domenica 24 gennaio 2021

A Rosarno la ‘ndrangheta sceglieva “candidato, programma e anche il simbolo”. - Lucio, Musolino

 

Nelle intercettazioni dell'Antimafia di Reggio Calabria il ruolo del dentista legato alle cosche: l'uomo che ha pilotato l'elezione del sindaco.

“Ce lo prepari un tavolo per otto?”. “Si… a nome di chi?”. “A nome di… Idà… futuro sindaco di Rosarno”. Mancano più di due mesi alle elezioni comunali nella cittadina della Piana di Gioia Tauro, ma il 30 marzo 2016 Francesco Pisano non ha dubbi che Giuseppe Idà sarà eletto sindaco di Rosarno, cosa che poi avverrà. Qualche giorno fa l’uomo è finito agli arresti domiciliari.

Per la Dda di Reggio Calabria, Pisano non è solo un semplice dentista che, negli anni novanta, è stato condannato per ‘ndrangheta nel processo “La mafia delle tre province”. Piuttosto è l’uomo a cui la cosca, conosciuta con il soprannome dei “diavoli”, ha affidato i rapporti con la classe dirigente politica. Per i pm, Pisano è “la parte più raffinata della consorteria”.

Un ruolo che l’inchiesta “Faust” ha riempito di contenuti nel capitolo sulle elezioni comunali di Rosarno per le quali Francesco Pisano ha scelto tutto: dal candidato a sindaco al programma elettorale passando per i discorsi dei comizi, la scelta del simbolo e pure quella dei candidati a consigliere.

“Siamo cercando di organizzare un gruppo… hai capito?”. Francesco Pisano detta la linea parlando con Enzo Idà, il padre del futuro sindaco Giuseppe, di Forza Italia, finito agli arresti domiciliari nell’operazione della Procura di Reggio Calabria.

“Aspettiamo a Mimmo Scriva, i River Boys, noi…quelli… C’è Franco La Rosa – dice l’esponente di spicco della cosca Pisano – Io sono qua in campagna. Telefonagli tu, digli se vuole venire che siamo qua… Glielo avevo detto pure a Gianni, a Ciccio Arruzzolo… ma non li ho rintracciati”.

Gianni Arruzzolo è il consigliere regionale di Forza Italia da poche settimane nominato presidente di Palazzo Campanella dopo l’arresto del compagno di partito Mimmo Tallini. Arruzzolo non è indagato ma quando “la moglie di tale Gioacchino” ha deciso di non candidarsi con la lista avversaria, Francesco Pisano chiama subito il padre del futuro sindaco chiedendogli di avvertire il consigliere regionale: “Lo puoi comunicare a Gianni, che è ufficialissimo”.

“Stiamo facendo il programma”. Pisano parla e i carabinieri annotano sul brogliaccio finito sulla scrivania del procuratore Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gaetano Paci e dei pm Adriana Sciglio e Sabrina Fornaro. “Stiamo facendo una cosa snella, – sono le sue parole – però è una cosa che sappiamo solo noi per ora. Altrimenti ce la copiano”.

Dalle carte dell’inchiesta, il vero candidato a sindaco sembra Francesco Pisano. È lui che decide in nome e per conto di Giuseppe Idà, l’ex segretario giovanile dell’Udc passato a Forza Italia e messo a capo di una lista civica di fatto organizzata dalla ‘ndrangheta. Leggendo le intercettazioni del dentista, gli inquirenti distinguono il puparo dal pupo: “Allora io voto qua Idà e voto un candidato che è una persona perbene… un figghiolu pulituun figghiolu garbatu in tutti i maneri… certo un giovanotto che va plasmato”.

Ci pensa Pisano a plasmarlo a dovere, decidendo anche il simbolo della lista. Quando lo ha scelto glielo comunica a Idà: “Vedi che ti ho inviato un’immagine. L’hai vista?”. “Molto carino e originale”. “Per Mimmo va bene… vedi tu… ovviamente sottoposto anche all’attenzione di Gianni”.

Mimmo è Mimmo Scriva l’architetto che, stando alle indagini, la cosca Pisano ha fatto eleggere in consiglio comunale a Rosarno con l’intenzione di farlo nominare assessore ai lavori pubblici. Anche lui, come il sindaco Idà, è stato arrestato per scambio elettorale politico-mafioso.

Gianni, invece, è sempre il consigliere regionale di Forza Italia Gianni Arruzzolo. La sua voce non è stata mai intercettata dai carabinieri e per questo “gli investigatori – scrive il gip – evidenziavano l’anomala assenza di contatti diretti tra Pisano Francesco ed il consigliere regionale Gianni Arruzzolo”.

Ma la campagna elettorale deve andare avanti. Così come le intercettazioni dei carabinieri che registrano anche alcune scene imbarazzanti. Come quando il sindaco Idà chiede l’aiuto dell’esponente della ‘ndrangheta per l’occasione diventato consulente sulla correttezza grammaticale delle frasi da pubblicare su facebook: “Perché vorrei che tutti i rosarnesi siano orgogliosi giusto? È italiano? O fossero orgogliosi?”. “Fossero”. Il responso del dentista non è definitivo e il candidato che insiste: “Secondo te, grammaticalmente è sbagliato?”. “Non è neanche sbagliato, si può dire in un modo e in un altro”.

Oltre ai social, la campagna elettorale “dei diavoli” si fa per strada e con i comizi pubblici. Come quello del 31 maggio 2016 per il quale Idà non ha scritto nemmeno il testo del suo discorso. È lo stesso candidato in una telefonata ha confermare la circostanza: “Mi ha scritto l’intervento a me Cicciu u Diavulu ah, ce l’ho qua poi ce lo vediamo”.

Il giorno delle elezioni arriva e l’atteggiamento della ‘ndrangheta è quasi militare: “I referenti della cosca Pisano fornivano indicazioni ben precise ai candidati e ai rappresentanti di lista su come comportarsi nei seggi”.

C’è pure chi ha il compito di “recarsi presso elettori non meglio identificati, verosimilmente anziani o portatori di handicap, per accompagnarli a votare”: “Devo andare all’Inam mi disse u zio Ciccio… – afferma la nipote di Francesco Pisano – prendo e mi faccio fare il certificato… per zia Concettina e per Carmela”.

La tensione sale così come il dato dell’affluenza che fa aumentare il timore del sindaco Giuseppe Idà di vedere offuscata la sua immagine. Nel tentativo di allontanare da lui ogni sospetto, punta il dito contro i suoi avversari: “‘U nnacamentu’ ha votato a loro… se la mafia aiuta a loro”.

La realtà, per gli inquirenti, era un’altra. Il candidato della ‘ndrangheta, o quanto meno dei Pisano, era Giuseppe Idà e quei voti rappresentavano la cambiale da saldare alla cosca. Lo scrive il gip senza molti fronzoli: “L’esistenza dell’accordo di scambio politico-mafioso viene successivamente riempito anche di contenuto, soprattutto con riguardo alle modifiche ed approvazione del piano strutturale associato (PSA), che direttamente interessavano Pisano per la destinazione urbanistica di terreni che lo stesso aveva in precedenza acquistato assieme allo zio del candidato sindaco”.

“Un altro interesse di Pisano – si legge sempre nell’ordinanza di custodia cautelare – era quello per l’apertura del centro vaccinale a Rosarno, essendo desideroso che lo stesso venisse avviato in un immobile di sua proprietà”.

In un’intercettazione, il dentista mette le mani avanti: “Se si vincono le elezioni, probabilmente daremo battaglia per portare il centro vaccinale di nuovo a Rosarno… siccome io con Salvatore Barillaro (funzionario dell’Asp, ndr) sono amico…”.

La contropartita dei “diavoli” era ancora più ampia. Garantita la vittoria del sindaco Idà, quest’ultimo deve nominare il consigliere Domenico Scriva assessore ai lavori pubblici.

“La richiesta che facciamo, non è che è leggera, – dice il dentista già condannato per mafia – è pesante, però ce la devono dare… L’assessorato va per competenze… quindi… Vediamo se è possibile ‘quagghiare’ una cosetta…”.

La cosetta non “quagghierà” perché “la vittoria alle elezioni comunali – scrivono i magistrati – induceva il neo eletto sindaco, Giuseppe Idà, ad allontanarsi, almeno apparentemente, per ragioni di opportunità, dai suoi amici mafiosi”.

Per farlo, l’intenzione del primo cittadino era quella di “cucirsi addosso l’immagine di ‘paladino della legalità’”. L’occasione per smarcarsi dai clan è l’arresto, il primo dicembre 2016, del latitante Marcello Pesce detto “u ballerino”. Lo stesso giorno il sindaco dichiara alla stampa locale: “È l’ennesima dimostrazione che lo Stato vince sempre. La nostra terra sarà presto liberata dal giogo delle mafie. Esprimo a nome della città sentimenti di profonda gratitudine alle Forze dell’ordine per la brillante operazione eseguita”.

Carmine Pesce, detto “u sardignolo, non la prende bene e, davanti a Pisano, si lamenta dell’atteggiamento di Idà e difende il parente arrestato: “E che ti ha fatto questo a te? Che fai tutto il commento… o no? Mi ha fermato mia moglie… ti giuro, Gli ho detto, ora scrivo su facebook, che i voti… Dove si trova adesso il sindaco… Grazie a Carmelo Pesce che gli abbiamo raccolto i voti… lo faccio andare sotto inchiesta e in due minuti, lo buttano fuori…ma guarda che brutto cambio”.

Dieci giorni dopo, il sindaco trova una cimice dei carabinieri sulla sua Alfa Romeo. Fa fare una bonifica in un’officina e decide di non rimuovere la microspia ambientale. Il perché lo spiega il 14 dicembre nel suo ufficio: “Io vado da Sferlazza (procuratore di Palmi, ndr) dicendogli: ‘Procuratore, io ho scoperto di essere intercettato’… se vi decidete di intercettarmi fatelo perché non ho un cazzo da nascondere voglio dire, ma sono una persona onesta, ve lo dico e ve lo dimostro! Glielo mando per conoscenza anche a Cafiero de Raho (ex procuratore di Reggio Calabria, ndr)”.

In sostanza Idà aveva paura “di un possibile scioglimento del consiglio comunale” e questo ha creato qualche incomprensione con i “diavoli” Pisano a loro volta scontenti della iniziale presa di distanza del neo sindaco dopo la campagna elettorale del 2016. Ci sarebbe stata pure una “riappacificazione” con gli amici “mafiosi”, cercata dallo stesso Giuseppe Idà subito dopo la vittoria delle comunali. Il 10 giugno Letterio Rositano chiama lo zio Francesco Pisano per avvertirlo che Idà aveva sollecitato un incontro a cena: “Dice che vuole, per la settimana prossima vuole una cena con te e con me…dice io ho bisogno di parlare con Ciccio… voglio vedermi con Ciccio…e mi scuso che non l’ho chiamato, perché non l’ho chiamato”.

La cena ci sarà ed è un’altra intercettazione a confermarlo. Questa volta è Francesco Arruzzolo, il fratello del presidente del Consiglio regionale, che chiama il dentista Pisano per digli che il sindaco e suo padre sono già arrivati: “Ti stavo chiamando… vieni a casa mia per favore che siamo qua dai”.

Era il 22 giugno 2016 e da allora sono passati quattro anni e mezzo nel corso dei quali l’avvocato Giuseppe Idà, eletto con i voti della ‘ndrangheta, non ha mai smesso di essere il sindaco di Rosarno.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/21/a-rosarno-la-ndrangheta-sceglieva-candidato-programma-e-anche-il-simbolo/6072567/

Vomito, ergo sum. - Marco Travaglio

 

A chi non si capacita che questo centrodestra, con tutto quel che ha fatto e ha detto, sia in cima a tutti i sondaggi, segnaliamo gli ultimi capolavori della cosiddetta informazione. La giunta Fontana&Moratti invia all’Iss dati sballati sui contagi in Lombardia, che finisce in zona rossa per una settimana, con danni stimati in 600milioni per le attività produttive. Roba da chiedere i danni e i ristori non al suo governo, ma agli incapaci del famoso “modello lombardo” targato Lega-FI-FdI. Titoli sui giornali di destra contro Fontana&Moratti? Zero. Repubblica parla affettuosamente di “pasticcio”, poi intervista la Moratti per un’intera pagina piena di balle. Titolo del Corriere: “La Lombardia torna arancione. Dati errati” (da chi?), “tensione esecutivo-Regione” (chi ha sbagliato? Boh). La Stampa è ancor più gentile: “Scontro fra Palazzo Chigi e Fontana”, “Fra Roma e Milano la guerra dei numeri” (giusti quelli di Roma, sbagliati quelli di Milano, ma fa niente). Insomma, pari e patta. Immaginate se l’errore l’avesse commesso la Raggi: edizioni straordinarie in formato 60 per 30. Come quando la Raggi fu indagata per abuso e falso: decine di prime pagine e titoloni cubitali. Ora il Fatto scopre che per abuso e falso è indagato Zingaretti. Ma non si deve sapere. Corriere: 7 righe a pag. 10. Repubblica: 9 righe a pag. 3. Messaggero: due colonnini in cronaca locale a pag. 40. Stampa: zero tituli. Del resto mica è un grillino.

Alla fine del 2019 nasce Italia Viva, fondata dallo Scilipoti di Rignano sull’Arno, che la riempie di 48 Razzi: tutti eletti nel Pd, nel M5S,in FI, nell’Udc. Trasformismo? No, si chiama riformismo. Ora che qualcuno è tentato di tornare nel Pd per rispetto a chi l’ha votato, è un voltagabbana (la camerata Polverini era riformista quando l’Innominabile la voleva in Iv: ora che vota il governo è di nuovo fascista e naturalmente trasformista). Stesso scippo, ma in miniatura, da Calenda: iscritto al Pd dopo Confindustria, Montezemolo e Monti, si fa eleggere eurodeputato a 16-19 mila euro al mese, poi esce per fondare Azione con un deputato e un senatore, entrambi voltagabbana: l’ex FI Costa e l’ex Pd Richetti. Ma neppure questo è trasformismo: è riformismo. In questi tre anni di legislatura il M5S ha perso 16 senatori e 47 deputati, fra espulsi per regole violate e fuoriusciti per dissensi vari: tutti avevano sottoscritto l’impegno a non cambiare mai gruppo e, nel caso, a versare una multa di 100 mila euro e a dimettersi da parlamentari, ma nessuno l’ha fatto; alcuni si sono fermati nel Misto, altri han traslocato in Lega, FdI, Pd, Iv, persino FI; e ovviamente si tengono tutti lo stipendio pieno, senza più obblighi di “restituzioni”.

Nessuno di loro viene bollato come voltagabbana, anzi il titolo fisso dei giornaloni è contro chi resta (“i 5Stelle perdono i pezzi”, “esodo biblico”, “fuga di massa”, “finiti”, “morti”): ora i trasformisti sono i Ciampolillo che votano con chi li ha portati in Parlamento. Da quando esistono i 5Stelle, i giornaloni ripetono che, per rimediare alle loro vittorie elettorali, il Pd deve allearsi con FI, cioè con B. Che, da pregiudicato pluriprescritto plurindagato plurimputato in conflitto d’interessi, diventa moderato, liberale, europeista, antipopulista e riformista (massì, abbondiamo). Infatti il Pd si allea con lui nei governi Monti e Letta e con pezzi di FI (tra i peggiori: Alfano e Verdini) nei governi R. e Gentiloni. Trasformismo? Macché, riformismo. Intanto una condanna prescritta in Cassazione dichiara B. corruttore di senatori: 10-20 righe, non di più, su tutti i giornali. Ora da FI si staccano la Polverini e l’ex badante Mariarosaria Rossi per votare la fiducia al governo, senza un euro in cambio. Apriti cielo: titoloni scandalizzati su tutti i media.
In tre anni di legislatura, 136 parlamentari hanno cambiato casacca per un totale di 150 casi (alcuni hanno voltato più gabbane), trovando ospitalità in tutti i partiti tranne i 5Stelle (che rifiutano l’adesione agli ex di altri partiti): avete mai letto qualche articolo indignato contro i partiti (tutti tranne uno) che premiano i trasformisti, anziché sbarrare loro le porte? Il trasformismo è un’ottima accusa da lanciare selettivamente contro il nemico di turno: cioè contro Conte, che difende il governo in piena pandemia dallo scilipotismo renziano appellandosi (per ora invano) ai 100 ex 5Stelle ed ex Pd perché rispettino la volontà dei loro elettori. Se anche in dieci ricordassero chi e perché li ha mandati al Senato, non sarebbero trasformisti, farebbero un raro atto di coerenza. E non servirebbe neppure un voltagabbana ex FI o ex Udc. Mercoledì Alfonso Bonafede, uno dei migliori ministri della Giustizia mai visti, spiegherà perché ha chiesto e ottenuto 2,75 miliardi anzichè gli iniziali 750 milioni di Recovery Plan per la giustizia: 16mila nuove assunzioni, processi più rapidi, digitalizzazione degli uffici, nuove carceri, ampliamento e ammodernamento di quelle esistenti in perfetta linea con le richieste dell’Ue. Dovrebbero votare tutti a favore, maggioranza e opposizione. Invece tutto il centrodestra, incluse Iv e Azione, voteranno contro per fargli pagare il blocco della prescrizione, peraltro promesso a suo tempo anche dal Pd e dall’Innominabile. Chi è stato eletto nel Pd sa benissimo che i suoi elettori voterebbero sì. Ma se qualcuno di Iv si azzarderà a essere coerente, passerà per voltagabbana. Vomitate, gente, vomitate.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/24/vomito-ergo-sum-2/6076323/

MERCOLEDI' GRASSO? - Rino Ingarozza


Ho già detto che, secondo me, tutta la strategia per far cadere Conte, si è decisa a Rebibbia subito prima di Natale, quando c'è stata la processione per andare a trovare il pregiudicato Verdini.

Ci sono tanti interessi in gioco. Tantissimi.
Ci sono le cariche pubbliche da rinnovare, processi da prolungare, gestione del recovery, elezione del Presidente della Repubblica, giornali che perderanno tutto il finanziamento pubblico e quindi si deve intervenire. Confindustria che chiede la sua abbondante fetta.
I Benetton, gli Agnelli, gli Angelucci da accontentare.
Ritornare al vecchio. La spartizione delle risorse. Un po' a me e un po' a te. Le mazzette (ma immaginate che potere si ha con 220 miliardi di euro in mano?)
Cantieri a vita persa di opere inutili e che non vedranno mai la fine. Un contentino milionario all'amico (dietro onerosa ricompensa), uno all'amico dell'amico (quanto devo?)
Venghino signori, venghino ..fatevi avanti ma non spingete, ce n'è per tutti.
Questa è la prospettiva. E volete che ci rinuncino? Sai quante telefonate in corso? Sai quante pressioni? Sai quante promesse?
Dicono che le pressioni le stia facendo anche Conte. Loro, lo dicono. Ma, onestamente, voi ce lo vedete Conte, che sa che ha il mitra puntato (in attesa di un errore che da due anni e mezzo non ha ancora commesso), prendere il telefono e chiamare un Senatore di Italia viva (grazie all'ossigeno) o di Forza Noi (dell'Italia chi se ne frega?) O della Lega ladrona? Possibile che ancora non hanno capito che il Presidente Conte ha un'integrità morale come nessuno? Chi ha dimostrato una certa abilità in queste cose, si sa benissimo da che parte stia.
E hanno una fretta tremenda di fare cadere il Governo. Hanno una fretta tremenda di relegare all'angolo quei rompiscatole dei 5 stelle. Quei grillini scassacaxxi. Hanno fretta per modificare e scrivere ex novo il recovery plan ma anche perché e, non c'è ancora nessuno che ne abbia parlato, se non buttano giù il Governo adesso, c'è il rischio di arrivare al semestre bianco. Per i pochi che non lo sanno, il semestre bianco è l'ultimo periodo (sei mesi, appunto) della Presidenza della Repubblica. Semestre bianco che avverrà da metà Luglio sino all'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Perché è importante non arrivare al semestre bianco? Semplice, perché durante questo periodo, il Capo dello
Stato non può sciogliere le camere e quindi non si può andare al voto.
È più chiaro, adesso, il loro disegno?
Cosa accadrà mercoledì....... boh e chi lo sa.
Mr. Bean 2 (o, se preferite, rospo Bean) ha già detto che voterà no alla relazione sulla giustizia di Bonafede. E voterà no, senza averla letta. Pensate che paura deve avere, per sé e per i suoi genitori. Ne ha talmente paura che, pur di non farla passare, rischia di mandare l'Italia alle elezioni e, quindi, decretare la propria morte politica. Ma tanto, evidentemente, qualcosa gli avranno offerto, all'Hotel Rebibbia.
Credo che le sorti del governo dipendano dai Senatori di Italia viva (grazie all'ossigeno). Cosa faranno?
Certamente decideranno autonomamente. Mr. Bean 2 e' riuscito nell'intento di indisporre anche molti di loro. E la Bellanova non si spiega l'odio verso di lui.
Il loro voto dipenderà più da eventuali "offerte riparatrici" esterne, che dagli ordini di scuderia.
Vedremo.
Come ho già detto altre volte, mal che vada si va ad elezioni anticipate. Non muore mica nessuno ...almeno fisicamente. Discorso diverso per il recovery .... .speriamo che l'Europa non perda la pazienza.
E non è detto che vincano loro.
Certo, loro hanno una bella batteria di "fregnacciari" di "raccontaballe" di
"Imboccapopolo", tra giornali e TV.
Una sfilza di giornali e televisioni che, come ho già avuto modo di scrivere, andrebbero denunciati per vilipendio all'intelligenza umana.
Tanto che hanno fatto credere ai lombardi (ovvio, non a tutti) che, il fatto di essere stati in zona rossa, è colpa del Governo e non di Fontana che ha fornito i dati che prevedevano la chiusura. Salvo poi dire "ops mi sono sbagliato, i dati non erano giusti". Però voi prendetevela con Conte e con Speranza. E volete che Selfieman non diceva la sua? ("Il Governo deve pagare i danni"). Pur sapendo di chi fosse la colpa (perché se non lo sa è proprio un deficiente). Ma poi con quella frase è come se si stesse rivolgendo ad un paese straniero. Un paese straniero a cui chiede di risarcire la Padania. C'è poco da fare, l'indole è quella.
Il problema è che i lombardi ci hanno creduto. Praticamente è come se un paziente avesse detto al proprio medico di avere febbre a 42 e il medico gli avesse "ordinato" di ricoverarsi, scoprire che il paziente non ha saputo leggere il termometro e dare la colpa di ciò al medico, che gli ha detto di ricoverarsi. Novelli giuristi.
Credono a tutto, c'è poco da fare. D'altra parte non hanno chiesto conto a Fontana nemmeno della commissione dei camici al cognato e alla moglie .......colpa di Conte e della Raggi, ovviamente.
Ce l'ha detto Salvini.
Credo che, le eventuali elezioni, saranno una sorta di censimento politico ma soprattutto morale.
Capiremo quale ltalia gli italiani vorranno. L'Italia del bene comune, della solidarietà, dell'accoglienza, e del rispetto reciproco. L'Italia della convivenza civile e dell'amicizia con gli altri paesi democratici del mondo.
L'Italia dell'uguaglianza. Oppure l'Italia della Confindustria, delle banche, dei Benetton. L'Italia delle diseguaglianze. L'Italia dell'insofferenza, dell'odio per il diverso. L'Italia dell'isolamento mondiale. L'Italia come l'Ungheria
di Orban o l'America di Trump. L'Italia dei ricchi e dell'isolamento dei poveri.
L'Italia di Conte o dell'accoppiata Salvini-Meloni.
Certo, sarà singolare spiegare ai posteri il perché cadde il Governo Conte.
--Cadde sulla giustizia.
--Perché, voleva scarcerare i criminali?
--No, voleva che i criminali finissero in carcere.

sabato 23 gennaio 2021

E insomma anche questo Bonafede!! - Viviana Vivarelli

 

E leva la prescrizione!
E lascia le intercettazioni!
E metti la legge spazzacorrotti!
E rimetti in carcere i mafiosi liberati!
E velocizza i processi penali! E difendi le vittime domestiche! E vuole pure riformare il CSM! E processi più veloci ed efficienti! E non se ne può più....!

Vuoi mettere i bei tempi quando alla Giustizia c'erano Conso, Bondi, Mancuso o i meravigliosi Castelli, Mastella, Alfano, Nitto Palma!
Quelli sì che erano dei gran bei Ministri della Giustizia!

C'era molta più allegria nel Paese.

Sai mafiosi o corrotti quanto ridevano!
Ma ve lo ricordate quando Maroni raccoglieva le firme su Libero per protestare contro chi diceva che c'era la mafia in Lombardia?? Uno spasso!
Ma povero amore, anche Maroni, il tastierista, che fine avrà fatto?

Quando poi portava le scope verdi! 🙂 Che ridere!! Ora Salvini i mafiosi nel suo partito con cosa li spazza? Con la ruspa?

Viviana Vivarelli 

https://www.facebook.com/photo?fbid=4252750138073251&set=a.107740685907571

Ue: piano ad aprile, riforme e task force per controllare. - Salvatore Cannavò

 

Le nuove “istruzioni” sconfessano le critiche di Renzi e stampa. L’Europa vuole “soggetti specifici” per garantire sui fondi.

Dietro la “bufala” dei ritardi italiani sul Recovery fund si gioca una partita molto più seria e delicata che riguarda il tipo di “riforme” che l’Italia è chiamata a realizzare e le garanzie che l’Europa richiede per sborsare prestiti e sovvenzioni. Lo si legge chiaramente nelle nuove Linee guida (Guidance to member States Recovery and Resilience plans) che la Commissione europea ha licenziato ieri.

Ritardi immaginari. Quanto ai ritardi, il testo non lascia spazio a equivoci: il termine per presentare i piani nazionali di Ripresa e resilienza è fissato al 30 aprile. Solo il prossimo 9 febbraio, poi, tra l’altro, è prevista l’approvazione definitiva da parte del Parlamento europeo del Regolamento sulla governance del Recovery e Resilience Facility, il cuore del Next Generation Eu. Il regolamento è stato approvato dalla commissione Bilancio del Parlamento europeo lo scorso 12 gennaio e ora si attende il voto finale dell’aula e la deliberazione del Consiglio.

Il problema dei ritardi, tra l’altro, sta da un’altra parte e non riguarda l’Italia. Essendo parte integrante del Bilancio europeo e ricorrendo allo strumento delle “risorse proprie”, perché la Commissione possa raccogliere i fondi necessari serve la ratifica dei 27 Paesi della Ue. Ma solo Croazia, Cipro e, guarda un po’, Italia, l’hanno realizzata. La Germania ce l’ha in calendario il 9 aprile, la Spagna ancora non ha fissato una data.

Riforme necessarie Le Linee guida diffuse ieri, invece, lasciano intendere che la Commissione ha a cuore soprattutto i piani di riforma. In tal modo si mantiene la presa sugli Stati nazionali che, in cambio delle cospicue risorse, devono garantire riforme come, ad esempio, “quella delle pensioni, del mercato del lavoro” e in generale quelle “essenziali per garantire l’attuazione efficiente ed efficace degli investimenti” e in grado di garantire un uso improprio dei finanziamenti. Quindi “strategie anti-corruzione, anti-frode e anti-riciclaggio, amministrazione pubblica efficace, efficacia dei sistemi giudiziari e Stato di diritto”. L’indicazione delle riforme è generalizzata, vale per tutti: rispetto alla precedente formulazione, infatti, dalle Linee guida è scomparsa la frase “in alcuni casi” ed è stato aggiunto un paragrafo che impone di segnalare le riforme nel Facility plan.

Controlli specifici Le Linee guida sanciscono ancora che ogni Paese deve individuare degli specific actors, dei soggetti specifici responsabili di controlli “sufficientemente robusti per proteggere gli interessi dell’Unione” ed evitare “frodi, corruzione e conflitti di interessi”. I dispositivi di controllo saranno valutati e se considerati “insufficienti” bloccheranno l’erogazione dei fondi. I “soggetti specifici”, devono avere “capacità amministrative” e “poteri legali”. La preoccupazione del governo di definire una struttura ad hoc non era quindi un vezzo autoritario del premier Giuseppe Conte, ma rispondeva a una precisa richiesta dell’Ue. Così come la centralità che nella prima bozza, pesantemente attaccata da Matteo Renzi, aveva il capitolo Giustizia, rispondeva a una chiara priorità.

Ritardi effettivi In realtà il ritardo è stato provocato proprio da Renzi, che dal 7 dicembre ha messo in mora ogni progresso. Ieri il presidente del Consiglio ha dato seguito a quanto annunciato in Parlamento convocando i sindacati per discutere della bozza e poi anche le associazioni degli agricoltori. Un primo giro di tavolo in cui ogni associazione mette l’accento sulle proprie priorità. Oltre ai confronti sociali, però, l’attenzione è rivolta al Parlamento. Le audizioni potrebbero iniziare venerdì prossimo, 29 gennaio, e concludersi all’inizio della prima settimana di febbraio per poi passare alle relazioni da approvare in aula intorno a metà febbraio e forse anche più in là. A quel punto il Piano sarà inviato alla Commissione. Crisi di governo permettendo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/23/ue-piano-ad-aprile-riforme-e-task-force-per-controllare/6075696/

Governo, Tabacci: “Serve un Conte ter per la fine della crisi”. Italia viva dice di voler riaprire il dialogo, ma Bellanova insiste sul Mes.

 

GLI AGGIORNAMENTI DALLA CRISI - Ore decisive per sbloccare lo stallo e capire se è davvero possibile allargare la maggioranza. Il leader di Centro democratico è stato ricevuto dal ministro degli Esteri e, per sbloccare la situazione, ha suggerito che si lavori a "un esecutivo nuovo" con Conte come punto di riferimento. Intanto i renziani hanno firmato un documento per chiedere di riaprire le trattative con la maggioranza, ma le posizioni interne sono le stesse che hanno portato allo strappo.

Un weekend di trattative per evitare il ritorno alle urne. La crisi di governo sembra essere arrivata a un punto di stallo e le prossime 48 ore saranno decisive per le sorti dei giallorossi. Se dal fronte Palazzo Chigi assicurano che le interlocuzioni per allargare la maggioranza stanno andando avanti, la strada per un nuovo esecutivo al momento rimane bloccata. I primi segnali negativi sono arrivati giovedì sera dal vicesegretario Pd Andrea Orlando, che, intervenendo a Piazzapulita su La7, alla domanda se le “elezioni sono più vicine”, ha replicato: “Purtroppo sì. Ed è quello che temevamo: oltre questo governo, tutte le altre ipotesi sono di molto difficile percorribilità“. Una strategia per sbloccare le trattative? Tutto può essere in queste ore concitate, ma resta il fatto che l’uscita non è piaciuta neanche a un gruppo di senatori Pd (da Pittella a Verducci) che ha chiesto di “non agitare le elezioni come arma finale”. Nell’immobilismo (almeno apparente) generale, oggi però qualcosa è successo: intorno all’ora di pranzo Bruno Tabacci, leader della componente di Centro democratico, ha visto Luigi Di Maio e, all’uscita, ha indicato quella che al momento sembra essere l’unica strada possibile: non un semplice rimescolamento delle carte, ma un vero e proprio nuovo esecutivo (anche se con lo stesso premier). “La possibilità di rafforzare la maggioranza c’è, ma serve un governo nuovo, non basta un piccolo rimpasto”, ha detto Tabacci. “Io penso che Conte sia l’unico punto di equilibrio di questa legislatura. Per concludere la crisi è necessario aprire a un ventaglio di forze più ampio. Renzi al Senato ha fatto un discorso di rottura, ma credo che in Iv ci siano posizioni più concilianti. E poi c’è l’area dei liberal-democratici di Forza Italia“.

Intanto ieri sera i parlamentari di Italia viva si sono riuniti in assemblea e hanno elaborato un documento per chiedere di riaprire il dialogo: “Serve una soluzione politica di respiro ampio”, hanno scritto. Peccato che però, solo poche ore dopo, l’ex ministra Teresa Bellanova è tornata alla carica pretendendo l’uso del Mes, uno dei pochi capitoli davvero divisivi nella maggioranza e sul quale sembra impossibile arrivare a una mediazione: “L’Italia ha bisogno del Mes”, ha scritto su Facebook certificando che, dal giorno della rottura, niente è davvero cambiato per i renziani. Sul fronte di Italia viva però, la riapertura delle trattative con la maggioranza è ritenuta necessaria anche per bloccare le defezioni di quei parlamentari (almeno quattro sarebbero già confermati: Grimani, Comincini, Marino e Conzatti) che invece non intendono andare all’opposizione con la destra sovranista e sono disposti a rientrare nel Pd se le cose si mettessero male. In questo senso va letta la decisione di Palazzo Chigi di accelerare sull’affidamento della delega ai Servizi all’ex ambasciatore a Berlino Pietro Benassi, un punto su cui Iv aveva insistito molto e che potrebbe sbloccare molte discussioni.

Intanto il tempo corre: i numeri per mettere in sicurezza la maggioranza al Senato ancora non ci sono e il prossimo ostacolo sarà il 27 gennaio in occasione del voto alla risoluzione sulla giustizia del ministro Bonafede. Matteo Renzi ha già annunciato l’intenzione di votare no, ma a quel punto non tutti i parlamentari di Italia viva potrebbero seguirlo. I timori nella maggioranza sono che siano tanti i voti a venir a mancare. Ad esempio quello delll’ex Fi e ora tra i responsabili Sandra Lonardo che, interpellata dall’Ansa, ha preso tempo: “Prima di votare, leggerò la risoluzione sulla relazione sulla giustizia per valutare se c’è la volontà di arrivare subito a una proposta, che diventi legge, per accorciare davvero i tempi della giustizia. Perciò chiedo a Conte che sia lui a farsi garante su questo, e che lo faccia subito. In quel caso le mie perplessità potrebbero essere attenuate”. Gli incontri vanno avanti senza sosta e i pontieri sono al lavoro. In serata anche l’ex Fi Maria Rosaria Rossi è tornata a Palazzo Chigi per vedere Conte: massimo riserbo sul contenuto del colloquio, ma la prova che le interlocuzioni si muovono su più direzioni e riguardano anche il fronte del centrodestra.

Italia viva spinge per riaprire il dialogo – In questa fase in cui il rischio immobilismo è sempre più chiaro, sono tornati a farsi sentire i deputati e i senatori di Italia Viva che si giocano l’ultima possibilità per rientrare in maggioranza. Giovedì sera si sono riuniti in assemblea e al termine dell’incontro hanno elaborato un documento: “Esprimiamo”, si legge, “preoccupazione per lo stallo istituzionale di questi giorni, la difficile situazione sanitaria e i drammatici dati economici del nostro Paese” e “ribadiamo con forza la necessità, già espressa nel dibattito parlamentare, di una soluzione politica che abbia il respiro della legislatura e offra una visione dell’Italia per i prossimi anni”. Nel testo, che l’agenzia Ansa ha visionato, i parlamentari garantiscono che “si muoveranno tutti insieme in modo compatto e coerente in un confronto privo di veti e pregiudizi, da effettuarsi sui contenuti nelle sedi preposte”.

Tra i firmatari del documento c’è anche il senatore Iv Eugenio Comincini, tra i parlamentari ritenuti più propensi a un ritorno nel Partito democratico: “Serve riannodare i fili del dialogo e della leale collaborazione, come sostengo da giorni. Bisogna provarci, fino all’ultimo. Facciamolo intorno ad un tavolo, nelle sedi più opportune, politiche o istituzionali”. Un altro dei nomi in bilico e più in difficoltà sulla linea della spaccatura voluta da Renzi è quello di Leonardo Grimani, senatore di Italia Viva, che oggi ha detto di aver firmato “con convinzione” il documento. “Fare in fretta”, ha detto all’Adnkronos. Mercoledì ci sarà il voto su Bonafede e “vanno trovate prima le condizioni per rilanciare un accordo altrimenti saranno problemi”. Ma lei voterà contro la relazione di Bonafede come ha annunciato Renzi? “Vanno fatte valutazioni di contenuto, ma anche politiche perché non possiamo scordare che eravamo al governo insieme. Io mi auguro si trovi prima un accordo“. E sull’ipotesi che i renziani si dividano da Renzi, ha ribattuto: “Sulla linea del dialogo siamo compatti. Da parte nostra non ci sono né veti né pregiudizi. Spero che sia lo stesso anche dall’altra parte. Io mi aspetto che accada qualcosa al massimo entro martedì”.

La tensione e la fretta nell’asse Pd-M5s – Orlando è stato chiaro nelle scorse ore nello spiegare perché il voto rischia di essere l’unico epilogo in caso fallissero le trattative: “Noi non vogliamo mischiare i nostri voti con quelli di Salvini e Meloni, quindi un’ipotesi di unità nazionale non esiste. Mi pare che il M5s non rinunci ad avere Conte come riferimento. In politica se si escludono le vie che non sono percorribili restano quelle percorribili”, ha ripetuto ieri il vicesegretario dem. “Noi crediamo che se si toglie Conte questa maggioranza implode“. Per questo rimarrebbe solo la strada del voto, se le mediazioni non andassero in porto. Se il governo cadesse, “credo che si andrebbe al voto: uno scenario che non auguro per il Paese in un momento così delicato”, ha detto al Corriere della sera Fraccaro. La speranza è quindi che “ulteriori passi in avanti si concretizzeranno nei prossimi giorni”.

Anche tra i dem c’è chi frena sull’ipotesi elezioni anticipate. A rompere la linea sono stati i senatori Gianni Pittella, Dario Stefano, Tommaso Nannicini e Francesco Verducci. “Bisogna ribadire con forza anche in queste ore difficili che il Pd è il partito del rilancio della legislatura. Siamo nel pieno di una drammatica crisi sanitaria e sociale. L’Italia ha bisogno di risposte urgenti. Il Pd rilanci le ragioni di un governo che sia all’altezza delle risposte che si aspettano le italiane e gli italiani, parlando con tutti per trovare la quadra di un programma di legislatura”. Chi cerca subito di bloccare però l’ipotesi della riapertura di un tavolo con Matteo Renzi è il capo politico M5s Vito Crimi: “Leggiamo dichiarazioni e interviste di esponenti politici ancora convinti che ci sia spazio per ricucire con Renzi”, ha detto all’agenzia Ansa. “Questo nonostante le mie e le nostre affermazioni nei giorni precedenti siano state chiarissime in tal senso. Allora lo ribadisco, a scanso di ogni equivoco: per il Movimento non ci sono margini per ricucire con Renzi, la porta è definitivamente chiusa. Non torneremo con chi è inaffidabile fino a questo punto: con chi si è reso responsabile di una crisi in un momento tanto drammatico per il Paese”.

Nel M5s però le tensioni sono tante. E c’è anche chi non esclude una linea più distensiva: “Parlare di ricucitura con i renziani”, ha detto all’Adnkronos il deputato M5s Giorgio Trizzino, “probabilmente è inappropriato ma si può fare qualcosa di diverso: cioè ricreare le condizioni ideali per una riflessione collettiva sui reciproci errori commessi in questi ultimi mesi. E, ove esistano le condizioni, potrebbe essere anche valutabile una riapertura di dialogo con i renziani“. Il quadro rimane molto confuso e le ricostruzioni affidate a fonti anonime, ha osservato su Facebook il senatore M5s Primo Di Nicola non aiutano a semplificare il quadro: “La tutela delle fonti per un giornalista è sacra”, si legge. “Ma quando si leggono articoli, come quelli delle cronache parlamentari, costruiti sistematicamente sull’anonimato di deputati, senatori e presunti leader che non rischiano niente, bisogna dire che qualcosa non va”. Perché, ha continuato, “questi anonimi spesso e volentieri vengono citati solo per descrivere scenari e costruire retroscena assolutamente improbabili, utili solo non a raccontare ma a pilotare gli eventi. Allora chiedo se su questo hanno qualcosa da dire gli autorevoli direttori e magari anche i cronisti, a cominciare da quelli iscritti alla Stampa parlamentare. Se la smettessimo con questo modo di lavorare, forse l’informazione riacquisterebbe in Italia maggiore credibilità. E i giornali tornerebbero ad essere venduti molto di più

I movimenti al centro – È in questa delicatissima fase che è piombata come un macigno l’indagine della procura di Catanzaro sul segretario dell’Udc Lorenzo Cesa (ora dimissionario). Anche perché pesi massimi del Movimento 5 Stelle come Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista hanno messo in chiaro sin da subito che “il M5s non parla con chi è accusato di reati gravi“. L’auspicio, però, è che se Cesa ora è escluso dalla partita – ed era soprattutto lui a spingere l’Udc a rimanere nel centrodestra – qualcosa possa smuoversi tra i suoi. Un primo segnale è arrivato dalla senatrice Paola Binetti: “Io sono convinta che la legislatura non può e non deve finire. Per salvarla farei di tutto, penso che tutti faremmo di tutto”, ha detto in un’intervista al Messaggero. “Poi, sulla formula possiamo discutere”. Binetti sostiene infatti che se il premier ha davvero intenzione di “guardare al centro, non trova una prateria vuota, c’è già l’Udc. Conte deve capire se la sfida che vuole assumere è quella di aggregare questa miriade di piccoli soggetti che stanno al centro. Se questa fosse la sfida, mi vedrebbe interessata“. I colleghi Saccone e De Poli, invece, rimangono fermi sul loro no.

L’unica soluzione è che altri forzisti, dopo le defezioni di Maria Rosaria Rossi e di Andrea Causin, possano arrivare in soccorso del governo. Il centrodestra intanto cerca di rimanere compatto e solo ieri i vertici sono saliti al Quirinale per ribadire al capo dello Stato che “non c’è una maggioranza” e per chiedere il ritorno alle urne. In un’intervista a La Verità, Berlusconi ha dichiarato che “Renzi si è ritirato dal governo che lui stesso si era vantato di aver fatto nascere un anno fa. Ha aperto una crisi politica ma fin qui non ha potuto o voluto andare fino in fondo. Se al Senato Italia viva avesse votato no alla fiducia, il governo Conte non esisterebbe più. Credo che questa crisi sia davvero pericolosa e vada risolta molto in fretta o con un governo di segno diverso oppure con le elezioni, secondo ciò che il Presidente della Repubblica riterrà più opportuno”. Mentre Lega e Fratelli d’Italia sono fermi sul no a un esecutivo di unità nazionale, il leader di Forza Italia però non sembra escluderlo del tutto. Così come Renato Brunetta e l’asse Carfagna-Toti. Uno scenario che ricalcherebbe la “maggioranza Ursula” che a Bruxelles permise il via libera di Von der Leyen al vertice della Commissione Ue, ma che per Pd e M5s non può prescindere dal nome di Conte.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/22/governo-tabacci-serve-un-conte-ter-per-la-fine-della-crisi-italia-viva-dice-di-voler-riaprire-il-dialogo-ma-bellanova-insiste-sul-mes/6074606/

Crisi di governo, Tabacci a Palazzo Chigi incontra Di Maio: "Soluzione è Conte-ter". Si intensificano le trattative con i renziani.

 

Il taccuino politico. Il presidente di Centro democratico a colloquio con il ministro degli Esteri: "C'è tempo fino a mercoledì" per cercare di rafforzare la maggioranza "il premier unico punto di equilibrio di questa coalizione, sennò voto". Con l'ex segretario Udc, Lorenzo Cesa, coinvolto nell'inchiesta per 'ndrangheta si allontana l'ipotesi di un'entrata dei centristi. Polverini passa a Cd. Martella (Pd): "Non temiamo elezioni".

Sono giornate di trattative serrate. Si cerca una soluzione per andare avanti. A proporne una è il presidente di Centro democratico, Bruno Tabacci, tra i principali promotori dei "costruttori", per mezz'ora a Palazzo Chigi nel primo pomeriggio: "La possibilità di rafforzare la maggioranza c'è ma serve un governo nuovo, non basta un piccolo rimpasto. Io penso che Conte sia l'unico punto di equilibrio di questa legislatura", dice al termine del colloquio precisando di aver "incontrato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio". "Per concludere la crisi è necessario aprire a un ventaglio di forze più ampio. Renzi al Senato ha fatto un discorso di rottura ma credo che in Iv ci siano posizioni più concilianti. E poi c'è l'area dei liberal-democratici di FI", aggiunge.

Per aggirare l'ostacolo, a Conte resta ancora la carta Pd. Il partito di Nicola Zingaretti, infatti, sta incessantemente corteggiando i senatori renziani che a settembre del 2019 uscirono dal gruppo dem per seguire l'ex segretario in Italia viva. Intanto i senatori e deputati di Iv escono con una nota congiunta, in cui auspicano una "soluzione politica che abbia il respiro della legislatura". Ma al tempo stesso si riaffaccia l'ipotesi elezioni, prefigurata sia dai "tessitori" centristi come Bruno Tabacci, sia dallo stesso Pd, con il sottosegretario Andrea Martella che oggi afferma di non temere le urne.

Intanto, dopo la notizia del coinvolgimento dell'ormai ex segretario Udc Lorenzo Cesa (che in una lettera a De Poli annuncia le sue dimissioni) in un'inchiesta per 'ndrangheta, la "bomba" Udc piomba sulle trattative di governo a un passo dalla chiusura. Per Giuseppe Conte la partita sembrava avviata verso la conclusione, con la fase due del piano già impostata: entro lunedì sarebbe dovuto avvenire lo stacco dello Scudo crociato da Forza Italia, per dar vita a quel contenitore politico di centro in cui tenere insieme socialisti, liberali e democristiani. Da lì, poi, sarebbe nato il suo partito futuro. Ma la trattativa ora rischia di bloccarsi. Sul punto Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista sono stati chiari: "Mai il M5S potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi". Viceversa i cinquestelle, mentre chiudono la porta a Matteo Renzi, lasciano uno spiraglio aperto per i parlamentari di Iv, con i quali "si è sempre lavorato bene", come sottolinea il capogruppo M5S alla Camera Davide Crippa.

Il prossimo banco di prova per la tenuta del governo poi è la relazione sulla Giustizia del ministro Alfonso Bonafede, che verrà votata mercoledì al Senato e contro cui Renzi potrebbe mettersi di traverso. Ma non sarebbe il solo, visto che il documento suscita perplessità anche in qualche "responsabile", come Sandra Lonardo. A dirlo è suo marito Clemente Mastella: "Mia moglie non voterà contro, ma non credo a favore. A lei non piace l'idea che (Bonafede, ndr) ha fatto della giustizia, il giustizialismo fino alle estreme conseguenze".

Il fine settimana, dunque, si preannuncia di grandi manovre, a tutte le latitudini. Perché anche il centrodestra si muove. Non solo con il colloquio dei tre leader, Matteo SalviniGiorgia Meloni e Antonio Tajani, al Colle, durante il quale hanno ribadito al capo dello Stato che "con questo Parlamento è impossibile lavorare". Ma soprattutto per la mossa di Mara Carfagna, che dando ragione a Giovanni Toti e Luca Zaia, "nella drammatica crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo" vede come "sola prospettiva patriottica in questo momento" un "governo di salvezza nazionale, con una guida autorevole e un sostegno largo, nel quale tutti remino nella stessa direzione".

Tabacci a Palazzo Chigi. E Polverini passa a Cd.

Un colloquio di circa mezz'ora a Palazzo Chigi, dove Bruno Tabacci ha incontrato il ministro degli Esteri. "Considero che il presidente Giuseppe Conte sia l'unico punto di equilibrio di questa coalizione, l'alternativa sono le elezioni", dice il presidente di Centro democratico dopo il colloquio, concetto che aveva già spiegato in mattinata ("Se la maggioranza non si rafforza il passaggio elettorale sarà inevitabile"), a 'Start' su Sky Tg24. "La possibilità di rafforzare la maggioranza passa per un governo nuovo, non credo basti un piccolo rimpasto", aggiunge. Mercoledì in Aula, per il voto sulla Relazione sulla Giustizia del ministro Alfonso Bonafede, ci sarà "una prova di fuoco, lì si vedrà. Io penso che c'è la possibilità di allargare la maggioranza, ma passa attraverso un governo nuovo. Per togliere qualsiasi equivoco, ritengo che il presidente Conte è l'unico punto di equilibrio di questa coalizione. L'alternativa sono le elezioni: se la maggioranza non c'è si va al voto".

Oggi il premier è stato impegnato con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, nel primo di una serie di incontri con le parti sociali sul Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato con le risorse europee. Intanto Renata Polverini e Carmelo Lo Monte hanno formalmente aderito alla componente Centro democratico-Italiani in Europa di Tabacci del gruppo Misto della Camera. Polverini, che martedì scorso aveva votato la fiducia al governo Conte, formalizza così l'uscita da Forza Italia. Lo Monte, eletto con la Lega, era già nel Misto ma non era iscritto ad alcuna componente.

Martella: "Voto una delle opzioni possibili, non lo temiamo".

"Io penso che gli italiani non siano qui in questo momento a desiderare il voto tuttavia l'istanza del voto è sempre democratica e se questa crisi non si risolve con l'allargamento della maggioranza, ci affideremo alle valutazioni del capo dello Stato. Ma noi il voto non lo temiamo e penso che possa essere una delle evoluzioni di questa situazione", afferma il sottosegretario alla presidenza del consiglio e dirigente del Pd, Andrea Martella, su Rai news. Per Martella quella con Matteo Renzi e Iv è una "frattura scomposta, difficile da ricomporre", "non mi pare che la linea del Pd guardi all'archiviazione di quello che è successo come se niente fosse". "Ora - spiega il sottosegretario - si tratta di vedere se la maggioranza può essere allargata, verificando se si creano le condizioni di un'area liberale e democratica" in modo da siglare un nuovo patto di legislatura e ridefinire programma e squadra di governo. In ogni caso, ha sottolineato, "dobbiamo fare presto, non c'è dubbio. Se lei mi chiede un arco temporale io le dico qualche giorno".

Il capogruppo dem in Senato, Andrea Marcucci, su Twitter riassume la posizione del suo partito: "Reputo che tutto il gruppo dirigente del Pd sia consapevole che il ricorso alle elezioni anticipate non sia in alcun modo opportuno ma vista la situazione è un rischio che non si può escludere". Dello stesso parere,  il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli: se fallisce l'operazione 'costruttori' e con Renzi è chiuso il dialogo definitivamente, come ha detto oggi Crimi, restano le elezioni anticipate "non ci sono alternative", osserva.

Di Battista: "Allontanare renzismo da politica è dovere morale".

"Ho sempre ritenuto che la mancata revoca" di Autostrade "durante il Conte I fosse imputabile alla pavidità di Salvini. Al contrario ritenevo che il Conte II avrebbe trovato le stesse identiche difficoltà per la contiguità di taluni esponenti del Pd con determinati gruppi industriali italiani. E mi riferivo, soprattutto, alla compagine renziana, trombettieri del peggior establishment del Paese. Oggi che allontanare definitivamente il renzismo dalla scena politica italiana non è affatto impossibile, credo sia un dovere morale andare fino in fondo". Così Alessandro Di Battista coon un suo articolo rilanciato Facebook torna a schierarsi contro Matteo Renzi.

Crippa (M5S): "Renzi si è messo fuori da solo. Ma con i parlamentari di Iv si può parlare".

"Renzi ha portato avanti posizioni inconciliabili con il perimetro della maggioranza che sostiene il governo e si è messo da solo all'opposizione. Non ci sono margini per ricucire con lui". E' quanto ha affermato il capogruppo del MoVimento 5 Stelle alla Camera, Davide Crippa, a Rainews24. "Diverso è il discorso per i parlamentari di Italia Viva - ha proseguito Crippa - con cui abbiamo lavorato bene e con i quali si può discutere e può proseguire un discorso costruttivo".

I parlamentari di Iv: "Soluzione politica di respiro".

I deputati e i senatori di Italia Viva escono con una nota congiunta nella quale affermano di osservare "con preoccupazione lo stallo istituzionale di questi giorni, la difficile situazione sanitaria e i drammatici dati economici del nostro Paese". Ribadiscono con forza "la necessità, già espressa nel dibattito parlamentare, di una soluzione politica che abbia il respiro della legislatura e offra una visione dell'Italia per i prossimi anni. E confermano "che si muoveranno tutti insieme in modo compatto e coerente in un confronto privo di veti e pregiudizi, da effettuarsi sui contenuti nelle sedi preposte".

Comincini: "Ho firmato l'appello Iv, ora torni il dialogo".

Il senatore di IV Eugenio Comincini, uno tra i più "corteggiati" per un ritorno nel Pd, spiega di aver firmato convintamente l'appello dei parlamentari del suo partito e conferma l'apertura: "Serve riannodare i fili del dialogo e della leale collaborazione, come sostengo da giorni. Bisogna provarci, fino all'ultimo. Facciamolo intorno ad un tavolo, nelle sedi più opportune, politiche o istituzionali. Davanti agli italiani, con rispetto e senso di responsabilità".

Amendola: "Europeismo può allargare e unire".

"Sono molto contento che negli ultimi passaggi, dopo mesi in cui si criticava l'Unione europea, l'europeismo sia ora un valore di una larga fetta di partiti e parlamentari. È un elemento discriminante perché abbiamo una destra che ha sempre scommesso su fallimento dell'Ue", sostiene il ministro degli Affari europei Vincenzo Amendola a margine di un incontro con il rettore dell'università di Napoli Federico II Matteo Lorito. "L'europeismo - osserva - è nella nostra identità, non solo storica, ma anche per quello che stiamo facendo oggi sulla pandemia, sul Recovery e per dare forza a un'alleanza transatlantica nuova. L'europeismo può allargare e unire, penso a personalità come Napolitano e come quei valori stiano tornando a essere un elemento di forza per il Paese".

Cesa scrive a De Poli: "Mi dimetto, coinvolto in vicenda dolorosa".

Lorenzo Cesa ha recapitato la lettera di dimissioni da segretario al presidente del consiglio nazionale dell'Udc, senatore Antonio De Poli. ''Caro Antonio, in rispetto della nostra storia, dei nostri valori per la dedizione con cui i nostri militanti difendono i nostri valori mi impongono di rassegnare le mie dimissioni'', si legge nella lettera. Cesa aggiunge tra l'altro: ''mi sono sempre adoperato per garantire, nella nostra casa di vetro, la massima trasparenza e pertanto ti trasmetto la nota in cui ti sintetizzo la mia posizione affinché il consiglio nazionale possa fare una puntuale valutazione della vicenda che mi vede dolorosamente coinvolto''.

Minacce social alla ex di Fi, Rossi. "Attenta quando attraversi la strada".

''Ricevo insulti e minacce da giorni ma quello che davvero conta sono tutti quei messaggi di stima, di affetto e di sostegno ad andare avanti. Siete la mia forza''. Lo scrive sul suo profilo Instagram la senatrice Maria Rosaria Rossi che ha lasciato Forza Italia dopo aver votato la fiducia al governo Conte. La senatrice mostra uno dei messaggi ricevuti in cui si legge: "Ti auguro tutti i tipi di malattie possibili e immaginabili a te e i tuoi cari e fai attenzione quando attraversi la strada che le macchine corrono...".

Il neo 'responsabile', il senatore Andrea Causin, invece, assicura che non c'è lo zampino di Silvio Berlusconi dietro il suo sì al governo Conte. L'ex azzurro è sicuro di poter parlare anche per la sua collega Maria Rosaria Rossi, considerata una delle fedelissime del Cav. ''È stata una scelta sofferta e dolorosa, meditata e consapevole'', giura Causin. Che precisa: ''Nessuna ripicca personale e avallo da parte della leadership di Forza Italia, semplicemente abbiamo fatto una scelta consapevole e strettamente personale''.

https://www.repubblica.it/politica/2021/01/22/news/crisi_di_governo_pd_italia_viva_centristi-283722268/