domenica 14 febbraio 2021

Conte lascia palazzo Chigi tra gli applausi. Casalino in lacrime.


I dipendenti della presidenza del Consiglio, affacciati alle finestre, hanno omaggiato Conte con un lungo applauso.

Dopo il passaggio della campanella che segna l'insediamento del nuovo governo a Palazzo Chigi, l'ormai ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte si congeda dalla sede di governo con il saluto del picchetto militare dei Granatieri di Sardegna. Conte, visibilmente commosso, al termine degli onori militari nel cortile di palazzo Chigi, chiama vicino a se' la compagna Olivia Paladino. Dalle finestre del palazzo si affacciano decine di dipendenti che gli riservano un lungo applauso, al quale Conte risponde con un caloroso saluto. In strada un gruppo di sostenitori  grida slogan in favore dell'ex premier. 

Si commuove anche Rocco Casalino. Il  portavoce di Conte, mascherina bianca sul volto, non trattiene le lacrime. Qualche fotografo cattura l'immagine, che  ora sta rimbalzando sui social. 

https://www.rainews.it/dl/rainews/media/Conte-lascia-palazzo-Chigi-tra-gli-applausi-con-la-compagna-casalino-in-lacrime-4f103d4f-044b-4201-8dc1-a39ff3991fb5.html#foto-1

Conte, Draghi e la lezione di Goria, il commercialista di Asti che cominciava a piacere troppo. - Gianfranco Rotondi

Former Premier Giuseppe Conte waves after the handover ceremony with the new Prime Minister Mario Draghi at Chigi Palace, the premier's office, in Rome, Italy, 13 February 2021. ANSA/FABIO FRUSTACI


Ero un ragazzo democristiano quando l’Italia era governata da Gianni Goria, commercialista meno che cinquantenne di Asti. Era stato per anni il ‘golden boy’ della sinistra democristiana del Nord, un misto di popolarismo piacione e competenza tecnocratica.

Il suo momento era venuto dopo le elezioni politiche del 1987, susseguite al lungo governo di Bettino Craxi, interrotto dalla rivendicazione democristiana di una ‘alternanza’ alla guida dell’esecutivo. Allora queste erano le usanze. Alle elezioni la Dc aveva retto, l’onda lunga socialista era stata poco più di una risacca, e Craxi dovette cedere alla Dc la guida del governo, puntando però su una figura di profilo minore, meno ingombrante di un De Mita o di un Andreotti. E nacque l’unico governo di Gianni Goria, carico come una portaerei di tutti i notabili democristiani, da Giulio Andreotti a Fanfani a Colombo a Donat Cattin. Rileggere su Wikipedia la composizione di quel governo mi dà lo struggimento di quando ad Avellino sfoglio l’album del matrimonio dei miei genitori.

Goria fu pari alla sua fama: veloce, tecnocratico, competente. Si circondò di gente giovane e attrezzata. Uno glielo presentò Bruno Tabacci, suo consigliere politico e già ras lombardo della sinistra dc: Tabacci introdusse alla corte di Goria il giovane Mario Draghi, già carico di onori curricolari nonostante la verdissima età.

Goria governò l’Italia per un annetto scarso, districandosi tra capricci socialisti e democristiani ,e infrangendosi su un incidente parlamentare relativo alle scelte in materia di nucleare.

I corridoi di piazza del Gesù raccontavano altro, in verità. Capannelli di notabili dorotei sussurravano che quel premier alzava un po’ troppo la cresta: ‘è giovane e bello ma non si starà montando la testa?’ si chiedevano le vecchie zie Dorotee. E qua e là nel partito saliva l’angoscia per un capo di governo che convinceva ogni giorno di più, e - cosa supremamente vietata ai democristiani - piaceva persino alle donne.

Per Goria iniziò una vita grama che divenne tempestosa quando anche a via del Corso - sede del Psi - si scrutarono sondaggi favorevolissimi al premier di Asti. Erano gli anni in cui Bettino covava una riforma presidenzialista cucita addosso alla sua popolarità, figuriamoci se poteva accettare l’imprevisto di un premier democristiano più popolare di lui.

Le cucine socialista e democristiana prepararono il benservito a Gianni Goria, a meno di un anno dal suo giuramento. E Gianni tornò ‘il commercialista di Asti’, come lo chiamava Donat Cattin con la tipica sua diffidenza per chiunque entrasse in politica con fama tecnocratica.

Trentaquattro anni dopo si insedia a palazzo Chigi il più giovane e brillante collaboratore di Gianni Goria. Chissà se Mario Draghi avrà pensato all’analogia tra il suo mèntore democristiano e il suo predecessore grillino: come a Goria, anche a Conte è stato fatale lo ‘specchio delle sue brame’ che lo segnalava come il più popolare del reame grillino.

E puntuale è giunto lo sfratto, assai meno garbato di quello ricevuto da Goria, che rimase nel pantheon correntizio, e più tardi fu anche riportato al governo.

Passano le repubbliche, ma non i vizietti del ceto politico: se si accede al governo senza una propria truppa, è vietato essere popolari.

https://www.huffingtonpost.it/entry/conte-draghi-e-la-lezione-di-goria-il-commercialista-di-asti-che-cominciava-a-piacere-troppo_it_6027d897c5b680717ee80332

Governo, Conte passa la campanella a Draghi. Fatto fuori da una manovra di palazzo, esce tra gli applausi dei dipendenti di Chigi.

 

Il premier che ha ottenuto i 209 miliardi della Ue sostituito da chi vuole garanzie per gestirli. Attraverso un'operazione politica guidata da Renzi e appoggiata dai maggiori gruppi economici ed editoriali del Paese. Una manovra che già nel maggio scorso il vicesegretario del Pd Orlando (oggi ministro del Lavoro) aveva pronosticato: "Nelle prossime settimane vivremo una serie di attacchi al governo finalizzati alla sua caduta, ispirati anche da centri economici e dell’informazione."

Sui social circola una battuta. Anzi non è una battuta: è una classifica. Mette in fila la lista dei presidenti del consiglio per durata del mandato. La top ten si chiude con Matteo Renzi, che a Palazzo Chigi è rimasto per 1024 giorni. Subito dietro, a trentasei giorni di distanza, c’è Giuseppe Conte. Eccola la battuta, non troppo ironica: è per questo che il leader di Italia viva ha fatto cadere il governo? È per questo che l’ex segretario del Pd ha provocato la crisi politica dal quale è nato l’esecutivo di Mario Draghi? Per tenere a distanza dal suo decimo posto l’inseguitore, distante poco più di un mese? Il diretto interessato, chiaramente, smentisce. Negli ultimi giorni, però, ha cominciato ad ammettere – quasi a rivendicare – di avere buttato giù la maggioranza che sosteneva Conte con l’unico obiettivo di sfrattare l’inquilino di Palazzo Chigi. Ma lo ha fatto, sostiene, solo perché voleva un governo guidato dall’ex presidente della Bce. “Tutti sapevano che Draghi era migliore di Conte, ma nessuno ha avuto il coraggio di lavorare in questa direzione”, si è vantato in una serie di interviste rilasciate alla stampa internazionale. “Questa era la mia strategia. Ho fatto tutto da solo, con il 3 per cento“, è arrivato a dire. Ammettendo dunque che tutte le richieste avanzate a Conte negli ultimi mesi – dal Mes al Recovery – erano assolutamente strumentali alla caduta dell’esecutivo.

Obiettivi raggiunto. Oggi Giuseppe Conte ha lasciato palazzo Chigi. Ha accolto il suo successore, proveniente dal giuramento del Quirinale, ha partecipato alla nota cerimonia della campanella, quindi è uscito dal palazzo che ospita la sede del governo. È uscito nel cortile dove lo attendeva il picchetto d’onore ed è stato applaudito dai dipendenti di Palazzo Chigi, che lo hanno salutato affacciandosi dalle finestre. Conte li ha ringraziati e, insieme alla compagna Olivia Paladino, è salito in macchina. Fuori dal Palazzo ha trovato una piccola folla, che si era riunita dall’altro lato della piazza e che ha intonato anche un coro “Conte Conte”.

Finisce così l’ultimo atto della “strategia” di Renzi. Che per la verità il leader d’Italia viva non ha portato avanti tutto da solo. Da tempo i principali settori di potere italiano bombardavano il governo Conte. Già nell’inverno scorso Italia viva aveva cominciato una guerra a bassa intensità: avrebbe probabilmente portato a una crisi con dodici mesi di anticipo, se non fosse scoppiata la pandemia. All’epoca il casus belli era la riforma della prescrizione, eterno campo minato che aveva già convinto Matteo Salvini a buttare giù il governo gialloverde. Dopo la pandemia, invece, la giustizia è stata soltanto uno dei prestesti utilizzati dai renziani per indebolire ogni giorno la maggioranza di cui facevano parte. Gli altri sono noti: la delega ai Servizi segreti che Conte non voleva cedere a un sottosegretario, il Mes, la cabina di regia del Recovery plan, la divisione dei fondi in arrivo da Bruxelles. Tutte istanze che sono scomparse da quando Sergio Mattarella ha dato l’incarico a Draghi. Anzi, con una giravolta tragicomica, i renziani sono arrivati a dire che adesso il Mes non serve più.

L’ennesima prova che suggerisce come l’unico vero obiettivo di Italia viva fosse sfrattare Conte da Palazzo Chigi. Un obiettivo perseguito in comunione d’intenti con diversi ambienti del potere italiano. A mettere in fila fatti e dichiarazioni d’archivio si può dire che Giuseppe Conte inizia a cadere quando ottiene da Bruxelles lo stanziamento degli ormai noti 209 miliardi di fondi per la ripartenza post pandemia. E qui va ricordata una cosa: è il premier uscente che ha consentito al nostro Paese di ottenere un risultato senza precedenti dall’Unione europea. È durante il suo mandato che l’Ue cambia diametralmente strategia, passando dall’austerità agli aiuti a fondo perduto per uscire dall’acrisi. Già dopo la fine del lockdown, quando si capisce che l’Europa avrebbe cambiato la sua politica economica per fronteggiare la crisi del Covid, che gli attacchi all’esecutivo s’intensificano. Appena si capisce che arriveranno miliardi di fondi europei si mette in moto una sorta di meccanismo. Sembra una teoria del complotto ma è l’oggetto di una denuncia di un esponetne della maggioranza. E non è un complottista grillino. “Nelle prossime settimane vivremo una serie di attacchi al governo finalizzati alla sua caduta, ispirati anche da centri economici e dell’informazione, non tanto per correggere come è lecito l’attività di governo ma per rivedere il patto di governo e riorganizzare la maggioranza”, dice il 16 maggio Andrea Orlando, vicesegretario del Pd e politico al di sopra di ogni sospetto: non faceva parte del governo Conte, mentre oggi entra in quello Draghi come ministro al Lavoro.

L’analisi del numero due di Nicola Zingaretti è lucida: l’obiettivo è far fuori il governo Conte per gestire i soldi che arriveranno dall’Europa. “Dobbiamo saperlo: gestire quei flussi finanziari fa gola a molti, e alcuni si prestano anche a operazioni politiche che vanno in questo senso. Ci parleranno della capacità comunicativa di Conte o dell’errore di questo o quel ministro, ma all’ordine del giorno c’è un altro tema, provare a vedere se si costruisce un’altra formula politica”. Quelli erano i giorni in cui Fca aveva chiesto 6 miliardi di prestiti con garanzia pubbblica, solo alcune settimane dopo aver ufficializzato l’acquisto di RepubblicaLa Stampal’Espresso e degli altri giornali e mezzi di comunicazioni del gruppo Gedi. Gli Agnelli cambiano direttore (via Carlo Verdelli dentro Maurizio Molinari) e linea editoriale: quello che un tempo era il principale quotidiano del centrosinistra italiano accentua – e di parecchio – gli attacchi nei confronti di un governo sostenuto da una maggioranza di centrosinistra. Una linea condivisa anche dagli altri principali giornali italiani: risalgono proprio a prima dell’estate i primi retroscena su un possibile cambio di governo, per virare su una formula a larghe intese. Il nome di Mario Draghi inizia ad aleggiare dietro a ogni pagina, quando editorialisti e commentatori iniziano ad auspicare l’arrivo di un premier “europeista“. E pazienza se è grazie a Conte, alla sua strategia tenuta durante i vari consigli europei, ai rapporti creati con gli altri leader dell’Unione, se alla fine Bruxelles ha deciso di stanziare per il nostro Paese la cifra di gran lunga più alta per la ripartenza post Covid.

L’estate trascorre così. L’autunno, invece, diventa caldo. Non tanto per la crisi economica che c’è e si sente, ma non provoca i pericolosi disordini sociali pronosticati – quasi auspicati – dai commentatori di ogni estrazione politica. La tensione si alza perché a settembre ci sono le elezioni regionali e il referendum sul taglio dei Parlamentari. Il centrodestra sembra avanzare, quasi ovunque Renzi corre separato dal Pd e dal M5s. A cinque giorni dal voto, Goffredo Bettini, lancia l’allarme: “Ci sono forze che vogliono normalizzare il Paese e colpire un governo libero, che non risponde a nessun potere esterno; che non accetta condizionamenti o diktat. A questo nostro profilo si oppone il “salotto buono” del capitalismo italiano che agisce anche comprando i giornali. E poi la Confindustria di Bonomi, molto aggressiva”, dice in un’intervista al Fatto Quotidiano. In cui fa esplicitamente il nome di Renzi : “Invece di lavorare per isolare la destra sovranista, favorendo una rottura con essa delle componenti moderate di Forza Italia, attacca il Pd. Di fronte alla responsabilità enorme di un buon utilizzo delle risorse del Recovery Fund, occorre parlare con una sola voce”. Secondo Bettini, però, quel tentativo di buttare giù Conte è “maldestro perché porterebbe alle elezioni ora, a cui solo la destra è interessata; oppure a un governo tecnico che umilierebbe ancora una volta la politica. Mi dispiace, su questo abbiamo già dato“. Il futuro dimostrerà che Bettini si sbagliava, anche se ci aveva visto giusto.

Il referendum sul taglio dei parlamentari passa, il Pd batte il centrodestra alle Regionali 4 a 3. A ottobre e novembre il possibile arrivo della seconda ondata di coronavirus impensierisce l’esecutivo Nel giorno dell’Immacolata, però, Matteo Renzi decide di azionare il telecomando che fa saltare in aria il governo Conte. Comincia da quel momento un lungo mese di minacce, tensioni, ricatti. Con le feste natalizie alle porte il Paese è attraversato dalla seconda ondata della pandemia. Italia viva sembra vivere fuori dal mondo: invece di parlare di Covid attacca l’esecutivo a ogni giorno e a ogni ora. Un escalation continua che porta prima al ritiro dei ministri, poi alle dimissioni del premier, quindi al mandato esplorativo di Roberto Fico, sabotato dai renziani. Alla fine ecco Draghi, il governo tecnico, le larghe intese. Nel nuovo esecutivo su 15 ministri politici, otto lo erano anche nel governo Conte 2, tre nel Conte 1, uno è Orlando, tra i primi sostenitori del presidente del consiglio uscente. Tra i tecnici viene confermata al Viminale Luciana Lamorgese, mentre va alla Transizione tecnoligica Vittorio Colao, l’uomo scelto sempre dall’ex premier come guida della task forze per studiare la ripartenza del post pandemia. Manca lui, Giuseppe Conte, che oggi lascia Palazzo Chigi: tra 36 giorni avrebbe superato il record di Renzi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/13/governo-conte-passa-la-campanella-a-draghi-fatto-fuori-da-una-manovra-di-palazzo-esce-tra-gli-applausi-dei-dipendenti-di-chigi/6100236/

Eolico, la Calabria blocca tutte le autorizzazioni.

 

L'assessore regionale all'ambiente comunica di aver disposto la sospensione di tutte le autorizzazioni per gli impianti eolici e gli elettrodotti.

In una nota pubblicata sul portale istituzionale della Regione si legge che. "Nelle more dell'approvazione del Piano paesaggistico della Regione Calabria, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, 'Codice dei beni culturali e del paesaggio', l'assessore regionale alla Tutela dell’ambiente, Sergio De Caprio, ha disposto la sospensione di tutte le autorizzazioni per gli impianti eolici e gli elettrodotti, in quanto rappresentano una violenza alla bellezza della Regione e allo sviluppo del turismo".

Si specifica, inoltre, che è stato contestualmente "avviato un tavolo tecnico interdipartimentale per definire l'efficienza ecologica del marchio di qualità dell'energia rinnovabile regionale, come previsto dalla legge regionale n. 25 del 19 novembre 2020" [la legge in realtà è datata 10 novembre 2020, NdR].

Al momento non è chiaro se questa iniziativa, di cui la nota rappresenta l'unica testimonianza ufficiale, sarà accompagnata da specifiche disposizioni normative.

Quel che è certo, invece, è che questa vera e propria moratoria sull'eolico contrasta con tutte le disposizioni comunitarie e nazionali sulla promozione delle fonti rinnovabili.

Non è un caso, infatti, che sino ad oggi, tutti i tentativi di blocco delle autorizzazioni disposti dalle Regioni siano finiti con una inevitabile bocciatura da parte della Corte costituzionale. Basti solo ricordare, tra gli esempi più recenti e clamorosi, la sentenza (20 giugno 2018, n. 177) con cui la Consulta aveva dichiarato illegittima la moratoria campana sull'eolico del 2016.

https://www.nextville.it/news/43905/eolico-la-calabria-blocca-tutte-le-autorizzazioni/


Giuseppe Conte.

 

Ho lavorato nel “Palazzo”, occupando la “poltrona” più importante. Ma tra i corridoi e gli uffici di Palazzo Chigi, anche alla fine delle giornate più dure e dopo le scelte più gravose, ho sempre avvertito l’orgoglio, l'onore e la responsabilità di rappresentare l'Italia.

Sono grato a Voi cittadini per il sostegno e l'affetto, che ho avvertito forti e sinceri in questi due anni e mezzo. Ma vi sono grato anche per le critiche ricevute: mi hanno aiutato a migliorare, rendendo più ponderate le mie valutazioni e più efficaci le mie azioni.

La forza e il coraggio dimostrati dalla intera comunità nazionale soprattutto durante quest’ultimo anno di pandemia sono stati davvero incredibili: ci hanno dimostrato che ogni ostacolo, anche il più alto e insidioso, può essere superato, scacciando via le paure e i calcoli di convenienza, fidando nel coraggio dell’azione, nella determinazione dell’impegno, nell’etica della responsabilità. Io stesso ho cercato di far tesoro di questa esperienza, pur con i miei limiti, ma - vi assicuro - con tutto il mio impegno e la mia massima dedizione.

Da oggi non sono più Presidente del Consiglio. Torno a vestire i panni di semplice cittadino. Panni che in realtà ho cercato di non dismettere mai per non perdere il contatto con una realtà fatta di grandi e piccole sofferenze, di mille sacrifici ma anche di mille speranze che scandiscono la quotidianità di ogni cittadino.

È davvero necessario che ognuno di noi partecipi attivamente alla vita politica del nostro Paese e si impegni, in particolare, a distinguere la (buona) Politica, quella con la - P - maiuscola, che ha l’esclusivo obiettivo di migliorare la qualità di vita dei cittadini, dalla (cattiva) politica, intesa come mera gestione degli affari correnti volta ad assicurare la sopravvivenza di chi ne fa mestiere di vita.

Insieme a tanti preziosi compagni di viaggio abbiamo contribuito a delineare un percorso a misura d’uomo, volto a rafforzare l’equità, la solidarietà, la piena sostenibilità ambientale. Il mio impegno e la mia determinazione saranno votati a proseguire questo percorso. La chiusura di un capitolo non ci impedisce di riempire fino in fondo le pagine della storia che vogliamo scrivere.

Con l’Italia, per l’Italia. Grazie.

https://www.facebook.com/GiuseppeConte64/photos/a.385574775257827/1173371073144856/

sabato 13 febbraio 2021

Colombia, nel 2020 5.742 minori sfollati per violenze.

 

Sono 222 i bambini vittime o a rischio di reclutamento da gruppi armati.


Nel 2020, almeno 5.742 bambini e adolescenti sono stati vittime di sfollamenti forzati a seguito di 45 eventi registrati nei dipartimenti di Antioquia, Cauca, Chocó, Nariño e Valle del Cauca. Lo denunciano le ong World Vision e Coalico che hanno pubblicato un nuovo rapporto sulla situazione delle violazioni dei diritti dei minori nel Paese, nel contesto del conflitto armato e la violenza aggravati dalla pandemia di Covid-19.


"A seguito della chiusura degli istituti scolastici, le azioni dei diversi gruppi armati nel Paese e la grave crisi umanitaria derivante dalla pandemia, si sono moltiplicati gli scenari di violazioni e infrazioni del Diritto Internazionale Umanitario contro bambini e adolescenti", segnala il rapporto citato dalla rivista colombiana Semana.
Il documento riporta inoltre che nel corso dello scorso anno si sono verificati almeno 79 eventi che hanno interessato circa 222 bambine, bambine e adolescenti "vittime o a rischio del reclutamento da parte degli attori armati" del Paese, nonostante il Difensore civico colombiano abbia emesso nel 2020 23 allarmi per il rischio dell'uso di minori da parte dei gruppi armati ad Antioquia, Caquetá, Cauca, Chocó, Meta, Nariño, Valle del Cauca e Putumayo.

Il rapporto è stato in occasione della Giornata internazionale delle mani rosse del 12 febbraio, per sensibilizzare i governi e l'opinione pubblica del mondo contro il fenomeno dei bambini soldato. 

Il partito colombiano Comunes, nato dalla smobilitazione delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) ha denunciato oggi l'assassinio dell'ex combattente Antonio Ricaurte Solarte sottolineando che si tratta della vittima numero 256 tra gli ex ribelli dalla firma dell'accordo di pace tra governo e Farc nel 2016. "256 firmatari di pace assassinati. Il 9 febbraio, il compagno Antonio Ricaurte Solarte, 43 anni, è stato vittima di un omicidio nel dipartimento di Putumayo. Ci addolorano molto i sogni che sono stati infranti e il dolore di ogni famiglia", ha scritto il partito sul proprio profilo Twitter, condividendo una foto della vittima. Secondo quanto riferito dal quotidiano El Espectador, il partito Comunes ha riferito di non conoscere le cause che hanno portato a questo omicidio, e ha chiesto alle autorità colombiane un'indagine approfondita per scoprire dove si trovino i responsabili. Secondo l'Istituto di studi per lo sviluppo e la pace (Indepaz), Antonio Ricaurte è il settimo ex combattente delle Farc assassinato nel 2021. Ricaurte è il primo ex ribelle ucciso nel mese di febbraio.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/02/12/colombia-nel-2020-5.742-minori-sfollati-per-violenze_6349dff9-3ee6-49a3-ada3-2ca357d8a90d.html

I Migliorissimi. - Marco Travaglio

 

Mentre il Premier Incaricato, Sempre Sia Lodato, leggeva la lista del Governo dei Migliori con i Ministri di Alto Profilo, il primo pensiero andava a Cirino Pomicino: per reclutare una ciurma del genere, bastava e avanzava lui, senza scomodare Draghi. Il secondo pensiero era per i poveri 5Stelle e soprattutto per i loro elettori, gabbati da Grillo gabbato da Draghi, passati da partito di maggioranza relativa a partito e basta, con tanti ministri (peraltro inutili come gli Esteri o minori come gli altri) quanti il Pd (che ha metà dei loro seggi e 3 dicasteri più un tecnico d’area) e uno in più della Lega (metà dei loro seggi) e di FI (un quarto). Notevole anche l’ideona di inventare il super-ministero della Transizione Ecologica, già diventato mini perché gli manca il Mise, e regalarlo al renzian-leopoldiano Cingolani. Il terzo pensiero era per Previti e Dell’Utri: perché escluderli? Il quarto era per i cercatori d’“anima”, i cacciatori di “visione”, i ghostbuster di “identità della sinistra”, i gemmologi di “purezza progressista”, gli spingitori di “competenza” e dunque di “discontinuità”, i guardiacaccia anti-“trasformisti”. Ora i nuovi dioscuri Sergio e Mario li hanno accontentati tutti in un colpo solo, con un governo dotato contemporaneamente di anima, identità, sinistra, ecologismo, competenza, discontinuità e anti-trasformismo. Il Governo dei Migliori, appunto.

All’“anima”, “identità” e “purezza” di sinistra ci pensa il governo Berlusconi-4, momentaneamente parcheggiato presso il Draghi-1 nelle persone di Gelmini, Brunetta, Carfagna, Giorgetti e Stefani.

All’ecologismo badano Giorgetti, le truppe forziste e altri santi patroni del partito del cemento, del bitume, delle trivelle e del Tav.

Per la competenza, a parte tre o quattro tecnici (fra cui quel Colao che, quando lo chiamò Conte, tutti sghignazzavano su Colao Meravigliao), c’è un trust di cervelli mica da ridere: dalla Gelmini e i suoi neutrini nel tunnel Gran Sasso-Ginevra; a Brunetta, grande esperto di tornelli e diplomazia; a Orlando (quello che “mai con la Lega”), che può passare dalla Giustizia al Lavoro al nulla con la stessa enciclopedica impreparazione.

Alla discontinuità provvedono Franceschini (al suo quarto governo), Brunetta, Gelmini, Carfagna, Giorgetti e Di Maio (terzo), Bonetti, Stefani, Garavaglia, Giovannini, Orlando, Guerini, D’Incà, Dadone, Patuanelli, Lamorgese, Speranza (secondo). Otto ministri del Conte-2: ma quindi era vero che erano i “migliori del mondo”?

All’anti-trasformismo, c’è solo l’imbarazzo della scelta: lo rappresentano praticamente tutti.

Manca solo Giuseppe Conte che, pur nella momentanea disgrazia, è il solito fortunello: non essendo né un migliore né un competente, lui non c’è. Che culo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/13/i-migliorissimi-2/6100064/