domenica 28 settembre 2014

Trattativa Stato-mafia, la Corte: “Napolitano deve testimoniare in aula”. - Giuseppe Pipitone

Giorgio Napolitano

Il Capo dello Stato chiamato a deporre per decisione del presidente della Corte d'Assise di Palermo che celebra il processo. "Non si può escludere un testimone perché afferma di non essere informato". Nell'udienza di oggi, Ciriaco De Mita non ricordava quando fosse avvenuta la strage di Via D'Amelio.
Giorgio Napolitano testimonierà al processo sulla Trattativa tra pezzi dello Stato a Cosa Nostra, ma verrà ascoltato al Quirinale, senza l’accesso del pubblico e senza la presenza degli imputati, rappresentati dai loro legali. Lo ha deciso Alfredo Montalto, presidente della Corte d’Assise che, nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, sta processando boss mafiosi, politici e alti ufficiali dei carabinieri per il patto segreto che portò Cosa Nostra a sedere allo stesso tavolo delle istituzioni lungo il biennio al tritolo che sconquassò il Paese tra il 1992 e il 1994.
“In assenza di norme specifiche, ci atteniamo a quanto dettato dall’articolo 502 del codice di procedura penale”, ha detto Montalto emanando l’ordinanza che ammette la testimonianza del capo dello Stato: Napolitano dunque verrà ascoltato al Quirinale, alla sola presenza dei legali, senza la presenza degli imputati e senza l’accesso del pubblico. Sarà sempre il Colle a comunicare alla Corte d’Assise le date utili per fissare il giorno della deposizione del presidente della Repubblica. A chiedere di citazione come teste di Napolitano era stata la procura di Palermo, che l’aveva ottenuta già il 17 ottobre del 2013.
La tesi dei giudici, fissata nell’ordinanza della Corte d’assise, è che non si può escludere il diritto delle parti di chiamare un testimone su fatti rilevanti per il processo solo perché il testimone ha escluso di essere informato sui fatti stessi, come ha fatto appunto Napolitano: “La superfluità o irrilevanza di una prova testimoniale – scrivono i magistrati – deve essere valutata dal giudice esclusivamente in relazione ai fatti oggetto dell’articolato e alla sua riferibilità al teste indicato e non già in relazione a o in previsione di ciò che il teste medesimo può sapere o non sapere”. Alcuni legali avevano infatti preso spunto dalla lettera con cui Napolitano ha fatto sapere ai giudici di non essere a conoscenza di elementi utili al processo per chiedere alla corte di ripensarci e non ascoltare il presidente della Repubblica.
Ma la richiesta non è stata accolta: “Infatti – si legge nell’ordinanza - non si può di certo escludere il diritto di ciascuna parte di chiamare e interrogare un testimone su fatti rilevanti per il processo solo perché quel testimone abbia, in ipotesi anche e, persino, in una precedente deposizione testimoniale, escluso di essere informato dei fatti medesimi. E ciò quantomeno al fine di consentire alla parte richiedente di acquisire nel contraddittorio e nelle forme previste, prescritte per il processo, quel contenuto dichiarativo che, seppure negativo, riguardo alla conoscenza di determinati fatti, potrebbe tuttavia assumere una valenza non necessariamente neutra nel contesto delle altre acquisizioni probatorie e della loro valutazione interpretativa”. Non c’è dubbio, secondo i giudici, che la testimonianza del capo dello Stato sia “oltre che ammissibile, “né superflua né irrilevante. 
L’oggetto principale della testimonianza del capo dello Stato è rappresentato dalla missiva che Loris D’Ambrosio scrive a Napolitano il 18 giugno del 2012, poco dopo la chiusura dell’indagine sulla Trattativa: in quella lettera il consulente giuridico del Quirinale confessa al Presidente il suo timore per essere stato “utile scriba di indicibili accordi” tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, quando era in servizio all’Alto Commissariato Antimafia. Sempre in quei giorni vengono depositate le intercettazioni tra D’Ambrosio e Nicola Mancino, oggi imputato di falsa testimonianza. E Napolitano dovrà essere sentito anche sulla lettera inviata nell’aprile 2012 all’allora procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito in cui si esponevano le lamentele dell’ex presidente del Senato.
Dopo l’ordinanza della Corte d’Assise di Palermo che ammetteva la testimonianza del capo dello Stato, dal Quirinale era giunta una lettera in cui Napolitano riferiva ai giudici di non avere “da riferire alcuna conoscenza utile al processo”. “Sottopongo queste precisazioni alla sua attenzione – scriveva Napolitano a Montalto il 31 ottobre 2013 – affinché la Corte possa valutare nel corso del dibattimento, a norma dell’art. 495, co.4, c.p.p., il reale contributo che le mie dichiarazioni, sulle circostanze in relazione alle quali è stata ammessa la testimonianza, potrebbero effettivamente arrecare all’accertamento processuale in corso”.
Dopo la lettera del Colle sia l’Avvocatura dello Stato sia la difesa dell’ex senatore Marcello Dell’Utri (oggi condannato definitivamente per concorso esterno a Cosa Nostra) avevano chiesto alla corte di cancellare la testimonianza di Napolitano: i giudici avevano scelto di riservarsi nell’udienza del 28 ottobre 2013. Oggi, dopo quasi un anno, la riserva è stata sciolta: nonostante la lettera in cui diceva di non avere “da riferire alcuna conoscenza utile al processo”, Napolitano salirà comunque sul banco dei testimoni, seppur senza pubblico e alla sola presenza degli avvocati degli imputati, in una sala del Quirinale.
La decisione della corte d’assise di Palermo arriva alla fine di un’udienza in cui l’ex presidente del consiglio Ciriaco De Mita è stato ascoltato come teste. I pm hanno chiesto all’ex premier ragguagli sulla sostituzione di Vincenzo Scotti con Nicola Mancino alla guida del ministero degli Interni nel giugno 1992, proprio tra la strage di Capaci e quella di Via D’AmelioDe Mita, che ha 86 anni ed è attualmente sindaco di Nusco, ha però collocato l’attentato che uccise Paolo Borsellino addirittura nel 1993. “Ricorda quando avvenne la strage di via D’Amelio?”, ha chiesto il pm Nino Di Matteo. “Mi pare un anno dopo quella di Falcone” ha risposto De Mita che all’epoca era presidente della Democrazia Cristiana. In realtà le due stragi sono separate da soli 57 giorni. Nonostante i suoi 86 anni, De Mita ha però ricordato molto lucidamente diversi aneddoti degli anni Novanta, dalla sostituzione di Vincenzo Scotti con Nicola Mancino al Viminale, all’incontro con Giovanni Falcone dopo l’omicidio di Salvo Lima

Mikhail Gorbaciov: "Vero virus non è l'Ebola ma sono gli Usa" -



L'ultimo presidente dell'Urss ha difeso l'attuale governo russo: "Non dobbiamo perdere la testa e il buon senso. Siamo una nazione forte, abbiamo cose che ci sostengono e abbiamo qualcosa da dire" 

"Il virus principale non è l'Ebola ma gli Usa e le ambizioni della sua leadership". 

Mikhail Gorbaciov intervistato alla Radio delle notizie russe dimentica la perestroika, il disgelo, le aperture. 
Il premio Nobel ed ex presidente russo, commentando l'intervento di Obama all'assemblea generale dell'Onu, si lascia andare a considerazioni sull'attuale scenario geopolitico.  
La risposta di Gorbaciov è diretta al presidente americano che aveva definito la Russia una delle principali minacce al mondo, insieme al virus Ebola. 
"Non è neppure dialogo politico, è parlare male. 
Vogliono ferire e provocare ma la cosa principale è che si fa perché i contrasti in Europa continuino. 
Perché gli Usa ambiscono ad avere il monopolio. 
L'Ucraina e altre cose sono solo pretesti", ha proseguito. 
A suo avviso, "non c'è alcuna guerra fredda tra Russia e Usa ma ci sono indizi di essa". L'ultimo presidente dell'Unione Sovietica ha difeso l'attuale governo russo: "Non dobbiamo perdere la testa e il buon senso. Siamo una nazione forte, abbiamo cose che ci sostengono e abbiamo qualcosa da dire", ha concluso.

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Mikhail-Gorbaciov-Vero-virus-non-Ebola-ma-sono-Usa-dfc0cbe8-052e-4f41-aa63-614fa57d1a17.html

EBOLA, IL VACCINO PASSA DA NAPOLI. - Roberto Zichittella



Il farmaco è in fase di studio avanzato, tanto che si sta passando alla sperimentazione sull’uomo. Merito dei nostri ricercatori. E di un centro di eccellenza.
La guerra contro il micidiale virus Ebola si combatte anche a Napoli. Si combatte con le armi della scienza, affidandosi alla competenza e alla passione di un gruppo di giovani ricercatori della Okairos, un’azienda biofarmaceutica impegnata nello sviluppo di vaccini contro le principali malattie infettive: malaria, epatite C, tubercolosi e, appunto, Ebola.
La possibilità di un vaccino per contrastare la febbre emorragica è stata studiata nei laboratori di Okairos ospitati all’interno del Ceinge, un consorzio nato nel 1983 che ha come partner la Regione Campania, l’Università Federico II, la Provincia, la Camera di commercio e il Comune di Napoli. 
Al Ceinge, che funge da incubatorio, si fa ricerca nel campo delle biotecnologie avanzate e delle loro applicazioni nell’ambito della salute. In particolare si studiano le malattie genetiche ereditarie, le leucemie e alcune forme di tumore. Si svolge anche l’attività di diagnostica molecolare. 
Si tratta di un centro di eccellenza di cui va molto fiero il suo presidente Francesco Salvatore, docente di Biochimica alla Federico II, il quale spera che poli di ricerca scientifica come questo possano fermare la fuga di cervelli dall’Italia. «Anzi», dice, «la speranza è quella di attirare qui e di far restare nel nostro Paese anche i ricercatori stranieri». La sfida, per i giovani cervelli italiani di Okairos, è stata quella di realizzare una piattaforma tecnologica per far entrare in azione i linfociti killer contro il virus di Ebola. Antonella Folgori, fra i fondatori di Okairos e direttore del dipartimento di Immunologia, spiega: «Per armare il sistema immunitario usiamo una specie di “navetta” che possa portare all’interno dell’organismo il Dna del virus che vogliamo debellare. Queste navette sono altri virus meno pericolosi, come gli adenovirus». A quel punto la reazione dei linfociti killer dovrebbe portare alla soppressione del virus Ebola.

Dopo cinque anni di ricerche si è capito che il vaccino era maturo per poter essere testato sugli animali, dove si è dimostrato efficace, come illustrato in un articolo su Nature Medicine. Studiato a Napoli e prodotto a Pomezia, alle porte di Roma – presso l’Irbm Science Park –, ora il vaccino è stato mandato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna dove partiranno i primi test clinici su volontari sani. Okairos è un nome greco, riferito al tempo. Si potrebbe tradurre con “tempo di Dio”, inteso anche come “il momento giusto”. L’azienda è stata fondata da Riccardo Cortese, Alfredo Nicosia, Stefano Colloca e Antonella Folgori. Acquisita dalla multinazionale GlaxoSmithKline, restano comunque italiane le sedi a Napoli e Pomezia.

Le donne rappresentano la maggioranza dei ricercatori. Antonella Folgori, sposata, due figli, romana, ha lavorato per anni alla Merck e ha vissuto due anni a Strasburgo per una specializzazione dopo il dottorato. Virginia Ammendola, napoletana, coordinatrice del gruppo di vettorologia, ha fatto esperienze in laboratori di ricerca finanziati da Telethon. Morena D’Alise, napoletana, 34 anni, laureata in Biotecnologie mediche a Napoli, vanta un dottorato di ricerca negli Stati Uniti, alla prestigiosa università di Harvard. Però è tornata. Convinta. «Questa», assicura, «è una delle poche realtà che funziona bene in Italia. Qui si può fare buona ricerca. Non penso proprio di aver fatto un passo indietro lasciando gli Stati Uniti».

Ha studiato all’estero anche Angiolo Pierantoni, 30 anni, napoletano. Dopo la laurea in Biotecnologie mediche, Angiolo ha studiato in Gran Bretagna e poi in Spagna. In Spagna sarebbe anche rimasto, ma poi la crisi economica lo ha costretto a tornare. «Consiglierei a tutti di fare esperienze all’estero», dice, «perché aiutano dal punto di vista umano e professionale. Ti crei un bagaglio multiculturale che ti servirà sempre. Inoltre, stando fuori, ci si rende conto della mentalità decadente italiana, dove il lavoro è svalutato e rischi una vita da precario tradito da continue promesse. Per fortuna, tornato in Italia ho trovato lavoro in questi laboratori che, qui da noi, rappresentano una specie di oasi nel deserto».

Prima che le api scompaiano. - by Avaaz




Le api stanno morendo in tutto il mondo e la nostra catena alimentare è a rischio. Gli scienziati accusano i pesticidi tossici, che sono stati messi al bando dall'UE grazie ad una mega campagna di Avaaz. Tra cinque giorni, gli USA potrebbero aderire al divieto, dando l'esempio ai governi di tutto il mondo. Questa è la nostra più grande opportunità di salvare le api dall'estinzione. Firmate la petizione e condividete questo appello urgente:

firma la petizione

Arrivare a quel divieto è possibile e noi lo sappiamo bene: dopo una mega campagna Avaaz dell'anno scorso, l'Unione Europea ha proibito quel gruppo di veleni che numerosi scienziati accusano per la morte delle api. Proprio ora le società dell'industria chimica stanno facendo pressione senza tregua sulle autorità statunitensi per impedirlo. I nostri alleati interni, però, ci fanno sapere che l'opinione pubblica potrebbe rovesciare la situazione in favore del divieto. Facciamoci sentire, allora! Se gli USA si muovono, daranno il via ad una reazione a catena nel resto del mondo.

Non abbiamo tempo da perdere
: la task force della Casa Bianca per le api presenterà le sue proposte martedì. Non si tratta solo di salvare le api, si tratta della nostra stessa sopravvivenza. Firmate ora questa petizione urgente, facciamo arrivare il nostro appello agli USA affinché mettano al bando quei pesticidi assassini, prima che le api si estinguano: 

https://secure.avaaz.org/it/save_the_bees_us_pet_loc/?braSkbb&v=47048 

Le api sono cruciali per la vita sulla Terra: ogni anno impollinano piante e raccolti per un valore stimato di 40 miliardi di dollari. Se non verrà fatto nulla per salvaguardarle, molta della frutta e verdura che amiamo rischia di scomparire e un terzo delle scorte di cibo andrà perduto.

Negli ultimi anni stiamo assistendo al rapido declino nella popolazione delle api: alcune specie si sono già estintee proprio in California -- dove si produce la maggior parte del cibo negli USA -- ogni anno gli apicoltori perdono un terzo delle api. Gli scienziati sono alla disperata ricerca di risposte. Mentre alcuni studi, spesso finanziati dalle industrie chimiche, affermano che la causa potrebbe essere una combinazione di fattori, tra cui malattie, perdita dell'habitat e sostanze chimiche tossiche, altri studi, indipendenti e autorevoli, sono giunti alla conclusione che i colpevoli siano i pesticidi neonicotinoidi.

Grazie a queste prove schiaccianti e ad una campagna super efficace di Avaaz e dei suoi partner, l'UE li ha messi al bando. L'Agenzia statunitense per la protezione dell'ambiente (EPA) è incaricata dal Congresso di regolamentare le tossine, ma per anni ha aggirato la legge, sottostando alle pressioni dell'industria chimica. Ora, la task force della Casa Bianca per la salute delle api potrebbe convincere l'EPA a cancellare la registrazione dei pesticidi, così non potranno più essere venduti negli USA. Ecco la nostra opportunità!

La task force pubblicherà il suo rapporto tra pochi giorni. Già milioni di noi, in tutto il mondo, sostengono questa campagna. Diamole una forza senza precedenti: 3 milioni di firme per salvare le api e consegnare la petizione in modo strategico e con l'attenzione dei media. Fermiamo un accordo buono solo per le grandi industrie. Firma ora questa petizione urgente:

https://secure.avaaz.org/it/save_the_bees_us_pet_loc/?braSkbb&v=47048

Non possiamo più lasciare la nostra delicata catena alimentare nelle mani delle aziende chimiche e dei legislatori sul loro libro paga. Il bando di questi pesticidi ci avvicinerà ad un mondo più sicuro per noi e per le altre specie che ci stanno a cuore e dalle quali dipendiamo.

Con speranza,

Terra, Alex, Alice, Ari, Nick, Laila, Marigona, Ricken e il resto del team Avaaz.

PER ULTERIORI INFORMAZIONI:

Un costo pesante, il valore degli insetticidi neonicotinoidi in agricoltura (Centro per la sicurezza alimentare, IN INGLESE)
http://issuu.com/centerforfoodsafety/docs/neonic_efficacy_digital/1?e=9942666/7206999

Memorandum presidenziale -- Creare una strategia federale per promuovere la salute delle api da miele e degli altri impollinatori (La Casa Bianca, IN INGLESE)
http://www.whitehouse.gov/the-press-office/2014/06/20/presidential-memorandum-creating-federal-strategy-promote-health-honey-b

USA, una task force per proteggere le api (Repubblica)
http://www.repubblica.it/ambiente/2014/06/23/news/usa_una_task_force_per_proteggere_le_api-89799343/

Moria delle api: colpa dei pesticidi neonicotinoidi, la conferma di Harvard (GreenMe)
http://www.greenme.it/informarsi/agricoltura/13387-moria-delle-api-harvard

Muoiono le api e la produzione di miele crolla del 50 per cento (Il Sole 24 ore)
http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2014-09-11/muoiono-api-e-produzione-miele-crolla-50-cento-162456.shtml?uuid=ABZ5uosB

Petizione per una revisione ad interim dei pesticidi neonicotinoidi (archiviata il 7 luglio 2014, IN INGLESE)
http://docs.nrdc.org/health/files/hea_14070701a.pdf

La costosa guerra delle lobby contro le api (National Journal, IN INGLESE)
http://www.nationaljournal.com/energy/the-costly-lobbying-war-over-america-s-dying-honeybees-20140701

Nota dell'EPA rivela preoccupazione che i pesticidi possano causare la morte delle api (SF Gate, IN INGLESE)
http://www.sfgate.com/cgi-bin/blogs/green/detail?entry_id=79910

Api in caduta libera mentre uno studio dimostra un improvviso declino negli USA (The Guardian, IN INGLESE)
http://www.guardian.co.uk/environment/2011/jan/03/bumblebees-study-us-decline?INTCMP=SRCH



https://secure.avaaz.org/it/save_the_bees_us_pet_loc/?braSkbb&v=47048

sabato 27 settembre 2014

Semini di mela.



Che cos’è veramente l’effetto serra e perché la geoingegneria ufficiale è un imbroglio. - Paolo De Santis



Paolo De Santis, Professore senior presso l’Università Roma Tre, in un simposio dedicato alla geoingegneria dal Comitato "NoGeoingegneria Toscana", nell'ambito di un'esposizione molto articolata e solo all'apparenza accademica, focalizza l'attenzione sugli aerei che volano a bassa quota. Tra le righe il docente denuncia tutte le mistificazioni con cui si vorrebbe presentare la geoingegneria ufficiale come l'insieme delle attività volte a mitigare il cosiddetto "riscaldamento globale". [1] Una frase topica è la seguente:

"Ora... gli aerei che noi vediamo... non sono stratosferici. Stanno proprio qui! Quindi non c'è neanche quella scusa".

L'audio è ascoltabile qui: http://www.spreaker.com/user/straker/paolo-de-santis-gli-aerei-volano-bassi

Questa affermazione suffraga, in modo autorevole, quanto noi di Tanker Enemy asseriamo ormai da anni e cioé che i velivoli che rilasciano scie spacciate per contrails d'alta quota, in realtà incrociano a bassa quota e quindi nelle condizioni fisiche non idonee alla formazione di qualsivoglia tipo di scia di condensazione.

[1] Paolo De Santis è professore di Fisica Generale, dal 1992, presso l’Università Roma Tre, dove ha tenuto corsi di Fisica per Ingegneria Meccanica ed Informatica ed il corso di Acustica per Ingegneria elettronica. Precedentemente ha insegnato all’Università La Sapienza di Roma e all’Università dell’Aquila. Nell’ambito dei programmi di cooperazione internazionale, ha tenuto corsi di Elettronica e Teoria dei Segnali presso l’Istituto Universitario “Region Capital” di Caracas in Venezuela e l’Università di Kampala in Uganda. L’attività di ricerca, sia teorica sia sperimentale, ha riguardato diversi settori dell’acustica e dell’ottica, con particolare attenzione circa la teoria della coerenza, l’olografia e la propagazione dei campi. I risultati delle ricerche svolte sono stati presentati in congressi internazionali e pubblicati su riviste internazionali specializzate.


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Obama, il premio Nobel per la pace...



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