mercoledì 18 novembre 2020

L’alto debito è qui per restare: come conviverci (specie in Ue). - Alessandro Bonetti

 

Prospettive - Il peso in rapporto al Pil è esploso in tutto il mondo e non scenderà a breve: che fare? Le proposte: dai titoli perpetui alla cancellazione fino al riacquisto continuo delle banche centrali.

Fra gli articoli di fede dell’economia mainstream, la repulsione per il debito pubblico era una delle più incrollabili. La crisi da Covid però ha fatto cambiare idea anche ai più conservatori. L’alto debito pubblico da “problema” è diventato “male minore” e oggi è una realtà con cui convivere: il suo aumento dovunque nel mondo è qualcosa da cui non si tornerà indietro.

La combinazione di maggiori spese, minori entrate e caduta dell’attività economica ha portato ad aumenti vertiginosi del rapporto debito/Pil. In Italia eravamo al 135% nel 2019: l’Ocse prevede che con la seconda ondata si salirà al 170%. La Germania, che negli anni scorsi s’era portata sotto la soglia di Maastricht del 60%, si troverà alla fine dell’anno all’83%. In Francia il balzo è impressionante: dal 98% al 122%. E lo è ancora di più in Spagna: dal 95% al 130%. Negli Usa il debito pubblico lordo (federale e locale) crescerà dal 109% al 132%. In Giappone, dove l’indebitamento pubblico ha smesso da tempo di essere un tabù, si salirà dal 225% al 248%.

Forse nel 2021 il rapporto debito/Pil si stabilizzerà in molti Paesi, ma di certo non tornerà ai livelli pre-crisi. Accantonata l’austerità, si può pensare a come far crescere l’economia in modo sano. Ma non sarà un lavoro facile. Tradotto: se sicuramente non si tornerà indietro, le idee sono meno chiare su come andare avanti.

Cancellazione. Come convivere con alti livelli di debito pubblico? La via più facile sembra la cancellazione del debito emesso durante la crisi: dato che le banche centrali ne hanno acquistato una parte notevole, potrebbero teoricamente eliminarlo dai loro libri contabili con un semplice tratto di penna. A ottobre, tuttavia, la presidente Bce Christine Lagarde ha escluso questa possibilità per l’Europa: sarebbe una violazione dei trattati, sostiene. Il problema, però, non è aggirare i trattati con interpretazioni “non convenzionali” (qualcosa che Mario Draghi ha fatto egregiamente in passato): per fronteggiare la crisi probabilmente il debito salirà ancora e cancellare quello emesso finora significherebbe solo calciare la palla più in là.

Perpetuities. C’è chi propone in alternativa l’emissione di titoli a lunga scadenza (30 o 50 anni) o addirittura perpetuities, cioè senza scadenza e a cedola fissa. Ne ha parlato John Cochrane della Stanford University e in Italia Francesco Giavazzi Guido Tabellini: per i due prof della Bocconi i titoli perpetui dovrebbero essere garantiti dalla capacità comune degli Stati dell’Eurozona e supportati dalla Bce. L’obiettivo? Evitare una nuova crisi dei debiti sovrani dagli esiti imprevedibili. Ma non è scontato riuscire a piazzare le perpetuities sul mercato, soprattutto se devono farlo i singoli Stati.

Eurobond. Altri propongono l’emissione di veri e propri eurobond emessi da un ministero del Tesoro Ue. Fra chi ha parlato di questa possibilità c’è anche il tedesco Jeromin Zettelmeyer del Peterson Institute. Decine di paper e articoli sono stati scritti a riguardo. La questione principale, tuttavia, non è tecnica. Gli eurobond presuppongono una mutualizzazione sostanziale del debito, da discutere politicamente. Se qualcosa del genere è stato fatto con i fondi Sure per la cassa integrazione, per rendere gli eurobond una soluzione stabile è necessario un radicale cambiamento delle posizioni di molti governi e ampie fasce dell’elettorato. Improbabile, per ora.

Per aggirare questo dilemma, alcuni professori italiani (Amato, Belloni, Falbo e Gobbi) hanno delineato il progetto di un’agenzia del debito europea, un’idea già abbozzata da Juncker e Tremonti. Secondo questi studiosi questo organismo dovrebbe finanziare gli Stati dell’Eurozona con prestiti perpetui, eliminando il rischio di liquidità e considerando solo il rischio fondamentale di ogni Stato. L’agenzia del debito troverebbe sui mercati i soldi da prestare emettendo bond comuni. In questo modo si eviterebbero sia spread ingiustificatamente alti, sia una mutualizzazione politicamente difficile. E la Bce potrebbe acquistare i titoli comuni senza nessun ostacolo legale.

Tuttavia, applicare questa proposta significherebbe ridefinire radicalmente i rapporti fra istituzioni europee e Stati nazionali. Si colpirebbe direttamente il nodo irrisolto dell’euro: aver pensato che una competizione per l’accesso ai mercati del debito avrebbe portato maggiore efficienza. Non ha funzionato proprio così: la competizione per piazzare titoli di Stato ha aggravato le divergenze fra le economie nazionali e creato pericolose spaccature.

Rollover. Finora ci siamo concentrati sull’Europa, proprio perché qui il problema del debito pubblico è più spinoso. In ogni caso, in tutto il mondo la probabile tendenza nel prossimo futuro sarà un rollover continuo del debito da parte della banca centrale. Che vuol dire? Le banche centrali a scadenza rinnoverebbero i titoli, girando gli interessi al Tesoro: sarebbe come se quella parte del debito non esistesse (quindi cancellarlo ha poco senso). Anche in questo caso, però, il problema in Europa resterebbe: rendere strutturale il programma di acquisti della Bce senza cambiare i trattati è una scelta esposta a rischi legali (vedi corte costituzionale tedesca) e a ricatti politici, come la recente minaccia di ridurre gli acquisti per chi non accetta i prestiti Ue.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/16/lalto-debito-e-qui-per-restare-come-conviverci-specie-in-ue/6004736/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=il-fatto-economico&utm_term=2020-11-16

Financial Times: ecco come si combatte il complottismo che dilaga sul web. - Gillian Tett

 

Il 51% degli americani oggi crede almeno in parte ad almeno una delle principali teorie pericolose circolanti nel paese. Una ricerca spiega come possono agire i giganti di internet per fermarne la diffusione.

Nel 2016, durante la campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti, sui siti web di destra si è diffusa in modo virare una teoria del complotto nota come #Pizzagate. La sua tesi era che l’allora candidata democratica, Hillary Clinton, fosse coinvolta in un giro di pedofilia gestito da una pizzeria di Washington. All’apparenza sembrava una teoria ridicola, finché qualcuno non è entrato nel locale armato di un fucile d’assalto e ha cominciato a sparare.

Per fortuna nessuno si fece male in quell’occasione, ma l’episodio ha sollevato due interrogativi che rimangono attuali anche a quattro anni di distanza dai fatti, in un contesto di grande polarizzazione della politica statunitense. Perché il complottismo si diffonde così facilmente? Ed esiste un modo efficace per contrastarlo?

Le grandi aziende tecnologiche americane conducono da tempo studi molto approfonditi sul tema, di solito incrociando grandi flussi di dati e commissionando valutazioni psicologiche. L’anno scorso, invece, un team di ricercatori della controllata di Google Jigsaw ha provato a sviluppare un nuovo modello d’analisi unendosi agli etnografi della società di consulenza ReD. La loro idea era di condurre una ricerca qualitativa e mirata sugli atteggiamenti di 42 teorici del complotto nel Regno Unito e negli Stati Uniti, sostenitori di idee con vari gradi di pericolosità: dall’apparentemente innocuo terrapiattismo fino a teorie molto più pericolose come quella del genocidio bianco e quelle più recenti sulle pandemie.

Gran parte dello studio è tuttora riservato, ma è possibile farsi un’idea dei suoi interessanti risultati leggendo la sintesi che i ricercatori di Jigsaw e ReD hanno presentato qualche tempo fa a un gruppo di ricerca chiamato Ethnographic Praxis in Contest.

La questione centrale del complottismo è in che modo inquadrare il fenomeno. Joseph Uscinski, professore di scienze politiche dell’Università di Miami, ricorda in proposito che non è chiaro se oggi le teorie del complotto siano più diffuse di quanto fossero in passato, ma che senza dubbio “esistono forme di continuità”.

La particolarità della nostra epoca sta nella rapidità di propagazione che queste teorie hanno acquisito grazie a internet, e che le porta spesso sui media mainstream e nei discorsi dei politici. Le big tech provano a contrastare questa diffusione con una strategia che i vertici di YouTube hanno chiamano “quattro R”: rimuovere contenuti pericolosamente fuorvianti; relegare i contenuti complottisti agli ultimi posti dei risultati di ricerca; rilanciare i contenuti più affidabili sul tema; ricompensare le realtà che lottano contro la diffusione del complottismo (come per esempio l’interessante sito metabunk.org, creato dal divulgatore scientifico Mick West).

La strategia delle “quattro R” si fonda sulla separazione tra le teorie del complotto pericolose da quelle più innocue. Ma la ricerca di Jigsaw e ReD mostra che questo principio potrebbe non essere il più efficace.

Analizzando i comportamenti dei complottisti, infatti, il team di etnografi si è reso conto che quello che conta di più per loro non tanto è la pericolosità o meno delle teorie, quanto il grado di adesione che suscitano nelle persone. Insomma, “è più importante distinguere tra diverse tipologie di complottisti piuttosto che tra diverse tipologie di teorie del complotto”.

Il fatto è che una mente profondamente intrisa di complottismo ha la stessa probabilità di credere a teorie innocue o pericolose. Inoltre, i ricercatori sottolineano che non esiste “un complottismo innocuo di per sé” e che, all’opposto, anche nel caso delle teorie più pericolose è possibile convincere le persone ad attenuare le loro credenze in modo da renderle meno dannose.

Per questo motivo il team di ricerca propone una strategia articolata su più livelli. Chi è totalmente immerso nel complottismo non accetta controargomentazioni logiche, ma può per esempio rispondere a stimoli emotivi, quando gli vengono presentati con empatia e rispetto. I complottisti meno zelanti, invece, possono venire positivamente influenzati da interventi “a monte” come quello di portare in primo piano sui motori di ricerca i contenuti che sfatano le teorie del complotto.

I motivi che spingono qualcuno a sposare una teoria del complotto non sono solo psicologici (anche se i disturbi del sé giocano un ruolo importante), ma anche sociali. I ricercatori portano l’esempio di un’adolescente del Montana che ha abbracciato il complottismo per stare al passo con il suo gruppo di amici.

Inoltre, bisogna tenere conto di un certo numero di indici culturali, come il design dei siti web. Nel ventunesimo secolo, infatti, una persona mediamente colta e gli addetti ai lavori di internet tende a considerare più credibili le informazioni provenienti da siti esteticamente curati.

Al contrario, la ricerca di Jigsaw e ReD ha scoperto che i complottisti sono più propensi a credere ai siti dall’aspetto amatoriale, perché danno l’impressione di essere più “autentici”. Questo è un elemento che può sfuggire a uno sviluppatore di Google seduto nel suo ufficio di Mountain View, e non è il tipo di risultato che può emergere da un’analisi statistica dei flussi di dati, e tuttavia è un aspetto fondamentale del fenomeno complottista.

Occorre chiedersi se gli spunti emersi da questa ricerca siano ora utilizzabili dalle grandi aziende tecnologiche per evitare futuri #Pizzagate. Qualche piccolo successo c’è stato: lo studio riferisce per esempio di un utente di San Diego che ha abbandonato una teoria del complotto sulle scie chimiche dopo che Google ha messo in primo piano nel motore di ricerca contenuti alternativi sul tema.

Non sarà facile applicare questo metodo su larga scala e stare al passo con l’alta velocità di trasformazione delle teorie del complotto. Il #Pizzagate, per esempio, è ricomparso di recente sui social nonostante le numerose smentite, prendendo di mira il cantante Justin Bieber.

Il dato è allarmante se si considera che la ricerca del professor Uscinski ha messo in luce che il 51% degli americani oggi crede almeno in parte ad almeno una delle principali teorie del complotto circolanti nel paese. Senza parlare di tutte le occasioni che offre la pandemia di Covid-19 e la conseguente ricerca di un vaccino.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/16/financial-times-ecco-come-si-combatte-il-complottismo-che-dilaga-sul-web/6004909/

In Europa quasi 18 milioni di bambini sono vittime di sfruttamento e violenze sessuali.

 

In Europa quasi 18 milioni di bambini sono vittime di sfruttamento e violenze sessuali (dati www.who.org).

Pubblicato da SOS - Il Telefono Azzurro Onlus su Mercoledì 18 novembre 2020 
 

Telefono Azzurro oggi, in occasione della giornata europea sulla protezione dei minori contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali, contribuisce alla sensibilizzazione sul tema organizzando un convegno e diffondendo dei materiali informativi per promuovere i servizi di ascolto e supporto ai più giovani messi a disposizione dall’associazione

Si tratta di una brochure, ideata dalle operatrici della linea telefonica 1.96.96 e rivolta ad adolescenti e pre - adolescenti, con riferimenti alle potenziali conseguenze negative degli abusi sulla salute mentale e un’illustrazione su come interviene il Servizio Emergenza Infanzia 114 per gestire le situazioni di violenze sessuali.

Quest’anno il tema di discussione scelto dal Consiglio d’Europa riguarderà in particolare il problema di immagini o video a sfondo sessuale generati dagli stessi bambini e poi diffusi online, spesso sotto pressione dei propri coetanei.

“L’utilizzo crescente della tecnologia, cui la pandemia ha costretto i minori in questi mesi, ha purtroppo contribuito a una forte crescita degli abusi online” ha affermato il Professor Ernesto Caffo, Presidente di Telefono Azzurro “Perciò soprattutto in questo momento di crisi, i bambini hanno bisogno di essere tutelati e di tornare al centro dei programmi delle istituzioni, scolastiche e non. Un tema prioritario è quello di rendere internet un posto sicuro attraverso programmi educativi ma anche mantenendo attive le tecnologie che possono rilevare abusi online”.

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2020/11/18/in-europa-quasi-18-milioni-di-bambini-sono-vittime-di-sfruttamento-e-violenze-sessuali-_1ab71722-6bd4-44b2-8302-68b356385ca9.html


Abbiamo raggiunto l'apice del degrado sociale ed umano.
Quando l'uomo ha bisogno di oltrepassare il limite della tolleranza, vuol solo dire che non può più considerarsi umano, ma solo un essere senza coscienza, senza un'anima, servo degli istinti più bassi.
Cetta

Un prontuario per scegliere il commissario. - Antonio Padellaro.

 

Peccato perché mal comune mezzo Gaudio era un titolo perfetto (senza contare che l’altro mezzo si chiama Strada, una festa per i giornali). Però al terzo flop governativo nella ricerca del commissario sanitario calabrese (che eguaglia i tre presidenti peruviani in una settimana), smettiamola di criticare e proviamo a dare una mano al ministro Speranza con un breve prontuario per non toppare la quarta volta. 

1) Accertarsi che non soffra di sdoppiamento della personalità, di perdite di conoscenza e di sonnambulismo. Evitare che colleghi invidiosi iscritti alla massoneria, e/o alla ’ndrangheta non gli somministrino di soppiatto droghe e/o allucinogeni onde convincerlo di essere Ezechiele Lupo o il Mago di Oz. 

2) Informarsi sulle pubblicazioni del candidato per verificarne il valore scientifico: per esempio, se 15 minuti di lingua in bocca servano come detonatore per misurare la carica virale, o rappresentino un’innocente vanteria erotica. 

3) Individuato il possibile nome, consultare il casellario giudiziario e il bollettino dei protesti, indagare anche sui siti di scommesse e pornografici. 

4) Interpellare il coniuge del prescelto (ma anche figli e congiunti, come da relativo Dpcm) sulle preferenze riguardo alla città di residenza. Registrare eventuale gradimento sulle località di vacanza: mare, lago, montagna, campagna. 

5) Come da protocollo del presidente Spirlì, investigare sull’origine calabrese doc dell’esaminando, fino alla terza generazione: la consumazione continuativa di piatti a base di nduja e peperoncino fanno punteggio. 

6) Da escludere i medici di riconosciuta fama internazionale, che hanno operato in zona di guerra, privi di padrinati politici e con trascorsi giovanili di sinistra.

7) Nel caso questi requisiti non fossero riscontrabili, recuperare i picchiatelli e gli stravaganti e i perditempo di cui sopra. Di sanità pubblica non sapranno una mazza, ma almeno ci fanno divertire.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/18/un-prontuario-per-scegliere-il-commissario/6007441/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-11-18

“Etihad, la promessa di Di Maio: il governo non sarà parte civile”. - Antonio Massari

 

Processo crac Alitalia, ecco il cablo dell’ambasciata.

Il governo italiano, in “gesto di amicizia” nei confronti degli Emirati Arabi Uniti, rinuncerà a costituirsi parte civile nel procedimento penale su Alitalia-Etihad che si è concluso a Civitavecchia. Ad annunciarlo, secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, è stato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, negli incontri dell’8 e 9 novembre con il suo omologo degli “emiratini” Abdallah bin Zayed Al Nahyan. Di Maio smentisce al Fatto di aver preso questo impegno. La notizia è però contenuta in un documento ufficiale: un cablo non classificato, dell’ambasciata italiana ad Abu Dhabi, a firma dell’ambasciatore Nicola Lener e protocollata, l’11 novembre scorso, con il numero 1.682. Oggetto: “Visita dell’onorevole ministro negli Eau. Quarta sessione del dialogo strategico”. Un documento inviato a tutte le ambasciate, da quella croata a Zagabria fino all’Algeria, inclusa la Direzione generale degli affari politici del ministero degli Esteri.

Leggiamo cosa riporta il cablo in questione. L’esordio riguarda i preliminari della “quarta sessione del dialogo strategico bilaterale”, a partire dalla cena offerta dallo sceicco Abdallah bin Zayed Al Nayan “nel pieno rispetto dei protocolli Covid-19 qui vigenti” durante la quale il ministro Di Maio ha “incontrato il ministro dell’Economia Abdullah Al Marri, il ministro della Tolleranza e Commissario generale degli Eau per Expo2020 Duibai, lo sceicco Nahyan bin Mubarak Al Nayan e la ministra di Stato per la Cooperazione internazionale e direttore generale della società Expo2020 Reem Al Hashimi”. “Su tali incontri – scrive l’ambasciatore – riferisco a parte”. All’interno del punto 2 del documento riporta poi il dialogo sulla vicenda Alitalia-Etihad.

“È stato quindi affrontato – si legge nel cablo – il delicato dossier Alitalia, su quale come noto, i due ministri avevano avuto una conversazione nei giorni scorsi, dopo che l’omologo emiratino aveva indirizzato all’on. ministro una preoccupata lettera, alla luce delle possibili conseguenze sui manager di Etihad del procedimento penale aperto nel nostro paese”.

Il 20 febbraio scorso, infatti, la Procura di Civitavecchia ha notificato agli indagati l’avviso di conclusione dell’indagine – si contano 22 indagati – accusati di concorso in bancarotta fraudolenta di Alitalia. Tra gli indagati illustri – da Luca Cordero di Montezemolo a Roberto Colaninno, da Jean Pierre Mustier a Corrado Gatti ed Enrico Laghi – figura anche James Hogan, consigliere del cda di Alitalia e amministratore delegato di Etihad. E anche altri manager legati alla compagnia araba come Mark Ball Cramer e Duncan Naysmith.

“Non sarà una rivoluzione ma una evoluzione, vogliamo rendere Alitalia più sexy” aveva annunciato James Hogan nel 2014 quando, per il salvataggio di Alitalia, Etihad mise in cantiere un investimento complessivo di 1,758 miliardi di euro. Ad Abu Dhabi non è parsa molto sexy, però, la prospettiva di vedere i suoi manager finire sotto processo. E torniamo così all’incontro tra Di Maio e lo sceicco Abdallah bin Zayed Al Nayan. Ad accompagnarli c’erano il capo di gabinetto Ettore Sequi, il direttore generale per gli affari politici Sebastiano Cardi, il capo della segreteria particolare Cristina Belotti. Riguardo le “conseguenze” del “procedimento in corso nel nostro paese” sui “manager Etihad” il cablo spiega che “il ministro Di Maio, nel far presente che in base al nostro ordinamento il governo non può interferire in un procedimento giudiziario in corso, ha indicato di aver chiesto al commissario unico di Alitalia, Leogrande (Giuseppe, ndr), di costituire un gruppo negoziale per definire le questioni contrattuali pendenti con la controparte e di aver invitato le autorità emiratine, attraverso una lettera indirizzata all’ambasciata a Roma, a fare altrettanto”.

E poi arriva il punto più caldo del cablo: “Egli ha anche fatto presente che, quale gesto di amicizia nei confronti degli Eau, il governo rinuncerà a costituirsi parte civile nel processo penale”. E ancora: “Abdallah ha ringraziato per l’apertura manifestata dall’on. ministro, auspicando che la questione possa evolversi ‘in un modo che possiamo controllare’, perché altrimenti essa rischia di produrre un impatto su future decisioni emiratine di investimento nel nostro Paese. ‘Ricordo – ha aggiunto – che fu il governo italiano a chiederci di entrare in Alitalia’. Sul punto è intervenuto anche il ministro Ali Sayegh, che ha indicato, senza elaborare oltre, che ‘nel sistema italiano ci sono precedenti di soluzioni di analoghe questioni nel settore dell’aviazione civile’, insistendo che il partenariato tra Alitalia ed Etihad è stato reso possibile da un’intesa tra i due governi e augurandosi che possano esservi sviluppi positivi entro l’anno”. Di Maio al Fatto smentisce di aver assunto questo impegno. Fonti della Farnesina spiegano che la proposta di non costituirsi parte civile è stata invece avanzata dagli Emirati arabi uniti (Eau) e non da Di Maio. Quando facciamo notare che la notizia in nostro possesso è stata trascritta in una fonte ufficiale – il cablo in questione – la Farnesina, attraverso fonti diplomatiche, conferma l’esistenza e il contenuto del cablo. “Evidentemente – precisa la Farnesina – l’ambasciatore non ha ben compreso quanto si sono riportate le parti”. Deve aver frainteso quindi anche il ringraziamento del ministro Abdallah bin Zayed Al Nayhan. Il punto è che, anche alla Farnesina, non devono aver ben compreso qualcosa: il contenuto del cablo. Dall’11 novembre a oggi non ci risultano altri cablo sulla questione con errata corrige annessi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/18/etihad-la-promessa-di-di-maio-il-governo-non-sara-parte-civile/6007413/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-11-18

Le migliori energie. - Marco Travaglio

 

Come se non bastassero le figuracce del governo sui commissari alla sanità in Calabria, alcune menti eccelse della maggioranza lavorano alacremente per sputtanarlo vieppiù con l’innesto di Forza Italia. Finora non s’è capito bene a che serva l’operazione, visto che la maggioranza, sia pur risicata al Senato, non è mai andata sotto e visto che c’è solo una coalizione più spaccata dei giallorosa: il centrodestra. A chi serve, invece, è chiarissimo: a B., che nelle urne ormai sfugge ai radar, ma nei palazzi continua a contare come ai (suoi) bei tempi grazie alla potenza di fuoco dei suoi media, dei suoi soldi e delle sue varie affiliazioni. Infatti ha appena incassato una scandalosa norma per salvare l’“italianità di Mediaset”, come se i francesi di Vivendi potessero essere peggio di un tizio che fa contemporaneamente il leader politico e l’editore di tv, giornali e libri. Perciò il grande Franco Cordero lo paragonava al caimano: perché, nei momenti critici, si inabissa sotto il pelo dell’acqua per fingersi morto o apparire mansueto e inoffensivo, pronto al momento giusto a spalancare le fauci e fare un sol boccone di chiunque si avvicini. Il cimitero della politica è lastricato delle lapidi dei presunti leader di centrosinistra che avevano avuto la brillante idea di dialogare con lui e di centrodestra che si erano illusi di succedergli. Vittorio Cecchi Gori, che ebbe la malaugurata idea di fare società con lui e ancora ne paga le conseguenze, ripete spesso che “Berlusconi, se gli dai un dito, ti si prende il culo”.

I nuovi pretendenti sono Zingaretti e soprattutto il suo ideologo Bettini, convinto che, imbarcando FI nella maggioranza (o nel governo, non s’è ben capito), arriveranno “le energie migliori”, ovviamente “consapevoli e democratiche”. È un peccato che non faccia nomi. Delle “energie migliori” – a parte il noto pregiudicato plurimputato pluriprescritto piduista finanziatore della mafia corruttore frodatore fiscale autore di 60 leggi ad personam e responsabile delle più scandalose epurazioni mai viste – c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ma forse Gasparri, Brunetta, Letta, Casellati, Gelmini, Minetti, Tremonti, Schifani, Ghedini, Longo, Lunardi, Scajola, Alfano, Miccichè, Bertolaso e Giggino ’a Purpetta, per citare solo la prima fila, possono bastare. Senza contare Dell’Utri, Previti, Verdini, Cosentino, Cuffaro, Galan e Romani, purtroppo impediti a partecipare in quanto pregiudicati o addirittura detenuti, e Matacena, tristemente esule a Dubai. E senza profanare il Pantheon dei padri nobili: Mangano, Bontate, Gelli, Carboni, Craxi, Squillante e Metta. Poi naturalmente ci sono anche le “energie peggiori”. Ma quelle preferiamo non immaginarle neppure. Paura.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/18/le-migliori-energie/6007396/

Moncler a Fontana: ridateci i 10 milioni donati per la Fiera. - Andrea Sparaciari

 

Il flop dell’Astronave.

Moncler Spa ha richiesto indietro i 10 milioni di euro che ad aprile scorso aveva donato per costruire l’Astronave di Guido Bertolaso alla Fiera di Milano. Soldi che aveva versato sul conto corrente intestato a Regione Lombardia. Ed è stato proprio a Regione Lombardia che la società guidata da Remo Ruffini ha inviato il 22 ottobre scorso la richiesta di restituzione. Non certo una cartolina di ringraziamento per l’opera svolta. Con la missiva, infatti, la società rigettava la richiesta ufficiale avanzata da Regione Lombardia di trasformare quella “donazione modale” (cioè vincolata a uno scopo specifico, cioè l’Astronave), permettendo così al Pirellone di poter utilizzare i soldi “per altre iniziative di carattere emergenziale”. Secondo la Regione, infatti, per edificare l’Ospedale erano bastati i 21 milioni raccolti dalla Fondazione Fiera e quindi quei soldi avrebbero potuto prendere un’altra strada. È a questo punto che la società dei piumini ha risposto un gigantesco “no”. E anzi ha preteso la restituzione dell’intera somma. Una storia messa nero su bianco dallo stessa giunta regionale nella delibera n. 3.820 del 9 novembre 2020 con la quale ha sancito la riconsegna dell’assegno: “Regione Lombardia ha chiesto una liberatoria ai donatori che avevano indicato nella causale della donazione l’Ospedale Fiera al fine di poter utilizzare le risorse per altre iniziative di carattere emergenziale”, liberatoria “che Moncler non ha sottoscritto”.

Così, in pochi mesi, l’ad Ruffini è passato dal: “Ho manifestato all’assessore Giulio Gallera la volontà di supportare questo grande progetto (l’Ospedale in Fiera, ndr) sin dal momento in cui è stato ipotizzato e ora che ci sono ragionevoli certezze sulla fattibilità, siamo pronti a sostenerlo. Sono certo che il team della Regione Lombardia, supportato anche dall’esperienza di Guido Bertolaso, possa far diventare al più presto questa grande iniziativa realtà”, pronunciato in aprile: a un “ridatemi tutto” detto pochi giorni fa. Tuttavia, Pirellone e Moncler hanno trovato un accordo per investire insieme in un altro progetto. Questa volta si tratta di un programma di medicina di prossimità e assistenza domiciliare – evidentemente ritenuto da Moncler più utile dell’Astronave per combattere il Covid – dal valore complessivo di 1.999.824 euro. Un vero cambio di paradigma, dalla cattedrale di Bertolaso alla medicina domiciliare. Con quei 2 milioni, comunque, Moncler attrezzerà 13 automezzi di supporto per la diagnostica domiciliare e due camper con postazione radiologica. Il personale, invece, sarà messo a disposizione dalla Ats Milano. In pratica, la società pagherà le dotazioni per 15 Usca, che però a Milano fino a oggi non si sono viste. E infatti molti si chiedono se Ats sarà in grado di fornire i sanitari da mettere su quei 15 mezzi nuovi di zecca, entro i 30 giorni previsti dall’accordo.

Quanti sono i fondi conferiti alla Regione da parte di altri donatori? Anche a loro Regione Lombardia ha chiesto il permesso di indirizzare i soldi avanzati verso altre finalità? Quanti hanno già risposto? Informazioni che a oggi non è dato sapere, perché di quel fondo si conosce pochissimo. Si sa però che le donazioni raccolte ammontano a circa 59 milioni e che 39 milioni sono già confluiti nella “gestione separata” del Pirellone, cioè sono stati incamerati e usati per altri scopi sanitari. Ne avanzano 20, tolti i 10 di Moncler, ne restano altrettanti, ufficialmente congelati. Che fine faranno? Lo si potrà sapere solo tra molti mesi, visto che con la delibera dell’8 maggio 2020 dal titolo “Determinazioni in ordine all’utilizzo delle donazioni pervenute a Regione Lombardia per sostenere l’emergenza epidemiologica”, Fontana ha deciso che la loro rendicontazione dovrà arrivare solo “al termine dello stato di emergenza nazionale deliberato dal Cdm”. Insomma, c’è tempo.

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