martedì 20 dicembre 2016

Nuovo colpo al clan del boss Messina Denaro, 11 arresti.

Nuovo colpo al clan del boss Messina Denaro, 11 arresti

Nuovo colpo alla cosca del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. E' in corso dall'alba una vasta operazione antimafia condotta dalla Squadra mobile di Trapani, che sta eseguendo undici arresti e diversi sequestri.
Gli investigatori, coordinati dalla Dda di Palermo, sono convinti che il boss mafioso latitante da quasi 30 anni, attraverso le imprese sequestrate, era in grado di condizionare gli appalti nella zona del Trapanese. Sotto la lente di ingrandimento i lavori per la realizzazione del parco eolico di Mazara del Vallo e dei lavori di ristrutturazione dell'ospedale.
C'è anche il figlio del boss mafioso Mariano Agate tra gli arrestati nell'ambito dell'operazione 'Ermes 2': Epifanio Agate gestiva due società che lavoravano nel settore del pesce. 
Il padre Mariano, morto nel 2013, era stato condannato all'ergastolo per la strage di Capaci.
Nel 1985 era stato condannato all'ergastolo per sette omicidi, tra cui quelli del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto e del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari. Per quest'ultimo omicidio fu assolto in Cassazione nel 1993. Agate era considerato uno degli uomini di riferimento di Totò Riina. Arrestato nel 1990, nel 2004 - nonostante si trovasse già in regime di carcere duro - Mariano Agate era stato coinvolto in un'indagine per aver fatto arrivare ordini al figlio Epifanio.
L'indagine ha confermato "i saldi contatti tra il clan mafioso di Mazara del Vallo, retto da Vito Gondola, e quello di Castelvetrano e ha svelato gli accordi per spartirsi gli appalti sotto le direttive del latitante Messina Denaro - dicono gli inquirenti - al quale Gondola si rivolgeva per dirimere le varie controversie insorte. Le imprese sequestrate erano direttamente controllate dalle famiglie mafiose attraverso prestanome".

Turchia, ambasciatore russo colpito a morte ad Ankara. Ucciso il killer, era un poliziotto.

Una sequenza delle immagini dell'attentato ad Ankara, in Turchia © ANSA
Una sequenza delle immagini dell'attentato ad Ankara, in TurchiaRIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Attentatore: 'Noi moriamo ad Aleppo, tu qui'.


Un giovane poliziotto di 22 anni ha ucciso l'ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov, sparando contro di lui durante una mostra fotografica ad Ankara. L'attentatore è stato poi ucciso in un blitz della polizia turca. Il diplomatico è morto in ospedale, dove era stato inzialmente ricoverato. 
In nottata un uomo armato è stato fermato all'esterno dell'ambasciata americana ad Ankara. L'uomo ha esploso alcuni colpi di fucile in aria prima di essere fermato ed arrestato dalla polizia.
"Noi moriamo ad Aleppo, tu muori qui". È questa una delle frasi che l'attentatore avrebbe urlato prima di sparare all'ambasciatore russo. L'uomo è stato identificato come un diplomato dell'accademia di polizia di nome Mert Altintas, di 22 anni, che si era diplomato nel 2014 all'accademia Rustu Unsal di Smirne.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha chiamato il suo omologo russo Vladimir Putin dopo l'omicidio. "Condanniamo questo vile attacco terroristico. L'ambasciatore Karlov è stato un diplomatico eccezionale che ha lavorato in un periodo difficile in Turchia e si è guadagnato la stima di tutto lo stato per le sue capacità personali e professionali. Non permetteremo che questo attacco oscuri l'amicizia tra Turchia e Russia.", scrive in un comunicato il ministero degli Esteri turco.
L'omicidio dell'ambasciatore russo è "chiaramente una provocazione" mirata a minare i rapporti russo-turchi e "il processo di pace in Siria promosso dalla Russia, dalla Turchia, dall'Iran e da altri paesi", ha detto Vladimir Putin, citato da Russia Today.
"Oggi offriamo le nostre condoglianze alla famiglia e ai cari dell'ambasciatore russo in Turchia Andrei Karlov, che è stato assassinato da un terrorista radicale islamico". Lo scrive in una nota il presidente eletto Donald Trump. "L'assassinio di un ambasciatore -si legge ancora - e' una violazione di tutte le regole civili e deve essere condannato universalmente".
Il dipartimento di Stato americano segnala sul suo twitter "notizie" di spari nei pressi dell'ambasciata americana ad Ankara, insieme con l'avvertimento ad evitare la zona. Non ci sono al momento conferme. "Condanniamo questo atto di violenza, qualsiasi sia la sua fonte", ha detto il portavoce del dipartimento di Stato americano, John Kirby, riguardo all'attentato. "I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con lui e la sua famiglia".

Inps: corsa ai voucher. Poletti: "Poletti, '100 mila i giovani in fuga? Bene..'. Poi si scusa.

I Voucher © ANSA

Tra gennaio e ottobre venduti 121,5 mln voucher, +32% su anno.

Il ministro del Lavoro Poletti scatena una polemica: 'Fuga di 100mila giovani? Bene, conosco gente che è andata via e sicuramente il Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi. I 60 milioni che restano non sono tutti dei 'pistola'...', dice. Poi si scusa, 'mi sono espresso male'. 
"Giovani umiliati da voucher e insultati da Poletti. Vada via lui, non i giovani". Lo scrive, su Twitter, Luigi Di Maio del M5S. Anche secondo Fi, Poletti offende i giovani del Sud: "Le parole del ministro sono offensive. I nostri giovani connazionali, specie al Sud, che abbandonano la loro terra perché impossibilitati a trovare lavoro qui e decidono di andare a cercarlo all'estero, meritano il massimo rispetto. Le espressioni usate dal ministro ci lasciano davvero basiti", afferma Michele Boccardi, senatore pugliese di Forza Italia.
BOOM VOUCHER, GIU' I CONTRATTI FISSI - Nei primi dieci mesi 2016 sono stati stipulati più di 1,3 milioni (1.370.320) di contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni) mentre le cessazioni, sempre di contratti a tempo indeterminato, sono state 1.308.680 con un saldo positivo di 61.640 unità. Il dato - si rileva dall'osservatorio Inps - è peggiore dell'89% rispetto al saldo positivo di 588.039 contratti stabili dei primi dieci mesi 2015, risentendo della riduzione degli incentivi per le assunzioni stabili, e anche di gennaio-ottobre 2014 (+101.255 stabili). Nello stesso periodo gennaio-ottobre 2016 sono stati venduti 121,5 milioni di voucher destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, del valore nominale di 10 euro, con un incremento, rispetto ai primi dieci mesi del 2015, pari al 32,3%, comunica inoltre l'Inps, sottolineando che nei primi dieci mesi del 2015 la crescita dell'utilizzo dei voucher, rispetto al 2014, era stata pari al 67,6%.
Il Governo è pronto a ''rideterminare dal punto di vista normativo il confine dell'uso dei voucher''. Così il ministro Giuliano Poletti, parlando a Fano. ''Abbiamo introdotto la tracciabilità, e dal prossimo mese vedremo l'effetto. Se è quello di una riduzione della dinamica di aumento e di una messa sotto controllo di questo strumento, bene. Se invece i dati ci diranno che anche questo strumento non è sufficiente a riposizionare correttamente i voucher la cosa che faremo è rimetterci le mani'' ha spiegato. 
Successivamente il ministro ha affermato che il Jobs act  è stata una buona legge, una legge che ''ha fatto bene e fa bene al Paese. Quindi, ha rilevato, oggi io non vedo ragioni per cui dobbiamo intervenire su questo versante''.  ''Poi, naturalmente, come tutte le cose va vista nel tempo in ragione dei risultati che produrrà, e se nel tempo in ragione dei risultati che si produrranno dovesse emergere che ci sono degli elementi di problematicità, come sempre si guardano''.

lunedì 19 dicembre 2016

La favola dell’attacco hacker russo si rivela una totale bufala mediatica…le email provengono da un insider di Bernie Sanders. - MIKE ADAMS

russina hacked

Ed ecco che la gigantesca bufala della delirante teoria del complotto della sinistra ha cominciato a sgretolarsi. Dopo aver assistito per giorni a continue dichiarazioni da parte dei media di sinistra a proposito delle email dei democratici hackerate dai “russi” e consegnate a Wikileaks, risulta che le email in realtà sono state fatte trapelare da una persona interna al partito democratico in collera per l’eliminazione orchestrata di Bernie Sanders da parte degli agenti dei Clinton.
Il UK Daily Mail riporta ora che Craig Murray, ex ambasciatore britannico in Uzbekistan, ha incontrato personalmente il leaker (informatore) che gli ha fornito le email poi pubblicate da Wikileaks. Il leaker di email, una persona della cerchia di Bernie Sanders, sarebbe stato spinto dal “disgusto di fronte alla corruzione della Fondazione Clinton e al ribaltamento delle elezioni primarie contro Bernie Sanders,” scrive il Daily Mail.
Il passaggio di informazioni è avvenuto a Washington D.C. in un’area boschiva presso la American University, ha spiegato Murray. Scrive il Daily Mail:
Murray ha insistito nel dire che le email di Podesta e del partito democratico pubblicate da Wikileaks non provenivano dai russi e sono state consegnate al gruppo di whistleblowing da cittadini americani che avevano accesso autorizzato alle informazioni.
“Nessuno [dei leak] proveniva dai russi,”  ha detto Murray “La fonte aveva legale accesso alle informazioni. I documenti provenivano da leak interni, non da hackeraggi esterni.”
“Come ha chiarito Assange in modo inequivocabile, i leak non provengono dai russi,” scrive Murray sul suo sito web. “Come ho già spiegato innumerevoli volte, non si tratta di hackeraggi bensì di leak interni – c’è una notevole differenza fra le due cose. E dovrebbe essere ancora ribadito che se Hillary Clinton non avesse cospirato con il comitato nazionale dei democratici per stabilire il programma delle primarie in modo da sfavorire Bernie, se non avesse ricevuto anticipazioni sulle domande del dibattito da usare contro Bernie, se non avesse accettato cospicue donazioni alla fondazione Clinton e ai membri della sua famiglia in cambio di influenza sulla politica estera, se non avesse fallito nel tentativo di allontanare da se certi soggetti poco raccomandabili, allora non sarebbe accaduto nulla di tutto ciò. La continua abilità dei media mainstream nel sostenere che i leak sono costati le elezioni alla Clinton per colpa della “Russia” senza mai accertare le verità che essi rivelano, è veramente kafkiana.”
Il fondatore di Wikileaks Julian Assange ha già confermato in precedenza che le email in questione non provenivano dai russi. Il Washington Post, il New York Times ed altri ormai screditati portavoce della propaganda di regime continuano ad insinuare che i russi hanno in qualche modo alterato l’esito delle elezioni in favore di Donald Trump, ma non hanno prodotto uno straccio di prova reale a sostegno delle loro affermazioni.
L’obiettivo è creare il dubbio nelle menti dei “grandi elettori”
Nonostante la completa mancanza di prove, la totalità dei media di sinistra (spacciatori di propaganda) negli Stati Uniti ha ormai abbandonato qualunque parvenza di integrità giornalistica continuando a trasmettere la narrazione manifestamente falsa secondo la quale i russi avrebbero hackerato e divulgato le email del partito democratico a Wikileaks.
La delirante teoria della cospirazione è stata spinta attraverso una campagna mediatica coordinata con l’obiettivo di diffondere sufficiente disinformazione da causare un cambiamento del voto elettorale del 19 dicembre. Lo scopo è negare a Donald Trump 270 voti elettorali e per ottenere questo gli stessi media di sinistra che hanno mentito incessantemente su tutto durante la campagna continuano a mentire dopo la vittoria di Trump.
Se a Donald Trump posso essere negati 270 voti elettorali, la narrazione della sinistra dichiarerà “illegittima” la sua presidenza in quanto avrebbe fallito nel raggiungere i richiesti 270. Tutto questo è ridicolo, ovviamente, poiché la stessa disinformazione mediatica sarebbe la causa di un eventuale stravolgimento del voto elettorale. In questo modo, la propaganda si autoalimenta… e i grandi elettori saranno oggetto della più intensa psyop politica mai osservata nelle elezioni americane.
Le email rivelano sconvolgenti abissi di corruzione e collusione all’interno del partito democratico (DNC) e della campagna di Hillary
Focalizzando l’attenzione sui russi, i media mainstream sono riusciti a distrarre completamente quasi tutti dalla sostanza delle email trapelate. Esse contengono schiaccianti dettagli sull’estrema corruzione e collusione all’intero del DNC, che ha tramato attivamente per utilizzare Bernie Sanders come fantoccio politico per poi “colpirlo alle spalle” nel momento più opportuno in modo da aprire la strada a Hillary Clinton.
Breitbart.com ha pubblicato una lista di 18 fra le più sconvolgenti rivelazioni emerse dalle email. Ma ce ne sono centinaia.
Quando Wikileaks ha cominciato a pubblicare le email, una delle storie create inizialmente dai media di sinistra allineati era dichiarare le email “false.” Così, ora sostengono fondamentalmente che i russi hanno alterato l’esito delle elezioni hackerando in qualche modo il DNC per acquisire false email pubblicate da Wikileaks. Non ha alcun senso, naturalmente, ma le narrazioni della sinistra non hanno bisogno di avere senso. Devono solamente sembrare emotivamente cariche e scandalose. (I liberali non pensano usando la logica. Prendono decisioni basate su emozioni e conformità sociale. Ecco perché non ci si può ragionare.)
WashPost, NYT e CNN hanno costruito una grande bufala per cercare di scippare le elezioni dopo averle perse
Le rivelazioni di Craig Murray mostrano che la teoria delirante di un “attacco informatico russo” non è che una gigantesca bufala portata avanti da Washington Post, New York Times e CNN. Niente di ciò che hanno dichiarato è vero. Tutto ciò che scrivono sull’argomento è una costruzione o una eco di qualche fonte che sta fabbricando simili assurdità.
Dal Daily Mail:
Murray ha affermato che ha deciso di parlare dopo le dichiarazioni dei funzionari dei servizi segreti secondo cui hacker russi avrebbero fornito i documenti a Wikileaks come parte di uno sforzo per aiutare Donald Trump a vincere le elezioni presidenziali americane.
‘Non capisco perché la CIA sostenga che le informazioni provengono da hacker russi quando dovrebbero sapere che non è vero,’ ha detto. ‘A prescindere da eventuali hackeraggi russi nel DNC, i documenti pubblicati da Wikileaks non provengono da lì.’’
(Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org a cuta di EMANUELA LORENZI)

LA FABBRICA DELLE NOTIZIE SULLA GUERRA IN SIRIA – LA TESTIMONIANZA DELLA GIORNALISTA CANADESE EVA BARTLETT. - SAINT SIMON



La giornalista canadese Eva Bartlett, rispondendo alle domande di un collega, parla delle fake news sulla guerra in Siria e sulla battaglia di Aleppo, spiegando come vengono fabbricate le notizie riprese dai media mainstream e perchè vi trovino così tanto spazio. I media occidentali sposano infatti un chiaro obiettivo politico, non condiviso dalla stragrande maggioranza del popolo siriano: il cambio di regime. 
Una testimonianza inquietante della fabbrica delle notizie, proprio nel momento in cui da più parti si lanciano iniziative di stampo maccartista contro le “fake news” – quelle che vanno contro la narrazione ufficiale del politicamente corretto – e si cerca di far passare i media mainstream come unici depositari di notizie attendibili.
Giornalista: Quando parla del popolo siriano e di quello che il popolo siriano vuole, come fa a quantificarlo? Ha a disposizione delle inchieste indipendenti per poterlo davvero documentare? In secondo luogo lei parla dei grandi media, dei media occidentali, delle loro menzogne e via dicendo. Potrebbe spiegare quale pensa che potrebbe essere il nostro programma, come media occidentali, e perché dovremmo mentire? Perché le organizzazioni internazionali che lavorano sul posto dovrebbero mentire? Perché non dovremmo credere a tutti questi fatti, assolutamente documentabili, che vediamo sul posto? Questi ospedali che vengono bombardati, questi civili di cui lei sta parlando, le atrocità che hanno sperimentato. Come giustifica il fatto di chiamarci tutti quanti bugiardi? Grazie.
Eva Bartlett: 
Voglio dire, ci sono sicuramente giornalisti onesti nel mondo estremamente compromesso dei media. Iniziamo con la sua seconda domanda. Lei dice, organizzazioni internazionali sul posto. Mi dica, quali organizzazioni internazionali sono sul campo ad Aleppo Est?
Ok, le rispondo io: nessuna.
Nessuna.
Queste organizzazioni si appoggiano all’Osservatorio Siriano per i Diritti umani [SOHR] che ha la sua sede a Coventry, nel Regno Unito, ed è formato da una sola persona. Si appoggiano a gruppi compromessi come i Caschi Bianchi che… bene, parliamo dei Caschi Bianchi. I Caschi Bianchi sono stati fondati nel 2013 da un ex-ufficiale militare inglese, sono stati fondati con un accordo da 100 milioni di dollari tra Stati Uniti, Regno Unito, Europa e altri stati. Sostengono di soccorrere i civili ad Aleppo Est e a Idlib… ma nessuno ad Aleppo Est ha mai sentito parlare di loro e dico “nessuno” avendo ben presente che adesso il 95% delle aree di Aleppo Est sono state liberate. I Caschi Bianchi sostengono di essere neutrali, eppure sono stati visti girare armati e in piedi sui corpi di soldati siriani morti e i loro filmati video mostrano perfino bambini “riciclati” per differenti testimonianze. Puoi trovare una bambina di nome Aya che appare in una testimonianza, per esempio, ad Agosto, e poi torna di nuovo fuori il mese successivo in due posti diversi.
Non sono credibili. Neanche il SOHR è credibile. Gli “attivisti anonimi” non sono credibili. Una volta o due, forse. Ma ogni volta? Non è credibile.
Quindi di fonti vostre sul posto, non ne avete.
Per quel che riguarda il vostro programma, non il suo, ma il programma di alcuni grandi media: è il programma di rovesciare il regime. Come può il New York Times… l’ho letto stamattina… o come può Democracy Now… l’ho letto l’altro ieri… sostenere ancora oggi che questa è una guerra civile in Siria? Come possono continuare a sostenere ancora oggi che questa è una guerra civile in Siria?
Come possono continuare a sostenere ancora oggi che le proteste erano disarmate e non violente fino, diciamo, al 2012? Questo non è assolutamente vero. Come possono sostenere che il governo siriano sta attaccando i civili ad Aleppo quando tutti quelli che escono da queste zone occupate dai terroristi dicono il contrario?
Come quantifico il sostegno del popolo siriano? Le elezioni.
Nel 2014 in Siria si sono tenute le elezioni. Quello che è emerso è che la gente sostiene in maniera schiacciante il presidente Assad. Ci sono persone che vogliono un cambio di governo, non stiamo facendo finta che non vogliano il cambiamento. Tutti vogliono un cambiamento. Ma se valutiamo il sostegno al governo, il punto è che non vedono il presidente Assad come un problema. Vedono il problema del terrorismo, vedono elementi problematici nel sistema che hanno, ma il presidente Assad non è visto come un problema. Lo sostengno in maniera preponderante. Quindi, io mi baso sulla loro scelta del loro leader e sui miei rapporti con le persone in Siria.

Siria: Ok del Consiglio Sicurezza Onu invio osservatori ad Aleppo. Ripresa evacuazione aree ribelli.


Risultati immagini per pullman aleppo
La carovana dei pullman che lasciano Aleppo (Afp)

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione presentata dalla Francia. Intanto circa 5.000 hanno lasciato le ultime aree controllate dai ribelli dopo che centinaia di civili asserragliati nei villaggi sciiti erano stati fatti sgomberare. 

Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità una risoluzione per l'invio degli osservatori ad Aleppo. Il testo, su cui è stato trovato l'accordo tra Russia e occidentali dopo un lungo braccio di ferro, "chiede al segretario generale di adottare misure urgenti in modo da fornire disposizioni in coordinamento con le parti interessate, per consentire il monitoraggio da parte delle Nazioni Unite sul benessere dei civili nei quartieri orientali della città di Aleppo". Intanto circa 5 mila persone a bordo di 75 autobus hanno lasciato oggi Aleppo est e tra queste - segnala l'Unicef - 47 bambini provenienti da un orfanotrofio. In totale da giovedì scorso almeno 14 mila persone hanno lasciato la città, compresi 4 mila miliziani ribelli. Tutti costoro avrebbero raggiunto l'area della provincia di Idlib attualmente ancora sotto il controllo della guerriglia anti-Assad. 
Ad Aleppo est rimarrebbero da evacuare almeno altre 7 mila persone.  Attualmente più complessa appare l'evacuazione degli sciiti assediati da mesi nei due villaggi della provincia di Idlib, Al-Fu'ah e di Kafriya, circondati dalle milizie islamiste. Diverse potenti esplosioni sono risuonate durante le operazioni di trasferimento della popolazione, si ipotizza il lancio di razzi, forse da parte degli assedianti, gli ex qaedisti di Jabhat Fateh al-Sham, fazione già nota come Fronte al-Nusra. 
Secondo l'Osservatorio siriano per il diritti umani, circa 500 persone sono partite dai villaggi di Fuaa e Kafraya. La richiesta di Damasco di consentire l'evacuazione dei due villaggi sciiti ha bloccato l'operazione per giorni e ieri i ribelli hanno attaccato gli autobus mandati per trasportare gli abitanti fuori dai villaggi, uccidendo un autista. Un sanitario ha detto che gli ultimi evacuati sono "in uno stato terribile" dopo cha la loro partenza è stata rinviata per ora a temperature sottozero. Ahmad al-Dbis, che guida il team di medici e volontari che coordina l'evacuazione, ha visto arrivare decine di autobus al punto si mistamento a ovest della città. "Sono tutti in condizioni molto cattive, dopo ave aspettato più di 16 ore" a un checkpoint del regine senza poter scendere dagli autobus. "Non hanno mangiato, non hanno bevuto, i bambini si sono ammalati, non riuscivano neppure ad andare in bagno" ha detto Dbis. Il medico ha detto all'Afp di aver visto famigli scendere dagli autobus infagottate in vari strati di cappotti, mentre i veicoli sono ripartiti per tornare in città. Circa 350 persone su cinque autobus solo riuscite a uscire da Aleppo in nottata, dopo che Russia e Turchia hanno convinto il governo siriano ha farle passare dall'ultimo checkpoint, ha detto l'Osservatorio. Fra evacuati da Aleppo anche Bana Alabed, la bimba twitter. Fra le persone che questa mattina sono riuscite ad abbandonare Aleppo-Est vi è anche Bana Alabed, la ragazzina di sette anni che con i suoi tweet quasi quotidiani raccontava la tragedia dell'assedio di Aleppo. La sua evacuazione - riporta la Bbc - è stata confermata dal responsabile dell'ong umanitaria Syrian-American Medical Society. Pizzaballa, per cristiani Siria/Iraq tragedia totale "La situazione dei cristiani in Siria, Iraq e Egitto è una completa tragedia ": lo ha detto, nella sua prima conferenza stampa,  in occasione del Natale, l'amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, una delle massime autorità vaticane della regione.  "In queste terre, origine della nostra civiltà, il ciclo vizioso della violenza che è all'opera sembra senza speranza e senza fine", ha aggiunto, incontrando i giornalisti stamane a Gerusalemme.

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Siria-Ok-del-Consiglio-di-Sicurezza-Onu-a-invio-osservatori-ad-Aleppo-Ripresa-evacuazione-da-aree-ribelli-799708fd-b706-4183-8e60-9245409e7710.html

Flussi di migranti dal Niger azzerati: li aiutiamo davvero a casa loro? - Andrea Spinelli Barrile

Migranti Agadez
Un gruppo di migranti sul retro di un grande camion che offre loro un passaggio attraverso la città di Agadez. Niger, 25 maggio 2015. REUTERS/Akintunde Akinleye.


Giovedì 15 dicembre il Consiglio d'Europa, la riunione di tutti i leader europei che si tiene a Bruxelles, ha lodato il presidente del Niger Mahamadou Issoufou per il lavoro che il Paese africano sta facendo nell'ottica di arrestare i flussi migratori che lo attraversano. Nel corso di un vertice quadrilaterale tenutosi prima della riunione nella sede della rappresentanza tedesca nella capitale belga, cui hanno partecipato Issoufou, il Presidente francese Francois Hollande, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il neo-primo ministro italiano Paolo Gentiloni, è stato inoltre siglato un accordo di sostegno finanziario di questi tre Paesi europei (più Spagna) al Niger.
Secondo Ansa l'accordo vale circa 100 milioni di euro e “cerca di mettere più forza nella gestione dei flussi migratori dal Niger verso la Libia”. Questa mattina la Reuters ha pubblicato un'agenzia che quantifica diversamente l'offerta europea al Niger, circa 610 milioni di euro“Consideriamo che il Niger è l'anticamera dei flussi migratori verso la Libia […] nel contesto di una politica che deve fare molti passi avanti, adesso insieme a Francois Hollande e Angela Merkel e con il presidente nigerino Issoufou ne facciamo uno piccolo ma significativo" ha spiegato Gentiloni all'agenzia Ansa al termine del vertice.
Mercoledì 14 dicembre la Commissione europea aveva elogiato pubblicamente la collaborazione di Niamey per rallentare e bloccare i flussi di migranti che dall'Africa occidentale attraversano il Niger diretti in Libia, una collaborazione che secondo l'Unione Europea ha ridotto del 98 per cento il numero delle persone che attraversano il Sahara passando dal Niger. Erano stati 70.000 nel mese di maggio e sono diventati appena 1.500 nel mese di novembreJeune Afrique riporta che “il Niger è stato definito un bravo studente”Secondo l'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) tra febbraio ed aprile 2016 erano stati 60.970 i migranti ad aver attraversato il Niger. Si tratterebbe del successo più importante dei partenariati UE-Africa (dal processo di Khartoum al Migration Compact) per fermare e gestire i flussi migratori: accordi simili sono stati siglati dal Senegal, dal Mali e dalla Nigeria, oltre che dall'Etiopia. Ma sono in essere partenariati simili anche con paesi non africani come Afghanistan, Giordania, Libano e Turchia.
Alla fine di ottobre 2016 le autorità nigerine hanno assicurato 102 trafficanti di esseri umani alla giustizia, sequestrato 95 veicoli utilizzati da questi per trasportare i migranti e addirittura arrestato 9 gendarmi colpevoli di essersi fatti corrompere dai trafficanti, oltre ad aver rispedito nel paese d'origine 4.430 persone (numeri forniti dall'OIM).
I numeri che parlano della cooperazione con il Niger vanno analizzati per quello che sono e, soprattutto, bisogna pensare che quello che conduce alla traversata del Mediterraneo non è un viaggio breve. In generale dal giorno della partenza a quello dello sbarco passano mesi, se non anni, e probabilmente gli effetti in termini numerici saranno evidenti, forse, solo tra un po'. Solo così è spiegabile l'aumento considerevole (sopratutto nel mese di ottobre) di migranti provenienti dall'Africa occidentale.
Per comprendere e quantificare il peso che potrebbero avere queste politiche di cooperazione sui flussi migratori bisogna guardare il prospetto che il Ministero dell'Interno italiano redige con rigorosa puntualità: dal 1 gennaio al 15 dicembre 2016 in Italia sono sbarcati 178.802 persone - quasi il 20 per cento in più dello scorso anno - e di queste 56.276 provengono da Nigeria, Senegal e Mali, flussi che generalmente attraversano il Niger. Inferiori sono stati invece i flussi provenienti dall'Africa orientale (Eritrea, Somalia, Etiopia e Sudan in particolare), forse anche in questo caso per effetto degli accordi bilaterali tra Italia ed Eritrea e tra Italia e Sudan. Ai migranti dall'Africa dell'ovest andrebbero sommati almeno una parte delle persone provenienti dal Senegal (9.946 persone), dal Gambia (11.545), dalla Guinea (12.811) e dalla Sierra Leone: in Niger quasi tutte queste persone stazionano nel campo profughi ad Agadez, in pieno Sahara, territorio dei Tuareg.
Agadez è un luogo fondamentale per capire ed osservare il fenomeno delle migrazioni dall'Africa occidentale: un tempo era una città fiorente, crocevia delle carovane e conosciuta per il mercato dei cammelli, dell'argento e per i suoi artigiani conciatori di pelli. Il suo centro storico è Patrimonio UNESCO riconosciuto dal 2013 ma già negli anni Ottanta del secolo scorso la Parigi-Dakar attraeva turisti, visitatori e avventurieri e il film Il Té Nel Deserto di Bernardo Bertolucci è stato girato, in parte, proprio ad Agadez, regalandole una notorietà internazionale. Oggi l'area attorno alla città è meglio nota per le miniere di uranio e, appunto, per gli ingenti flussi migratori che la attraversano. Agadez oggi è una strada in fiamme in crisi economica.
Generalmente i migranti che arrivano ad Agadez, e a Dirkou, proseguono alla volta di Madama ed entrano in Libia nei pressi di Toummo, dirigendosi poi verso Sebha e, infine, verso la costa libica. Ad Agadez e nella regione circostante l'OIM si occupa di contare i migranti di passaggio ed altre organizzazioni invece, come anche le autorità del Niger, offrono ai migranti denaro - somme che dovrebbero attestarsi in poche migliaia di euro, abbastanza per ripagarsi il viaggio e poco di più - per tornare indietro, spiegando loro l'inferno che li attende in Libia. Qualcuno torna indietro ma da Agadez alla Libia ci vogliono circa 300 dollari, che si sommano a quelli già pagati e a quelli che si dovranno ancora pagare ai libici. E molti decidono di ignorare gli avvertimenti e proseguire.
Nel deserto i migranti incontrano contrabbandieri, trafficanti di esseri umani, autisti, signori della guerra. La maggior parte di loro, della Libia, ricorderà la violenza, gli incubi, le ingiustizie, il carcere: “All'inizio c'è una selezione naturale lungo il deserto” mi ha raccontato un migrante gambiano incontrato qualche giorno fa alla stazione Tiburtina, a Roma: “Molti dei miei compagni sono morti, alcuni sono caduti dal pick-up sul quale viaggiavamo perché correvano troppo forte ma sono stati lasciati nel deserto. Ci hanno rubato tutto quello che avevamo, persino le scarpe sono state sequestrate a chi le aveva”.
“Io ho fatto 4 mesi di carcere a Misurata, nelle mani dei trafficanti” racconta un sudanese con un buon italiano: “Poi mi hanno costretto a salire su una barca perché sapevo come si guidava e serviva qualcuno che traghettasse la gente in mare. Hanno sparato ad un nigeriano davanti ai miei occhi perché si era rifiutato di farlo, tu cosa avresti deciso di fare a quel punto?” Arrivato in Italia questo cittadino sudanese, che chiameremo Mohammed per tutelare la sua identità, è stato arrestato dalle autorità italiane e incarcerato a Trapani, accusato di essere uno dei trafficanti. Una storia con diverse analogie con altre storie“Mi hanno liberato dopo otto mesi” dice Mohamed trionfante, mostrandomi un logoro documento del Tribunale siciliano che lo ha scarcerato, sul quale si legge che le indagini a suo carico non hanno rivelato niente. Almeno in carcere ha imparato l'italiano, penso io.
Chi non attraversa la Libia opta per una rotta ritenuta meno pericolosa, quella attraverso l'Algeria
Secondo France24 però negli ultimi tempi la vita per i migranti che transitano per questo Paese è sempre più dura: dal 1 dicembre sarebbe in corso, nei quartieri di Algeri, una vera e propria “caccia al nero”. Gli irregolari vengono poi deportati nel campo di Tamanrasset, quasi 2000 chilometri a sud della capitale, per essere espulsi. Qui, denunciano diverse organizzazioni per i diritti umani, la situazione è al limite e la tutela dei diritti dei migranti è secondaria a tutto il resto, a cominciare dall'ordine pubblico. Si tratta di circa 1.400 persone provenienti da Nigeria, Niger, Liberia, Camerun, Mali e Guinea e rispedite proprio in Niger. Le retate della polizia algerina non risparmiano minori e donne incinte: “La presenza dei migranti e dei profughi africani in molte località del paese può causare problemi agli algerini; in particolare c'è il rischio di propagazione dell’AIDS e di altre malattie sessualmente trasmissibili” ha dichiarato Farouk Ksentini, avvocato e presidente della Commissione nazionale consultiva di promozione e di tutela dei diritti dell’uomo in Algeria (CNCPPDH), istituzione che dipende dalla presidenza algerina. Con queste espulsioni l'Algeria da corpo agli accordi bilaterali con il vicino Niger ma mostra di curarsi poco dei metodi adottati.
Il vicino Niger invece incassa i milioni europei, sarebbe interessante capire effettivamente quanti, per darne una parte ai migranti sub-sahariani e convincerli a tornare indietro e per tenersene un'altra parte e gestire i flussi.
Per questo il Re del Marocco Mohammed VI, ai ferri corti con le autorità algerine per l'eterna questione del sostegno al Fronte Polisario da parte di Algeri, ha inviato 116 tonnellate di aiuti umanitari ai migranti rispediti indietro dall'Algeria al Niger. Il Marocco sembra volersi distinguere dall'Algeria nella gestione dei migranti: nel 2014 ha regolarizzato 25.000 persone, una sorta di guerra fredda che viene pagata, come sempre, con la pelle altrui. Anche perché il Marocco non è certo campione mondiale, ma nemmeno africano, di diritti umani.