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lunedì 24 maggio 2021

Energia cara (e troppo inquinante), ora i minatori di Bitcoin si accordano con i petrolieri. - Virginia Della Sala

 

La joint venture tra chi estrae idrocarburi e i produttori di criptovalute:  quando viene estratto il greggio fuoriesce gas naturale che viene usato per fare monete elettroniche.

Cosa unisce direttamente i minatori di Bitcoin e i petrolieri? Nelle scorse settimane il patron di Tesla, Elon Musk, ha annunciato che non venderà le sue auto con le crypto perché bitcoin, per il suo consumo energetico, non è sostenibile per il Paese e non lo sarà fino a che non si troverà un’alternativa ecologica alla produzione di energia. Una selezione che è quanto mai lontana e che non è escluso abbia inferto un colpo quasi mortale alla reputazione delle cripto dato che il Mondo è nella fase in cui tutto ciò che non è green è destinato al fallimento.

In attesa dunque che il mondo del Bitcoin si faccia magari trascinatore del vero switch alle rinnovabili e all’energia verde, dalla Reuters arriva una storia magnifica e degna di essere raccontata. In pratica, sulle aree petrolifere statunitensi che si estendono lungo le Montagne Rocciose e le Grandi Pianure, esiste una strana joint venture tra i petrolieri e i minatori di Bitcoin. In sostanza, spiega la testata, quando i petrolieri estraggono il greggio generano spesso la fuoriuscita di gas naturale. Solo che non avendo gasdotti disponibili o non essendo in quantità tali da giustificarne la creazione, questo si disperde nell’atmosfera.

Così, i minatori si sono muniti di veri e propri rimorchi dotati di tubi, generatori e computer con i quali catturano questo gas, lo trasformano in energia e producono le cripto. Si tratta, spiega Reuters, di supercomputer che raggiungono una temperatura di 71 gradi Celsius. Per i petrolieri è un modo per rispondere anche alle pressioni delle istituzioni che gli impongono di ridurre le emissioni. Così, in pratica, le eliminano vendendole o regalandole. Altrimenti dovrebbero bruciare quel gas, caricandosi anche dell’onere dell’inquinamento. Così invece lo spostano sui minatori di cripto.

Secondo un rapporto degli analisti della Bank of America le emissioni complessive di C02 dell’industria globale di Bitcoin sono aumentate a 60 milioni di tonnellate, pari allo scarico di circa 9 milioni di automobili. Si tratta di oltre 20 milioni di tonnellate in più rispetto a due anni fa.

E nel sogno al momento fantascientifico di chi vorrebbe che questo finisse, tali operazioni potrebbero essere la soluzione all’inquinamento prodotto in Asia proprio per l’elettricità delle cripto. Anche così però la sostenibilità non è garantita. E da essa, ormai, dipende il futuro di Bitcoin&c.

IlFQ

venerdì 10 luglio 2020

Produzione industriale a maggio +42,1%.

Un lavoratore metalmeccanico in una immagine di archivio ©

Istat: 'Significativa ripresa delle attività' dopo il lockdown. Su base annua calo del 20,3%.

La produzione industriale a maggio schizza in alto, segnando un aumento del 42,1% rispetto ad aprile. Lo rileva l'Istat, parlando di una "significativa ripresa delle attività" dopo il lockdown. Il confronto congiunturale, infatti, è con un mese, l'Istituto di statistica lo ricorda, "caratterizzato dalle chiusure in molti settori produttivi in seguito ai provvedimenti connessi all'emergenza sanitaria". Su base annua il dato mostra ancora un calo ampio: corretto per gli effetti di calendario, a maggio l'indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 20,3%.
Maggio, inoltre, vede la produzione industriale in impennata ma il livello dell'attività, l'Istat lo sottolinea nel commento ai dati, "risente ancora della situazione generata dall'epidemia di Covid-19: l'indice generale, al netto della stagionalità, presenta una flessione del 20,0% rispetto al mese di gennaio, ultimo periodo precedente l'emergenza sanitaria". E ancora, viene fatto presente, "nella media del periodo marzo-maggio, il livello della produzione cala del 29,9% rispetto ai tre mesi precedenti".
La produzione industriale di autoveicoli a maggio mostra su base annua un calo del 50,8%, rende inoltre noto l'Istat, fornendo il dato tendenziale corretto per gli effetti di calendario. Il ribasso in termini grezzi è pari al -54,5%. In sostanza l'attività nel settore si è dimezzata rispetto a maggio dello scorso anno.
Sempre a maggio, rispetto ad aprile, "tutti i comparti" dell'industria italiana "sono in crescita congiunturale, ad eccezione di quello delle industrie alimentari, bevande e tabacco, in leggera flessione", (-0,5%). Settore questo che però aveva retto durante la fase più acuta dell'emergenza Covid. Rimbalzi addirittura a tre cifre si evidenziano invece per le attività che più avevano risentito del lockdown: +142,5% per il tessile e +140,2% per i mezzi di trasporto. E' quanto emerge dalla nota dell'Istat sulla produzione industriale a maggio. Su base annua la situazione è capovolta, con ribassi in tutti i settori.

venerdì 20 marzo 2020

Coronavirus: gli stabilimenti Ferrari produrranno ventilatori polmonari anziché automobili. - Simone Gussoni

Coronavirus: gli stabilimenti Ferrari produrranno ventilatori polmonari anziché automobili

A causa dell’emergenza globale conseguente alla diffusione del Coronavirus anche la famosissima casa automobilistica Ferrari convertita la propria produzione da vetture extralusso e iperperformanti a ventilatori polmonari.
Anche i concorrenti Mercedes e RedBull sembrano essere intenzionato a seguire tale decisione, per dare supporto agli ospedali italiani e non, nei quali i pazienti ricoverati in Terapia Intensiva hanno bisogno di dispositivi simili per sopravvivere.
Ferrari e Fca, insieme con il produttore di componenti automobilistici Magneti Marelli, stanno discutendo con la Siare Engineering International di Bologna, numero uno in Italia per le macchine per la ventilazione, offrendo lo stabilimento di Maranello e ricerca soluzioni per poter produrre le componenti di questi apparecchi salvavita. 
Giovedì, durante un incontro tra un gruppo di ingegneri di Fca e Ferrari, sono state messe sul tavolo due ipotesi. La prima punta a ottimizzare il processo produttivo, supportando Saire nella logistica e con i fornitori, due aspetti che potrebbero immediatamente spingere la sua produzione. Ma – è la seconda ipotesi – c’è anche la possibilità di esternalizzare parte della manifattura, in particolare di alcuni componenti. La Ferrari ha già dato la disponibilità a usare i suoi impianti a Maranello, e anche in casa Fca si sta valutando dove e in che modo collaborare alla produzione di alcune parti. 
Insomma, «o li aiutiamo a casa loro o portiamo fuori parte della produzione. Oppure facciamo entrambe le cose», spiegano da Exor, la holding della famiglia Agnelli che controlla Fca e Ferrari. Una decisione non è ancora stata presa. Mentre l’obiettivo è chiaro: raddoppiare la produzione di apparecchi per la respirazione di Siare, passando da 150 a 300 respiratori alla settimana. 
Nei giorni scorsi la famiglia Agnelli ha donato 10 milioni alla Protezione civile per l’emergenza Covid-19. Come gruppo invece Fca, Ferrari e Cnh Industrial stanno acquisendo 150 respiratori e mascherine in Cina e le porteranno in Italia. Inoltre Leasys, la società di noleggio, ha messo a disposizione delle Croce rossa italiana una flotta di mezzi per il trasporto. Infine, il gruppo ha offerto alla Protezione civile la propria rete di acquisti e un servizio di consulenza per comprare materiale sanitario e apparecchiature all’estero e portrlo velocemente in Italia.
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martedì 8 ottobre 2019

Fusione nucleare importante per sviluppo energetico sostenibile.

Risultati immagini per fusione nucleare

Roma, 7 ott. (askanews) - L'Italia gioca un ruolo di rilievo nella ricerca sulla fusione nucleare per produrre energia pulita e sicura, in quella roadmap tracciata dall'Europa per arrivare ad avere reattori commerciali in grado di portare l'energia elettrica nelle nostre case intorno alla metà di questo secolo. 
A Padova e a Frascati si sta lavorando a due importanti tasselli di questo percorso, come ci racconta il prof. Piero Martin, Ordinario di Fisica sperimentale all'Università di Padova, coinvolto in entrambi i progetti. Martin è infatti membro dell'Executive Board del Divertor Tokamak Test (DTT) che sarà sviluppato a Frascati sotto la guida dell'Enea ed è ricercatore presso il consorzio RFX (di cui fanno parte CNR, Enea, Unipd, INFN, Acciaierie Venete) che sta sviluppando a Padova il progetto NBTF - Neutral Beam Test Facility.Prima di addentrarci in questi due progetti, soffermiamoci sull'obiettivo della ricerca sulla fusione: riprodurre sulla terra il funzionamento del Sole."Stiamo cercando di rubare il segreto del Sole. Il Sole funziona fondendo nuclei di idrogeno e trasformando così l'energia necessaria per la vita sul nostro pianeta. Noi cerchiamo di fare qualcosa del genere. È molto più complicato - chiarisce il prof. Martin - ma ci stiamo lavorando. Vogliamo lavorare con un combustibile che sono isotopi dell'idrogeno, quindi nuclei estremamente leggeri che vogliamo far fondere insieme e da questi poi ricavare energia elettrica".E veniamo ai progetti sulla fusione in corso in Italia. A Padova si sta sviluppando NBTF - Neutral Beam Test Facility. Di cosa si tratta?"A Padova stiamo realizzando un grande acceleratore, un iniettore di particelle neutre che avrà il compito di scaldare il plasma di ITER. ITER è questo grande esperimento che dovrà dimostrare la fattibilità scientifica della fusione, lo stiamo costruendo nel Sud della Francia con un'ampia collaborazione internazionale. E il contributo di Padova - spiega il fisico - è proprio quello di costruire l'accendino, quel dispositivo che porterà il combustibile di ITER alle temperature necessarie per ottenere la fusione. Temperature elevatissime, decine di milioni di gradi".Ed è nella gestione di queste temperature così elevate che si inserisce un altro progetto italiano, DTT- Divertor Tokamak Test che si svilupperà a Frascati sotto la guida dell'Enea e che di recente ha avuto un finanziamento di 250 milioni di euro dalla Banca europea per gli investimenti."Esattamente. DTT sarà un esperimento intero, la ciambella in cui produciamo il plasma e tutti i sistemi ausiliari ed è proprio realizzato per capire come gestire i grandi flussi di potenza che escono da questi dispositivi, pari a quelli che abbiamo sulla superficie del Sole. Quindi veramente impegnativi per i materiali di oggi e quindi stiamo lavorando per cercare di gestirli al meglio. DTT servirà esattamente a questo".Guardando alla roadmap europea per l'energia da fusione, abbiamo detto di ITER e poi?" ITER dovrebbe entrare in servizio alla fine di questo decennio e ottenere i suoi primi risultati importanti agli inizi del prossimo, cioè dal 2030 in poi; sarà seguito da DEMO che sarà il primo prototipo di reattore per la produzione dell'energia elettrica e poi da una filiera di reattori commerciali. Credo che tutto questo ci porterà alla seconda metà di questo secolo, dal 2050-2060 in poi. Salvo improvvise accelerazioni dettate da emergenze vuoi sociali vuoi ambientali. Uno dei padri della fusione - prosegue il prof. Martin - agli inizi della ricerca verso la fine degli anni '50 disse: la fusione sarà pronta quando l'umanità ne avrà bisogno. Credo che sia arrivato il momento. Quindi il percorso scientifico potrebbe anche essere accelerato, ad esempio da ulteriori investimenti". La fusione non risolverebbe del tutto i problemi di approvvigionamento energetico da fonti alternative e sostenibili. "No, non li risolverà. Darà però un contributo importante. Credo che la filosofia per uno sviluppo energetico sostenibile sia quella di saper gestire e lavorare su un paniere di energie libere da CO2, quindi rinnovabili, da fusione, quindi tante sorgenti insieme. Certamente per quel che riguarda il cosiddetto 'baseload' cioè quella necessità di energia di cui per esempio una grande città ha bisogno 24 ore su 24 la fusione potrà dare un grossissimo contributo, probabilmente fondamentale".

http://www.affaritaliani.it/coffee/video/scienza-tecnologia/fusione-nucleare-importante-per-sviluppo-energetico-sostenibile.html

venerdì 26 ottobre 2018

Whirlpool, c’è l’accordo con i sindacati: produzione delle lavatrici trasferita dalla Polonia e zero esuberi entro il 2021.

Whirlpool, c’è l’accordo con i sindacati: produzione delle lavatrici trasferita dalla Polonia e zero esuberi entro il 2021

L'intesa prevede incentivi alla mobilità su base volontaria o per accompagnamento alla pensione ed il ricorso alla cassa integrazione straordinaria che il ministero del Lavoro concederà per il 2019 ed il 2020, superando i limiti imposti dal Jobs Act. L'accordo, secondo i sindacati, scongiura l'ipotesi di 800 esuberi. Di Maio: "Lotta alle delocalizzazioni. Stiamo riportando lavoro in Italia".

Un piano industriale che prevede investimenti per 250 milioni in tre anni e l’azzeramento degli esuberi entro il 2021. È la base dell’accordo tra Whirlpool e sindacati firmato al ministero dello Sviluppo Economico. L’intesa prevede incentivi alla mobilità su base volontaria o per accompagnamento alla pensione ed il ricorso alla cassa integrazione straordinaria che il ministero del Lavoro concederà per il 2019 ed il 2020: così verrà garantito “un aumento dei volumi produttivi e l’azzeramento degli esuberi da qui al 2021”. L’accordo scongiura l’ipotesi di circa 800 esuberi (623 nella produzione e 169 negli uffici centrali) ed è stato ottenuto, sottolineano le sigle sindacali, grazie al finanziamento della cassa integrazione da parte del governo in proroga rispetto al termine del 31 dicembre posto dal Jobs Act.
Nel piano c’è, come atteso, il trasferimento dalla Polonia della produzione delle lavatrici e lavasciuga da incasso: il sito di Comunanza, in provincia di Ascoli Piceno, diventerà, per questi prodotti, il polo produttivo del gruppo per tutta l’area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa). L’azienda conferma inoltre gli impegni presi per il completamento del progetto di reindustrializzazione del sito casertano di Teverola e “rilancia rilevanti investimenti a favore della specializzazione degli altri stabilimenti italiani”: da Cassinetta di Biandronno, in provincia di Varese, fino a Melano, passando per SienaNapoli e Carinaro.
L’intesa (sull’ipotesi di accordo sul piano industriale di Whirlpool per l’Italia per il triennio 2019-2021) è stata firmata da azienda, sindacati, rappresentanti delle amministrazioni regionali interessate, e dal ministro Luigi Di MaioPer il vicepremier l’accordo rappresenta “un cambio di passo per l’Italia” perché “appena giunti al governo abbiamo iniziato una dura lotta contro le delocalizzazioni”. Ora, dice, “sta succedendo qualcosa che va oltre: stiamo riportando lavoro in Italia. È un primo passo, ma molto importante”.
“Abbiamo raggiunto oggi un’ipotesi di accordo con Whirlpool sul piano industriale dei prossimi anni, grazie al ritorno in Italia della produzione di lavasciuga e alla disponibilità del Governo a prorogare gli ammortizzatori sociali“, evidenzia Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile dei settori auto ed elettrodomestici. “Per arrivare all’accordo di oggi è stata decisiva la disponibilità del Governo a prorogare gli ammortizzatori sociali oltre il termine del 31 dicembre posto dal Jobs Act, limite che – ricorda Ficco – più volte nel corso degli ultimi due anni abbiamo denunciato come capestro e assolutamente da rimuovere”.
Sul prolungamento degli ammortizzatori, la Fiom-Cgil parla di “importante misura di politica industriale”. “Nei prossimi giorni – aggiunge il sindacato – si terranno assemblee in tutti gli stabilimenti e i centri amministrativi per illustrare nel dettaglio il piano industriale 2019-2021 e i termini dell’ipotesi di accordo quadro, che sarà sottoposto al referendum fra tutte le lavoratrici e i lavoratori del gruppo”.
Fonte: ilfattoquotidiano del 25/10/2018