sabato 31 ottobre 2020

Apocalypse Now. Il despota conte e gli indisposti. - Antonio Padellaro

 

Fermate gli orologi, tagliate i fili del telefono e regalate un osso al cane, alleluja alleluja la popolarità di Giuseppi collassa di dieci punti e che nessuno osi turbare l’annuncio di una scintillante epifania. Che crac, che rovescio, che tracollo e anche se, a dirla tutta egli è ancora e pur sempre il leader più gradito (orrore), lasciate che gli aerei volteggino nel cielo e scrivano la lieta novella. Si cacci ordunque l’usurpatore da Palazzo Chigi, che sia ricondotto tra le oscure pandette cui fu sottratto dall’infausto, per il Paese, destino a cinque stelle. Disarcionato il premier tiranno, che si proceda a inviare i più titolati ambasciatori nel maniero umbro di Mario Draghi (Draghi! Draghi!) per deporre ai suoi piedi la sacra corona virus. Un momento però: siamo proprio sicuri che informatosi della crescita esponenziale dei contagi, delle faide tra i virologi, dell’anarchia regionale, degli incombenti lockdown (per citare soltanto l’ordinaria amministrazione), l’Eletto (ma non ancora eletto) sia colto da voluttà di masochismo? E decida di inabissarsi nell’apocalypse now delle rivolte di piazza, del giornalismo tre palle un soldo, dell’allucinato mondo popolato dai Fontana, Gallera e De Luca? Non è che adducendo improvvisa indisposizione farà perdere le tracce mentre le sue ultime parole (fossi matto) si perderanno nel vento? Che si interpelli senza indugio Giorgia Meloni, l’unico uomo forte dell’opposizione e a lei si affidi il compito di restituire all’Italia l’antico splendore, più bella e più superba che pria (Bene! Brava!). Come dite? Purtroppo ella già comunicò di essere, al momento, riluttante. Pronta, s’intende, alla pugna elettorale ma solo quando l’emergenza se la sarà cuccata l’odiato premier, raschiando fino in fondo il barile della pandemia.

E l’unità nazionale allora? E le larghe intese? E i comitati di salute pubblica? Suvvia, che s’interpelli il sempre probo e leale Renzi. E l’ardimentoso Zingaretti. Dove si trovano? Intenti a fornicare con disgustosi rimpasti, voi sostenete? Si dovrà insomma ricorrere ancora ai maneggi del despota di Volturara Appula? Del resto, quale dissennato vorrebbe in questo momento essere al suo posto, per giunta tormentato dai profeti del giorno dopo? Non a caso il mitico Mannelli ce lo mostra mentre arringa le folle in subbuglio, con il fervido auspicio: andate pure liberamente affanculo. Ma per fortuna è solo una vignetta.

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Il misirizzi. - Marco Travaglio

 

L’altra sera, in un talk show, un piccolo misirizzi in evidente stato confusionale, il cui curriculum sfugge ai più, dava lezioni di giornalismo indipendente ad Antonio Padellaro. E, per l’angolo del buonumore, potrebbe bastare così. Poi però, siccome Antonio gli chiedeva pazientemente lumi su alcuni suoi delirii (“Manca un discorso di verità sul perché e il percome e il disegno complessivo!”, “Al governo ci vogliono persone adeguate!”, “Ad abbattere Conte ci penserà il virus!” e ovviamente “Serve il Mes! Il Mes! Il Mes!”), il pover’ometto elencava le terapie intensive non attivate, le poche assunzioni di medici e infermieri, i drive in fuori dagli ospedali: cioè tutte scelte delle Regioni, visto che la sanità in Italia purtroppo è regionale, mentre il governo ha stanziato 8 miliardi per gli ospedali (mai spesi dalle Regioni) e il commissario Arcuri ha acquistato 5mila ventilatori per raddoppiare i posti letto di terapia intensiva, di cui 1445 consegnati e non attivati dalle Regioni e altri 1849 rimasti nei suoi magazzini perché nessuna di esse glieli ha ancora chiesti.

Padellaro faceva sommessamente notare che attualmente il nostro problema è abbattere il virus, non Conte. Ma il misirizzi, non conoscendo la parola “Regioni”, tentava la fuga buttandola in caciara: “Sono sicuro che, se ci stava Salvini (sic, ndr), saresti stato molto meno generoso”. Non sospettando che, “se ci stava Salvini”, nei giorni pari chiuderebbe tutto e nei dispari riaprirebbe tutto, cioè avremmo il decuplo dei contagi e dei morti, come i Paesi sgovernati dagli spiriti-guida di Salvini. A quel punto, palla in tribuna: “Il tuo giornale è un capolavoro di doppia morale e doppio standard, impegnato a bastonare chi è critico al governo (ri-sic, ndr)”, “Io sono di sinistra, ho una storia di sinistra, scrivo cose di sinistra e non accetto che la patente di sinistra me la dia il tuo giornale che per combattere il fascismo usa i metodi da bastonatori nei confronti di chi non la pensa come loro (ri-ri-sic, ndr)”. Cioè: il Fatto è fascista e lui è il capo della Resistenza. Infatti va in giro per telepollai a ripetere “Covid governo ladro” (tra poco chiederà le dimissioni o il rimpasto pure alla Merkel, a Macron, a Sánchez e ai capi di Stato del resto del mondo che sta nella merda come o più dell’Italia), mentre noi riteniamo che Conte e il suo governo siano meglio di quelli che li hanno preceduti negli ultimi vent’anni (almeno), ma soprattutto di quelli che verrebbero dopo. Se fosse un altro, partirebbe immediata la querela, peraltro vinta in partenza. Ma, trattandosi di questo poveretto, sarebbe fatica sprecata: verrebbe subito archiviato per manifesta incapacità di intendere e volere.

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venerdì 30 ottobre 2020

Vitalizio, Minzolini si riprende il malloppo. - Ilaria Proietti

 

L’ex azzurro vince il ricorso: ha diritto all’assegno anche se non terminò la legislatura.

Comunque vada sarà un successo. E fin d’ora, anche se dovesse concludersi in anticipo la legislatura, i senatori potranno incassare il loro vitalizio. In barba alla regola fin qui in vigore (e assai indigesta per la casta degli eletti), in base alla quale sono necessari almeno 4 anni, 6 mesi e un giorno per ottenerlo. Adesso basteranno appena 12 mesi.

Lo ha deciso il Consiglio di Garanzia, organo di giustizia interna di Palazzo Madama, pronunciandosi sul caso di Augusto Minzolini tornato oggi a fare il giornalista dopo essere sceso in campo con Forza Italia nella scorsa legislatura. Che per lui si era conclusa anticipatamente nel 2017 con le dimissioni a causa della condanna per peculato. Ossia l’uso delle carte di credito che gli aveva messo a disposizione Mamma Rai, quando faceva il direttore del Tg1. Dimissioni che gli avevano impedito di terminare la legislatura, con tanti saluti ai contributi nel frattempo versati a fini previdenziali.

Ora però riscattando i mesi che gli mancano potrà godere del vitalizio. Lui come tutti gli altri che avranno trascorso al Senato un tempo apprezzabile quantificato in appena un anno per ottenere un assegno a vita. Ovviamente anche gli ex deputati sperano nella stessa manna e forse non rimarranno delusi: in primo grado l’analogo organismo di giustizia interna di Montecitorio ha accordato la medesima possibilità ai cosiddetti subentranti, i fortunatissimi che hanno spuntato l’elezione anche se a legislatura iniziata. Prendendo spunto dai loro ricorsi si è stabilito che basterà aver trascorso almeno sei mesi tra i banchi della Camera per poter continuare a versare i contributi che mancano per arrivare a maturare il vitalizio. Con buona pace del regolamento per il trattamento previdenziale dei deputati del 2012 che non ammette il completamento di un quinquennio contributivo nel caso il mandato parlamentare sia stato ricoperto per un periodo inferiore. Se Minzolini e gli altri aspiranti all’ambito assegno brindano, c’è chi però non si dà pace. Perché resta aperta la questione del taglio ai vitalizi su cui gli ex parlamentari non intendono arretrare nemmeno di un millimetro.

Ieri è stato ufficialmente congelato il ripristino degli importi deciso in primo grado dalla Commissione Contenziosa presieduta da Giacomo Caliendo al Senato. Non che i 776 ex senatori che hanno fatto ricorso non abbiano provato a imporre all’amministrazione di Palazzo Madama l’immediato pagamento degli arretrati e il godimento degli importi percepiti prima della sforbiciata in vigore dal 1° gennaio 2019. “Parlare dell’impossibilità del Senato di far fronte agli obblighi derivanti dalla sentenza di 1º grado, è francamente impossibile, così come impossibile è ritenere che il paventato rischio possa produrre danni irreparabili alla Camera Alta della Repubblica Italiana” si legge tra le doglianze di chi puntava a riavere il malloppo tutto intero subito, senza aspettare la sentenza definitiva attesa entro fine anno. Ma almeno per ora i rubinetti rimarranno chiusi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/30/vitalizio-minzolini-si-riprende-il-malloppo/5985017/

Dov'è scritto che la legge è uguale per tutti?
Quando è successo che i parlamentari, invece di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale ed economico esistenti tra i cittadini, li creano?
Siamo in un mondo al contrario?
Diamo loro il mandato di amministratori e loro che fanno? Tartassano noi e creano corsie preferenziali pro domo sua?
Incredibile!
C.

L’incontro ignorato dai pm fra Tiziano Renzi e l’ex Ad. - Marco Lillo e Vincenzo Iurillo

 


Il 22 aprile del 2015 il padre dell’allora premier incontra il manager Casalino. È l’amico Russo a fissare l’appuntamento a Roma.

Il Tiki bar sul laghetto dell’Eur è la sede di un incontro finora inedito avvenuto il 22 aprile 2015 alle 15 tra Tiziano Renzi, Carlo Russo e Domenico Casalino, allora amministratore delegato di Consip. I tre oggi sono co-indagati con l’imprenditore Alfredo Romeo e l’ex parlamentare Italo Bocchino dalla Procura di Roma (su impulso del Gip Gaspare Sturzo) per traffico di influenze illecite e turbativa in relazione alla gara da 2,7 miliardi di euro per la pulizia dei palazzi pubblici bandita da Consip nel 2014. I carabinieri di Napoli riportano in un’informativa (depositata a Napoli dai pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano il 12 ottobre in un’udienza su fatti diversi) i messaggi di testo che preparano l’incontro. Abbiamo chiesto lumi ai protagonisti, ma Russo e Tiziano Renzi non ci hanno risposto sul punto. Domenico Casalino invece ha confermato.

Ma partiamo dall’informativa: Domenico Casalino – secondo i carabinieri – alle 13 e 56 del 22 aprile 2015 chiede a Russo dove può raggiungerlo e questi gli risponde che tra poco glielo avrebbe detto. A quel punto (sono le 14 e 14) Russo scrive a Tiziano Renzi che lui sta in zona Eur e chiede al padre dell’allora premier dove deve aspettarlo. Un quarto d’ora dopo è Casalino a scrivere a Russo quali sono le tre opzioni possibili: “Eur, Tiki bar viale America 117. Più verso il centro: Andreotti via Ostiense 54 oppure Rosso via Aventino 34”. Alla fine Russo scrive a Tiziano Renzi alle 14.42: “Eur Tiki Bar viale America 117”. Non ci sono messaggi tra Casalino e Tiziano e allora ci siamo chiesti: alla fine chi c’era al Tiki bar?

L’ex Ad di Consip dice al Fatto: “Sì, ho incontrato Tiziano Renzi. Me lo presentò Carlo Russo che ci teneva tanto”. Perché ai pm romani, nell’interrogatorio di giugno scorso, non lo ha raccontato? Casalino spiega: “Perché nessuno me lo ha chiesto. Non c’è niente di male in quell’incontro. Non si parlò di gare né di Consip e i due non mi chiesero nulla”. I carabinieri di Napoli ritengono dall’analisi del telefono di Russo che Casalino e Russo si siano visti molte volte. Il 26 aprile 2016 si danno appuntamento al bar per ‘il solito’ aperitivo, l’11 febbraio 2015 per un pranzo. Poi ancora appuntamenti il 6 e il 13 maggio 2015. Dopo la rimozione di Casalino ci sono appuntamenti il 22 dicembre 2015, il 20 gennaio 2016, il 2 e 9 febbraio 2016.

L’incontro al bar va inserito in una cronologia. A febbraio 2015 ci sono i primi messaggi di Russo con Casalino. In quel periodo Russo incontra anche Alfredo Romeo. Un anno dopo in una conversazione intercettata Italo Bocchino, per i carabinieri, “riferiva a Romeo che asseritamente era stato proprio Casalino (…) a farli entrare in contatto con il ‘ragazzo’” cioé Russo. Casalino nega.

Il 4 marzo 2015 Russo porta Romeo da Francesco Bonifazi. Per l’ex tesoriere del Pd si parlò genericamente di un contributo lecito di Romeo al Pd, rinviato, e non di Consip o di gare.

Il 10 aprile sempre Russo ottiene il numero di Eleonora Chierichetti da Tiziano Renzi. Poi le scrive per chiamarla. Non era intercettato quindi non sappiamo se la telefonata ci fu e cosa si dissero. Lei lavorava allora come segretaria alle dipendenze della Presidenza del Consiglio.

Il 13 aprile 2015 Russo gira a Eleonora Chierichetti un numero di telefono fisso dove contattare Romeo. Chi doveva chiamare quel numero?

Al Fatto Eleonora Chierichetti non ha risposto. I pm non le hanno chiesto nulla.

Il 22 aprile 2015, Russo incontra con Tiziano Renzi l’Ad in carica di Consip, Casalino.

Il 16 luglio 2015 Romeo va a Firenze e incontra – secondo i pm – Russo e Tiziano Renzi. Dopo l’incontro Tiziano scrive a Russo che ha avuto impressioni buone e aggiunge: “Speriamo non mi pongano ostacoli”. Il 20 luglio poi Tiziano Renzi chiede a Luigi Marroni, da poco Ad di Consip, di incontrarlo a Firenze.

Il 13 settembre Tiziano Renzi scrive a Russo di aver parlato con Marroni e il 15 settembre Russo incontra Marroni. Poi il 4 ottobre 2015 Tiziano Renzi incontra Marroni. Carlo Russo – secondo Marroni – chiede all’Ad di favorire una società nella gara Consip Fm4. Marroni dice ai pm che certamente la ditta non era la Romeo Gestioni ma non ne ricorda il nome.

Questi i fatti. Come è un fatto che Tiziano, Casalino e compagni per i pm dovevano essere prosciolti. Ed è un fatto che a processo ieri è finito il capitano Gianpaolo Scafarto, quello che ha avviato le indagini.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/30/lincontro-ignorato-dai-pm-fra-tiziano-renzi-e-lex-ad/5985005/

Cosa dicono i numeri. - Marco Travaglio

 

Da una parte ci sono i politicanti: Salvini, che contesta il coprifuochino lombardo alle 23 e poi apre al lockdown totale; l’altro Matteo, che vuole riaprire tutto, poi preferisce chiudere tutto e infine virologheggia sull’inutilità delle misure del governo di cui fa parte a sua insaputa, senza accorgersi che sono simili a quelle di Merkel, Macron, Sánchez &C. né ovviamente precisare quali sarebbero le sue; il capogruppo renziano Pd Marcucci che, dopo la supercazzola del “comitato di salute pubblica” con scappellamento a destra, chiede a Conte se i suoi ministri siano tutti “all’altezza”, riuscendo solo a mostrare la sua bassezza ai limiti del nanismo. Dall’altra parte ci sono i cittadini depressi e disorientati che ti fermano per strada e ti domandano: “Ma è vero che il governo ha già deciso di richiuderci in casa?”. L’unica risposta sincera è: nessuno ha deciso nulla, dipende dai numeri dei prossimi 10 giorni, cioè dagli eventuali effetti dei Dpcm del 13, 18 e 25 ottobre. Non dal dato che fa titolo e clamore: i nuovi positivi (che raddoppiano ogni settimana, ma aumentano col crescere dei tamponi e sono all’80% asintomatici). Ma da altre tre curve: il tasso di positività (rapporto tamponi-positivi), i nuovi ricoveri in ospedali e terapie intensive. Che per ora non registrano l’aumento esponenziale vaticinato dagli apocalittici.

Da cinque giorni il rapporto positivi-tamponi pare stabilizzato sul 12,5-13,5% (domenica 13,1, lunedì 13,6, martedì 12,6, mercoledì 12,5). Naturalmente potrebbe sempre schizzare all’insù. Ma in tre settimane non s’erano mai registrati tanti giorni di stabilità, mentre dal 12 al 25 ottobre l’indice era salito dal 5 al 13. È presto per dirlo, ma la frenata potrebbe essere frutto dell’effetto-paura misto a quello delle mini-strette di 17 e 12 giorni fa. Se così fosse, sarebbe incoraggiante, perché un’altra frenata potrebbe arrivare tra 7-10 giorni dalle ultime misure. E scongiurare il lockdown. Tantopiù che neppure la crescita dei ricoveri è esponenziale: un migliaio di pazienti in più al giorno nei reparti Covid e oltre un centinaio in terapia intensiva, anch’essi costanti negli ultimi quattro giorni. La saturazione delle terapie intensive è lontana: 1.651 pazienti su 8.400 posti letto (più altri 2-3mila se le Regioni riusciranno a usare i 3.249 ventilatori acquistati da Arcuri e non ancora usati). Invece quella dei reparti ordinari è più vicina, visto che entrano molti più pazienti di quanti ne escano e molti ospedali delle regioni più colpite sono allo stremo. Perciò, per evitare il lockdown, occorrono subito zone rosse nelle aree più infette (Milano e Napoli, ma non solo). Sempreché i politicanti, nei ritagli di tempo tra un assalto e un agguato al loro governo, si ricordino del virus.

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Strage in chiesa a Nizza: 3 morti. L’assalitore veniva da Lampedusa. - Luana De Micco

 

Brahim Aouissaoui ha continuato a gridare Allah Akbar anche mentre la polizia lo fermava e lo trasferiva in ospedale, ferito, ma vivo. Poco prima, verso le nove del mattino, armato di un coltello, è entrato nella basilica Notre-Dame di Nizza dove si raccoglievano i fedeli e ha ucciso due persone. Una donna che pregava: il killer l’ha massacrata tentando di decapitarla.

L’altro era il sagrestano della chiesa, un laico di 45 anni, padre di due figli. È stato sgozzato. Una terza persona è stata attaccata, una donna di una trentina di anni, che è riuscita a fuggire, ma le sue ferite alla gola erano troppo gravi ed è morta poco dopo. Aouissaoui è stato identificato perché addosso gli è stato trovato un documento della Croce Rossa italiana. Il terrorista, un tunisino di 21 anni in situazione irregolare, è sbarcato il 20 settembre a Lampedusa. Si trovava su uno dei barconi, una ventina, arrivati quel giorno con decine di migranti tunisini a bordo. Era stato indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e trasferito a Bari per le procedure di identificazione. “Non ci sono dubbi sul fatto che si tratti di un militante islamo-fascista”, ha detto il sindaco di Nizza, Christian Estrosi.

La spirale del terrore non sembra avere fine in Francia. Appena il 16 ottobre i francesi scoprivano con orrore la morte di Samuel Paty, un insegnante di Storia aggredito e decapitato da un giovane ceceno radicalizzato mentre usciva dalla scuola di Conflans-Sainte-Honorine, dove insegnava. Aveva tenuto una lezione sulla libertà di espressione e mostrato ai suoi allievi le caricature di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo. Il clima di tensione che si è instaurato negli ultimi giorni tra Parigi e Ankara, coinvolgendo altri Paesi del mondo arabo, faceva temere. Una nota del ministero dell’Interno allertava sin da domenica del rischio di nuovi attacchi all’avvicinarsi della festa di Ognissanti, dopo gli appelli al “jihad individuale” intercettati sui media legati a al Qaeda. “I cattolici hanno il sostegno di tutta la Francia. La religione deve continuare a essere esercitata liberamente nel nostro Paese. Se siamo stati attaccati – ha detto Emmanuel Macron arrivando a Nizza ieri – è per i nostri valori”. Ai francesi ha chiesto di restare “uniti”, di “non cedere allo spirito di divisione”, come dopo l’omicidio di Samuel Paty. La giornata di ieri è stata caotica. Poco dopo le 11 è arrivata anche la comunicazione che ad Avignone un uomo aveva minacciato i passanti con un coltello ed era stato abbattuto dalla polizia. Nello stesso tempo, a Gedda, in Arabia Saudita, un uomo ha accoltellato una guardia del consolato di Parigi. Tutto questo nel giorno in cui i francesi aspettavano i dettagli del nuovo lockdown che entra in vigore oggi, deciso dopo l’impennata dell’epidemia.

Di fronte a una minaccia terroristica sempre più alta, Macron ha annunciato che l’allerta sarebbe stata elevata al livello massimo e il numero dei militari dell’operazione “Sentinelle” portato da tremila a settemila per garantire la sicurezza dei luoghi di culto e delle scuole, che resteranno aperte durante il lockdown.

Messaggi di solidarietà sono arrivati dal Papa, dai vescovi di Francia e dal Consiglio francese del culto musulmano, da numerosi capi di Stato, compreso Erdogan. Il ministro francese degli Esteri ha inviato un “messaggio di pace” al mondo musulmano. L’attacco della basilica rinvia al 26 luglio 2016 e a padre Jacques Hamel, sgozzato nella sua chiesa vicino a Rouen, mentre celebrava la messa. Ma anche all’attentato sul lungomare della stessa Nizza, colpita appena alcuni giorni prima, il 14 luglio 2016, da un camion lanciato sulla folla alla festa nazionale.

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giovedì 29 ottobre 2020

SOLDI SOLDI SOLDI...... - Rino Ingarozza

Il governo ha emanato il decreto ristoro. Tutti gli interessati riceveranno una somma in denaro, a fondo perduto.

Tutti riceveranno qualcosa (una bella somma, direi).
I baristi 3.000 euro, i ristoratori 5.000 e così via, tutte le categorie.
3.000 e 5.000 euro per qualche ora di chiusura. Certamente quelle dei ristoratori sono ore significative, in quanto quelle serali e quindi quelle della cena ed è giusto che prendano qualcosa in più.
Tutto giusto. Giustissimo.
Vedo, però, che ancora ci sono delle lamentele. Mi chiedo e chiederei a loro: sono pochi? Caro barista, sono pochi 3.000 euro netti? Per qualche ora di chiusura? Mio padre aveva un bar e, sinceramente, non me li ricordo dei guadagni così. Saranno cambiati i tempi. Allora se si spende così tanto ad aperitivi e caffè, non è vero che si sta così male. Meglio così. Abbiate un po' di pazienza, lo Stato non può darvi di più, evidentemente. Non ci sono tutti questi soldi. Ve ne può dare una parte. La pandemia finirà (intanto lo Stato vi sta dando le risorse per poterci arrivare, alla fine della crisi) e quando tutto questo finirà, ritornerete a guadagnare i ......quanto? Diecimila, quindicimila euro al giorno? Vi auguro anche di più. Per voi e per lo stato, cosi incasserà bei soldini con le vostre tasse. Perché voi siete delle persone per bene e fatturate tutto, dichiarate tutto. Vero?
La mia non vuole certo essere una critica ai vostri guadagni, ma una domanda ve la voglio fare, a voi e a quei politici che, giustamente, vi difendono, dicendo che vi si deve aiutare.
C'è gente che andava alla caritas per mangiare. Lo faceva perché aveva perso il lavoro, non riusciva a trovarne un altro. Intere famiglie senza reddito, che erano costrette a rovistare nel bidone dell'immondizia. Padri di famiglia accettare lavori degradanti, sottopagati e in nero, per portare qualche euro a casa, magari per comprare delle medicine (e sono sempre di più) che il servizio sanitario non passa più.


Poi, finalmente, una forza politica, si è posta il problema. Si è chiesta come avrebbe potuto aiutare questa gente (in perenne pandemia economica) e, una volta al governo, ha fatto il reddito di cittadinanza.
La domanda è:
Perché voi e i politici, di cui sopra, l'avete selvaggiamente criticata?
Perché avete sempre detto che 400, 500, 600 euro erano dei soldi dati in modo assistenziale a dei parassiti?
Perché, signori?
Non hanno, forse, anche questi una famiglia da sfamare?
Non hanno diritto ad un reddito, che il lavoro non può loro assicurare?
Sono, forse, figli di un Dio minore?
O forse perché chi ha la pancia piena non può credere che ci sia gente digiuna?
O, ancora, forse perché queste persone non sono mai scese in piazza, per protestare?
I poveri vivono con dignità la loro condizione. Vedo gente ai supermercati che danno la tessera del RDC, di nascosto, cercando di non farsi vedere dagli altri. Quasi come se fossero dei ladri.
E questa gente è la prima che vi dà la loro solidarietà. Perché sa cosa vuol dire non avere un euro per comprare il latte al figlio piccolo.
Ravvedetevi, vi prego. Date il giusto peso al denaro. C'è gente che non sa nemmeno com'è fatto.
La pandemia finirà (come ho detto prima) e voi ritornerete più forti di prima. Gli ultimi, invece, resteranno sempre ultimi. Un giorno il RDC finirà di essere erogato. Andrà al governo la destra dei "padroni" e di " chi se ne frega degli ultimi" e allora, mentre voi servirete il millesimo aperitivo, ci sarà gente che riprenderà ad aprire i cassonetti.
Siate bravi, almeno, metteteci qualche cosa di più, dentro.