venerdì 4 giugno 2021

Tennis, gare truccate al Roland Garros: arrestata Yana Sizikova. - Paolo Rossi

 

La russa, numero 765 del mondo in singolare, è stata fermata al termine del suo match di doppio. È coinvolta in un'inchiesta della Procura di Parigi per truffa e corruzione, partita nell'ottobre 2020.

PARIGI -  La mattina dopo il fattaccio il Roland Garros apparentemente fa finta di nulla, nel senso che sta ancora metabolizzando l’accaduto: la 26enne tennista russa Yana Sizikova è stata arrestata giovedì sera, come rivelato da Le Parisien, subito dopo aver perso il doppio (6-1, 6-1) giocato insieme alla connazionale Ekaterina Alexandrova, contro le australiane Storm Sanders e Ajla Tomljanovic. Sizikova risulta coinvolta in un'inchiesta su un giro di scommesse truccate.

Il giorno dopo si gioca sui campi, ognuno continua la vita di routine. In realtà sono gli sguardi che dicono tutti: non c'è il relax di questi primi giorni, ma una nota di sospetto, di diffidenza. L'uno contro l'altro. Un atteggiamento che riguarda tutti: atleti, organizzatori, sicurezza. Perfino tra i tennisti stessi, che chiedono l’un l’altro informazioni. Ma nessuno ha certezze.

L'arresto dopo i massaggi.

L’arresto nel torneo mancava, negli annali di questo Grande Slam. E poi è successo in tarda serata.  L'intervento di polizia non è stato effettuato in campo, ma al chiuso – tra gli spogliatoi e l’uscita, sembra alla fine del massaggio fisioterapico – ed è stato sfiorato anche l’incidente diplomatico, diciamo così, perché le guardie di sicurezza si sono opposte all’inizio alla gendarmerie, ma, viene spiegato, semplicemente per una incomprensione iniziale. 

L'inchiesta sulle scommesse truccate nel tennis.

L’accusa non è doping, ma scommesse. Partite truccate. In realtà di questa giocatrice, n. 765 del mondo in singolare, e 101 in doppio, quindi non proprio una giocatrice di primo piano, si era già parlato lo scorso autunno, quando Die Welt riferì di un’inchiesta, peraltro aperta sempre dalla procura di Parigi, su "frodi tra bande organizzate" e "corruzione sportiva attiva e passiva”. Nel mirino, insomma, c’era l’ultimo Roland Garros disputato a ottobre. Gli investigatori erano particolarmente interessati a una partita del primo turno che ha giocato l'anno scorso che aveva alzato le antenne delle agenzie di scommesse, con flussi sospetti: le avversarie di Sizikova, in quel frangente, furono le romene Andreea Mitu e Patricia Maria. Una serie di doppi falli di Sizikova, decisivi nello spostare le sorti dell’incontro a vantaggio delle avversarie, aveva fatto allarmare gli investigatori che avevano riscontrato anche un flusso anomalo di puntate in concomitanza col match, soprattutto nel quinto set quando in battuta c’era proprio la russa.

Il tenore di vita di Sizikova.

Mentre il Roland Garros prende tempo, anche solo per avere delle informazioni più dettagliate, ovviamente gli appassionati si sono scatenati sui social, e c’è chi - smanettando sul profilo Instagram della russa – ha notato uno stile di vita lussuoso (attraverso le foto postate dalla stessa tennista), a fronte di un montepremi di carriera modesto. 

Intanto gli inquirenti hanno interrogato l'atleta e perquisito anche la sua stanza d’albergo.

la Repubblica

“Lega, i soldi ai commercialisti ricompensa per rischiosi servizi”. - Davide Milosa

 

Il partito e le “casse”.

Otre due anni dopo l’inizio dell’inchiesta e a dieci mesi dagli arresti, ieri il giudice milanese Guido Salvini ha condannato i contabili della Lega, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, rispettivamente a cinque anni e a quattro anni e otto mesi per il caso della fondazione regionale Lombardia Film Commission (Lfc). Per la Procura, rappresentata dall’aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Stefano Civardi, è certamente una grande vittoria, dopo un’indagine condotta con professionalità e ostinazione. Il giudice ha aumentato la pena per entrambi di quattro mesi, rispetto alle richieste formulate dai magistrati.

Il tribunale, è scritto nel dispositivo della sentenza letta ieri poco prima delle 13 a porte chiuse (il processo si è celebrato con rito abbreviato), ha disposto il sequestro di due villette all’interno del Green Residence Sirmione a Desenzano del Garda per un valore complessivo di oltre 300mila euro. Secondo la ricostruzione dell’accusa, quelle ville furono comprate con parte del denaro pubblico pagato da Lfc per acquistare un capannone a Cormano. Di Rubba Manzoni, interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e sospesi dalla loro attività di commercialisti per i prossimi quattro anni, erano imputati a vario titolo per turbata libertà nella scelta del contraente, per peculato e concorso in peculato. Prima di loro hanno patteggiato il prestanome Luca Sostegni a 4 anni e 10 mesi e il commercialista milanese Michele Scillieri a 3 anni e 8 mesi, che dopo l’arresto ha iniziato a collaborare con i pm. Con rito ordinario si sta svolgendo il processo a carico dell’imprenditore bergamasco Francesco Barachetti, anche lui imputato per concorso in peculato e destinatario di parte del denaro frutto del peculato.

Secondo il procuratore aggiunto Eugenio Fusco, “l’intero progetto criminoso – come si legge nelle sue note depositate in aula – viene realizzato grazie a strettissimi rapporti personali, professionali e di comune militanza politica, in parte occultati, in parte coperti dai controllori”. La vicenda Lfc è legata all’acquisito di un capannone a Cormano da adibire a nuova sede. Valore: 800mila euro. Prima dell’acquisto, il capannone stava in pancia alla società Paloschi che nel 2016 correva verso il fallimento. Entrano così in gioco Scillieri e il cognato. Paloschi venderà l’immobile alla società Andromeda sempre riferibile alla cerchia dei commercialisti leghisti che poi venderà a Lfc. Tutta la vicenda sarà costruita a tavolino dal 2016 e cioè oltre un anno prima del preliminare di vendita. Il tesoretto, che comprende la prima vendita da Paloschi ad Andromeda (dove non è contestato il peculato) e la seconda a Lfc, hanno dimostrato le indagini della Finanza coordinate dal maggiore Felice Salsano, sarà poi frazionato: una parte finirà in Svizzera e un’altra andrà a Manzoni, Di Rubba e Barachetti attraverso un risiko societario.

L’intera vicenda dunque si è giocata sotto l’ombrello della Lega. Scrive Fusco: “L’asse, per sé penalmente irrilevante ai fini di questa porzione di indagine, è ben ricostruito dallo stesso Manzoni: Matteo Salvini posiziona Giulio Centemero nella carica di tesoriere del partito e Centemero si avvale della collaborazione dello stimato amico e collega Manzoni, che a sua volta gli introduce Di Rubba”.

L’indagine Lfc dove “nulla è come sembra” resta solo un capitolo di un romanzo ancora da scrivere. Altre indagini sono in corso sul fronte dei soldi al partito. Tra queste, una per bancarotta dove è indagato Manzoni. Per l’accusa l’intera vicenda si è snodata “attraverso un’accorta apparecchiatura di mezzi, istanze, atti pubblici, fatture, contratti, consulenze, perizie”. Il tutto per uno scopo: “Impossessarsi di danaro pubblico (…) quasi inteso come ricompensa dovuta di più complessi e rischiosi servizi”. Quali che siano questi altri “rischiosi servizi” lo sta verificando la Procura. Per la quale “una cosa è certa: la molteplicità di legami, leciti e illeciti che accomunano Centemero, Manzoni, Di Rubba e Scillieri: dal servizio di domiciliazione per la nuova Lega (nello studio di Scillieri) al sistematico ritorno economico a Di Rubba e Manzoni degli emolumenti relativi agli incarichi ricevuti da Scillieri nella Lega”.

IlFQ

Giustizia & C.: Le affinità elettive Lega-pd. - Wanda Marra

 

Nuova offensiva pseudo-garantista.

Non c’è pace sotto al cielo del Partito democratico. E così, mentre Enrico Letta cerca di mettere in campo una strategia dialogante anche con la Lega di Matteo Salvini, dopo i primi mesi passati ad attaccare all’arma bianca il leader del Carroccio, tocca a Goffredo Bettini fare la mossa che spiazza tutti. In una lettera al Foglio (come aveva già fatto Luigi Di Maio una settimana fa, chiedendo scusa all’ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti, dopo l’assoluzione), nel nome del fatto che la giustizia va radicalmente trasformata, si schiera a favore dei referendum dei Radicali e della Lega. Che prevedono la responsabilità civile dei magistrati, la separazione delle carriere, la custodia cautelare, l’abrogazione della legge Severino (in modo che non ci sia nessun automatismo per quanto riguarda i termini di incandidabilità, ineleggibilità, decadenza per parlamentari, consiglieri, governatori regionali, sindaci, amministratori locali), l’abolizione della raccolta firme per la lista dei magistrati che vogliano candidarsi al Csm, l’abrogazione della norma sui consigli giudiziari.

Dice Bettini: “Non credo affatto sia giusto che questo tema sia un po’ pelosamente impugnato solo da quella destra populista, come la Lega, che amava esibire il cappio nelle aule parlamentari”. La mossa di uno degli uomini che è stato centrale nell’esperienza del governo giallorosso ha più livelli di lettura. Il primo si può raccontare attraverso le reazioni a questa uscita, all’insaputa di tutti, anche quelli a lui più vicini. Si arrabbia Letta, si arrabbiano parlamentari, membri delle Commissioni Giustizia soprattutto. Perché stanno lavorando sulla riforma Cartabia, che, per inciso, va fatta con la Lega. E dunque, quella di Bettini viene vista come l’azione di uno che non conta più come prima e dunque agita le acque, complica giochi già complessi di loro. Lo dicono tutti tra i dem, da Franco Mirabelli, capogruppo in Commissione Giustizia al Senato a Alfredo Bazoli, capogruppo alla Camera a Anna Rossomando, responsabile Giustizia dem, che le proposte della Cartabia sono più radicali. E soprattutto che arriveranno prima dei referendum. E dunque, quello di Bettini pare un assist alla propaganda di Salvini, al leader di lotta e di governo, che cerca un suo spazio, con Giorgia Meloni che glielo toglie, un giorno dopo l’altro.

“Qual è la vera posizione di Salvini? Quella di chi dice sì alla custodia cautelare o quella di chi voleva far marcire i detenuti in carcere, buttando la chiave?”, si chiedono non a caso al Nazareno.

C’è però un secondo livello di lettura. Ed è quello che alla fine Bettini apre la strada a una revisione di un certo tipo del dibattito sulla giustizia di questi ultimi 20 anni. Andando a toccare non solo il cosiddetto giustizialismo, che non è mai stato nelle corde dei dem, ma anche andando ad abbattere qualche tabù. Come, ad esempio, la revisione della legge Severino, che aveva portato alla incandidabilità di Silvio Berlusconi. D’altra parte, in una giornata densa per le tematiche della giustizia, non si sentono particolari voci di attacco verso i contabili della Lega condannati.

Si legge nella premessa alle proposte sulla giustizia del Pd: “Sotto il profilo della giustizia, la presenza di un presidente del Consiglio e di una ministra della Giustizia dalla preparazione e dalla autorevolezza inattaccabili può consentire al Paese di voltare pagina. Possiamo davvero chiudere per sempre la stagione delle contrapposizioni politiche sulla giustizia, e consegnare all’Italia un sistema più efficiente, che garantisca il rispetto della legalità insieme alla certezza del diritto e dei diritti dei cittadini, anzitutto quello di ottenere giustizia in tempi rapidi”. Eccola qui, scritta nero su bianco, la volontà di Letta di mediare con tutti, anche con la Lega. Inevitabile, d’altronde, visto che le riforme del Pnrr sono necessarie per avere i fondi europei. E poi, se si parla di ritorno della prescrizione, è più facile pensare che si possa fare asse con il Carroccio che con i Cinque Stelle.

Di certo, negli ultimi giorni, qualcosa è cambiato. Salvini ha dato ragione al Pd sulla proroga del blocco dei licenziamenti. Il Nazareno ha consegnato una replica secca al vice segretario, Peppe Provenzano, che evidenziava la giravolta, ma è un fatto che Letta ultimamente abbia ammorbidito i toni. “Dobbiamo fare le riforme con la Lega, a partire da quelle della giustizia e del Fisco”, ha detto e ridetto. Che cosa è successo?

Prima di tutto, c’è stato l’ennesimo confronto con il premier, Mario Draghi. E il segretario del Pd ha voluto smettere di offrire il fianco a chi lo cominciava a dipingere come il picconatore del governo. “Se non ora, quando?”, ha ribadito ieri sera, da Bruno Vespa, a proposito delle riforme. Senza la Lega, le riforme non si fanno. E il Pd parte da una debolezza prima di tutto numerica, nelle truppe parlamentari. Dunque, Letta non può che cercare dei punti di convergenza, una volta che ha visto fallire il tentativo di spingere Salvini a uscire dal governo e dar vita alla maggioranza Ursula. In questa fase magmatica della vita politica italiana, poi, si assiste a una convergenza di fragilità: i partiti contano sempre meno, rispetto alla forza personale del premier e dei suoi tecnici, ai moniti di Sergio Mattarella, persino alle raccomandazioni europee, rispetto a specifici provvedimenti. Così gli estremi, pur rimanendo estremi, si toccano.

Senza contare che nelle Commissioni parlamentari leghisti e dem si parlano di continuo, senza problemi di comunicazione. Dato di realtà che fa dire alla Rossomando: “Salvini si fidi di più dei suoi parlamentari, invece di fare azioni propagandistiche”. Ma in questa confusione di ruolo e di obiettivi, va anche detto che i dem aspettano con ansia di vedere gli emendamenti leghisti alla riforma Cartabia. La scommessa che si possa lavorare insieme la fanno, si aspetta la controprova della realtà. A proposito di rapporti di forza.

IlFQ

Il silenzio è d’oro. - Marco Travaglio

 

Nel dibattito dadaista sulla scarcerazione di Giovanni Brusca dopo 25 anni di galera, si dice che è uno scandalo liberare chi ha ucciso Falcone e altre cento persone, tra cui un bambino sciolto nell’acido: peccato che a liberarlo sia una legge voluta da Falcone, senza la quale non sapremmo che Brusca ha ucciso Falcone e altre cento persone, fra cui un bimbo sciolto nell’acido. In un Paese serio, anziché di Brusca, tutti si preoccuperebbero delle sentenze della Cedu e della Consulta contro l’ergastolo “ostativo” (che poi è l’ergastolo vero, ma nel Paese della giustizia finta occorre specificare), che stanno per liberare non i mafiosi che hanno parlato, ma quelli che stanno zitti. I quali non avranno più alcun motivo per parlare. Ora però i garantisti alla vaccinara si sono inventati un nuovo mantra: “Brusca non ha detto tutto”. Possibile. Ma che hanno in mente per fargli dire tutto: la tortura? Un modo civile ci sarebbe: imitare gli Usa. Lì, se un criminale collabora, non ottiene sconti di pena: non viene proprio processato. E può parlare quando gli pare.

Invece noi, furbi, grazie a una legge criminogena del 2000 voluta dal centrosinistra, diamo ai pentiti sei mesi per dire tutto. Se si ricordano qualcosa dopo, non vale. Il che rende ridicola l’accusa a Brusca di “non aver detto tutto”: anche se avesse altro da dire, essendo i suoi sei mesi scaduti da 24 anni e mezzo, non potrebbe più dirlo. E, se lo dicesse dimostrerebbe di non aver detto tutto e rischierebbe di perdere i benefici e tornare dentro. Qualcuno vuole che dica il resto? Cancelli la regola dei sei mesi. Poi però il rischio è che Brusca abbia davvero altro da dire. E lo dica. Per esempio sui mandanti esterni delle stragi, sulla trattativa Stato-mafia (che svelò un anno prima che la confermassero Mori e De Donno), sul ruolo di B. e Dell’Utri che l’ha visto sempre reticente. Perché un mafioso pentito, soprattutto all’inizio, non dice tutto? Per due motivi: il desiderio di proteggere i suoi amici o parenti; e il timore di inimicarsi qualche rappresentante dello Stato che lo protegge e firma con lui il contratto di collaborazione. Gaspare Spatuzza smontò il depistaggio su via D’Amelio, scagionò il falso pentito reo confesso Scarantino, dimostrò di essere l’autore della strage: e fin lì applausi scroscianti. Poi però fece i nomi di B. e Dell’Utri sui rapporti del boss Graviano durante le stragi. Napolitano tuonò contro le “rivelazioni più o meno sensazionalistiche di soggetti, diciamo così, piuttosto discutibili”. Il governo B. gli levò la protezione. E Spatuzza non disse più una parola. Se davvero qualcuno vuole scucirgli la bocca, rimuova la regola dei sei mesi dalla legge sui pentiti e Forza Italia dal governo. Secondo voi, così a naso, lo faranno?

IlFQ

Assegno unico in Cdm, fino a 217 euro a figlio. Ecco chi ne ha diritto.

 

La misura all'esame del Consiglio dei ministri.


In Cdm arriva il provvedimento ponte per l'assegno unico, che su iniziativa del ministro Elena Bonetti farà partire a luglio la misura per le famiglie che oggi non hanno accesso a sostegni, dagli autonomi e i disoccupati, per poi estendere l'assegno a tutti nel 2022.

Da un minimo di 30 euro a un massimo di 217,8 euro al mese per ciascun figlio. E' la misura ponte per l'assegno unico, valida da luglio a dicembre 2021 per chi non goda già di assegni familiari.

A quanto si legge in una bozza, ne avranno diritto i nuclei fino a 50mila euro di Isee.

Le famiglie con Isee fino a 7000 euro avranno 217,8 euro a figlio se hanno almeno 3 figli. 50 euro in più sono previsti per ciascun figlio disabile. Potrà accedervi chi paghi le tasse in Italia e sia qui residente da almeno 2 anni: sono ammessi cittadini italiani e Ue e titolari di permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca almeno semestrale. 

ANSA

giovedì 3 giugno 2021

Il recluso Verdini raccomanda Renzi a Toti e Brugnaro. - Giacomo Salvini

 

Nuovo partito - Al capezzale di B. e FI.

Agire nell’ombra gli è sempre piaciuto. Per tessere trame e risolvere problemi, come il Mr. Wolf di Pulp Fiction. E allora Denis Verdini, oggi ai domiciliari nella sua villa di Pian de’ Giullari sulle colline di Firenze dopo la condanna definitiva a 6 anni e 6 mesi per il crac del Credito cooperativo fiorentino, è sceso in campo anche stavolta. Obiettivo: iniziare a mettere in piedi quel “grande centro” che alle prossime elezioni politiche possa fare da stampella moderata all’alleanza di centrodestra. Una terza gamba che unisca i moderati di Forza Italia (l’ala liberal di Mariastella Gelmini e Mara Carfagna), ma soprattutto Matteo Renzi, Carlo Calenda e Luigi Brugnaro. Tant’è che si dice che a consigliare l’accelerata per la nascita del nuovo partito del sindaco di Venezia e Giovanni Toti sia stato proprio lui. Dentro Forza Italia raccontano che l’ex Richelieu di Fivizzano abbia chiamato anche diversi parlamentari azzurri per convincerli a lasciare Berlusconi: “Ormai Forza Italia è finita – è il ragionamento che Verdini ha fatto ad alcuni di loro – vedete Berlusconi come è messo… adesso serve un’operazione nuova, una forza liberale e riformista che possa andare al governo tra un anno”. Da Coraggio Italia! spiegano che “l’idea del partito è solo di Toti e Brugnaro” ma confermano che quella sia la direzione e fanno sapere che il gruppo parlamentare nei prossimi giorni si allargherà ancora rispetto ai 31 parlamentari attuali.

E non è un caso che venerdì, alla vigilia dell’inaugurazione del Salone Nautico, Brugnaro abbia cenato insieme a Renzi in un noto ristorante veneziano. I due sono in ottimi rapporti da quando il leader di Italia Viva era a Palazzo Chigi e arrivò a Ca’ Farsetti per firmare il “Patto per Venezia” e poi ottenne il sostegno del sindaco al referendum costituzionale del 2016. Durante la cena, a quanto risulta al Fatto, i due hanno parlato degli scenari politici futuri e dell’idea di un polo centrista che si ponga in alternativa all’alleanza giallorossa e anche ai sovranisti di Lega e FdI. E che poi, dopo il voto, diventi l’ago della bilancia di un governo di centrodestra. Un esperimento studiato non per le prossime elezioni amministrative ma alle prossime elezioni politiche. “Il governo Draghi ha scomposto il quadro politico – spiega un alto dirigente vicino al sindaco di Venezia – sarà Renzi a venire da noi, nel centrodestra”. Così non è passata inosservata la dichiarazione del capogruppo renziano al Senato Davide Faraone che ha parlato così di Toti e Brugnaro: “Sono due persone che stimo, riformiste e moderate e tutti i riformisti e i moderati presto dovranno stare insieme – ha detto Faraone a Un Giorno da Pecora – Che differenza c’è tra me e Mara Carfagna?”.

Dell’operazione è a conoscenza anche Matteo Salvini – che si confronta spesso con il suocero Verdini e con il suo fedelissimo Marcello Pera – che infatti ha incoraggiato la formazione di Coraggio Italia! per svuotare sempre di più Forza Italia e annettere l’ala filo leghista del partito azzurro che fa riferimento al trio Tajani-Bernini-Ronzulli. L’idea dei leghisti è quella di una federazione con FI per rendere difficile il sorpasso di Giorgia Meloni e, allo stesso tempo, invitare le colombe azzurre a lasciare. Degli scenari politici ed editoriali dei prossimi mesi Salvini avrebbe parlato con Renzi il 23 maggio durante la cena a casa Angelucci. Verdini non poteva esserci, ma è difficile che non ne sapesse qualcosa.

IlFQ

Cina: un caso di infezione umana da aviaria H10N3. -

 

Rilevato nella provincia orientale dello Jiangsu.


Un caso di infezione umana con il ceppo H10N3 dell'influenza aviaria è stato rilevato nella città di Zhenjiang della provincia cinese orientale dello Jiangsu. Lo ha reso noto oggi la Commissione Nazionale della Sanità.
Il paziente, un uomo di 41 anni, aveva sviluppato febbre e altri sintomi il 23 aprile ed era stato ricoverato il 28 aprile.
Ora è in condizioni stabili e, come sottolinea la Commissione, soddisfa ampiamente gli standard per la dimissione.
Tutti i contatti stretti del paziente nello Jiangsu sono stati posti sotto osservazione medica ed è stato messo in atto il monitoraggio di emergenza, come precisa l'ente, aggiungendo che non vi è stato il rilevamento di alcuna anomalia.
Il Chinese Center for Disease Control and Prevention ha effettuato il sequenziamento dell'intero genoma del campione il 28 maggio e il risultato è stato positivo al virus H10N3.
L'analisi dell'intero genoma mostra che il virus di origine aviaria non è effettivamente infettivo per gli esseri umani, secondo gli esperti, i quali ritengono rappresenti un rischio "molto basso" di epidemia su larga scala.

(Foto Ansa - Allerta inflenza aviaria, In Cina caso umano da nuovo ceppo.)

ANSA