martedì 16 marzo 2021

Terzo Valico, gare truccate e mazzette ad alta velocità: in 30 a giudizio. Anche l’ad di WeBuild Pietro Salini e il supermanager Ercole Incalza. - Marco Grasso

 

L’idea di affidarsi ai campioni nazionali dell’industria è stato il sogno della stagione in cui tramontava la Prima Repubblica: la convinzione era che i privati, con leggi speciali, potessero fare meglio, in modo più rapido, onesto ed efficiente del settore pubblico, travolto da Tangentopoli. Anche quella strada però ha portato alle aule di giustizia. Con la Cassazione che ha ribadito che il general contractor, sostituito allo Stato, risponde degli stessi reati, corruzione e turbativa d’asta, come incaricato di pubblico servizio. Per l’accusa, dietro all’Alta velocità c’è un campionario ricorrente in altre vicende italiane: appalti truccati, mazzette, serate con escort, commistioni di alto livello tra politica e imprenditoria, costi gonfiati.

Ieri il giudice per le indagini preliminari di Genova, Filippo Pisaturo, ha rinviato a giudizio oltre trenta persone. Il nome più noto è Pietro Salini: amministratore delegato di We Build, uomo della ricostruzione del Ponte di Genova e a capo del consorzio che vorrebbe costruire il Ponte sullo Stretto di Messina. Prosciolto per uno dei capi di imputazione perché prescritto, è stato mandato a giudizio per vari episodi di turbativa d’asta sui tunnel del Terzo Valico ferroviario, la nuova linea fra Genova e Milano, arrivati a costare oltre 6 miliardi. Insieme a lui sono indagati, fra gli altri: il grand commis dei lavori pubblici italiani Ercole Incalza; l’ex ragioniere dello Stato Andrea Monorchio e il figlio Gian Domenico (quest’ultimo indagato anche per corruzione); Michele Longo, ex presidente di Cociv, general contractor del Terzo Valico, partecipato a maggioranza da Impregilo; l’imprenditore Stefano PerottiDuccio Astaldi, patron di Condotte d’Acqua Spa. Assolto Alberto Rubegni, presidente del Gruppo Gavio.

La busta bianca “Ingegne’, ecco la paghetta”.

Il rischio concreto, però, è che la montagna partorisca il proverbiale topolino. L’operazione Amalgama, una delle indagini più dirompenti sulla pubblica amministrazione degli ultimi anni, si sviluppa fra il 2014 e il 2016. Ci lavorano tre Procure: Firenze indaga sui rapporti degli imprenditori impegnati nell’Alta velocità in Toscana con i palazzi romani; Roma su corruzione e il sospetto di infiltrazioni di uomini considerati vicini ai clan; Genova sul filone del Terzo Valico. La parte toscana viene spezzettata e in parte archiviata. Il procedimento romano è da tre anni in un limbo di competenza territoriale: se lo sono passati il tribunale della capitale, Terni, Bolzano e Alessandria. L’unico filone che va a dibattimento è quello ligure. Ma andrà poco lontano: sempre che non arrivino assoluzioni nel merito, le turbative si prescrivono fra la metà 2021 e l’inizio del 2022.

Nella loro richiesta, i pm Paola Calleri e Francesco Cardona Albini descrivono così il sistema Terzo Valico: “Le gare venivano aggiudicate non applicando o comunque distorcendo le norme del codice degli appalti per favorire una determinata impresa a discapito di altre, per ragioni a volte correlate a patti corruttivi, oppure per motivi di interesse aziendale inerenti i rapporti con i due azionisti di riferimento del Cociv, Salini Impregilo Spa e Condotte d’Acqua”. Alcune tangenti vengono filmate in diretta dalla Guardia di finanza. È il 16 dicembre 2014. L’imprenditore campano Antonio Giugliano entra nell’ufficio dell’ex direttore generale Cociv Pietro Marcheselli. Ha una busta bianca in mano. In silenzio fa il segno del numero dieci con la mano: “Ingegnè, ecco la paghetta”. Di paghette, per gli investigatori, ne giravano parecchie. A volte erano definite “mozzarelle”. Per quei fatti hanno patteggiato in quattro, tutte pene sotto a i due anni: Marcheselli, il suo collega Maurizio Dionisi, Giugliano e il suo collaboratore. Un altro funzionario del consorzio, Giulio Frulloni, accusato di essere stato corrotto con escort, è deceduto a inchiesta in corso.

Le liti familiari “Questi si sono presi a bottigliate”.

Le gare erano costantemente truccate, per la Procura, anche dove non sono state trovate tracce di corruzione. Alle imprese amiche venivano svelate le offerte in anticipo, escamotage che consentiva di offrire anche “50 euro in meno”. “I vertici del Cociv – scrivo i pm – facevano riferimento a Pietro Salini, per ogni decisione di rilievo attinente a Cociv”. Nell’inchiesta va in scena anche una sorta di dinasty familiare. A Pietro Salini (assistito dall’avvocato Grazia Volo) viene contestata l’esclusione del cugino Claudio (poi morto in un incidente stradale), e della sua azienda, la Salc. “Si sono presi a bottigliate, lui non lo vuole vedere”, commentano alcuni funzionari Cociv. “Mi raccomando in tutti i modi di evitare che possa avere qualcosa”, dice lo stesso Salini a Longo, in una delle intercettazioni. “Non ci sono state turbative d’asta, tuttalpiù si trattava di scelte sull’affidabilità – commenta l’avvocato Giuseppe Zanalda, che assiste molti degli indagati col figlio Emanuele – siamo soddisfatti dell’assoluzione dell’ingegnere Rubegni (difeso con Fabio Fossati), il giudice ha sconfessato i pm”.

Il filone romano rimbalzato tra pm.

L’inchiesta di Genova ha acquisito in parte anche degli altri fascicoli. Quello romano, da cui emerge la figura di Domenico Gallo, imprenditore calabrese nei cui confronti la Procura di Reggio Calabria ha eseguito un sequestro antimafia da 200 milioni di euro. Sarebbe stato socio occulto di un funzionario, Giampiero De Michelis, anche lui indagato: “Abbiamo creato un mostro”, dicono di lui i funzionari di Cociv. C’è infine la vicenda che coinvolte Giampiero Monorchio, figlio di Andrea, ex ragioniere dello Stato.

In una delle telefonate registrate è l’ex potentissimo capo dei Consiglio dei lavori pubblici Angelo Balducci a chiedere a Ercole Incalza di “dare una mano al figlio di Monorchio”. Monorchio junior e l’imprenditore Stefano Perotti sono accusati di aver corrotto con “due oggetti di valore” l’ex presidente di Cociv Michele Longo.

Ed è Gallo ad aver battezzato l’indagine. Intercettato dai carabinieri del Ros spiega: “Tra la stazione appaltante e chi fa i lavori deve crearsi l’amalgama, sennò non si va avanti”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/16/terzo-valico-gare-truccate-e-mazzette-ad-alta-velocita/6134686/

QUALCUNO VOLÒ SUL NIDO DEL CUCULO. - Bruno Fusco

 

Da quando è caduto il governo Conte sembra non esserci più un governo.
Almeno, prima, il cazzaro di Rignano ti faceva sapere cose, sputacchiava parole tipo MES, vulnus, shock because, animava il dibattito parlamentare, anche l'altro cazzaro, quello dei rutti, ogni tanto sganciava una flatulenza e i suoi lo applaudivano orgogliosi, ma pure l'altra, la Mattea Meloni, ad ogni seduta veniva posseduta da qualche spirito maligno, e vomitava in parlamento, con espressioni da esorcismo, insomma, c'era da discutere, vedevi i talk show pieni di giornalisti in lacrime per i poveri ristoratori,
potevi apprezzare la stazza oleosa di Vissani a pieno schermo che inventava ricette per i ristori, Briatore che ti faceva divertire più di Crozza, un Formigli che animava le mie palle che cambiavano canale da sole, la Merlino e la Panella preoccupate per gli operai della Whirlpool:
"qualsiasi cosa noi ci siamo!"

Adesso li guardi è sembrano tutti lobotomizzati,
ti viene in mente "Qualcuno volò sul nido del cuculo", aspetti che McMurphy (Jack Nicholson)
mandi a fare in culo tutti e ci salvi da questo incubo, ma anche il Beppe nazionale,
sembra aver perso quella grinta, che faceva tanto speranza, McMurphy dove sei?

Guardi il TG UNO, che dopo i numeri della pandemia ti racconta notizie di cronaca rosa, sempre questa casa reale inglese tra le palle, il cane di Lady Gaga, l'ultimo amore di Platinette, e non ti resta che guardare il TG della Corea del Nord, non ci capisci nulla, ma è molto più credibile!

Un Paese allo sbando, con tutte la paure ancora intatte, non ultima un vaccino che viene sospeso, mandando nel panico milioni di persone, per non parlare dei ristori, ancora nei cassetti del Parlamento dal 20 Gennaio, soldi per il 2020!
E questo Recovery Fund, argomento urgentissimo fino a Natale, bisognava correre, lavorare anche di notte, non c'è più tempo, lo stiamo perdendo, vai con il defibrillatore, e adesso sembra che sia ancora vivo, che c'era tutto il tempo necessario, forse fino a Maggio!
E avete martellato Conte ogni giorno, che non ha finito nemmeno la cena di Natale per correre a palazzo Chigi con un consiglio dei ministri?

Ma questo governo dei migliori forse era inteso come i migliori paraculo in giro?

Adesso arriva Draghi e ci vaccinerà al volo, mentre dormiamo, non ce ne accorgeremo nemmeno, una specie di Babbo Natale con il sacco pieno di vaccini, favole per bambini, la verità sta sempre in un altro luogo, e i giornalisti non ci vanno mai, e dobbiamo ringraziare quei pochi che ce ne danno conto, tutto si ferma nell'ipocrisia vergognosa di chi è ancora seduto in parlamento con la scusa del bene del Paese,
in un'orgia da restaurazione che tanto bene non sta facendo, se non ai loro redditi personali.

Intanto i Benetton incassano ancora i pedaggi di Autostrade e tirano sul prezzo del regalo che hanno avuto da Prodi e Berlusconi, e la giustizia è sempre lenta a definire i danni e le colpe, e la memoria diventa acqua, ma non per i parenti delle 43 vittime.

Adesso Letta si diletta, e ha il coraggio di sfidare Salvini, e mette dei temi sul tavolo fastidiosi per la destra,
non entro nel merito, ma gli devo riconoscere che ha osato, in un clima di leccaculo lobotomizzati che hanno messo da parte i temi divisivi, ma che metti da parte?

C'è un conflitto d'interessi spaventoso da mettere immediatamente in discussione, ci sono i salari che fanno schifo, c'è l'acqua pubblica da togliere dalle mani delle multinazionali francesi, e dai tanti consorzi privati, c'è da rivedere questo codice rosso per i femminicidi che non serve ad un cazzo!
Se una donna si sente minacciata bisogna agire subito, ed è già troppo tardi!

C'è una RAI da riformare, una legge Gasparre da stracciare, c'è una opacità sulle prossime 500 nomine nelle partecipate di Stato, ci sono De Scalzi e Profumo da prendere a calci in culo!

C'è una mafia fin troppo silenziosa, e questo è un sintomo spaventoso, non gli pareva vero il cambio di governo, e come una vecchia serie intitolava: All'ultimo minuto! "Picciotti il recovery è cosa nostra! Via le regole dagli appalti!"

Da quando Conte non c'è più, nessuno ha il coraggio di metterci la faccia, anche perché le hanno tutti a somiglianza dei loro culi!

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Coronavirus, si sperimenterà anche a Palermo il vaccino tutto italiano.

 

Il Policlinico Paolo Giaccone coinvolto, insieme ad altre 27 realtà ospedaliere, nella seconda fase dello studio condotto sul siero GrAd-Cov.2.

PALERMO - L’Azienda ospedaliera Universitaria Policlinico Paolo Giaccone di Palermo è tra i centri clinici individuati per sperimentare il vaccino anticovid italiano. Il Policlinico è coinvolto, insieme ad altre 27 realtà ospedaliere, 26 in Italia e 1 in Germania, nella seconda fase dello studio condotto sul vaccino GrAd-Cov.2 (meglio conosciuto come ReiThera) dalla società biotecnologica italiana ReiThera in collaborazione con l’Istituto Spallanzani di Roma.

Nella Fase 1 della sperimentazione, partita ad agosto 2020 e terminata lo scorso gennaio, sono stati raccolti i dati preliminari sulla sicurezza e l’immunogenicità del vaccino sull'uomo. A novembre sono stati resi noti i primi risultati di efficacia che hanno dimostrato non solo che il vaccino è stato ben tollerato, ma che è stato immunogenico, ovvero l’organismo in cui è stato inoculato ha prodotto sia anticorpi che linfociti T.

La sperimentazione proseguirà ora con la Fase 2 e 3, per verificare in modo più avanzato quali sono le risposte al vaccino da parte di soggetti volontari. I risultati registrati da ciascuna struttura saranno successivamente raccolti ed elaborati a livello centrale con l'obiettivo di produrre in tempi brevi il primo vaccino anti-Covid made in Italy.

«Diversamente dai vaccini Pfizer e Moderna, che si basano sulla tecnologia a mRNA - spiega Antonio Cascio, direttore della Uoc di Malattie Infettive e Tropicali e referente per la sperimentazione - il Reithera, come i vaccini AstraZeneca, Johnson & Johnson e Sputnik, si basa su una piattaforma vaccinale del vettore virale che contiene l’informazione genetica per produrre la proteina spike del Sars Cov2. Lo studio prevede l’arruolamento di soggetti volontari di entrambi i sessi e di età superiore ai 18 anni (anche anziani) che presentino queste condizioni: Non aver contratto in precedenza un’infezione da Sars Cov2 confermata da test molecolare; avere condizioni cliniche stabili; assenze di malattie gravi e/o incontrollate; non essere in gravidanza (confermata con test positivo) o in allattamento».

Probabilmente a breve si raccoglieranno le candidature di quanti vorranno avere iniettato il vaccino. L’impegno per chi sceglierà di diventare un volontario si traduce in un controllo iniziale per valutare lo stato di salute e, se idoneo, in successive 7 visite a distanza di tempo per monitorare gli anticorpi. I volontari dovranno effettuare la ricerca di Sars Cov2 con tampone naso-faringeo molecolare prima delle somministrazioni e saranno sottoposti a stretto monitoraggio clinico e sierologico, nonché a contatti telefonici settimanali. Nei due giorni (1 e 22) in cui sarà inoculato il vaccino verrà richiesto di restare in osservazione presso il centro clinico per almeno 30 minuti.

https://www.lasicilia.it/news/covid/399736/coronavirus-si-sperimentera-anche-a-palermo-il-vaccino-tutto-italiano.html

Berlino blocca AstraZeneca, Draghi si accoda e spiazza i suoi. - Alessandro Mantovani e Paola Zanca

 

La decisione tedesca cade come una bomba sulla campagna vaccinale italiana. Arriva all’ora di pranzo di ieri con una telefonata del ministro cristiano-democratico della Salute Jens Spahn a Roberto Speranza: lo avverte che la Germania sospende il vaccino AstraZeneca; poco dopo esce la notizia. I due si sentono spesso, si erano parlati anche domenica ma Spahn non aveva fatto parola della decisione, forse non ancora presa. Il ministro della Salute, ieri mattina, aveva parlato anche con la sua omologa spagnola, Carolina Darias, pure orientata allo stop e per ben 15 giorni. Poi ha sentito il francese Olivier Véran e a quel punto ha chiamato Mario Draghi. “Se lo fa la Germania…”.

Fin qui erano state Danimarca, Islanda, Norvegia, Bulgaria, Irlanda e Olanda. Fonti di Palazzo Chigi confermano che “la decisione” di sospendere AstraZeneca è stata “adottata insieme al ministro Speranza e in linea con gli altri Paesi europei” ed “è temporanea e cautelativa, in attesa delle prossime valutazioni da parte dell’Ema”, l’agenzia europea del farmaco, che dovrebbe pronunciarsi domani e potrebbe introdurre qualche limitazione per età o patologie. Ma proprio l’Ema con il suo responsabile per la strategia vaccinale, Marco Cavaleri, nelle stesse ore di ieri spiegava al Parlamento europeo che “non vediamo alcun problema nel proseguire le vaccinazioni”. L’ingrato compito di annunciare il dietrofront in Italia è stato affidato all’Aifa, l’agenzia del farmaco. “Chi ha fatto la prima dose – ha detto il direttore Nicola Magrini – stia tranquillo e avverta il suo medico se ha sintomi”. Solo domenica il professor Giorgio Palù, che di Aifa è presidente, aveva rassicurato tutti in tv. Sembra un devastante assist ai no vax. Draghi peraltro, a differenza di Emmanuel Macron che ha annunciato personalmente lo stop, è rimasto in silenzio. È toccato a Speranza e al direttore della Prevenzione della Salute, il professor Gianni Rezza, ribadire che la “sospensione” è solo “temporanea” e “in via precauzionale”. Matteo Renzi se la prende con Aifa, Matteo Salvini attacca la Commissione Ue.

Perfino ai ministri la notizia è arrivata con un messaggino, pochi minuti prima che fosse di pubblico dominio. Motivata qua e là anche con il timore di cause milionarie, da cui le aziende farmaceutiche si sono tenute al riparo nei contratti firmati con la Commissione Ue, la decisione è stata accolta con “sconcerto” da diversi membri del governo. Si rischia di minare la “reputazione” di uno dei vaccini: da qui a settembre l’Italia ne attende 34 milioni di dosi, da Pfizer/Biontech 50, da Johnson & Johnson 26 (ma è monodose). Ora invece prenotazioni sospese, migliaia di appuntamenti annullati via sms, l’incognita dei richiami. A Roma, hanno chiuso i grandi hub della Nuvola di Fuksas, Termini e Fiumicino. Nicola Zingaretti, ormai solo presidente della Regione Lazio, ieri, dopo aver visto Draghi, ha chiesto: “L’Ema lavori h 24 come fanno medici e infermieri”. Lo ribadisce Pierpaolo Sileri, anche lui impegnato domenica in tv a rassicurare: “E lo rifarei – dichiara –. Se lo stop è necessario che sia di breve durata”.

Dietro la decisione tedesca c’è la valutazione del Paul-Ehrlich-Institut di Berlino che scrive di “un accumulo impressionante di una forma speciale di trombosi venosa cerebrale molto rara (trombosi della vena del seno) in connessione con una carenza di piastrine del sangue (trombocitopenia) e sanguinamento in prossimità temporale alle vaccinazioni con il vaccino AstraZeneca”. Sarebbero 7 casi su 1,6 milioni di vaccinati. Non trombosi in genere, dunque, che nel Regno Unito sono state leggermente di più nella popolazione vaccinata con Pfizer/Biontech che con quella che ha avuto AstraZeneca, ma sempre poche. Infatti Boris Johnson va avanti per la sua strada.

La Commissione Ue prima non ha commentato, poi ha fatto sapere che “aspetterà la valutazione scientifica dell’Ema”. L’esecutivo di Bruxelles ha puntato dall’inizio soprattutto sull’anglo-svedese AstraZeneca, entrando in conflitto con Berlino che avrebbe preferito un maggiore investimento sul vaccino prodotto da Pfizer con la tedesca Biontech. Che stanno accelerando mentre AstraZeneca accumula ritardi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/16/berlino-blocca-astrazeneca-draghi-si-accoda-e-spiazza-i-suoi/6134662/

Il Figliuol prodigo. - Marco Travaglio

 

Noi auguriamo al Gen. Comm. Grand’Uff. F. P. Figliuolo le migliori fortune, anche perché sono pure le nostre. Ma l’altra sera, vedendolo in tv collegato con Fazio in adorazione e col prof. Burioni in estasi mistica, ci siamo sentiti un po’ a disagio. Delle due l’una: o eravamo noi a non capire ciò che Fazio&Burioni intuivano al volo (“Oh finalmente! Una rivoluzione! Li sente gli applausi nello studio vuoto?”, “È un grande onore esser qui con lei! Mi viene in mente un suo collega: il generale Eisenhower!”); o il famoso “Nuovo Piano Vaccini”, peraltro già da buttare dopo lo stop ad AstraZeneca, è leggermente fumoso. Sarà che il Gen. Comm. Grand’Uff. alterna il linguaggio dei giornaloni (“accelerare”, “cambio di passo”, “svolta”) a quello delle furerie (“fare fuoco con tutte le polveri”, “legioni” invece di “regioni”) a quello delle mezzemaniche ministeriali (“capillarizzare”, “sistema Paese”). E spende gran parte dell’intervista a raccontare che spende gran parte del tempo a parlare “quotidianamente”, “una o più volte al giorno”, a voce o “via whatsapp”, con Draghi, Curcio, Speranza, Guerini, Gelmini (“attentissima a tutte le problematiche”) e Bonaccini, che “colgo l’occasione per ringraziare” a uno a uno. E, già che c’è, ringrazia pure se stesso che, modestia a parte, è “il centravanti della squadra”.

Il suo segreto? “Tutto sta all’arrivo dei vaccini”. Ma tu guarda. “500mila dosi al giorno, 80% di vaccinati a settembre”. Lo diceva già il putribondo Arcuri. Ma ora “Draghi ha chiamato quasi tutti gli ad delle case produttrici” (che sono quattro: andiamo bene). Poi la moltiplicazione dei pani e dei pesci: “J&J è monodose, quindi averne 25 milioni sarà come averne 50 dei vaccini odierni” (dev’essersi laureato in matematica con Gallera). E la conferma delle “tre linee operative”: “approvvigionare, somministrare, controllare”. Guai a invertire l’ordine, specie fra prima e seconda: iniettare un vaccino che non è ancora arrivato potrebbe causare al paziente bolle d’aria ed embolie. “Tutto pianificato”, nota Burioni in un lago di bava. Inclusa la vexata quaestio delle dosi eccedenti. Tenetevi forte: “Se ci sono classi prioritarie, ok, se no chiunque passa va vaccinato”. Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione. E il Figliuol prodigo lo è di tutto. Che sia un tipo vispo ognun lo vede: capillarizzare e programmare serve appunto a vaccinare “chiunque passa”. Il segreto è passare di lì al momento giusto, fischiettando o fingendo di fare jogging. “Dottore, passavo di qui per caso, c’è niente per me?”. “Lei è fortunato! Ho giusto qui una dose di Johnson&Johnson che, essendo monodose, vale doppio: non è che vuole chiamare anche la sua signora?”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/16/il-figliuol-prodigo/6134659/

lunedì 15 marzo 2021

Letta, primo atto d’accusa al Pd: basta correnti, via i capigruppo. - Wanda Marra

 

860 Sì. Le parole dell’ex premier che ringrazia Zingaretti e nemmeno cita gli altri “big”. Lui li attacca, loro applaudono.

“Senso del limite, decoro e rispetto”. Per imprimere la discontinuità più forte Enrico Letta, che parla per oltre un’ora, illustrando all’Assemblea del Pd, parte dallo stile. E dalla differenza (citando Pirandello), tra “maschere” e “volti”. Atti di accusa velati, ma durissimi, con un sottotesto evidente: i dem hanno sbagliato tutto e il neo segretario ha tutte le intenzioni di andare avanti per la sua strada. Il voto più che bulgaro (860 sì, 2 no, 4 astenuti) ricorda l’applauso in piedi dei partiti a Giorgio Napolitano, che dopo la sua rielezione li criticava senza pietà (ma anche l’acclamazione di Romano Prodi a candidato al Colle, poi impallinato dai 101).

Il Letta tornato al Nazareno dopo l’autoesilio parigino lo dice chiaramente: “Serve un nuovo Pd”, che torni sul “territorio”, che sia “radicale nei comportamenti”, prima ancora che “progressista e riformista”. Che “superi le correnti” e passi per una “verifica” con i gruppi parlamentari. Nella formazione degli assetti del suo Pd, l’ex premier non ha intenzione di procedere con il bilancino delle correnti. Mentre la lealtà e la tenuta dei gruppi andranno verificate, a partire da chi li guida (Graziano Delrio e Andrea Marcucci). Frutto di liste fatte da Matteo Renzi, la diffidenza è d’obbligo. Dal segretario non arrivano esplicite intenzioni di azzeramento. Ma tra gli altri big della maggioranza già circola l’idea di sostituire quanto meno Marcucci, mandandolo alla vice presidenza del Senato, dove ora c’è Anna Rossomando (orlandiana), che prenderebbe il suo posto. Letta va oltre, guarda soprattutto al futuro più prossimo: il superamento di questo modello di partito (beghe personali incluse) passa per l’immissione di altre energie, altre realtà. Da oggi inizia una consultazione nei circoli, previa consegna di un Vademecum. Ma l’appuntamento clou sono le agorà digitali in autunno: l’idea è quella di allargare la partecipazione il più possibile, a partire da giovani e donne. Da notare le omissioni del discorso. Mentre Letta ringrazia Nicola Zingaretti per averlo cercato e ricorda Sergio Mattarella, nemmeno nomina i capi corrente, Orlando, Franceschini, Guerini. Ma cita Sassoli e Gentiloni (la linea europea del Pd) e Romano Prodi, con tutto il riferimento all’eredità dell’Ulivo e Enrico Berlinguer. E Papa Francesco.

Pare che l’accordo sul suo nome sia stato fatto dopo una riunione tra Zingaretti, Bettini, Orlando e Franceschini. Ma lui non ha intenzione di rendere conto alle correnti. Sono le regole d’ingaggio.

Perché poi lo dice con una nettezza che fu solo di Renzi: “Sono qui per vincere”. Parola chiave, coalizione. Gli interlocutori che cercherà nei prossimi giorni li nomina uno per uno, compreso chi lo spodestò da Palazzo Chigi: “Speranza, Bonino, Calenda, Renzi, Bonelli e Fratoianni”. E aggiunge, “questo nostro centrosinistra andrà all’incontro con i 5 Stelle guidati da Conte”. Quest’ultimo ricambia con gli auguri e con il rilancio di un “confronto necessario”. Come conseguenza in serata a Che tempo che fa spiega che il proporzionale non gli è mai piaciuto e dice no alle liste bloccate.

Il resto viene da sé. “Il governo di Mario Draghi è il nostro Governo. È la Lega che deve spiegare perché ci sta”, chiarisce Letta (che in questi giorni ha sentito il premier). Mette lo ius soli come priorità, come scelta di civiltà. Anche un modo per sottolineare la differenza rispetto alla Lega di Salvini. Il quale non a caso reagisce “comincia male”.

Ma sarà sui temi economici che si misurerà davvero la presa del Pd sugli elettori e la sua identità. Letta ieri inizia dall’Europa, ponendo due obiettivi: rendere permanente il Next Generation Eu e un patto di stabilità fondato sulla “sostenibilità sociale e ambientale”. Poi enuncia una serie di riforme: voto ai 16enni, modifiche costituzionali contro il trasformismo, nuovo metodo di elezione dei parlamentari.

Si ferma senza averle mandate a dire, il nuovo Segretario. Pubblicamente, il coro di lodi da parte dei big è unanime. Ma poi i ragionamenti sono diversi. E ruotano intorno a un punto: Letta di “noi” (nel senso di capi corrente) ha bisogno. Mentre si pensa già a un seggio in Parlamento per lui, che ha azzerato tutti i suoi incarichi retribuiti: oltre a quello di Siena, ci sono anche quelli lasciati liberi da Martina e Minniti. Cita anche Sartre, Letta: “L’identità è per metà quello che siamo e per metà quello che vedono gli altri”. Affonda: “L’immagine che abbiamo dato è quella di una torre di Babele”. Viene in mente la Torre di Pisa (sua terra natale): pure se inclinata, una torre è difficile da abbattere.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/15/letta-primo-atto-daccusa-al-pd-basta-correnti-via-i-capigruppo/6133279/

Ma mi faccia. - Marco Travaglio

 

Un po’ per uno. “Il prossimo sindaco di Roma? Io voterei Bertolaso” (Matteo Salvini, segretario e deputato Lega, 11.3). Giusta par condicio: non può distruggere solo la Lombardia.

Sala trucco. “La mia svolta green. Vado con i Verdi europei” (Giuseppe Sala, ex commissario di Expo Milano 2015, sindaco Pd di Milano, Repubblica, 12.3). Ché quelli italiani potrebbero riconoscerlo.

ControSenso. “Il voto è dibattito; Le regole non sono scritte per gli amici; La formazione è la madre della competenza; Rinnovare vuole dire evolvere; Uno non vale l’altro; La piramide è rovesciata; La comunità è maggiore della somma delle sue parti; Il sogno non è utopia; L’esempio è cambiamento; La felicità è partecipazione; Nessun limite all’immaginazione” (le dieci regole del manifesto “ControVento lanciato da Davide Casaleggio ed Enrica Sabatini per l’associazione Rousseau, 10.3). Ma anche: Non calpestare le aiuole; Non sporgersi dai finestrini; Non lanciare oggetti; Non parlare al conducente; Non ci sono più le mezze stagioni.

L’identikit/1. “Boschi in Procura: ‘C’è uno stalker che mi perseguita” (Messaggero, 10.3). Non dirlo a noi.

L’identikit/2. “Il mio stalker era ovunque” (Maria Elena Boschi, deputata Iv, Messaggero, 11.3). Noi una mezza idea ce l’avremmo.

Agenzia Sticazzi. “Draghi segreto. Macché Palazzo Chigi! Ogni sera torna a casa dalla sua Serenella” (Oggi, 1.3). Apperò.

MojitoZeneca. “Sì, ho detto che avrei aiutato Speranza. Sto cercando i vaccini” (Salvini, 3.3). Ecco, bravo, metti un annuncio sul giornale.

Good news. “Un lockdown per ripartire” (Repubblica, 8.3). “Da luglio ripartono i licenziamenti, ma solo per le grandi aziende in crisi” (Repubblica, 12.3). Ah beh allora.

Agendine. “Sicurezza, ristori e vaccini: i pilastri dell’agenda Draghi” (Repubblica, 11.3). Allora mi sa che è l’agenda del 2020.

Pompe funebri/1. “Industria, sport, editoria e arte. L’Italia celebra il secolo dell’Avvocato” ( Stampa, 12.3). Ecco cos’erano ieri tutti quegli assembramenti nelle piazze.

Pompe funebri/2. “Henry Kissinger: ‘Gianni Agnelli era un uomo del Rinascimento’” (intervista di Maurizio Molinari, Repubblica, 11.3). Però i giornalisti non li faceva tagliare a pezzi: si limitava a comprarli.

Pompe funebri/3. “L’Avvocato. Prevalenza dell’occhio, accelerazione, sintesi estrema erano i suoi dati caratteristici. Angelli capì molto prima di tanti le implicazioni, non solo economiche, della globalizzazione, nel Paese che già il nonno considerava piccolo” (Marcello Sorgi, La Stampa, 12.3). Ecco perchè nascondeva miliardi all’estero: l’Italia gli stava stretta.

Piano con le parole. “Mio nonno, un Draghi. Lapo Elkann e Gianni Agnelli: ‘C’è soltanto un italiano che mi ricorda lui: Draghi’” (Lapo Elkann a Francesco Merlo, Venerdì di Repubblica,12.3). Ora si spera che il premier non lo quereli.

Sei anni e non sentirli. “L’accusa è inventata. Ma i giudici incarcerano il regista antimafia. Il fratello: ‘Come Tortora’” (Luca Fazzo, Giornale, 12.3). “Crespi: un altro innocente va in carcere. E la giustizia nella tomba” (Piero Sansonetti sulla condanna a 6 anni in primo, secondo grado e Cassazione per Ambrogio Crespi per concorso esterno in associazione mafiosa, Riformista, 17.3). Se li assolvono sono innocenti, se li prescrivono sono innocenti, se li condannano sono innocenti. Ma che deve fare uno per essere colpevole?

La Migliora. “Vezzali sottosegretaria. Sullo sport la scelta pop del governo dei migliori” (Repubblica, 12.3). In effetti, quand’era deputata, era fra i migliori assenteisti.

L’importanza di chiamarsi. “Rispunta la battaglia per una donna leader del Pd” (Repubblica, 11.3). Infatti Letta finisce con la a.

Gorgoglio e pregiudizio. “Un pregiudizio devastante ha ridotto il politico a sinonimo di criminale” (Luciano Violante, ex giudice, ex deputato Pci-Pds-Ds-Pd, ex presidente Camera, ora presidente Fondazione di Leonardo-Finmeccanica, Il Dubbio, 12.3). Ma tu guarda che stranezza.

Di Lotti e di governo. “Autonomi anche dal M5S: i dem recuperino identità” (Luca Lotti, deputato Pd, Messaggero, 13.3). Nei cassetti della Consip dev’esserne rimasta un po’.

Il titolo della settimana/1. “Il ministro della Salute non è neppure infermiere” (Pietro Senaldi, Libero, 11.3). E, quel che è peggio, il ministro dei Trasporti non è neppure tramviere.

Il titolo della settimana/2. “Antigone: investire su un modello di pena e non su nuove carceri” (Il Dubbio, 12.3). Quel modello di pena che, in pratica, te ne vai a spasso come prima.

Il titolo della settimana/3. “Draghi spinge sulle dosi” (Giornale, 12.3). E senza neppure una goccia di Dolce Euchessina.

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