martedì 9 giugno 2020

Riciclaggio, Finanza perquisisce casa di Irene Pivetti.

Riciclaggio, Finanza perquisisce casa di Irene Pivetti

La Guardia di finanza di Milano ha eseguito una perquisizione a casa di Irene Pivetti nell'ambito di un'inchiesta per riciclaggio portata avanti da tempo, ma nel massimo riserbo, dalla procura meneghina. Da quanto si apprende sono stati acquisiti documenti e materiale informativo.

Gli uomini della Guardia di finanza del Nucleo di Milano hanno bussato alla porta dell'ex presidente della Camera, in zona Porta Venezia, stamattina per cercare documenti a supporto dell'indagine condotta in procura. Si tratta, da quanto si apprende, di un'inchiesta avviata da tempo e non legata al caso delle mascherine importate dalla Cina che hanno visto la Pivetti al centro della cronaca recente.

Ucciso a colpi pistola, trovato legato e imbavagliato.

 © ANSA

Un consulente finanziario sessantenne è stato ucciso nel Torinese. Poco prima della mezzanotte i carabinieri lo hanno trovato nella sua auto, una Bmw, imbavagliato e con le mani legate, sulla collina di Moncalieri. Dai primi rilievi dei militari della Sezione Investigazioni Scientifiche del Nucleo investigativo del Comando provinciale, l'uomo è stato ucciso con 5 colpi di arma da fuoco calibro 6.35 alla tempia sinistra.
La vittima, Luciano Ollino, si era allontanata dalla sua abitazione nel pomeriggio di ieri.
La Bmw di colore bianco era parcheggiata lungo una traversa sterrata di strada Comunale da San Vito, a Revigliasco. A dare l'allarme era stata una delle figlie, che non vedendo il padre rientrare a casa ha avvisato i carabinieri. L'uomo era residente a Moncalieri. Le modalità in cui è stato ucciso Ollino fanno pensare ad una esecuzione. Al momento nessuna pista viene esclusa.

Operazione contro la camorra, arrestati tre fratelli del senatore Cesaro.

Un'operazione dei carabinieri in un'immagine d'archivio ©
Un'operazione dei carabinieri in un'immagine d'archivio.

Colpiti i clan "Puca", "Verde" e "Ranucci", sequestrati beni per 80 milioni di euro.

I carabinieri del Ros stanno hanno eseguito una misura cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Procura distrettuale, a carico di 59 indagati accusati di numerosi reati, tra i quali associazione mafiosa, concorso esterno, corruzione elettorale, estorsione e turbata libertà degli incanti.
L'operazione colpisce i clan "Puca", "Verde" e "Ranucci" operanti a Sant'antimo (Napoli) e comuni limitrofi, svelando - secondo gli investigatori - una fitta rete di 'cointeressenze' sia in ambito politico sia imprenditoriale.
Il gip di Napoli Maria Luisa Miranda, che ha firmato le misure cautelari, si è riservato di prendere una decisione in relazione alla posizione del senatore Luigi Cesaro, "all'esito - si legge nell'ordinanza - dell'eventuale autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni, ritenute rilevanti, secondo la procedura che verrà attivata da questo ufficio".
Nell'ambito dell'operazione dei Ros sono stati arrestati anche i tre fratelli del senatore di Forza Italia Luigi Cesaro. Nei confronti di Antimo Cesaro il gip di Napoli ha emesso un provvedimento cautelare in carcere. Ai domiciliari invece gli altri due fratelli, Aniello e Raffaele. L'accusa contestata è di concorso esterno in associazione mafiosa. Tra i destinatari delle misure cautelari figurano anche diversi elementi di spicco della criminalità organizzata.
Contestualmente è in fase di notifica anche un sequestro di beni per un valore di oltre 80 milioni di euro.

I due cazzari e donna Giorgia tra contagi, ponti e Pap Test. - Andrea Scanzi

I due cazzari e donna Giorgia tra contagi, ponti e Pap Test

Negli ultimi mesi Salvini, Meloni e Renzi hanno partecipato a un’avvincente gara a chi la sparasse più grossa. Analizziamo ora per sommi capi il loro talento nel trasformarsi talora politicamente, e con rispetto parlando, in mitologici trimoni a vento.
Il Cazzaro Verde
– Propone di aprire le chiese e fare andare a Messa gli italiani quando la fase 1 è in pieno atto. E i virologi lo inseguono armati di badile.
– Prima parla del “porto di Madrid”, poi posta una foto (ma lui parla di manipolazione) in cui confonde il Vesuvio con l’Etna. Quindi invade la Polonia. Marciando però su Bengasi.
– Allude a un mitologico “foglio” attraverso il quale in Svizzera, se lo compili, ti danno sull’unghia centinaia di migliaia di euro. Ha ragione: quel “foglio” esiste. Non solo: ti regalano anche una stecca di Lindt, tre Rolex e due etti di Emmenthal. Tagliato a mano.
– Riparla di condoni fiscali e straparla di “bot di guerra”.
– Dice in piena fase 1 a El Paìs che il governo Conte è meno che impresentabile, ribadendo quel suo altissimo senso per le istituzioni.
– Parlando da solo, cioè con Porro, dice che l’Italia dovrebbe prendere esempio da Fontana e Gallera. E il bello è che è serio.
– Ripete che la Regione Lombardia non poteva fare la zona rossa nella bassa Val Seriana, dimenticandosi la legge del 1978 sull’Istituzione del Sistema Sanitario Nazionale che lo rende possibile eccome (come dimostrano tutte quelle regioni, per esempio Emilia Romagna e Campania, che infatti le hanno fatte).
– Si mette a fare selfie, stringere mani e prendere in mano smartphone altrui, ovviamente con mascherina abbassata, durante la scellerata adunanza del 2 giugno a Roma.
– Fa la solita cagnara sui migranti, prendendo a pretesto la proposta Bellanova.
– Attacca Bonafede in merito ai criminali (momentaneamente e colpevolmente) liberati sotto la fase 1, quando il ministro della Giustizia non c’entra una mazza.
– Pur di attaccare il governo, finge di difendere Nino Di Matteo. Un magistrato che, fosse stato per larga parte del centrodestra, a quest’ora non farebbe il magistrato.
– Dà lezioni a Conte sulla “sburocratizzazione”, dimenticandosi che la Lega è stata al governo undici anni senza fare in merito nulla, a parte il sobrio Calderoli che – quando era ministro delle Semplificazioni – diede fuoco col lanciafiamme a due o tre fogli comprati il minuto prima in una cartoleria di Calolziocorte.
– Attacca a prescindere il presidente del Consiglio, dimostrando di non avere ancora metabolizzato le esilaranti tortoiate prese da Conte in Parlamento l’estate scorsa.
– Cambia idea su tutto, nella speranza recondita di avere ragione – ogni tanto – anche solo per la nota teoria del caos. Eccetera.
Donna Giorgia
– Afferma che il Pap Test serve per prevenire il cancro al seno. Poi, se non altro, si scusa: era solo una gaffe. (Nel frattempo, La Russa affronta una gastroscopia per curarsi una carie).
– Rivela che i regolarizzati di oggi (quelli della Bellanova) chiederanno il Rdc, non sapendo – come ricorda Leonardo Cecchi – che per averlo bisogna essere residenti da dieci anni in Italia.
– Sostiene che i decreti-legge sono “fonti giuridiche secondarie”, quando in realtà sono “primarie”.
– Parla di “derrate alimentari”, immagine già desueta ai tempi del Foscolo.
– Suggerisce che chiunque abbia bisogno di soldi debba riceverli seduta stante tramite un semplice “click”. E se poi quel bisognoso si rivelerà un truffatore, pazienza: lo si appurerà dopo, perché “ora non c’è tempo da perdere”. Tanto i soldi crescono sugli alberi.
– Grida al complotto affermando che il governo sta “sospendendo la Costituzione”, venendo demolita dal Subcomandante Zagrebelsky.
– Accusa di deriva dittatoriale Conte, quando lei adora Orbán e in Europa è alleata con quelli che, se potessero, i soldi del Recovery Fund non ce li darebbero mai.
– Organizza un monumentale assembramento il 2 giugno con Salvini e Tajani, e il giorno dopo non solo non chiede scusa, ma se la prende con la Digos che ipotizza di multarli. Evidentemente, dopo una baracconata simile, pensava pure di ricevere un premio.
– Definisce se stessa e Salvini “sgraditi al regime”, che sarebbe stato quasi come se Mussolini si fosse definito “vessato oltremodo da Matteotti”.
– Sostiene (come Salvini) che il governo ha “firmato” il Mes, dimenticandosi che è stato firmato da Monti dopo lo sdoganamento del governo Berlusconi IV (appoggiato da Salvini e in cui Meloni stessa era ministro).
– In tivù definisce “criminale” Conte, salvo poi correggersi parzialmente (“atteggiamento criminale”).
– Suggerisce, dopo il caso Silvia Romano, di andare a stanare i terroristi islamici “buca per buca”, lasciando intendere di essere rimasta ai tempi dell’Abissinia. Perlomeno col cuore. Eccetera.
Il cazzaro rosè
– In piena fase 1, propone di riaprire le scuole a maggio e prim’ancora le fabbriche. La sparata, rilasciata all’Avvenire, è così enorme che nemmeno Burioni riesce a ridimensionarla.
– Prima parla di governissimo, poi dice che non è vero, poi sì, poi ni, poi no. Quindi, come sempre, si rifugia nell’ennesimo penultimatum.
– Crolla nei consensi, ma continua a tirarsela neanche fosse Churchill.
– Attacca la magistratura straparlando di Tangentopoli, giusto per omaggiare una volta di più il suo padre putativo Berlusconi.
– Sempre per omaggiare Berlusconi, riparla del Ponte sullo Stretto. E ovviamente Salvini, che è l’altra faccia della sua medaglia, gli dà ragione.
– Arriva a sostenere, al Senato, che se i morti di Bergamo e Brescia potessero parlare ci direbbero di riaprire.
– In un intervento mitologico alla Cnn, consiglia al mondo di non ripetere gli stessi errori commessi dall’Italia. Quell’Italia in cui (purtroppo) lui è al governo.
– Col suo mirabile inglese-Shish, dichiara solennemente (testuale) che “So Sciaina wos the forst cauntri was the solve problem and president si gin pink wok block with the chainiiiiis uei”. A quel punto l’intervistatore va in analisi. E per la cronaca non è ancora uscito. Eccetera.

LE CHIACCHIERE INSOPPORTABILI IN TEMPI INCERTI. - Antonio Padellaro - ILFQ - 9 giugno

Cosimo Massaro: FACCIAMO PRESTO! LA GENTE HA FAME, SERVONO SOLDI

Qualcuno ha scritto che l’incertezza è il rifugio della speranza, e in tempi quanto mai incerti (e confusi) mi aggrappo (ci aggrappiamo) alla speranza del decreto Semplificazioni. Perché è davvero arduo, gentile presidente del Consiglio, leggere che più di un milione di lavoratori sono ancora in attesa dell’assegno (quasi sempre magro) della cassa integrazione. O dei prestiti garantiti dallo Stato che sono ancora un quarto rispetto alle domande presentate. O del piano di ripartenza dei cantieri, da velocizzare evitando abusi e infiltrazioni criminali. Se, come assicura il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, entro venerdì la Cig sarà liquidata a tutti sarebbe una grande notizia: anzi la “no - t i z i a”. Perché c’è qualcosa di insopportabile nella chiacchiera, a tratti imbecille, su stati generali, partitini di Conte, maldipancia pidini, sbronze salviniane e pappalardi vari, mentre c’è un Paese che sopravvive e a cui manca il respiro nell’attesa dell’autunno che sarà. Con l’attenuarsi del Covid-19 avevamo avanzato la modestissima proposta di un bilancio settimanale, in diretta tv sui numeri aggiornati della ripresa: su ciò che è stato fatto, su ciò che manca e su ciò che sarà fatto. Un ministro, o chi per lui, delegato a spiegare progressi e ritardi dell’annunciata ricostruzione in un civile confronto con l’informazione. Temiamo di non aver detto una castroneria, e di non vivere nel mondo della favole poiché quelle stesse notizie le ritroviamo in ordine sparso sulla stampa, spesso deformate da prevenzione e faziosità, il che non fa che accrescere il senso di smarrimento. Per chi scrive, la semplificazione delle norme e il disboscamento della burocrazia rappresentano, insieme alla lotta all’evasione fiscale e al prossimo scudetto della Roma, i traguardi impossibili di una vita. Calderoli con il lanciafiamme che incenerisce cataste di leggi fu un incubo terrificante. Adesso tocca a lei presidente Conte: ci faccia sognare. 

Il Fatto Quotidiano del 9 giugno.

Casa Fontana. - Marco Travaglio

Roberta Dini: chi è la moglie di Attilio Fontana, il governatore ...
Senza offesa per Sandra & Raimondo, dobbiamo confessare che i primi episodi della sit-com Casa Fontana fanno quasi più ridere di Casa Vianello. E rischiano di oscurare le gag dell’altro astro nascente del cabaret milanese: Giulio Gallera. Sulla fornitura di camici, calzari e copricapi medicali affidata il 16 aprile dall’agenzia regionale Aria Spa a Dama Spa (azienda controllata dal cognato e partecipata dalla moglie del presidente della Regione) per 513 mila euro e tramutata in donazione solo il 22 maggio (quando già Report indagava), con storno delle fatture già emesse, sono uscite in 48 ore una mezza dozzina di versioni ufficiali che si contraddicono l’una con l’altra. E stridono con i documenti scoperti da Report, usciti sul Fatto e mai smentiti da alcuno. Ma soprattutto trasformano Casa Fontana in una sceneggiatura con finali multipli, come Parasite, Black Mirror: Bandersnatch e Signori, il delitto è servito.
Versione 1. Nota ufficiale del portavoce di Fontana, interpellato da Report: “Della vicenda il presidente non era a conoscenza…”. Milano, 16 aprile 2020, interno giorno. Il presidente lumbard rincasa e trova la moglie Roberta Dini che parla al telefono col di lei fratello Andrea Dini della fornitura da 513 mila euro appena affidata alla loro azienda dalla Regione presieduta dal marito e cognato. Ma l’Attilio non fa caso a quel che dicono, preso com’è dallo sdegno per quella presenza indesiderata. La donna protesta di essere sua moglie, fra l’altro la seconda, da un pezzo. Ma lui non ammette repliche. “Mai avuto mogli, né dunque cognati. Fuori da casa mia o la denuncio per violazione di domicilio!”.
Versione 2. Nota ufficiale del portavoce di Fontana: “…Sapeva che diverse aziende, fra cui Dama Spa, avevano dato disponibilità a collaborare con la Regione per reperire con urgenza… mascherine e camici per strutture sanitarie”. Milano, palazzo della Regione, interno sera. Fontana (che non sa, ma sa) ringrazia Dama Spa per la disponibilità a collaborare con la Regione, ma non sa che Dama Spa è dei fratelli Dini; o, in alternativa, ignora che i fratelli Dini siano suo cognato e sua moglie. Infatti non avverte né loro, né Dama Spa né Aria Spa di fare tutto gratis, per non incappare in un mega-conflitto d’interessi che gli costerebbe la faccia. O, in alternativa, complice quella maledetta mascherina, non sa di avere una faccia.
Versione 3. Dichiarazione di Andrea Dini a Report: “Effettivamente… i miei… quando non ero in azienda durante il Covid… chi se ne è occupato ha male interpretato. Ma poi me ne sono accorto e ho subito rettificato tutto perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione”.
Varese, 30 aprile, Dama Spa, colosso italo-svizzero della moda titolare del marchio Paul&Shark, interno giorno. La donna delle pulizie, che durante il lockdown sostituisce il Ceo Andrea Dini (in giro non si sa dove né perché) e due settimane prima ha siglato con l’agenzia regionale Aria Spa il contratto da mezzo milione, riceve una telefonata dal principale. Che le ricorda di non emettere fattura, perché è una donazione. Ma la linea è disturbata, così la donna capisce di dover emettere una fattura da 513 mila euro. Quando poi il 22 maggio il Ceo lo scopre, parte il cazziatone: “Ma ti pare che mi faccio pagare per queste cose? Fai subito una nota di credito”. E lei: “Ma per trasformare una vendita in un regalo non dovremmo consultare il Cda e la proprietà in Svizzera? E che dirà il collegio sindacale? Siamo una Spa…”. E lui: “Ma che ne sai te delle Spa… Fai come ti dico. Storna la fattura”. E lei: “Guardi che i 513 mila euro sono scritti nell’ordinativo che abbiamo concordato con Aria, infatti quelli dicono che ci pagano fino all’ultimo euro!”. E lui: “Digli che se insistono a pagarmi, mi offendo! Vatti a fidare delle donne delle pulizie…”.
Versione 4. Ricostruzione di Alessandro Sallusti sul Giornale: “Un’azienda, nel pieno dell’emergenza Covid, dona oltre 350mila euro di materiale sanitario agli ospedali lombardi e finisce nel tritacarne degli odiatori mediatici. La colpa? Essere parenti del presidente Fontana. A quelli di Report e ai loro cugini del Fatto Quotidiano la Lombardia proprio non va giù… La moglie del governatore – per mere questioni familiari – è socia al 10% dell’azienda… La Regione fatturò come da procedura, ma la fattura venne ‘stornata’, cioè respinta perché, come da accordi, si trattava di donazione… Ma, invece degli applausi, piovono sospetti e fango… un’autentica porcata… spazzatura… danza sui morti”. Milano, Aria Spa, interno giorno. Arriva una chiamata del Dini che offre in dono materiali sanitari per 350mila euro, ma per i soliti problemi di campo i dirigenti regionali capiscono fornitura per 513 mila euro. E compilano l’affidamento diretto con fatture a 15 giorni e pagamenti a 60, senz’avvertire Fontana né come presidente, né come marito, né come cognato. Quindi la donna delle pulizie è innocente: è tutta colpa dell’agenzia regionale. Infatti, appena lo scopre grazie al Fatto, Fontana non ringrazia: anzi ci querela e diffida Report.
Versione 5. È la prossima scena: Gallera, vedendosi scavalcato da Fontana e pensando di far cosa gradita, posta un video in cui spiega l’affaire dei camici col suo infallibile modello matematico: “Con l’Rt a 0,50, per avere un camice gratis bisogna comprarne almeno due!”.

Camici, inchiesta aperta a Milano. A Como arriva un’altra denuncia. - Gianni Barbacetto e Davide Milosa

Camici, inchiesta aperta a Milano. A Como arriva un’altra denuncia

La Procura di Milano ha un fascicolo aperto sulla fornitura di camici e altro materiale sanitario offerti alla Regione Lombardia dalla Dama spa, l’azienda controllata da Andrea Dini e da sua sorella Roberta, moglie del presidente lombardo Attilio Fontana.
Giornata pesante, quella di ieri, per il presidente, che in mattinata ha visto il Tar annullare l’accordo della Regione con Diasorin sui test sierologici. Poi il Fatto ha dato notizia dell’indagine sui camici: un fascicolo per ora a modello 45, senza indagati e ipotesi di reato. Riguarda la fornitura ad affidamento diretto, che la Regione accetta ad aprile 2020, di materiale sanitario per 513 mila euro, che Dama spa ha fatturato in data 30 aprile.
La vicenda è stata raccontata domenica dal Fatto Quotidiano, anticipando una inchiesta giornalistica di Giorgio Mottola andata in onda ieri sera nel programma Report di Rai3.
Fontana ha passato la giornata di ieri a difendersi, sostenendo che si è trattato non di una fornitura commerciale, ma di una donazione. “Non c’è stato alcun equivoco. Sono stati comprati tutti i camici di tutti quelli che li producevano perché ne avevamo bisogno. Da parte dell’azienda di mio cognato i camici sono stati donati. Quindi non c’è alcun problema”.
Eppure l’affidamento diretto a una azienda controllata dalla moglie e dal cognato del presidente della Regione configura un imbarazzante conflitto d’interessi. Potrebbe in astratto comportare anche un’ipotesi d’accusa di abuso d’ufficio, ma la Procura milanese, in attesa di compiere accertamenti, ha aperto soltanto un fascicolo a modello 45, cioè senza indagati né ipotesi di reato. All’ufficio diretto dal procuratore Francesco Greco era arrivata nelle scorse settimane una segnalazione proveniente dall’interno di Aria, la centrale acquisti della Regione Lombardia. Una segnalazione da Aria risulta sia arrivata anche alla Procura di Como.
Dama spa compare regolarmente nell’elenco fornitori della società regionale Aria. Ma a differenza di altre aziende fornitrici, non ha sottoscritto il “patto d’integrità” del 2019, che comprende anche la dichiarazione di assenza di conflitti d’interesse. Così, in piena emergenza Covid, l’azienda aveva potuto presentare un’offerta commerciale alla Regione per la fornitura di camici, copricapi e calzari sanitari. Aria aveva accettato l’offerta, firmato l’ordine di fornitura il 16 aprile e il 30 aprile aveva ricevuto una regolare fattura, con pagamento previsto a 60 giorni.
Soltanto il 22 maggio (dopo che il giornalista di Report aveva chiesto spiegazioni a Dini e Fontana) erano cominciate ad arrivare in Regione note di storno di Dama spa che annullavano le richieste di pagamento. Ma le donazioni prevedono tutt’altra procedura, spiega uno specialista, l’avvocato Mauro Mezzetti: “Intanto non basta la decisione del solo rappresentante legale: è necessaria una decisione del consiglio d’amministrazione di cui deve essere informato il collegio sindacale, perché sia garantito che la donazione non danneggia l’azienda donatrice. Poi, se non si tratta di una donazione di beni di modico valore (e mezzo milione di euro non mi pare sia un valore modico)”, continua l’avvocato Mezzetti, “ci vuole un atto notarile, sottoscritto con la presenza di due testimoni e la redazione di una nota firmata da chi dona, da chi riceve e dal notaio”. Non solo: “L’atto di donazione va registrato entro venti giorni – conclude Mezzetti – altrimenti scattano sanzioni, perché le donazioni sono sottoposte a un’imposta dell’8 per cento, con pene pecuniarie per chi non paga”.