martedì 28 luglio 2020

La fake news pro B. smentita dalla data della prescrizione. - Antonella Mascali

La fake news pro B. smentita dalla data della prescrizione

Nessun collegio ad hoc: anche se il reato si fosse prescritto a settembre, se ne sarebbe occupata la sezione di Esposito.

Il mondo berlusconiano non sa più come alimentare la bufala della persecuzione politico-giudiziaria ai danni dell’ex presidente del Consiglio e così, in questi giorni, è tornata la storiella che ci fu un collegio ad hoc per condannare definitivamente Silvio Berlusconi per frode fiscale (processo Mediaset-diritti tv) tanto è vero che l’udienza fu fissata il 30 luglio 2013 perché la prescrizione veniva indicata al primo agosto, ma i giudici sapevano benissimo che il processo sarebbe andato al macero a metà settembre e che se non l’avessero celebrato loro non sarebbe più andato alla sezione feriale, come, invece, accadde. Addirittura lo storico avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, ha parlato di “falso”. L’unica cosa vera è che la prescrizione sarebbe scattata il 14 settembre, per una parte dei reati, per il resto è tutta una bufala.
Ma andiamo con ordine in questo guazzabuglio di date che, per i comuni mortali, può far venire un cerchio alla testa. Il fascicolo del processo, proveniente dalla Corte d’appello di Milano, che aveva condannato Berlusconi, arriva ad Antonio Esposito, presidente della sezione feriale, il 9 luglio del 2013 “alle ore 12”, proveniente dalla terza sezione penale, competente per quei processi, con scritto “Urgentissimo. Prescrizione 1 agosto 2013”.
L’indicazione della prescrizione era del magistrato delegato all’Ufficio esame preliminare dei ricorsi. Per i non addetti ai lavori, l’ufficio esame preliminare dei ricorsi, individua e segna sulla copertina del fascicolo la data della prescrizione in modo che il presidente della sezione che riceve il fascicolo possa fissare l’udienza senza che il processo venga prescritto.
Dato che quel 9 luglio del 2013 il presidente Esposito legge che la prescrizione sarebbe scattata il primo agosto, naturalmente, fissa l’udienza in tempo utile e cioè il 30 luglio. Quando il presidente decide il calendario è assolutamente ignaro che la Corte d’appello di Milano, resasi conto di un errore di calcolo della prescrizione, aveva inviato quattro giorni prima, il 5 luglio, una nota alla Suprema Corte. Peccato, però, che era finita alla sezione sbagliata. Tutta colpa della cancelleria centrale penale della Cassazione che ricevette il fax “alle 12.45” da Milano ma lo girò alla sesta sezione penale, invece della terza. Lo stesso giorno, la sesta sezione rispedì la nota a Milano: “Non avendo questa sezione procedimenti pendenti, non si capisce a quale procedimento ci si riferisce”. Quindi, quel 5 luglio né la terza sezione penale né la sezione feriale sapevano del calcolo modificato della prescrizione. Addirittura non avevano neppure contezza del fascicolo processuale, che non era stato ancora iscritto nel registro dalla cancelleria centrale penale nonostante l’avesse ricevuto il primo luglio.
L’8 luglio, la Corte d’appello apprende che in Cassazione la sua nota è finita alla sezione sbagliata, quindi decide di inviarla nuovamente, sempre via fax, e sempre alla cancelleria centrale penale, perché così è la procedura. La cancelleria questa volta gira la nota a chi di dovere: al presidente della terza sezione penale e anche alla prima sezione penale, che fungeva da sezione feriale. Ma l’invio avviene solo l’11 luglio mattina, timbro canta, quando ormai l’ignaro presidente Esposito aveva fissato il processo per il 30 luglio già da due giorni perché, come detto, il fascicolo gli era arrivato con la prescrizione del primo agosto.
In ogni caso, la difesa di Silvio Berlusconi capitanata dal professor Franco Coppi avrebbe potuto presentare un’istanza di rinvio, cosa che non fece. Inoltre, non è neppure vero, come è stato sostenuto, che se il processo fosse stato fissato a metà settembre non sarebbe toccato alla sezione feriale, ma a quella specializzata. Allora, tutti i processi con prescrizione fino al 30 ottobre e pervenuti alla Corte nel periodo “estivo” (o prossimo) dovevano essere celebrati entro il 14 settembre proprio dalla sezione feriale. Altro che “plotone d’esecuzione” contro Berlusconi.

lunedì 27 luglio 2020

Prima foto in assoluto dell’entanglement quantistico.


Prima foto in assoluto di entanglement quantistico (credito: Università di Glasgow).

È la “prima foto in assoluto dell’entanglement quantistico”, quella che appare oggi in un nuovo articolo su Science Alert che riprende uno studio condotto da un team di fisici dell’Università di Glasgow, Scozia.
Si tratta di un’immagine molto sfocata che rappresenta un’interazione tra particelle, un’interazione che tra l’altro è alla base dei cosiddetti “computer quantistici”.
L’entanglement quantistico è un fenomeno stranissimo e non ben compreso: vede due particelle legarsi in maniera indissolubile, a qualunque distanza si trovino. Definita da Einstein come una “azione spettrale a distanza”, questo fenomeno vede una sorta di “botta e risposta” tra una particella e l’altra una volta che sono state legate insieme.
Anche poste ad una distanza di miliardi di anni luce, se qualcosa accade ad una particella, quel qualcosa influirà direttamente ed in maniera immediata sull’altra, tanto che si potrà sapere cosa è successo alla prima particella anche se è impossibile, data la distanza, entrare in contatto con essa.
Di solito l’entanglement viene osservato su due fotoni, ossia sulle particelle elementari alla base della luce.
Per catturare in foto questo fenomeno Paul-Antoine Moreau, primo autore dello studio, ha creato, insieme ai colleghi, un sistema per far esplodere dei flussi di fotoni entangled in “oggetti non convenzionali”.
Alla fine hanno raccolto quattro immagini che rappresentano i fotoni in quattro diverse transizioni di fase, transizioni causate da un raggio fatto passare attraverso un materiale a cristalli liquidi.
La fotocamera era in grado di catturare le immagini di fotoni che si muovevano allo stesso modo nonostante fossero divisi, perché in stato di entanglement.
I ricercatori in pratica hanno dimostrato la violazione della cosiddetta “disuguaglianza di Bell”, un test ideato dal fisico John Stewart Bell onde definire meglio l’entanglement quantistico, precedentemente reso famoso dallo stesso Einstein: se si interrompe sperimentalmente la disuguaglianza di Bell, si può in un certo senso confermare l’esistenza del vero entanglement quantistico.
L’esperimento condotto dai ricercatori fa proprio questo.
“Questo risultato apre entrambi la strada a nuovi schemi di imaging quantistico e suggerisce la promessa di schemi di informazione quantistica basati su variabili spaziali”, spiegano i ricercatori.
Lo studio è disponibile su Science Advances.
Schema che rappresenta la configurazione dell’esperimento (credito: Moreau et al., Science Advances, 2019)

https://notiziescientifiche.it/prima-foto-in-assoluto-dellentanglement-quantistico/?fbclid=IwAR3tKt7AZTMZrTesslTFfChizXmYOB2sZCnOD5jfcJgqsQiKeX9Qf7ah634

700 milioni di anni fa Terra fu bombardata da enormi asteroidi.



Una pioggia di asteroidi di dimensioni considerevoli ha impattato o sulla Terra e sulla Luna in un periodo terminato all’incirca 700 milioni di anni fa secondo un interessante studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Osaka, Giappone, i quali hanno analizzato con particolare attenzione 59 crateri lunari, soprattutto quelli con un diametro di più di 20 km.
I ricercatori hanno usato i dati raccolti dalla Terrain Camera (TC), uno strumento che si trovava a bordo della navicella Kaguya che ha orbitato intorno alla luna dal 2007 al 2009 raccogliendo numerosi dati.
I ricercatori dichiarano che un asteroide di almeno 100 km di diametro insieme a vari altri asteroidi, almeno 4-5, circa 30-60 volte più grandi dell’asteroide di Chicxulub (quello che ha fatto estinguere i dinosauri), hanno raggiunto il sistema Terra-Luna in questo periodo.
La probabilità che un asteroide di 100 km diametro impatti sulla Terra è di una volta ogni 100 milioni di anni, secondo gli scienziati. Questo vuol dire della maggior parte dei crateri creati da asteroidi di queste dimensioni sono stati erosi, se non cancellati del tutto, da processi geologici quali vulcanismo e altri.
Quindi scoprire qualcosa riguardo a questi impatti sulla Terra è molto difficile ed è per questo che i ricercatori dell’istituto giapponese si sono rivolti ai crateri sulla Luna, molto ben conservati dato che sulla Luna non c’è attività geologica.
Si sono soffermati su quei crateri con diametri più grandi di 20 km e tra di questi c’è il cratere Copernico, che ha un diametro di 93 km. Otto dei crateri esaminati sembrano essersi formati pressoché contemporaneamente
Esaminando questi crateri, i ricercatori sono giunti alla conclusione che almeno 4-5 asteroidi con un diametro di circa 30-60 volte più grande di quello dell’asteroide di Chicxulub debbono essere impattati sulla terra in un periodo compreso tra 720 e 635 milioni di anni fa, un periodo detto cryogeniano in cui ci furono grossi cambiamenti ambientali e biologici.
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Neanderthal sentivano dolore più facilmente a causa di variazione genetica.


Credito: sgrunden, Pixabay, 4731920

Secondo un nuovo studio condotto da ricercatori della società Max Planck, i Neanderthal erano caratterizzati da una soglia più bassa del controllo della percezione del dolore.
I ricercatori sono giunti a questa conclusione esaminando un gene portatore di questa caratteristica e hanno dimostrato che essa è presente anche in alcuni esseri umani provenienti soprattutto da aree quali quelle dell’America centrale e meridionale così come in alcune aree dell’Europa.
Questi esseri umani hanno ereditato questa variante genetica che codifica un particolare canale ionico il quale è responsabile della sensazione del dolore.
Per scoprire queste particolari caratteristiche del gene in questione i ricercatori hanno utilizzato i dati di un grande studio contenente le caratteristiche genetiche di molte persone provenienti dal Regno Unito scoprendo che quelle persone che possedevano questa particolare variante erano più soggette a sentire il dolore e la sensazione del dolore partiva più presto rispetto a chi non possedeva questa variante.
Come spiega Hugo Zeberg, scienziato dell’istituto Max Planck per l’antropologia evoluzionistica e del Karolinska Institutet, autore principale dello studio, questo particolare variante del canale ionico semplicemente ” ti fa provare più dolore”, come se tu fossi un bambino di otto anni.
Questo non vuol dire che i Neanderthal automaticamente sentivano più dolore rispetto all’Homo sapiens, come chiarisce Svante Pääbo, un altro degli autori dello studio. L’impulso del dolore, infatti, viene modulato anche dal midollo spinale e dal cervello, tuttavia che la soglia oltre la quale inizia la sensazione del dolore fosse nei neanderthaliani più bassa sembra ora un dato di fatto.
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Ponte sullo Stretto, lo Stato chiude la Spa dopo 39 anni. - Carlo Di Foggia

Ponte sullo Stretto, lo Stato chiude la Spa dopo 39 anni

Grandi opere - Palazzo Chigi scrive la norma per liquidare la società concessionaria in guerra col costruttore Salini (che finora ha perso).
Le grandi storie italiane hanno sempre strascichi infiniti e quella del Ponte sullo Stretto non è da meno. Ma quasi quarant’anni dopo la sua istituzione e otto anni dopo la decisione di fermare l’opera, la società concessionaria incaricata di costruirla potrebbe davvero chiudere i battenti. La decisione l’ha presa Palazzo Chigi che, dopo un lungo tira e molla, sembra aver trovato la quadra con i ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture.
Il 14 luglio scorso, il segretario generale della Presidenza del Consiglio, Roberto Chieppa, ha scritto al Tesoro e – in copia – al ministero delle Infrastrutture una lettera in cui allega anche la norma per liquidare definitivamente la società “Stretto di Messina spa”.
Sdm ha una storia travagliata. È stata messa in liquidazione nel 2013, quando il governo Monti ha definitivamente fermato il progetto, e affidata al commissario Vincenzo Fortunato, già consigliere di Stato e potente capo di Gabinetto al Tesoro con Giulio Tremonti. La concessionaria era nata nel 1981 per costruire l’opera in concessione col mitico project financing, il meccanismo per cui il privato costruisce l’opera e si ripaga con i pedaggi, ma alla fine quasi sempre è lo Stato a rimetterci. Il caso del ponte fa quasi sorridere perché in quel caso il privato era il pubblico. Sdm è infatti controllata dall’Anas, la società pubblica delle strade e da Rfi, entrambe controllate a loro volta dalle Ferrovie dello Stato.
È da quasi un anno che Palazzo Chigi vuole liquidare definitivamente la società e Chieppa scrive con cadenza regolare al capo di Gabinetto del Mef, Luigi Carbone. A chiederlo per prima, nel 2016, è stata la Corte dei conti. Nel 2018 ha dato l’ultimatum al termine di un’istruttoria redatta dal giudice Antonio Mezzera che ha contestato l’utilità di Sdm (costi: 1,5 milioni nel 2016, ridotti sotto il milione nel 2017). Secondo i magistrati contabili le funzioni della società possono essere assorbite dai suoi azionisti, cioè le Fs, cioè i ministeri. Che invece finora si sono mostrati scettici sull’utilità dell’operazione e hanno chiesto una norma ad hoc. “Dopo le percorse interlocuzioni (…) da cui è emersa la convenienza per lo Stato di procedere alla definitiva chiusura della liquidazione di ‘Stretto di Messina’, ti sottopongo una nuova bozza di norma”, scrive Chieppa a Carbone. Il testo, insomma, pare concordato. Verrà verosimilmente infilato nel decreto Semplificazioni, in conversione al Senato, o nel prossimo decreto di agosto. Prevede che Sdm rediga un bilancio finale e venga assorbita da Anas, confluendo però in un patrimonio separato per evitare alla società delle strade di dover rispondere con il proprio patrimonio di debiti e oneri di Sdm. Sarà Anas a gestire “tutti i giudizi pendenti”.
Sdm, infatti, è il perno di un mega contenzioso. Nel 2013 il consorzio Eurolink, capeggiato da Salini-Impregilo che nel 2005 ha vinto la gara per il Ponte, ha fatto causa a Stretto di Messina spa e a Palazzo Chigi chiedendo 800 milioni di penale per non avergli fatto costruire l’opera. Da anni il boss del gruppo, Pietro Salini, rivendica quei soldi in forza di un clamoroso regalo fatto nel 2008 dal governo Berlusconi che resuscitò il contratto accantonato da Prodi con un “atto aggiuntivo” che faceva scattare le penali anche se il progetto non fosse stato approvato dal Comitato per la programmazione economica (Cipe). Anzi, le faceva scattare proprio in forza della mancata approvazione. Un accordo rimasto segreto finché Giorgio Meletti non l’ha rivelato sul Fatto a fine 2012.
Salini però la causa l’ha persa. A fine 2018 il tribunale di Roma ha dato ragione al team legale di Sdm, guidato da Fortunato, stabilendo che a Eurolink spetta solo il 10% delle opere già realizzate, qualcosa come 8 milioni. Salini ha fatto appello e a novembre il tribunale potrebbe chiudere la partita. E anche la società potrebbe non esserci più.
Magari è un caso, ma il diktat di Palazzo Chigi arriva dopo che nei mesi scorsi Matteo Renzi è tornato a chiedere di far fare il Ponte all’amico Salini (che equivale a legittimare le sue pretese di avere la penale).

Ma mi faccia. - Marco Travaglio

Breaking News: immagini, foto stock e grafica vettoriale ...
Legnanesi. “La Regione Lombardia nella gestione del Covid non ha fatto errori” (Attilio Fontana, Lega, presidente Lombardia, 23.4). “Le abbiamo azzeccate tutte” (Giulio Gallera, FI, assessore regionale Welfare e Sanità, 6.4). Sono sempre i migliori quelli che non se ne vanno.
Nei secoli Fedeli. “Un’immagine di straordinaria forza sul significato del valore dello studio: decine di donne afghane che… sostengono l’esame di ammissione all’università in spiaggia” (Valeria Fedeli, Pd, ex ministro dell’Istruzione, Twitter, 23.7). Miracoli dell’Afghanistan, che riesce ad avere le spiagge senza avere il mare: un’immagine di straordinaria forza sul significato del valore dell’ignoranza.
ComPiacenza. “Indubbiamente la storiaccia della caserma dei carabinieri di Piacenza, trasformata in un centro di torture, fa venire i brividi… Prima di giudicare attendiamo come si conviene l’esito delle indagini… Attenzione a non generalizzare… Se pretendiamo che i carabinieri vincano la battaglia con i grassatori occorre che siano dotati di strumenti idonei, di cui oggi non dispongono giacché i nostri governi pensano al reddito di cittadinanza e roba simile” (Vittorio Feltri, Libero, 24.7). Giusto: attendendo, come si conviene, l’esito delle indagini, possiamo serenamente affermare, come si conviene, che è colpa del reddito di cittadinanza.
Appena appena. “Perchè nel ’94 vi candidaste con Berlusconi?”. “Uscivamo da Tangentopoli e Berlusconi, che cercava di interpretare a suo favore il vento di protesta e il bisogno di cambiamento, voleva tutte facce nuove. Si rese conto però che aveva bisogno di qualche professionalità, ancorchè stravagante, e offrì a Marco (Pannella, ndr), senza contraccambi, otto collegi. Io ci stetti poco” (Emma Bonino, senatrice Pd, intervista al Corriere della sera, 12.7). Come quella madre che, raccontava Enzo Biagi, aveva la figlia “un po’ incinta”.
Trova l’errore/1. “Dopo cinque giorni di maratona negoziale la battaglia di Bruxelles sui fondi per il rilancio post-Covid si è conclusa con un successo del fronte franco-tedesco… Ha visto Francia e Germania determinate… contro i Paesi ‘frugali’ Olanda, Danimarca, Svezia ed Austria, sostenuti dalla Finlandia… e i sovranisti Polonia e Ungheria…” (Maurizio Molinari, Repubblica, 22.7). C’erano proprio tutti, a Bruxelles. Peccato che l’Italia, destinataria a sua insaputa del 28% dei fondi, non fosse neppure invitata.
Trova l’errore/2. ”Merkel e Macron salvano l’Italia” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 21.7). È bello vedere il Giornale e Repubblica, dopo tanti anni, sulla stessa linea.
Trova l’errore/3. “Conte festeggia per nascondere la sconfitta” (Daniele Capezzone, La Verità, 22.7). Ah, c’è pure Capezzone.
Faccio schifo. “Grillo. La vera storia dell’incidente mortale”, “Fa abbastanza schifo che nel luglio 2020 si debba tornare su questa vecchia storia” (F. F., Libero, 22.7). Segue un’intera pagina di F. F. che nel luglio 2020 fa abbastanza schifo tornando su questa vecchia storia.
Maiolate. “De Pasquale, quel magistrato con l’ossessione dell’Eni. Nel ’93 accusò Cagliari, ora accusa Descalzi e Scaroni” (Tiziana Maiolo, Riformista, 23.7). Cioè: l’Eni manovra tangenti almeno dal ’93 e la colpa è del pm che le scopre. Del resto, se hai la febbre, è colpa del termometro.
Cose da pazzi. “De Pasquale è sempre lì dentro l’aula coi soliti baffi e la toga consunta a chiedere la condanna” (Libero, 24.7). In effetti un pm che fa il pm è davvero bizzarro.
Esodo biblico. “Strappo nel M5S, cade un’altra stella: addio di Lozzi. La presidente del VII Municipio abbandona il Movimento e approda al partito di Paragone, Italexit: ‘La maggioranza mi seguirà’. E prepara la sua lista per le Comunali” (Repubblica-Roma, 24.7). “Paragone fonda Italexit e punta già al Campidoglio” (Il Dubbio, 24.7). Compatibilmente con lo spostamento d’aria, vanno transennate le edicole con un anno d’anticipo.
Abbiamo una corrente. “Ecco la corrente di Travaglio per sostenere Giuseppi. Fibrillazione nei pentastellati” (il Giornale, 19.7). Solo una corrente? Che scadimento.
La pioggia nel pirleto. “A furia di pensare solo agli immigrati, il sindaco Orlando dimentica i cittadini di Palermo: basta un temporale e la città finisce sott’acqua” (Matteo Salvini, segretario e senatore della Lega, Twitter, 15.7). “Lombardia sott’acqua. Forti piogge in tutta la Regione. A Milano terza esondazione del Seveso in tre settimane, mentre il fiume Olona esce dagli argini” (rainews.it, 24.7). Quindi è lui che porta sfiga?
Io so’ io… “Io non ho fatto la quarantena perché sono una deputata. È vero, non sono stata in isolamento” (Francesca La Marca, deputata Pd di ritorno dal Canada, Corriere della Sera, 20.7). La famosa immunità parlamentare di gregge.
Il titolo della settimana. “L’ultima di Palazzo Chigi. Agli imprenditori finanziamenti solo se sono transessuali” (Renato Farina, Libero, 20.7). Infatti la Fiat-Fca è piena di drag queen.

domenica 26 luglio 2020

Invito a scomparire. Marco Travaglio

Coronavirus: in città si riducono i positivi. Gallera e Fontana ...

Da cinque mesi Attilio Fontana e Giulio Gallera, i due caratteristi che sgovernano la Lombardia, sgomitano in un appassionante testa a testa (testa si fa per dire) per aggiudicarsi il primo avviso di garanzia. E noi, lo confessiamo, puntavamo tutto su Gallera, anche perché la sfangherebbe agevolmente con l’incapacità di intendere e volere. Invece, sul filo di lana, l’ha spuntata il governatore umarell, insospettabile per quell’aria emaciata da vecchietto sul punto di esalare l’ultimo respiro. Poi Report, anticipato dal Fatto, scoprì il contratto di fornitura da 513 mila euro per 75 mila camici e 7 mila set sanitari assegnato il 16 aprile dall’agenzia regionale Aria Spa, senza gara, alla Dama Spa del cognato e della moglie del presidente leghista: Andrea e Roberta Dini. Fatture previste per il 30 aprile, pagamento in 60 giorni. Il 19 maggio l’inviato di Report Giorgio Mottola iniziò a far domande in Regione. E intervistò il cognatissimo Dini. Che, al citofono, provò a negare: “Non è un appalto, è una donazione, chieda pure ad Aria”. Mottola richiamò spiegando di avere le carte della fornitura. Allora Dini cambiò versione, ammettendo quanto non poteva più negare, ma precisando che tutto era avvenuto a sua insaputa: “Non ero in azienda durante il Covid… chi se n’è occupato ha mal interpretato. Ma poi me ne sono accorto e ho subito rettificato tutto perché avevo detto ai miei che era una donazione”. “Subito” mica tanto: l’affidamento è del 16 aprile e la “rettifica” arriva solo il 22 maggio, quando già l’inviato Rai è sulle tracce dello scandalo e Dama inizia a stornare le fatture, cioè a rinunciare ai soldi pubblici.
Interpellato sullo scoop di Report, anche Fontana sposò la linea Scajola: “Non sapevo nulla della procedura e non sono mai intervenuto in alcun modo”. Diffidò la Rai dal trasmettere servizi non autorizzati da lui. E annunciò querela al Fatto. Ma chiunque avesse occhi per vedere capì subito che quella commessa da mezzo milione a cognato e moglie del presidente lumbard era andata bene a tutti finché Report non l’ha scoperta. Poi fu tramutata in tutta fretta in una donazione e le fatture in un errore da “rettificare” ex post, con una corsa precipitosa a coprire tutto con una toppa peggiore del buco. Come se un tizio accusato di rubare tentasse di dimostrare che non è vero restituendo il maltolto al legittimo proprietario.
Intanto accadevano altre cose che nessuno poteva sospettare: la Procura di Milano riceveva una segnalazione di operazione sospetta dall’ufficio antiriciclaggio di Bankitalia, allertato dall’Unione fiduciaria di Milano, che aveva bloccato un bonifico urgente ordinato da Fontana il 19 maggio.
Si trattava di un versamento di 250 mila euro al cognato dal conto che Fontana ha in Svizzera con 4,4 milioni di “mandato fiduciario”, frutto di un’eredità di 5,3 che dal 2005 nascondeva al fisco su due trust alle Bahamas e poi sbiancò nel 2015 (da presidente del Consiglio regionale) grazie alla voluntary disclosure del governo Renzi. Un chiaro tentativo di rimborsare Dini per il mancato affare con la Regione: infatti l’indomani il cognato scrisse ad Aria che avrebbe non più venduto, ma regalato i 49 mila camici e 7 mila set già consegnati. Ma, appunto, il bonifico fu bloccato per la causale generica e sospetta. Così Dini, rimasto a bocca asciutta, interruppe lì la donazione “spontanea” alla Regione (che non riusciva a proteggere i sanitari dal Covid) e tentò di rivendere i restanti 25 mila camici a una casa di cura per 9 euro l’uno anziché 6. Poi, appena la GdF acquisì gli atti dalla fiduciaria, Fontana annullò il bonifico. Perciò non solo Dini e l’ex ad di Aria, ma anche Fontana sono indagati per frode in pubbliche forniture. Ma non è per questo, cioè per un reato ancora tutto da accertare, che Fontana deve dimettersi subito. Bensì per i fatti acclarati che lui ha maldestramente tentato di nascondere.
1) Un pubblico amministratore non può nascondere ai cittadini milioni di euro alle Bahamas e in Svizzera.
2) Chi accede alla voluntary disclosure riporta fondi neri all’ufficialità in cambio di cifre irrisorie e dell’anonimato e ammette di averli detenuti illegalmente all’estero e al riparo dalle tasse: dunque non può ricoprire cariche pubbliche.
3) Fontana non pretese dal cognato i restanti 25 mila camici previsti dal contratto, che invece Dini voleva vendere a una Rsa, privando così medici e infermieri di protezioni fondamentali per l’emergenza.
4) Fontana ha mentito al Consiglio regionale e all’opinione pubblica, giurando di non aver “saputo nulla della procedura” e di non esservi “mai intervenuto in alcun modo”: invece sapeva tutto dall’inizio (lo informò subito il suo assessore Raffaele Cattaneo) e intervenne fino alla fine: prima favorendo la ditta di famiglia e poi, una volta smascherato, tentando di coprire le tracce del suo mega-conflitto d’interessi.
5) Nel vano tentativo di difendere il suo indifendibile sgovernatore, Salvini attacca la Procura col refrain berlusconian-renziano della “giustizia a orologeria” (senza spiegare quali sarebbero gli eventi elettorali influenzati dall’indagine, visto che siamo a fine luglio).
Ps. Annunciando querela, Fontana ci accusò di pubblicare “fatti volutamente artefatti per raccontare una realtà che semplicemente non esiste”. Attendiamo a piè fermo le sue scuse.