giovedì 17 marzo 2022

CHI E' DAVVERO ZALENSKY? - Saverio Masi

 

Chi è davvero il comico ucraino divenuto beniamino della stampa occidentale e decantato come un eroe sulle copertine dei nostri settimanali e nei nostri Telegiornali?
Chi è il personaggio che sabato scorso si è palesato in divisa militare comparendo in diretta a Firenze tra gli applausi e le ovazioni della piazza dei Pacifisti a mano armata del PD?
Sappiamo che nasce nel 1978 da una famiglia di origini ebraiche e che la sua prima lingua non è l'ucraino, ma il russo.
Sceglie la carriera di attore e comico , fonda il 𝗞𝘃𝗮𝗿𝘁𝗮𝗹 𝟵𝟱 𝗦𝘁𝘂𝗱𝗶𝗼 e produce la Telenovela "Sluha Narodu" (Servitore del Popolo) in cui lo stesso Zelensky interpreta l'uomo qualunque che stanco della corruzione politica che imperversa in Ucraina, viene inaspettatamente eletto presidente.
Pare che a Igor Kolomoyskyi - potente uomo d'affari dal triplo passaporto ucraino, cipriota e israeliano, fiduciario degli USA e principale oligarca di Ucraina - guardando la popolare telenovela venga la magnifica idea di trasformare la fiction in realtà e di far interpretare all'attore comico Zelenzky la parte del Presidente non soltanto in video ma anche nella realtà.
Subito dopo Zelensky annuncia la fondazione di un partito che porta lo stesso nome della popolare telenovela: "Servitore del popolo" e, all'apice della sua popolarità televisiva, annuncia la propria candidatura alle elezioni presidenziali dell'anno successivo.
Da quel momento la sua società, la Kvartal 95, registrerà un anomalo flusso di finanziamenti, gestiti attraverso società off-shore con sedi in paradisi fiscali, per un ammontare di 𝟰𝟬 𝗺𝗶𝗹𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗱𝗼𝗹𝗹𝗮𝗿𝗶.
Il principale sovvenzionatore della campagna di Zelensky è proprio il discusso oligarca Kolomoyskyi, proprietario di 𝗣𝗿𝗶𝘃𝗮𝘁𝗕𝗮𝗻𝗸, la più importante banca in Ucraina, coinvolta in diversi casi di bancarotta fraudolenta e investimenti illeciti.
𝗜𝗴𝗼𝗿 𝗞𝗼𝗹𝗼𝗺𝗼𝘆𝘀𝗸𝘆 𝗲̀ 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼 𝘂𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗶 𝗽𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗮𝗹𝗶 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗱𝗶 𝗮𝗹𝗰𝘂𝗻𝗶 𝗱𝗲𝗶 𝗴𝗿𝘂𝗽𝗽𝗶 𝗽𝗮𝗿𝗮𝗺𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮𝗿𝗶 𝗻𝗲𝗼𝗻𝗮𝘇𝗶𝘀𝘁𝗶 𝗲𝗱 𝘂𝗹𝘁𝗿𝗮-𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗶𝘀𝘁𝗶 che nel 2014 hanno prodotto il colpo di stato che ha rovesciato il legittimo governo del Presidente Janukovic innescando 8 anni di instabilità e guerra civile nella regione.
Nell'Aprile del 2019 Zelensky appena eletto Presidente provvede subito a distribuire incarichi governativi ai soci della sua società, la Kvartal 95.
Ivan Bakanov, già Amministratore Delegato della società, diventa il capo dei Servizi Segreti, mentre il Vice Direttore Serhiy Shefir diventa il portavoce ufficiale del presidente.
L'oligarca Igor Kolomoysky, padrino e finanziatore di Zelensky, ha forti interessi economici sul Donbass, motivo per cui il suo esercito privato di organizzazioni neonaziste, in parte inquadrate nell'Esercito ucraino, dal 2015 𝗵𝗮 𝘀𝘁𝗲𝗿𝗺𝗶𝗻𝗮𝘁𝗼 𝗰𝗶𝗿𝗰𝗮 𝟭𝟲 𝗺𝗶𝗹𝗮 𝗿𝘂𝘀𝘀𝗼𝗳𝗼𝗻𝗶 𝗻𝗲𝗹 𝘀𝗶𝗹𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗶𝘁𝗮̀ 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲.
Questo è anche il motivo per cui Zelensky alle trattative di pace rifiuta le richieste russe di riconoscimento delle Repubbliche Popolari del Donbass ed è disposto a continuare la guerra con ogni mezzo, cercando in tutti i modi di coinvolgere la NATO e allargarla al resto d'Europa.
In base a quanto emerso nei Pandora Papers e riportato dal "𝗧𝗵𝗲 𝗚𝘂𝗮𝗿𝗱𝗶𝗮𝗻" 𝗱𝗲𝗹 𝟯 𝗼𝘁𝘁𝗼𝗯𝗿𝗲 𝟮𝟬𝟮𝟭, Zelensky detiene quote azionarie di tre società off-shore, ha legami con diversi oligarchi da cui riceve finanziamenti illeciti e introiti miliardari ed è coinvolto direttamente in un giro di armi e soldi ai neonazisti.
Alla luce di ciò e del suo 𝗱𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗲𝘀𝘀𝗲 𝗮 𝗳𝗮𝗿 𝗮𝗱𝗲𝗿𝗶𝗿𝗲 𝗹'𝗨𝗰𝗿𝗮𝗶𝗻𝗮 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗡𝗔𝗧𝗢, piazzando basi missilistiche americane ai confini della Russia, invocando la no-fly zone e l'uso della bomba atomica, viene da chiedersi se il presidente ucraino sia davvero l’eroe che i mass media europei stanno rappresentando.
Ci domandiamo se i politici e i mezzi di informazione occidentali si rendano davvero conto di quale grumo di affarismo e corruzione si celino dietro questo turpe personaggio e di quanto ci stiano facendo rischiare nell'assecondare i deliri bellici di questo faccendiere squilibrato.

La Lolita “mitra e lecca-lecca”: oscenità bellica a uso dei voyeur. - Daniela Ranieri

 

Noi eravamo rimasti che il fenomeno dei bambini-soldato era uno dei crimini più osceni delle guerre.

Oggi no, anzi: la foto di una ragazzina ucraina che imbraccia un fucile e mangia un lecca-lecca, postata su Facebook dal padre, e diventata virale, è una bellissima favola per adulti occidentali iperconnessi, contenti di aver trovato nella guerriera in età prepuberale un simbolo tanto potente del coraggio del popolo ucraino.

“La ‘Bambina con la caramella’ icona della resistenza dei bambini di Kiev”, titola HuffPost. “Fucile e lecca- lecca. Un urlo al mondo”, titola La Stampa sotto la foto in prima pagina. Una strana euforia si è impossessata delle redazioni. La semantica aberrante dell’arruolamento di bambini al fine di farli combattere e uccidere altri esseri umani ha cambiato di segno. Quel che fanno gruppi armati in Uganda, Sud Sudan, Afghanistan etc. (dove i bambini vengono usati anche come rilevatori di mine, cuochi, oggetti sessuali) è una barbarie. La piccola ucraina col fucile è glamour: “I capelli castani intrecciati con un nastro che ha i colori giallo-azzurro della bandiera ucraina, la gamba destra distesa lungo il davanzale e lo sguardo volto verso l’esterno, come un soldato che sta di guardia, un soldato di soli 9 anni che non pare affatto terrorizzato” (La Stampa). Donald Tusk, ex presidente del Consiglio europeo, ha twittato la foto con la didascalia: “Per piacere non ditele che sanzioni più pesanti potrebbero essere troppo costose per l’Europa”.

La bambina così è usata due volte: come combattente (ma la foto era “posata”, dicono i minimizzatori: ma allora non si spiega la retorica resistenziale) e come icona. Romantizzazione ed eroizzazione di un crimine (per la Convenzione dell’Onu sui diritti dell’infanzia) caricano la foto di un vitalismo incongruo quanto osceno: citazioni iconografiche, Vermeer e Lolita, rendono seduttivo il racconto della fierezza di un popolo che resiste all’invasore mettendo i propri figli sui muretti a sparare. Gli ucraini, dicono gli esperti, sono bravissimi a comunicare: Zelensky chiama il popolo alle armi con le storie di Instagram; il governo ha reso la propaganda di guerra una cosa frizzante, ironica, battagliera, perfetta per TikTok. A questa propaganda si possono sacrificare anche i bambini (come negli antichi riti collettivi di morte e rinascita). (E se la bambina fosse russa?). Lo sciame digitale assorbe cadaveri e bambina, la cui bellezza da copertina incita l’indugio consumistico dello sguardo, che è sempre guidato dal potere snervante del capitalismo. A questa barbarie non opponiamo resistenza.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/14/la-lolita-mitra-e-lecca-lecca-oscenita-bellica-a-uso-dei-voyeur/6524823/?utm_campaign=Echobox2021&utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR32iYjeWSvxkySUk8aYyuJ_wQRLnyozzkz2MOFgrBnQirKR6Dj1aMCowOk#Echobox=1647252293

mercoledì 16 marzo 2022

L’escalation militare cresce, “ma perché ci preoccupiamo?”. - Peter Gomez

 

Ricapitolando: 30 mila militari Nato stanno svolgendo una esercitazione in Norvegia. È la più grande degli ultimi anni, ma non c’è da preoccuparsi perché le operazioni erano state programmate già otto mesi fa.

Un sedicente ufficiale dei servizi segreti russi ha inviato una nuova lettera in cui sostiene che per Putin “la terza guerra mondiale è iniziata” e che l’autocrate si prepara a lanciare i suoi missili verso le Repubbliche baltiche se non verranno ritirate le sanzioni. Ma non c’è da preoccuparsi, perché la spia potrebbe non essere tale e il contenuto della missiva potrebbe essere falso.

Una circolare del nostro Stato maggiore invita i generali a intensificare gli addestramenti orientati al war fighting, ovvero agli scenari di combattimento. Ma non c’è da preoccuparsi, perché circolari simili vengono inviate ogni volta che sale la tensione internazionale.

Domenica scorsa, l’Iran, in ottimi rapporti con la Russia, ha sparato una dozzina di razzi a Erbil, nel Kurdistan iracheno, e ha sfiorato il consolato Usa. Ma non c’è da preoccuparsi, perché gli iraniani assicurano di aver mirato a “un centro strategico israeliano” e molti pensano che il lancio sia stato una vendetta per due pasdaran morti durante un bombardamento in Siria. Lunedì, infine, mentre a Roma si incontravano gli emissari del governo americano e cinese, 13 caccia militari di Pechino hanno violato la spazio aereo di Taiwan. Ma non c’è da preoccuparsi, perché il sorvolo è stato un semplice avvertimento.

Così anche noi non ci preoccupiamo. Constatiamo solo che 20 giorni dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, l’escalation militare non accenna a fermarsi. E ci chiediamo cosa accadrà se davvero, come pronosticato dalla Gran Bretagna, i soldati di Putin, dopo aver conquistato al prezzo di terribili massacri le principali città ucraine, dovranno affrontare per anni una resistenza fortemente motivata e ben armata dall’Occidente.

L’obiettivo della Ue e della Nato del resto è chiaro. Visto che con soli 170 mila uomini è impossibile controllare uno Stato grande il doppio dell’Italia, Europa e Usa armano gli ucraini nella speranza che Putin, per evitare d’impantanarsi in una guerra in stile afghano, si accontenti presto di ciò che gli è già stato offerto dall’eroico presidente Zelensky: la neutralità, l’annessione ufficiale della Crimea, il riconoscimento delle Repubbliche del Donbass. L’idea è che in questo modo Putin potrebbe ordinare il ritiro dicendo ai russi di aver ottenuto ciò che rivendicava e quindi di aver vinto la guerra. Ma se il piano è questo, qualcuno ci dovrà spiegare cosa si spera che accada dopo.

Ciò che Putin sostiene è noto. La Russia afferma di essere stata circondata negli anni da Paesi Nato in grado di ospitare testate nucleari a poche centinaia di chilometri da Mosca. Teme che l’espansione non sia finita e sogna pure che le confinanti Repubbliche baltiche rinuncino a far parte dell’alleanza. Inoltre sa che nel medio periodo le sanzioni economiche occidentali diventeranno un reale problema. È pura utopia, dunque, che quando e se si comincerà davvero a parlare di un possibile ritiro dall’Ucraina, Putin non chieda a Stati Uniti ed Europa di ridiscutere tutto: a partire dall’embargo deciso nei suoi confronti.

A un tavolo di questo tipo non potrà che pretendere di essere presente pure la Cina. Ma non c’è da preoccuparsi. Perché l’operazione è semplice: si tratta solo di riscrivere il nuovo ordine mondiale. Roba da niente. Io, comunque, pur restando tranquillissimo, comincio a cercar casa in Argentina.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/16/lescalation-militare-cresce-ma-perche-ci-preoccupiamo/6527069/?fbclid=IwAR39NBDKC9qRM1eEuzzylLN8HOtB3qnHRSwMn78vjlQZIemtS2vY4vbZGiU

Censura democratica. - Marco Travaglio

 

Da tre settimane il circoletto onanista-atlantista che se la canta e se la suona è alla disperata ricerca di qualcuno che difenda l’armata russa e giustifichi i fiumi d’inchiostro versati contro il presunto “partito italiano di Putin”. Si è provato a iscrivere al Cremlino chi ricorda le responsabilità della Nato nell’accerchiamento della Russia. Ma non ci è cascato nessuno: pure Biden nel 1997 e Kissinger nel 2014 dicevano le stesse cose, tuttora condivise da fior di analisti occidentali; e sono proprio gli atlantisti a dire che la Nato con l’Ucraina non c’entra nulla. Allora si è inventato che chi critica l’invio delle armi alle milizie ucraine (inclusi i ceffi con la svastica del battaglione Azov) sta con Putin. Ma non ha abboccato nessuno: tutti gli esperti spiegano che le nostre armi non ribalteranno l’esito della guerra pro Ucraina, ma contro, allungando il conflitto con più perdite di civili e di territori. Figurarsi il sollievo quando le Sturmtruppen hanno finalmente trovato un intellettuale equidistante fra Ucraina e Russia: Povia (che è pure No vax, quindi vale doppio). Ecco perché i panciafichisti occidentali non si decidono a scatenare la terza guerra mondiale, malgrado gli appelli di Zelensky e della sua moderatissima vice: per via di Povia. Che però non è solo. Ieri Aldo Grasso, il Povia dei guerrafondai, ha smascherato il suo complice: Maurizio Crozza, capofila del “‘neneismo’ oltraggioso della sinistra radicale”.

E dove sarebbe l’oltraggio? Tenetevi forte: Crozza ha financo mostrato la cartina d’Europa con l’avanzata della Nato a Est dopo che nel 1990 il Segretario di Stato Usa Baker aveva promesso a Gorbaciov “non un centimetro più a Est”. Poi la Nato si mangiò dieci Paesi, fino al confine ucraino. Ma questo, spiega Grasso, fu perché quei Paesi “preferiscono vivere, di loro spontanea volontà, sotto l’ombrello della Nato”: lui è convinto che la Nato sia una bocciofila dove paghi la tessera e ti iscrivi: non sa che devi essere invitato, e solo a patto di non compromettere la sicurezza degli altri membri, come invece è avvenuto invitando Paesi che era meglio lasciare neutrali. Per chi non si sentisse abbastanza oltraggiato da una cartina, c’è di peggio: “Per rafforzare il suo antiamericanismo, Crozza ha ricordato che a Cuba nel ’62 gli Usa mica han lasciato che i russi gli mettessero i missili ai confini”. E, siccome Crozza conosce la storia meglio di Grasso, “la sua satira diventa comizio”. È lo stesso argomento usato dai berluscones contro Luttazzi e i Guzzanti che dicevano le verità proibite dal regimetto. Lo stesso argomento usato dai putiniani contro chi dice le verità proibite dal regime. Cose che càpitano nei Paesi democratici che, a furia di esportare la democrazia di qua e di là, hanno esaurito le scorte.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/16/censura-democratica/6527023/

martedì 15 marzo 2022

Nato per mentire. - Marco Travaglio

 

Sempre premesso che Putin è il nuovo Hitler, per giunta con le metastasi al cervello; premesso che in Ucraina non esistono più nazisti da quando i nostri giornaloni hanno rimosso gli articoli sulle svastiche del battaglione Azov e simili opere pie; premesso che le bombe al fosforo fanno male se le usano i russi, mentre quando le sganciavano gli italiani a Fallujah erano manna dal cielo; ecco, premesso tutto ciò, domandiamo per un nostro amico un po’ duro di comprendonio: ma perché non si può stare toto corde col popolo ucraino aggredito da Putin e dire “né con la Nato né con Putin”, visto che tutti ripetono (tranne Putin) che la Nato non c’entra nulla con l’Ucraina e che l’apparentamento fra l’una e l’altra è una fake news del pazzo del Cremlino? Il nostro amico è rimasto spiazzato dai titoli “Attacco ai confini della Nato” (Stampa), “Bombe sulla Nato” (Giornale), “Strage ai confini della Nato” (Corriere), “Guerra ai confini della Nato: missili sulla base di addestramento” (Rep).

Si riferiscono ai 30 missili russi che hanno distrutto il cosiddetto International peacekeeping and security center di Yavoriv, a 25 km dal confine polacco: una base militare di 390 kmq, brulicante di soldati ucraini e occidentali. Washington ha subito minacciato rappresaglie per “difendere il territorio Nato”: e non si vede a che titolo, visto che ha escluso di avere “militari coinvolti” né lì né nel resto del Paese. Ma s’è scordata di avvisare la sua ambasciata a Kiev, che ha twittato un peana ai “soldati eroici di Usa, Polonia, Lituania, Regno Unito, Canada e altri che addestravano le forze ucraine” e smistavano le armi made in Usa e in Ue. Il che dimostra che, in barba alla ridicola risoluzione del Parlamento italiano, inviare armi non porta alla “de-escalation”, ma all’escalation. Non solo. Quella di Yavoriv è una base Nato camuffata: dal 1995 è segnalata sul sito della Nato e ha ospitato tutte le esercitazioni Nato anti-Russia. Infatti il Giornale la definisce “sede Nato”, La Stampa più pudicamente un “centro di addestramento utilizzato anche dalla Nato”. Insomma: più che i confini della Nato, i russi han bombardato la Nato. Che sta da 27 anni in Ucraina, pur assicurando di starne fuori. È una notizia coi fiocchi, che dovrebbe far arrossire chi nega qualsiasi nesso fra Ucraina e Nato e iscrive al “partito di Putin” chiunque osi dire il contrario. Ed è la prova che i migliori amici del popolo ucraino non sono quelli che stanno “con la Nato contro Putin”. Ma quelli che non stanno “né con la Nato né con Putin”. Far parte della Nato presenta almeno il vantaggio che, se ti attaccano, gli altri soci ti difendono. Se invece ti tieni la Nato in casa nascosta in cantina, ti attaccano e non ti difende nessuno.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/15/nato-per-mentire/6525918/

PIU' GUERRA IN ARRIVO. - Gioacchino Musumeci

 

VOLODYMYR ZELENSKY TERRA' UN DISCORSO VIRTUALE mercoledì prossimo al congresso degli Stati Uniti. Repubblicani e democratici vogliono una risposta militare più dura all'invasione russa, inclusa l'imposizione di una no-fly zone sul paese e la fornitura all'Ucraina di caccia MiG polacchi.

Questo spiega le continue richieste di interventi e no-fly zone del presidente Zelensky che gode dell'appoggio di una parte del congresso degli Stati uniti. Il presidente ucraino, dopo essere rimasto invischiato nell'impeachment di Donald Trump, ha sempre coltivato ottimi rapporti con la Casa Bianca (come testimonia il contenuto della telefonata in cui Trump chiedeva a Zelensky di indagare sul figlio di Biden) e si lamentava della dipendenza energetica dalla Russia, problema particolarmente diffuso nella UE che dalla caduta di Putin trarrebbe non pochi vantaggi.
Gli Usa si danno molto da fare: Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato 13,6 miliardi di dollari in aiuti militari e umanitari di emergenza per l'Ucraina. Il finanziamento include 6,5 miliardi di dollari per l'assistenza militare all'Ucraina e circa 6,7 miliardi di dollari per i rifugiati e gli aiuti economici agli alleati dell'Europa orientale degli Stati Uniti.
Zelensky da parte sua spinge le nazioni occidentali a fare di più per fermare l'invasione russa e ha continuamente sollecitato Washington, l'Unione Europea e la NATO per l'equipaggiamento militare.

Sembrano nitide diverse cose:
1)Gli Usa sono estremamente interessati all'Ucraina visti gli ingenti finanziamenti forniti ben prima della guerra che oggi ha vantaggiosamente moltiplicato gli interventi finanziari americani a Est.
2) L'ingresso occidentale nello scenario ucraino potrebbe essere prossimo. Se la linea belligerante americana vince, ciò che vuole Zelensky, l'intervento in Ucraina porterà alla guerra che i nostri media stanno introducendo con la propaganda a tappeto di queste settimane.

Penso che dovremmo essere realisti, siamo diretti verso l'allargamento del conflitto. Cedere alle condizioni Russe sarebbe una grave sconfitta occidentale e Nato. Putin rinforzerebbe perfino la sua egemonia in Russia e amplificherebbe aspirazioni cinesi e Taiwan. Nella logica occidentale questi sono motivi per una guerra globale? Si perché la beatificazione di Zelensky a reti unificate serve esclusivamente a legittimare un conflitto mondiale. Questo non è il modo corretto di combattere Vladimir Putin. Se la logica di pace non prevarrà su quella geopolitica, comprensiva di guerra, le cose si metteranno molto male per tutti.
E' la prima volta che spero di sbagliare al 100%.

Avete giocato con l'abisso, ora ce l'avete davanti. - Raoul Kirchmayr



A "Otto e mezzo" di stasera c'è stato un momento - durato una decina di minuti circa - in cui si è capito che un atterrito Massimo Giannini (La Stampa) ha capito.
Ha capito che qualcosa non torna più, nel racconto - meglio: nella narrazione - della guerra in Ucraina. Da questa parte dello schermo lo abbiamo capito dallo sguardo sbarrato e dalle labbra serrate in una sorta di smorfia angosciata. Perfino Lilli Gruber è parsa vacillare, non sapendo più da dove e come riprendere il filo del discorso.
Poi, con molto mestiere e bravura ha rimediato. L'unico che è parso non sorpreso è stato Caracciolo, il direttore di Limes, che evidentemente non si era fatto soverchie illusioni.
E purtuttavia, aveva il volto parecchio tirato, e un po' scavato.
Insomma, il gelo era sceso nello studio, dopo che - intervistata da Gruber - Iryna Vereshchuk, divisa verde e sguardo di ghiaccio, ha detto a nome del governo ucraino, da lei rappresentato nella veste di vicepremier, le seguenti cose:
a) Il governo ucraino sa qual è la verità e ha il coraggio di dirla;
b) la verità è una sola;
c) il presidente è il popolo, il popolo si riconosce nel
presidente;
d) no-fly zone subito sulle centrali nucleari;
e) intervento militare degli USA in Ucraina;
f) garanzie internazionali occidentali, da parte di USA e GB, per l'Ucraina per il dopoguerra;
g) Crimea e Donbass restituite all'Ucraina, dopo periodo di monitoraggio internazionale;
h) né il riconoscimento delle repubbliche del Donbass né della Crimea né la neutralità dell'Ucraina possono costituire base di trattativa con la Russia.
Giannini, nonostante lo sconcerto - e, immagino, il brivido lungo la schiena - è stato lucido nel far notare a Vereshchuk che, con queste premesse, non ci potrà mai essere nessuna trattativa con la Russia.
La risposta è stata che l'Occidente deve prendersi ora quelle responsabilità che non si è preso in passato.
Caracciolo ha fatto notare alla vicepremier che questa base negoziale forse poteva andare bene nel 2014, certo non ora, con la situazione attuale sia politica sia militare. E che una trattativa realistica non poteva che avere come punto di partenza lo status ante 23 febbraio, poiché gli USA non interverranno mai in Ucraina in un confronto militare diretto,
poiché questo significherebbe lo scoppio di un conflitto mondiale.
La replica è stata che la Russia va fermata ora in Ucraina perché il conflitto ci sarà ugualmente.
In precedenza, su domanda di Gruber circa le vittime odierne a Donetsk e sul rimpallo delle responsabilità del bombardamento, la risposta è stata che i russi sparano sui (loro) civili per attribuire la responsabilità agli ucraini. Gli ucraini, ha aggiunto poco dopo, sono credenti e sono per l'amore.
Vereshchuk, che ha anche un passato come militare, è considerata esponente conservatrice e moderata nella
compagine di governo.
Ecco, lo sguardo angosciato di Giannini ha restituito l'istante dell'illuminazione, quando ha capito di non aver capito granché su chi fossero i difensori della libertà, su quali fossero i loro obiettivi e su quale fosse il "frame" psicologico - prima ancora che politico - su cui si organizzano le loro decisioni:
la mistica del sacrificio.
Di questa mistica è imbevuto, per esempio, il culto degli eroi di Maidan. E' uno dei tanti anacronismi del post-guerra fredda: un pezzo di medioevo partorito dai nazionalismi del dopo-URSS, ideologie di risulta nel vuoto politico della (breve) fine della storia.
La storia ha ripreso da tempo il suo cammino con questi grumi arcaici sopravvissuti chissà come e riportati alla superficie dalle correnti putride dei fascismi postmoderni.
Almeno spero che a Giannini da oggi sia chiara una cosa:
è sufficiente ricordare qual è la linea - a quanto pare ufficiale - del governo Zelensky.
E la linea è: nessuna linea, diritti allo scontro,
verso il sacrificio finale.
Se l'Ucraina vincerà, vincerà la verità,
se l'Ucraina verserà il suo tributo di sangue lo farà sacrificandosi per la verità. L'Apocalisse non fa paura quando è la verità che deve trionfare.
Auguri, Giannini.
Avete giocato
agli apprendisti stregoni con l'abisso, ora ce l'avete davanti.