dice che i 5Stelle siano nemici della scienza, così Toninelli (No Tav) incarica uno scienziato, il prof. Marco Ponti, di studiare con tre colleghi i costi e i benefici. Salvini (Sì Tav) l’opera la farebbe, ma si atterrà al responso degli esperti. Repubblica e dunque il Pd (o viceversa) accusano Ponti di non essere imparziale perché già in passato si era espresso contro il Tav. Come dire che gli scienziati Pro Vax non sono imparziali perché sono sempre stati Pro Vax. Ponti deposita la relazione, di cui per ora si sa soltanto che è negativa: i costi superano di gran lunga i benefici, dunque il Tav-Torino Lione non s’ha da fare. Il Corriere scopre che nel 2012 Ponti cofirmò un articolo prudentemente pro Tav, dunque chi lo accusa di partigianeria dovrebbe riconoscerne l’imparzialità: invece lo accusa di aver voltato gabbana. A questo punto il Pd e dunque Salvini (o viceversa) invocano un referendum: siccome la scienza dice no, gli amici della scienza decidono che non vale più e i nemici del populismo si affidano al popolo confidando nella disinformazione generale.
Problema: per ora la Costituzione prevede solo il referendum abrogativo, dunque dovrebbe proporlo chi vuole cancellare il Tav, cioè i 5Stelle, che però sono al governo non per fare referendum, ma per deliberare ciò che han promesso agli elettori con leggi e decreti (specie se il contratto con la Lega impegna il governo a “ridiscutere integralmente il progetto”). C’è poi il referendum consultivo, ma solo comunale o regionale, mentre questo sarebbe nazionale (il Tav lo pagano tutti gli italiani, anzi gli europei, mica solo i piemontesi) e richiederebbe una legge costituzionale, che sarebbe pronta fra due anni e che comunque i partiti pro Tav (Pd e FI) non hanno i numeri per approvare. A meno che la Lega voti con loro, facendo cadere il governo. A quel punto il M5S sarebbe libero di indire referendum contro il dl Sicurezza e la illegittima difesa. Dunque non ci sarà nessun referendum. E allora, ecco un’altra ideona: siccome i No Tav contestano soprattutto il buco inutile, inquinante e costosissimo di 57 km attraverso le Alpi, facciamo solo il buco e non la ferrovia per collegarlo a Torino e a Lione, usando la linea vecchia. Purtroppo è già tutto previsto dall’attuale progetto, che i Sì Tav si erano già venduti una volta nel 2015 annunciando un risparmio di 948 milioni. Ora se lo rivendono uguale, ma come nuovo, promettendo un risparmio – mi voglio rovinare, signore! – di 1,7 miliardi (non si sa se aggiuntivi o comprensivi dei 948 milioni). E non spiegano perché non risparmiare direttamente 15-20 miliardi tagliando pure il buco, visto che la vecchia linea già collega Torino a Modane (con treni semivuoti). Un bravo psicanalista spiegherebbe quest’ossessione per il buco con una versione 2.0 dell’invidia del pene: l’invidia dell’ano.

venerdì 18 gennaio 2019

Decreto popolari, chiesto il processo per il broker di Carlo De Benedetti dopo imputazione coatta decisa dal gip.

Decreto popolari, chiesto il processo per il broker di Carlo De Benedetti dopo imputazione coatta decisa dal gip

La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per Gianluca Bolengo che alla vigilia del decreto acquistò 5 milioni di euro di azioni delle banche popolari per conto della Romed di Carlo De Benedetti.  Il 16 gennaio 2015 l'ingegnere ed editore gli disse al telefono di aver saputo da Matteo Renzi che il provvedimento sarebbe passato a breve.

Dopo l’imputazione coatta decisa dal gip la procura di Roma ha chiesto il processo per Gianluca Bolengo, il broker di Intermonte che alla vigilia del decreto diede l’ordine di acquisto per 5 milioni di euro di azioni delle banche popolari per conto della Romed di Carlo De Benedetti, rischia il processo per ostacolo alla vigilanza. Il 16 gennaio 2015 l’ingegnere ed editore gli disse al telefono di aver saputo da Matteo Renzi che il decreto sulle banche popolari sarebbe passato a breve. E quindi Bolengo per conto del cliente investì i soldi: operazione che fece guadagnare a De Benedetti poco più di 600mila euro.
Il gip di Roma Gaspare Sturzo aveva bocciato per la seconda volta la richiesta di archiviazione formulata dal pm nei confronti di Bolengo, suggerendo, indagini anche sugli altri protagonisti della vicenda, che avrebbero mentito davanti ai pm e in Consob. Per il giudice, dall’esame degli atti emergevano “logici elementi convergenti” in merito “consapevolezza di Bolengo di trovarsi dinnanzi all’obbligo di dover comunicare” l’operazione finanziaria “come sospetta alla Consob“.
Secondo il giudice, quanto a “se e come De Benedetti fosse venuto in possesso della informazione ‘price sensitive’, occorre dire che è del tutto irrilevante che quanto gli era stato narrato fosse vero o verosimile, in relazione all’obbligo di segnalazione di operazione sospetta da parte di Bolengo, basata sul ragionevole dubbio che l’operazione Popolari realizzata da Intermonte Sim per Romed spa fosse avvenuta sulla base di notizie riferite da De Benedetti che potevano razionalmente far comprendere a Bolengo, nella sua qualità di esperto uomo di finanza e sulla base di tutti gli altri dati posseduti al momento, come ci fosse la possibilità che la stessa fosse fondata effettivamente su dati provenienti da informazione privilegiata. Del resto – concludeva il giudice – questa analisi sarebbe spettata solo alla Consob”. “Sulle Popolari è andata come aveva detto lei” diceva il broker il 21 gennaio 2015 a De Benedetti. Una frase significativa – come riporta Il Messaggero – di una registrazione non trascritta né da Consob né dalla procura, rilevava il giudice che aveva già chiesto un supplemento di indagine.

giovedì 17 gennaio 2019

Cognato di Renzi, l’organizzazione Operation Usa denuncia i Conticini: l’indagine sui milioni all’Africa va avanti.

Cognato di Renzi, l’organizzazione Operation Usa denuncia i Conticini: l’indagine sui milioni all’Africa va avanti

Secondo l’accusa i fratelli - uno dei quali ha sposato la sorella dell'ex premier - avrebbero dirottato ben 6,6 milioni di circa 10 complessivi ricevuti per aiutare i bambini in Africa, su conti correnti personali usandoli – come ricostruito dagli inquirenti – per investimenti immobiliari all’estero e altre operazioni finanziarie.

L’organizzazione umanitaria Operation Usa ha denunciato per appropriazione indebita Alessandro Conticini. Lo racconta il quotidiano La Verità che spiega come la querela consenta alla procura di Firenze di continuare l’inchiesta su Alessandro, ma anche sui suoi due fratelli coindagati: Andrea e Luca. Il primo è il cognato di Matteo Renzi avendone sposato la sorella. Sono accusati di aver utilizzato a fini personali parte dei fondi versati dalle associazioni umanitarie alla loro Play Therapy Africa.
Secondo la procura di Firenze i fratelli Conticini avrebbero dirottato ben 6,6 milioni di circa 10 complessivi ricevuti per aiutare i bambini in Africa, su conti correnti personali usandoli – come sostengono gli inquirenti – per investimenti immobiliari all’estero e altre operazioni finanziarie. Andrea è accusato di aver prelevato soldi dai conti destinandoli a tre società dell’inner circle renziano: alla Eventi6 dei suoceri (133.900 euro), la Quality Press Italia (129.900 euro) e 4mila euro per la Dot Media di Firenze, che organizzava la Leopolda del fu Rottamatore.

La denuncia dell’ organizzazione no profit di Los Angeles – tramite cui opera la Fondazione Pulitzer – permette ai pm della procura di Firenze di portare avanti l’indagine: almeno per il filone che riguarda i 5,5 milioni di dollari versati dalla Operation Usa  tra il 2009 e il 2016 alla società Play Therapy Africa.  Grazie alla riforma che porta il nome dell’ex ministro della giustizia, Andrea Orlando, infatti, per il reato di appropriazione indebita se la parte lesa non sporge formale denuncia l’intera indagine rischia di concludersi con un nulla di fatto. Il decreto, approvato dal governo Gentiloni, ha modificato la procedibilità di alcuni reati, in particolare i “delitti contro il patrimonio”. Quindi truffa, frode informatica, appropriazione indebita non sono più procedibili d’ufficio ma solamente su querela delle parti offese. E i tre fratelli Andrea, Alessandro e Luca Conticini sono indagati per riciclaggio, mentre soltanto Alessandro e Luca anche per appropriazione indebita aggravata. La loro iscrizione risale al 2016 mentre la norma Orlando è stata approvata alla scadenza dell’ultima legislatura e pubblicata in Gazzetta ufficiale il 24 aprile 2018. Una norma sin da subito ribattezzata “lex ad cognatum” perché Andrea Conticini è il marito di Matilde Renzi, quindi cognato dell’ex premier e segretario del Pd, Matteo Renzi.
La parte lesa più nota, cioè Unicef, non ha ancora sporto denuncia, ma secondo La Verità in procura non hanno perso la speranza visto che non è ancora scaduto il termine dei 3 mesi scattato al momento della notifica della rogatoria di sollecito inviata dai magistrati alla sede di New York . Il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, nel frattempo, è stato denunciato dagli avvocati di Andrea Conticini per aver accostato il nome del loro cliente a quelli dei fratelli, poiché il cognato dell’ex premier “non ha mai ricevuto né beneficiato di alcuna retribuzione né remunerazione da parte di Play Therapy Africa, né di Alessandro Conticini”.

Cartelli tra imprese funebri, 30 arresti a Bologna. Agli infermieri 200 euro a morto.

Si spartivano camere mortuarie di Bologna, sequestrati 13 mln. 

I carabinieri di Bologna hanno smantellato due cartelli di imprese di pompe funebri che controllavano le camere mortuarie dei due principali ospedali cittadini riuscendo in pratica ad avere il monopolio nell'aggiudicazione dei servizi funebri. Sono 30 le misure cautelari e 43 le perquisizioni eseguite da 300 militari che hanno sequestrato un patrimonio di 13 milioni di euro. 
Gli infermieri agganciavano i familiari dei defunti, mettendoli in contatto con i referenti delle varie agenzie di servizi, proponendo quelle più economiche o efficienti. Questi poi fornivano dettagli e indirizzavano i clienti verso gli uffici per le pratiche. Al vertice invece c'erano i rappresentanti di due consorzi, che dividevano i compiti e ridistribuivano le somme guadagnate. E' questa la catena organizzativa ricostruita dai carabinieri del reparto operativo - nucleo investigativo e della Compagnia Bologna Centro, che hanno smantellato un business legato al settore funerario.
"Se dopo anni in camera mortuaria hai ancora dei mutui da pagare significa che non hai capito come funziona". Sono parole di un infermiere, rivolto a un altro indagato, agli atti dell'inchiesta della Procura di Bologna su un presunto business illecito legato al settore funerario. Gli infermieri, secondo le indagini, agganciavano i parenti dei defunti indirizzandoli alle agenzie funebri e venivano compensati con somme tra i 200 e 350 euro a 'lavoro'.
I militari stanno eseguendo un provvedimento emesso dal Gip per 30 persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, corruzione di incaricato di pubblico servizio, riciclaggio e violazioni connesse alla responsabilità amministrativa degli enti. Secondo le indagini i due 'cartelli' controllavano le camere mortuarie dei due principali ospedali cittadini, il Maggiore e il Policlinico Sant'Orsola-Malpighi.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Bologna, hanno consentito di disarticolare una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e riciclaggio. I due cartelli si spartivano i servizi nelle camere mortuarie dell'Ospedale Maggiore e del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, ottenendo di fatto il monopolio nel settore.

Caporalato e sfruttamento, migranti in condizioni disumane a Latina.

Arrestati un sindacalista e un ispettore del lavoro.

Scoperta a Latina un'organizzazione criminale dedita allo sfruttamento del lavoro ed al caporalato ai danni di centinaia di stranieri impiegati in lavori agricoli in "condizioni disumane": costretti a lavorare 12 ore al giorno, a fronte di una retribuzione al di sotto della metà di quella prevista dal contratto nazionale, e all'ubbidienza di regole senza la garanzia dei più elementari diritti. Sei gli arresti. La misura cautelare ha raggiunto, tra gli altri, un sindacalista ed un ispettore del lavoro. I braccianti inoltre erano costretti a iscriversi al sindacato
Tra i sei arrestati due donne che reclutavano e sfruttavano stranieri centrafricani e rumeni, tramite una società cooperativa con sede a Sezze (LT), distribuendo illecitamente la loro manodopera a centinaia di azienda agricole che avevano monopolizzato il settore nelle provincie di Latina, Roma, Frosinone e Viterbo.
L'obbligo di iscrizione al sindacato, dietro la minaccia del licenziamento, veniva fatta affinchè quest'ultimo "percepisse non solo le quote di iscrizione ma anche ulteriori introiti economici connessi alla trattazione delle pratiche finalizzate ad ottenere le indennità di disoccupazione".
I migranti venivano trasportati nei campi a bordo di pulmini sovraffollati, privi dei più elementari sistemi di sicurezza. Il sistema era retto anche grazie alla copertura di esponenti sindacali e dell'Ispettorato del lavoro infedeli. Oltre ai sei arrestati, vi sono ulteriori 50 indagati, tra cui imprenditori agricoli, commercialisti, funzionari ed esponenti del mondo sindacale, che avrebbero dovuto vigilare sulla legalità nel mondo del lavoro e tutelare i lavoratori.
L'indagine ha avuto inizio alla fine del 2017, a seguito dei interventi disposti dal Servizio Centrale Operativo nell'ambito dell'operazione ad alto impatto denominata "Freedom", finalizzata al contrasto del preoccupante fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro. Tali controlli hanno permesso di rilevare la presenza in alcune zone della città, nelle primissime ore della mattinata, di folti gruppi di stranieri in attesa di pulmini per essere trasportati nei campi. 

I poliziotti hanno potuto accertare che i braccianti provenivano anche dai centri di accoglienza straordinaria ed erano in attesa del riconoscimento della protezione internazionale. Le indagini di natura patrimoniale hanno portato al sequestro di 5 abitazioni, 3 depositi, 3 appezzamenti di terreno, 9 autovetture, 36 tra furgoni e camion, 1 società cooperativa, 4 quote societarie e numerosi rapporti bancari, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro.

mercoledì 16 gennaio 2019

Corruzione, arrestati i magistrati Savasta e Nardi. Misura interdittiva per Dagostino, l’ex socio di Tiziano Renzi. - Tiziana Colluto

Corruzione, arrestati i magistrati Savasta e Nardi. Misura interdittiva per Dagostino, l’ex socio di Tiziano Renzi

Il giudice del Tribunale di Roma e il suo collega pm nella Capitale sono in carcere con l'accusa di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso per fatti commessi tra il 2014 e il 2018 quando erano in servizio a Trani. La procura di Lecce ha ricostruito i flussi di denaro: Savasta avrebbe intascato quasi mezzo milione di euro, Nardi un qualcosa come 1.300.000 euro. Coinvolto anche l'imprenditore: secondo i magistrati di Lecce, Savasta lo avrebbe favorito evitando di fare "i dovuti approfondimenti sul suo conto" in cambio di denaro.

Soldi, diamanti, Rolex, viaggi a Dubai, auto e pure la ristrutturazione di una casa. Per questo i due magistrati Antonio Savasta e Michele Nardi, con l’intermediazione di alcuni avvocati, aggiustavano i processi a carico di facoltosi imprenditori baresi e toscani, tra cui Luigi Dagostinore degli outlet ed ex socio di Tiziano Renzi e Laura Bovoli. È il “programma criminoso” emerso dall’inchiesta coordinata dai pm Leonardo Leone de Castris e Roberta Licci che conta in totale18 indagati. I due magistrati sono ora in carcere, arrestati su richiesta della procura di Lecce che ha ricostruito i flussi di denaro: Savasta avrebbe intascato quasi mezzo milione di euro, Nardi un qualcosa come 1.300.000 euro. Associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso sono le accuse di cui rispondono. I fatti contestati vanno dal 2014 al 2018, ma per i pm ce ne sono altri documentati fino a dieci anni fa, ormai prescritti. I due magistrati erano in servizio a Trani in quel periodo. Ora Savasta è giudice del Tribunale di Roma, mentre Nardi è pm a Roma ed in precedenza gip a Trani e magistrato all’ispettorato del ministero della Giustizia. Per loro il gip Giovanni Gallo ha disposto la misura cautelare più restrittiva, per un motivo ben preciso: era in corso un “gravissimo, documentato e attuale rischio di inquinamento probatorio”, ha spiegato il procuratore capo De Castris.
Il ruolo di Dagostino – Nell’inchiesta, con un ruolo più marginale, è coinvolto anche l’imprenditore Dagostino, socio di Tiziano Renzi e della moglie nella società Party Srl, chiusa dopo due anni a causa – dissero in una nota i diretti interessati – “di una campagna di stampa avversa”. Dagostino era stato arrestato nel giugno scorso a Firenze e la Procura toscana ha poi trasferito una parte del fascicolo a Lecce, competente sui magistrati del distretto di Corte d’Appello di Bari: l’imprenditore, di origini barlettane, era stato indagato a Trani da Savasta per false fatturazioni relative alle sue imprese.. L’allora pm, secondo l’accusa dei magistrati salentini, lo avrebbe favorito evitando di fare “i dovuti approfondimenti sul suo conto” in cambio di denaro: tangenti, scrive il gip nell’ordinanza, da 20mila 25mila euro. Per Dagostino, per cui i pm avevano chiesto i domiciliari, è stato disposto il divieto temporaneo di esercizio dell’attività imprenditoriale e di esercizio degli uffici direttivi per un anno.
I capi d’imputazione – Oltre ai due magistrati, è stato arrestato e condotto in carcere anche l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, in servizio al commissariato di Corato (Bari). Sono stati interdetti dalla professione per un anno invece gli avvocati Simona Cuomo, del Foro di Bari, e Ruggiero Sfrecola, del Foro di Trani. Nardi, Savasta, Di Chiaro e Cuomo rispondono di associazione per delinquere finalizzata ad una serie di delitti contro la pubblica amministrazione, corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e materiale. Gli altri indagati, 14 in totale esclusi i già citati, sono accusati, a vario titolo, di millantato credito, calunnia e corruzione in atti giudiziari. In particolare Dagostino e Sfrecola sono accusati di corruzione in atti giudiziari.
L’origine dell’inchiesta – L’intera inchiesta ha avuto origine da una serie di attentati dinamitardi avvenuti nel 2015 a Canosa di Puglia, ai danni di un discount, finito nel mirino del clan Piarulli-Ferraro di Cerignola. Così si è scoperchiato il vaso di Pandora da cui è emerso quello che appare come un “programma criminoso indeterminato nel tempo che, attraverso il costante ricorso alla corruzione di pubblici ufficiali, assicurava favori nei confronti di facoltosi imprenditori”. I due magistrati “avrebbero garantito positivi esiti processuali” nelle vicende giudiziarie in cui erano coinvolti gli imprenditori, “in cambio di ingenti somme di denaro e in alcuni casi di altre utilità tra cui anche gioielli e pietre preziose”.
Viaggi, rolex e diamanti – Il magistrato Nardi in particolare, come emerge dall’ordinanza di custodia cautelare, ha ricevuto dell’imprenditore indagato Flavio D’Introno un viaggio a Dubaida 10mila euro, quindi la ristrutturazione di una casa a Roma costata, tra pavimentazione e pitturazione, circa 120/130mila euro. Il tutto, ricostruiscono i pm, “sia quale prezzo della propria mediazione che con il pretesto di dover comprare il favore dei giudici” in un processo presso il Tribunale di Trani in cui D’Introno era imputato e al termine del quale venne comunque condannato. Nardi ricevette poi da D’Introno anche somme di denaro e un orologio Rolex Daytona, per cercare di aggiustare il successivo processo d’Appello. Da ultimo, due diamanti da un carato ciascuno dal valore di 27mila euro per intervenire sul giudizio di Cassazione dopo che la Corte di secondo grado di Bari aveva comunque condannato D’Introno a cinque anni e nove mesi.
Le “tangenti” di Dagostino – Come emerge sempre dall’ordinanza, le indagini hanno provato una serie di versamenti di denaro effettuati, ad esempio, da Dagostino all’avvocato Ruggiero Sfrecola, somme “(almeno in gran parte) dirette a remunerare i favori effettuati dal Savasta nell’interesse” dell’imprenditore: 20mila euro in contanti l’8 maggio 2015; altri 25mila euro tredici giorni dopo; ulteriori 4.500 e 3.500 euro tra gennaio e febbraio 2016. “Proprio nei giorni (precedenti o successivi) a quelli in cui il Dagostino” consegnava all’avvocato Sfrecola le somme – annotano i magistrati – “il pm Savasta compiva le attività in favore di Dagostino”.
I sequestri – Il gip Giovanni Gallo ha anche disposto il sequestro preventivo nei confronti degli indagati di beni che superano complessivamente i due milioni di euro di valore. In particolare, al magistrato Michele Nardi sono stati sequestrati beni per 672mila euro tra cui un orologio Daytona Rolex d’oro e diamanti, all’altro magistrato Antonio Savasta sono stati sequestrati beni per quasi 490mila euro. Altri 436mila sono stati sequestrati rispettivamente al poliziotto Vincenzo Di Chiaro e all’avvocata barese Simona Cuomo. All’imprenditore fiorentino Dagostino e all’avvocato Ruggiero Sfrecola altri 53mila euro.
Hanno collaborato Rosanna Volpe e Daniele Fiori