Nella relazione del guardasigilli trasmessa al Parlamento si sottolinea come "non soltanto gli investimenti richiesti dal Ministero della Giustizia, ma l'intero Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sarà scrutinato tenendo conto della capacità di affrontare con riforme normative, investimenti e misure organizzative i problemi del processo civile e penale e di apprestare un’efficace prevenzione della corruzione".
Non solo i tre miliardi di euro destinati alla giustizia, ma tutti i 209 miliardi del Recovery fund sono vincolati a una riforma della giustizia che velocizzi i processi. E alla lotta alla corruzione. È il concetto sottolineato nella relazione del guardasigilli Alfonso Bonafede. Il documento avrebbe dovuto essere illustrato dal ministro alla Camera e al Senato. Il Parlamento avrebbe poi dovuto votare una relazione a favore e una contro. Alla prova della giustizia, però, il governo di Giuseppe Conte avrebbe seriamente rischiato di andare sotto: è per questo motivo che il premier si è dimesso. Con l’esecutivo in carica solo per gli affari correnti, dunque, la relazione è stata soltanto trasmessa al Parlamento e non sarà né discussa e neanche votata. Depurato dalle polemiche politiche, che esplodono puntualmente ogni volta che si discute di riforme giudiziarie, il contenuto del dossier preparato da via Arenula è d’interesse fondamentale visto che in oltre duecento pagine, il ministro analizza lo stato della giustizia nel 2020, ed espone le linee guida del 2021. Significa, essenzialmente, in che modo verranno utilizzati i fondi del Recovery. Un piano d’aiuti che è tutto legato alla capacità del nostre Paese di operare riforme di sistema per velocizzare i processi. Senza un sistema giudiziario efficente, infatti, è impossibile progettare una ripresa economica post emergenza. Ma andiamo con ordine.
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“I soldi del Recovery e le riforme” – “La proposta di Regolamento Next Generation EU (NGEU) e le linee guida in corso di elaborazione evidenziano come la soluzione delle questioni poste in risalto dalle cosiddette “Raccomandazioni Paese” costituisca il primo e più importante banco di prova dell’ammissibilità dei progetti candidati ad ottenere il Recovery fund. Non soltanto gli investimenti richiesti dal Ministero della Giustizia, ma l’intero Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sarà scrutinato tenendo conto della capacità di affrontare con riforme normative, investimenti e misure organizzative i problemi del processo civile e penale e di apprestare un’efficace prevenzione della corruzione“, scrive il guardasigilli nella sua introduzione. Come ha spiegato più volte ilfattoquotidiano.it è stata l’Europa a chiedere al nostro Paese di operare le riforme sulla giustizia. ” Nelle Country Specific Recommendations indirizzate al nostro Paese negli anni 2019 e 2020, pur dando atto dei progressi compiuti negli ultimi anni, la Commissione Europea esorta: ad aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile; a favorire la repressione della corruzione, anche attraverso una minore durata dei procedimenti penali; ad attuare tempestivamente e a favorire l’applicazione dei decreti di riforma in materia di insolvenza, al fine di velocizzare i procedimenti di esecuzione forzata e di escussione delle garanzie e a rafforzare ulteriormente la resilienza del settore bancario”, ricorda il ministero.
“Combattere la corruzione assicura la ripresa economica” – La relazione dell’anno 2020 della Commissione Europea sottolinea la particolare rilevanza di questi fattori di criticità nel contesto dell’emergenza pandemica, osservando che “un sistema giudiziario efficiente è fondamentale per un’economia attraente e propizia agli investimenti e all’imprenditoria e sarà fondamentale nel processo di ripresa, anche mediante l’attivazione di quadri efficienti per il salvataggio e il rilancio. L’efficacia nella prevenzione e nella repressione della corruzione può svolgere un ruolo importante nell’assicurare la ripresa dell’Italia dopo la crisi. In particolare, la trasparenza nel settore pubblico e il rafforzamento dei controlli per contrastare la corruzione possono evitare i tentativi della criminalità organizzata di infiltrarsi nell’economia e nella finanza, di turbare le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici e, più in generale, di distrarre le risorse pubbliche necessarie per gli investimenti”. Nel documento di via Arenula si sottolinea come soffermandosi sullo stato dell’arte, la Commissione Europea evidenzia che “i tempi di esaurimento dei procedimenti penali presso le corti di appello continuano a destare preoccupazione, ma sono attualmente in discussione al Parlamento riforme globali volte a snellire le procedure penali”.
“Investimenti credibili solo senza lunghi contenziosi giudiziari”- Per questo motivo, continua la relazione, “la confidence delle istituzioni europee verso le prospettive di rilancio del nostro Paese è dunque fortemente condizionata dall’approvazione di riforme e investimenti efficaci nel settore della giustizia. Non può del resto sfuggire come qualsiasi progetto di investimento – anche estraneo al settore giustizia strettamente inteso – per essere reputato credibile dev’essere immunizzato dal rischio che un lungo contenzioso giudiziario ne ostacoli la realizzazione entro le scadenze stabilite dal Regolamento Next Generation EU “. Il guardasigilli ricorda poi che “i progetti di riforma del processo penale, del processo civile e dell’ordinamento giudiziario”, cioè quelle chiesti da Bruxelles, sono stati “approvati dal Consiglio dei Ministri nell’anno 2019 e nel 2020, sono attualmente all’esame del Parlamento. Si tratta, quindi, di misure elaborate prima della pandemia, della crisi economica e sociale che ne è conseguita e, dunque, prima che si aprissero le prospettive di ripresa incarnate dal Next Generation EU”. L’inquilino di via Arenula spiega che la riforma “del processo penale “risponde principalmente alla esigenza di assicurare la ragionevole durata del processo penale e la piena garanzia del contraddittorio nell’ottica del migliore equilibrio tra accusa e difesa. È ovviamente necessario assicurare un accertamento il più possibile ravvicinato rispetto al fatto reato in modo da soddisfare, con strumenti appropriati: il valore costituzionale e convenzionale (Cedu) della ragionevole durata del processo; la difesa dell’imputato dal rischio di perpetuazione della servitus iustitiae; la coerenza della pena, eventualmente irrogata, con le sue finalità rieducative; la credibilità del sistema in chiave general-preventiva”.
Col Recovery 16mila assunzioni – Chiaramente, si spiega nel dossier, “nessuna riforma può essere efficace senza l’immissione di risorse umane e strumentali adeguate, senza mettere benzina nella macchina della giustizia“. A questo serviranno i fondi del Recovery. “Dei circa 3 miliardi di euro attribuiti dalla bozza di PNRR – continua la relazione – trasmessa al Parlamento al settore della giustizia, 2,3 miliardi sono destinati ad assunzioni a tempo determinato dedicate in larga parte al rafforzamento e alla riqualificazione dell’Ufficio per il processo”. Ufficio che “potrà ora essere alimentato da 16.000 addetti con contratto a tempo determinato e da 2.000 magistrati onorari aggregati”. L’obiettivo è “assorbire, nell’orizzonte previsto (2026), l’arretrato che rappresenta il principale fattore di rallentamento dei processi e l’ostacolo pratico all’attuazione del diritto alla ragionevole durata”. Altri 4.200 operatori a tempo determinato saranno chiamati a rafforzare la capacità amministrativa del sistema. E un contingente di 100 magistrati onorari ausiliari supporterà la sezione tributaria della Corte di Cassazione, “che è gravata da un numero di pendenze superiore al dato globale di tutte le altre sezioni civili della Corte di legittimità”. Sempre sul fronte degli investimenti, un capitolo è dedicato all’edilizia carceraria: “Altro settore di particolare attenzione attiene all’obsolescenza degli edifici, al degrado degli spazi della giustizia e all’inadeguatezza dimensionale delle strutture, esasperata dalle esigenze di distanziamento imposte dalla pandemia. Una delle linee di finanziamento, dell’ammontare di circa 470 milioni di euro, è perciò dedicata alla realizzazione di nuove cittadelle giudiziarie e alla riqualificazione delle strutture esistenti, in un’ottica green e di sicurezza sismica”.
“Rallentamento con la pandemia, ma attività mai interrotta” – Chiaramente la gran parte della relazione è dedicata allo stato della giusizia nel 2020, anno segnato dall’emergenza coronavirus. “La pandemia ha determinato un rallentamento dell’attività e i dati appena riportati testimoniano, tuttavia, che essa non si è mai interrotta. L’amministrazione ha affrontato la gravissima emergenza epidemiologica seguendo una duplice direttiva: preservare la salute degli operatori; garantire che i servizi di giustizia risentissero il meno possibile delle disfunzioni collegate alle misure di ‘confinamentò succedutesi nelle diverse fasi della crisi”, scrive Bonafede. “I Tribunali e le Corti di appello nel settore civile hanno definito più di quanto sia stato iscritto: sia in primo che in secondo grado le pendenze del civile al 31.12.2020 sono diminuite anche rispetto al dato del 2019 (229.959 nel 2020 contro i 241.673 del 2019 per la Corte e 1.988.477 contro i circa 1.989.905 per i Tribunali)”, riporta la relazione, evidenziando che “soprattutto nel secondo semestre dell’anno (fase 2 dell’emergenza sanitaria) la produzione degli uffici del settore civile è stata tale da determinare un indice di smaltimento dell’arretrato (clearance rate) di segno positivo: 1,12 nelle Corti d’appello; 1,08 nei Tribunali”. Per combattere il contagio il ministero ricorda che “alla fornitura di dispositivi di protezione ha fatto seguito una nuova regolamentazione del lavoro da remoto, che ha permesso un impiego ridotto della forza lavoro ‘in presenza’, in modo da limitare le occasioni di contagio sul posto di lavoro e nel corso degli spostamenti dei lavoratori da e verso gli uffici”. E riguardo agli investimenti “ammonta a 31 milioni la spesa degli uffici per acquisto di dispositivi di protezione (mascherine, barriere para-fiato, sanificazioni, materiale igienizzante)”.
Stabili i processi pendenti, con la pandemia +4,3% – Nel corso dell’ultimo anno il numero complessivo di procedimenti penali pendenti presso gli Uffici giudiziari è rimasto stabile, attestandosi al 30 settembre 2020. Nei primi nove mesi del 2020, quando l’attività giudiziaria è stata rallentata dall’emergenza epidemiologica, il totale dei procedimenti penali pendenti presso gli uffici giudicanti è cresciuto del 4,3%. Nello stesso periodo si è, invece, ridotto il numero di procedimenti pendenti dinanzi agli uffici requirenti (-2,7%). Rispetto all’anno precedente, a un generalizzato calo del numero delle nuove iscrizioni (-11,71% sul totale), corrisponde un altrettanto generale calo delle definizioni (pari al -16,40%). “Globalmente, si registra un aumento delle pendenze pari all’1,51%. Per quanto riguarda le procure il trend delle definizioni, fortemente influenzato dalla situazione pandemica, evidenzia una generalizzata riduzione pari, rispettivamente, al 17,59% per i reati di competenza della Direzione distrettuale antimafia, al 10,74% per i reati ordinari e al 17,29% per i reati di competenza del giudice di pace. Per gli uffici di Tribunale, nel complesso, l’anno giudiziario 2019/2020, rispetto al precedente, evidenzia una diminuzione delle iscrizioni (in calo del 14,35%) e delle definizioni (in calo del 19,43%). Stesso discorso per la Corte di Cassazione (diminuite iscrizioni e definizioni, rispettivamente nella misura del 18,62% e del 28,78%).E per le Corti di Appello (ad un calo delle iscrizioni pari al 15,79% corrisponde una riduzione delle definizioni nella misura del 25,08%)”.
Nel Civile -5% in Appello – Sul fronte civile, invece, il numero totale di fascicoli pendenti era pari a 3.292.218. Un dato complessivamente stabile rispetto al 2019 e che vede la conferma di un trend decrescente nelle Corti d’appello (-4,8%), ma un aumento invece presso la Corte di Cassazione (+2,9%). “Nel 2020 – si legge nel dossier – il rapporto tra procedimenti definiti e iscritti è stato pari a 1,01, un valore di sostanziale stabilità. Tuttavia, occorre considerare che l’andamento è il risultato di una riduzione sia dei procedimenti sopravvenuti (-18%) che di quelli definiti (-20%) rispetto al dato del 2019. L’erosione dell’arretrato cosiddetto “patologico” o “a rischio Pinto” si arresta nel 2020, con un incremento marcato in Corte di Cassazione, pari al 12,2%, una crescita evidente anche in Tribunale (+3,1%) e più contenuta in Corte d’Appello (+1,1%). Rispetto al 2013, tuttavia, la contrazione è pari al 46% in primo grado ed al 50% in secondo grado”.