mercoledì 9 settembre 2020

È tornato Il Male. - Marco Travaglio

Fandonie d'Italia: zero crescita del Pil e 5 milioni di poveri |  Internettuale
Scorrendo la mazzetta dei quotidiani, cresce il dubbio che sia tornato Il Male con i suoi falsi d’autore, tipo “Arrestato Ugo Tognazzi: è il capo delle Br”. Avete presente la direzione del Pd sul referendum? Era descritta come una conta drammatica dall’esito incertissimo, una tonnara all’ultimo sangue tra Sì e No in un partito diviso a metà, spaccato, dilaniato, sull’orlo della scissione e della cacciata del segretario. La Stampa: “Referendum, l’imbarazzo del Pd: il partito quasi costretto al Sì. Tantissime voci critiche”. Sapete com’è finita? 188 Sì e 13 No (i superstiti delle tantissime voci critiche, soffocate nottetempo nel sangue). Del resto sarebbe stato ben curioso se il Pd, favorevole al taglio da quando si chiamava Pci, promotore nel 2008 di un ddl identico a quello del M5S (200 senatori e 400 deputati) se non per le firme in calce (Zanda e Finocchiaro), che un anno fa aveva votato la riforma alla Camera con tutti gli altri, se la fosse rimangiata. Ma l’inconsolabile Riportino Folli non ci vuole stare e riattacca su Repubblica la tiritera del “gran numero di esponenti di primo piano per il No” (13 a 188) e si consola con “i miliardi del Mes sanitario al più presto”, che non c’entrano una mazza e in Europa non vuole nessuno (tranne forse Cipro).
Libero: “Il Pd è così malmesso che basta Zingaretti a fargli ingoiare il Sì”, ma fra indicibili “sofferenze, mal di pancia e difficoltà” (188 a 13). Il manifesto: “Il sofferto Sì di Zingaretti” (188 a 13). La Stampa: “La sofferenza dei referendum” (188 a 13). Una sofferenza quasi pari a quella di Mattarella, “seccato” (l’ha saputo il Messaggero) perché Conte, rispondendo a una domanda alla festa del Fatto, ha osato dire che è un ottimo presidente e, se volesse, lo sarebbe anche in un secondo mandato: bella “seccatura”. Sul Riformista Emma Bonino vuole “salvare la democrazia da questo scempio populista”: vedi mai che tagliando i parlamentari lei resti fuori dopo appena 9 legislature (più 4 europee). Sul Messaggero Carlo Nordio spiega che il referendum sarà “senza vincitori né vinti” (quindi non vince il Sì o il No) e “comunque il Parlamento subirà conseguenze impreviste, forse il suo stesso scioglimento” (certo, come no). Il Corriere intervista un fake di Zanda, che dichiara restando serio: “Se oggi il referendum riguardasse la mia proposta del 2008 voterei ugualmente No”, cioè l’altro Zanda gli fa proprio ribrezzo. Dev’essere un fake pure il Galli della Loggia intervistato dalla Verità: “Mattarella non doveva dare l’incarico a uno sconosciuto senza identità”, cioè a Conte, indicato due volte in due anni dalla maggioranza parlamentare; la prossima volta incarichi Galli della Loggia, noto frequentatore di se stesso.
Poi c’è il piano per il Recovery Fund: da mesi leggiamo che “il governo è in ritardo” (rispetto a cosa non si sa: la consegna è a ottobre) e non ha progetti, ma solo vecchi “fondi di magazzino per svuotare i cassetti”. Ora scopriamo sul Messaggero che “Parte l’assalto ai fondi Ue. Già ‘sforati’ i 209 miliardi”: cioè i progetti sono troppi. Il “ritardo” fa il paio con quello delle scuole, che riaprono il 14 settembre (a parte il Trentino che anticipa e la Campania che ritarda, come peraltro ogni anno), ma tutti ne scrivono come se fossero già spalancate da settimane. E ovviamente non funziona nulla (Repubblica: “Scuola, partenza a metà”): studenti seduti su casse dell’ortofrutta e soffocati da mascherine di plexiglass, cattedre di cartapesta occupate da passanti presi a caso per insegnare, genitori a rotelle che inseguono la Azzolina e Arcuri, cose così. Intanto la Raggi s’è lasciata sfuggire nientemeno che il Tribunale dei Brevetti (ha solo tutti i ministeri e tutte le ambasciate) e la finale di Coppa Italia (senza pubblico: slurp): “Roma, capitale delle occasioni perse”, “Ennesimo schiaffo per una città senza più appeal” (Repubblica), “Il disinteresse della Raggi per la città che governa” (Messaggero).
Il Corriere si arrapa ogni giorno per “il piano segreto” di metà febbraio sul Covid “ignorato” e “negato” dal governo: peccato che non sia segreto (se ne parla da fine marzo) e non sia un piano sul Covid, ma uno studio-oroscopo con vari scenari fino a 66mila morti (per fortuna evitati proprio perché il governo non lo ignorò). Salvini scrive al Corriere per chiedere spiegazioni dal governo, ma non si capisce bene su cosa: difficilmente uno che attacca Conte per aver disposto il lockdown del 10 marzo (con 631 morti, 10mila infetti e 5mila ricoverati) può rinfacciargli di non averlo fatto a metà febbraio (con due contagiati in tutt’Italia e zero morti); e poi si scopre che il “piano nascosto alle Regioni” fu consegnato a Speranza dal delegato nel Cts della Lombardia (Matteo, ritenta: sarai più fortunato). L’unico che non ha ancora capito niente è Fontana, che sul Giornale deduce dai verbali del Cts che “avevamo ragione noi” e “la Lombardia ha sempre detto la verità” (in quei verbali c’è di tutto, tranne quello che dice lui, ma poi con calma sua moglie e suo cognato glielo spiegano). Seguono, sul Giornale, i consueti pronostici sulla caduta di Conte, che da due anni ha i minuti contati: sfumate per ora le opzioni Draghi, Franceschini, Giorgetti, Di Maio, Sassoli, Bertolaso, Guerini e forse Scalfarotto, ora si scalda “Gualtieri per il dopo Conte”. Se tornasse Il Male con un falso giornalone dal titolo “Arrestato Gigi Proietti: è il capo dell’Isis”, tutti commenterebbero: “Embè?”.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/09/e-tornato-il-male/5925407/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-09-09

Colleferro, la decisione del gip: restano in carcere tre degli indagati per la morte di Willy Monteiro, uno va ai domiciliari.

Colleferro, la decisione del gip: restano in carcere tre degli indagati per la morte di Willy Monteiro, uno va ai domiciliari

Convalidata la detenzione a Rebibbia dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi e di Mario Pincarelli, mentre Francesco Belleggia va agli arresti domiciliari. La decisione del gip di Velletri arriva dopo gli interrogatori di garanzia svolti ieri, durante i quali proprio Belleggia avrebbe fornito una ricostruzione diversa rispetto a quella dei suoi compagni.

Restano in carcere tre dei quattro giovani arrestati con l’accusa di concorso in omicidio preterintenzionale per la morte di Willy Monteiro Duarteil ragazzo di 21 anni ucciso a calci e pugni a Colleferro nella notte tra sabato e domenica. Per i fratelli Marco e Gabriele Bianchi e Mario Pincarelli è stata convalidata la detenzione in carcere, mentre Francesco Belleggia va agli arresti domiciliari. La decisione del gip di Velletri arriva dopo gli interrogatori di garanzia svolti ieri nel carcere di Rebibbia. Proprio Belleggia di fronte ai pm avrebbe detto di aver visto uno dei fratelli Bianchi colpire Willy. Difeso dall’avvocato Vito Perugini, ha fornito una versione dei fatti totalmente differente da quella messa a verbale dagli altri tre ragazzi, che invece asseriscono di non aver “nemmeno toccato” il 21enne. Stando alla sua ricostruzione, tra gli amici di Willy e il gruppo di Artena – di cui facevano parte i presunti assassini – è scoppiata una rissa “alla Trainspotting”. Poi, all’arrivo dei fratelli Bianchi, sarebbero volati calci e pugni a colpi di karate che hanno portato alla morte del 21enne.
L’indagine, in attesa dei risultati dell’autopsia che potrebbero portare a cambiare l’ipotesi di reato (da omicidio preterintenzionale a volontario), si concentra proprio sugli ultimi minuti di vita di Willy. Quel che è certo finora è che tutti i ragazzi hanno ammesso la loro presenza in via Oberdan, a Colleferro, nella notte tra sabato e domenica. Anche perché, nonostante le telecamere di sorveglianza non siano riuscite a riprendere la scena, uno degli amici di Willy li ha immortalati con il telefonino. La lite tra i due gruppi comincia in realtà qualche ora prima dell’uccisione del 21enne. Una delle ipotesi è che a innescare tutto sia stato un commento sui social sotto la foto di una ragazza. Dallo scontro verbale si è passati alle mani una volta che le due comitive sono uscite dal pub. È a questo punto che Pincarelli e Belleggia avrebbero chiamato al telefono i fratelli Bianchi per chiedere supporto. E loro non si sono tirati indietro.
Cosa è successo nei dieci, venti minuti seguenti è ancora tutto da chiarire. Secondo il quotidiano La Repubblica, Belleggia ha raccontato ai magistrati che a sferrare il colpo mortale al giovane è stato Gabriele Bianchi, mettendo in pratica la sua esperienza nel campo delle arti marziali. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, invece, che cita alcune testimonianze raccolte dai carabinieri, sarebbe stato Belleggia a sferrare un calcio “da karate” al volto del ragazzo prima di andare via a bordo di un Suv insieme agli amici. Neanche mezz’ora dopo le forze dell’ordine li trovano ad Artena, nel locale del fratello maggiore dei Bianchi, mentre prendono il caffè e li conducono in caserma.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/09/colleferro-la-decisione-del-gip-restano-in-carcere-tre-degli-indagati-per-la-morte-di-willy-monteiro-uno-va-ai-domiciliari/5925613/

"Aspetto un bambino e penso alla famiglia di Willy". Parla la compagna di Gabriele Bianchi.

Marco e Gabriele
Marco e Gabriele Bianchi

“Aspetto un bambino, sto diventando madre e il mio pensiero va alla famiglia del ragazzo che non c’è più”. La voce pacata, eppure distrutta: così all’Adnkronos Silvia Ladaga, compagna di Gabriele Bianchi e incinta di suo figlio, racconta lo stravolgimento di questi giorni. Dal suo momento più bello, in attesa del primo figlio, all’incubo dell’arresto del suo compagno, Gabriele Bianchi.
“La giustizia farà il suo corso, la verità verrà fuori - dice - ma c’è un accanimento fortissimo verso le famiglie dei protagonisti di questa storia. La prima vittima di tutto questo è Willy che non c’è più e la sua famiglia. Poi ci siamo noi - conclude l’ex candidata alle Regionali del Lazio con Forza Italia - che non c’entriamo nulla e stiamo subendo minacce di morte pesantissime”.
https://www.huffingtonpost.it/entry/parla-la-compagna-di-gabriele-bianchi_it_5f57be3fc5b646e33662129f?ncid=other_trending_qeesnbnu0l8&utm_campaign=trending
Che quest'essere infimo finisca in galera è una fortuna per la sua compagna. Un tizio che aspetta un figlio è un irresponsabile se, di notte, invece di stare a casa con la compagna in attesa di un figlio, va in giro a cercare rogne per fare a cazzotti.
Un tizio, oltretutto, che dimostra anche di essere un vigliacco se, in compagnia di altri energumeni al pari suo, prende a calci e pugni un ragazzino inerme fino ad ammazzarlo.
In un mondo civile sono loro gli "immigrati"!!!
by C. 

Figlio di una società malata. - Massimo Erbetti

Nessuna descrizione della foto disponibile.

Si chiamava Willy, poteva essere mio figlio, poteva essere nostro figlio. Sicuramente era figlio di una società malata, una società che continua girarsi dall'altra parte e se non lo fa, fa finta di non vedere e non sentire. Willy invece non si è girato dall'altra parte, lui ha guardato ed è intervenuto e questo gli è costato la vita.
Poteva essere mio figlio, poteva essere nostro figlio...alcuni giornali scrivono che purtroppo si "trovava nel posto sbagliato, al momento sbagliato"...nel posto sbagliato? Nel momento sbagliato? Ecco di tutte le cose scritte, dei commenti razzisti, delle ingiurie verso questo ragazzo, questa frase è quella che mi ha impressionato di più..."nel posto sbagliato, al momento sbagliato"...noi non vogliamo vedere...non vogliamo esserci...noi preferiamo esser altrove, girarci dall'altra parte, far finta che certe cose non accadano. Lo facciamo di continuo: lo facciamo quando permettiamo ai nostri politici di spargere odio...quando tolleriamo frasi discriminatorie sui social, quando non isoliamo i razzisti, i violenti, gli odiatori seriali. Non so voi, mai io mi sento responsabile di quanto accaduto...si chiamava Willy, ma poteva chiamarsi Andrea, Marco, Giovanni, Federico, essere mio figlio...un ragazzo che non si è girato dall'altra parte, un ragazzo che ha visto un atto violento e invece di farsi i "fatti suoi", ha agito per salvare chi era in difficoltà e ci ha rimesso la vita, ucciso da un branco di bestie inferocite. Quelle bestie che noi facciamo finta di non vedere, che tolleriamo...come tolleriamo le altre bestie che hanno commentato l'accaduto:
“Willy Monteiro Duarte era solo un immigrato“.
"Come godo che avete tolto di mezzo quello scimpanzé".
"Ah piccolo Willy, che ci facevi alle 2 di notte in giro? Tu non sei piccolo, sei piccolo di età, ma già sei uno scafato".
"È morto per sua scelta" .
"Piccolo Willy, come questi str***etti che a mezzanotte stanno ancora la Mcdonald’s in giro, bambini di 15 anni, se fate sta fine, è normale. Bambino, a casa a giocare. Non bambino a mezzanotte in giro, se no muore"
"Per me sempre immigrato sei, perché in Italia non esistono persone nere. Rimarrai sempre un immigrato, anche se hai una cittadinanza. Per me sei italiano quando sei bianco".
Ecco, questi sono i commenti di gente malata, malata di odio, rancore, razzismo, che con queste frasi, ha ucciso Willy una seconda volta.
È arrivato il momento di dire basta, di agire, di non girarsi dall'altra parte, il momento di denunciare...sempre e comunque...il momento di non sottovalutare...qualcuno ha anche detto: "gente esaltata, ma hanno dei valori"...hanno dei valori? Quali valori? Ma quali valori mi domando io, che valori può aver chi uccide qualcuno a calci e pugni? Un pestaggio di venti minuti e qualcuno parla di valori?
Siamo una società malata e Willy un eroe...un eroe morto per non essersi girato dall'altra parte. Impariamo da Willy, non giriamoci dall'altra parte e così forse, non avremo altri eroi da piangere.


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10218292075438922&set=a.2888902147289&type=3&theater

Bonus a chi paga con la carta: per il piano servono 3 miliardi. - Patrizia De Rubertis

Bonus a chi paga con la carta: per il piano servono 3 miliardi

Da dicembre - Ipotesi: 300 euro per chi spende almeno 3mila senza contanti.
Soldi indietro a chi paga con strumenti diversi dal contante. Ma il quantum non è ancora ufficializzato. Sicuramente la percentuale a favore del consumatore che farà acquisti con carte di credito, bancomat o altri pagamenti elettronici sarà un numero tondo, facile da capire e non conterrà virgole. Forse il 10% su una spesa complessiva annuale di 3mila euro. I fondi, in teoria, ci sono in attesa che la prossima legge di Bilancio rifinanzi la misura. Il premier Giuseppe Conte preme per far partire il 1° dicembre il cashback, (che aveva ribattezzato “bonus Befana”) previsto dall’ultima manovra, rinviato nel decreto Rilancio e reinserito nel decreto Agosto dopo che i 3 miliardi stanziati sono stati destinati all’emergenza Covid. Così come la lotteria degli scontrini è stata fatta slittare al 2021. Questa volta, però, non ci saranno ulteriori rinvii.
Nell’incontro a Palazzo Chigi di lunedì sera con i principali operatori di servizi di pagamento (da American Express a Postepay, dalle banche a Nexi fino a Satispay), Conte è stato chiaro: “Il passaggio che ci attende è storico per il sistema Paese, ognuno deve fare la propria parte. Pagare tutti, pagare meno”. Le indicazioni per attuare il piano sono chiare. Tecnicamente, il meccanismo di cashback prevede delle soglie personali di spesa e delle soglie minime di transazione per evitare di premiare le fasce più benestanti a scapito dei piccoli consumatori. E che, con un solo grande acquisto, un viaggio o una tv di ultima generazione, si raggiunga la spesa annuale complessiva. Insomma, nessuno deve restare escluso. Così, per favorire l’utilizzo della moneta elettronica anche per i piccoli acquisti, come il chimerico caffè al bar, il governo spinge per un approccio pragmatico e ragionato. “Bisogna incentivare e stimolare i consumatori per far aumentare la frequenza degli acquisti senza contanti”, ha spiegato Conte. E la risposta è stata positiva. Per la prima volta il premier ha ottenuto piena condivisione da parte degli operatori del settore al piano di incentivi ai pagamenti cashless, cioè con carta elettronica. È dall’autunno scorso che Conte ha fatto della riduzione dei pagamenti in nero un pallino personale. “Favorire una digitalizzazione dei pagamenti senza penalizzare, può condurre al cambiamento delle abitudini di vita dei consumatori”, è tornato a ribadire ieri al suo arrivo a Beirut.
Insomma, un approccio pratico e pragmatico al piano cashless che il premier aveva già illustrato alle associazioni di commercianti e artigiani nel corso degli Stati generali a metà giugno. Allora le preoccupazioni hanno prevalso. Colpa dei costi per gli esercenti di dotarsi di attrezzature adeguate e dell’annosa questione delle commissioni sui pagamenti che ammontano in media all’1,1%, ma che per un piccolo commerciante possono superare anche l’1,75 se si aggiungono il canone mensile per il noleggio del Pos o la gestione del conto corrente. Ma su questo punto Conte ha chiesto agli operatori di “fare uno sforzo a favore degli esercenti, perché il cashback farà crescere il mercato e, di conseguenza, aumenteranno i guadagni per tutti”. Intanto da luglio i gestori possono beneficiare di una detrazione per pagamenti con il Pos.
Il forte aumento degli acquisti online degli ultimi mesi, causa il lockdown, ha suggerito al governo di andare con più forza in questa direzione. Ma il gap con gli altri Paesi resta enorme. In Italia un pagamento su 4 avviene ancora in contanti e, anche se ogni anno in media la quota di pagamenti elettronici aumenta di circa il 10% (nel 2019 il valore del transato delle famiglie ha raggiunto 240 miliardi), l’Italia è terzultima per numero di pagamenti con Pos in Europa. Mentre a livello mondiale, il Paese è tra le 30 economie con maggior incidenza del contante sul Pil. “Con il cashback è prevedibile che la crescita dei pagamenti elettronici possa raddoppiare passando dal 10 al 20% e anche oltre”, spiega Alberto Dalmasso ceo di Satispay che si ritroverà a confrontarsi con Conte e con gli altri operatori già a fine settembre. La road map è complessa: l’obiettivo è l’operatività dei test già a novembre, mentre il governo sta ultimando il decreto attuativo del piano in attesa del via libera del Garante della privacy per l’intreccio del flusso dei pagamenti.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/09/bonus-a-chi-paga-con-la-carta-per-il-piano-servono-3-miliardi/5925416/

martedì 8 settembre 2020

Parlamento italiano il più caro d’Europa.- Giacomo Salvini

Parlamento italiano il più caro d’Europa

Stipendi, rimborsi, diarie, pensioni, ex vitalizi, contributi ai gruppi, spese per la manutenzione e per la produzione di carta tra leggi, dossier ed emendamenti. E chi più ne ha più ne metta. Quando si parla del Parlamento italiano, bisogna immaginare un grande moloch che pesa per 1,6 miliardi all’anno sulle casse dello Stato: come il fatturato di Ikea Italia o quanto i soldi messi dalla Banca Europea degli Investimenti per la sanità italiana durante l’emergenza Covid.
Eppure, tra i sostenitori del No al referendum sul taglio dei parlamentari del 20-21 settembre, una delle principali argomentazioni è proprio questa: “Si risparmia poco, il prezzo di un caffè ogni anno”, ha detto l’ex commissario alla Spending Review, Carlo Cottarelli, in un’intervista a Repubblica. Problema: il calcolo viene fatto rapportando i risparmi – per Cottarelli sono 57 milioni l’anno, per Roberto Perotti 100 – alla spesa pubblica italiana annua. Ergo: lo 0,007%. Ma non se ne capisce la ragione: il risparmio derivante dal taglio di 345 parlamentari (230 deputati e 115 senatori) va rapportato al costo annuo del Parlamento e non alla spesa pubblica italiana. In base a questo calcolo, e prendendo per buona la stima del professor Perotti della Bocconi, con il Sì la percentuale del risparmio aumenterebbe di molto: non più 0,007% ma il 6% del costo annuo del Parlamento italiano. “Sempre meglio che zero”, sostiene il professor Roberto Perotti dell’Università Bocconi. Non solo: comparando i costi di Camera e Senato con quelli degli altri legislativi in Europa e nel mondo, il nostro Paese è in cima alla classifica dei Parlamenti più costosi.
Noi e l’Ue.Il costo del Parlamento italiano si ricava dal Bilancio di previsione del 2019 di Camera e Senato: in base a questi dati, la Camera costa 970 milioni mentre il Senato 550 per un totale di circa 1,5 miliardi. Il bilancio di Montecitorio si divide tra i 538 milioni di “spese correnti di funzionamento” e 413 di spese previdenziali (pensioni per ex deputati ed ex dipendenti). Agli italiani la Camera costa 145 milioni di euro, tra indennità (81 milioni) e rimborsi spese dei parlamentari in carica (64 milioni). Facendo un paragone solo tra le Camere basse degli altri Paesi europei (ovvero le uniche elettive e che votano la fiducia al governo) l’Italia risulta di gran lunga in cima alla classifica: la Camera dei deputati, con i suoi 970 milioni, costa a ogni italiano 16,2 euro all’anno. Al secondo posto tra le grandi democrazie europee c’è la Germania: il Bundestag, l’unica Camera elettiva, quest’anno ha raggiunto un costo simile al Parlamento italiano (970 milioni) ma con più rappresentanti (709) e una popolazione maggiore, 70 milioni di abitanti. Il Bundestag quindi costa a ogni tedesco 14,1 euro all’anno. Molto staccate le Camere basse degli altri Paesi europei: l’Assemblea Nazionale francese, con i suoi 577 deputati, costa 570 milioni l’anno (7,7 euro per ogni cittadino), la House of Commons britannica 650 milioni (3,74 euro) per 650 membri e il Congreso de los diputados spagnolo solo 85 milioni (1,8 euro) per i suoi 350 membri. Un decimo dell’Italia. Se allarghiamo il confronto ai Paesi extraeuropei, la House of Representatives degli Stati Uniti, composta da 435 deputati, costa 1.291 miliardi di dollari ogni anno, ma la popolazione americana è cinque volte quella italiana: ogni anno la Camera costa 3,4 dollari ai cittadini americani.
In base ai calcoli di Roberto Perotti, il Sì al taglio porterebbe a un risparmio di circa 100 milioni all’anno tra Camera e Senato e di circa mezzo miliardo a legislatura. Non proprio bruscolini.
Perotti individua anche le voci specifiche: il taglio di 345 parlamentari permetterà di risparmiare 22 milioni di indennità, 35 milioni di rimborsi spese, diaria e assistenti personali e altri 20 milioni per vitalizi e doppia pensione. Così si arriva a circa 80 milioni, 20 in più rispetto ai 57 stimati da Cottarelli. Ma secondo Perotti a questi 80 milioni ne vanno aggiunti altri 20 tra i costi delle due Camere che variano a seconda della composizione: la manutenzione, le pulizie dei locali, la produzione di carta e così via. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e “padrino” della riforma, Riccardo Fraccaro, alla festa del Fatto ha spiegato che in realtà il risparmio di mezzo miliardo a legislatura è sottostimato: “Questa è una buona riforma indipendentemente dal risparmio. Chi è in Parlamento sa che, oltre ai costi di indennità e rimborsi, le due Camere spendono anche per la consistenza dei gruppi parlamentari e per i servizi”.
Stipendi più alti. Non solo il taglio del numero dei parlamentari. Molti fautori del No sostengono che, invece di ridurre i rappresentanti, si poteva risparmiare tagliando gli stipendi dei parlamentari. Ed è proprio su questo punto che Luigi Di Maio, ex capo politico del M5S, sta facendo campagna per il Sì: “Dal 22 settembre proporrò una legge sul taglio degli stipendi”. E non sarà facile visto che, secondo uno studio dell’Independent parliamenty standards authority (Ipsa) del 2016, i parlamentari italiani sono quelli che guadagnano di più al mondo: ogni anno lo stipendio di un deputato o senatore è di 134.360 euro, contro i 127.800 dei rappresentanti americani, 88.030 dei tedeschi, 74.005 dei britannici, 57.809 dei francesi e 32.289 degli spagnoli. La Camera specifica che il confronto tra gli importi lordi è “difficile” perché questi paesi hanno “regimi fiscale e previdenziali non sempre pienamente confrontabili”. Ma il dato resta: su dodici Paesi la media degli stipendi è di 82.918 euro e l’Italia la supera del 45%.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/08/parlamento-italiano-il-piu-caro-deuropa/5924144/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=ore-19&utm_term=2020-09-08

Il più grande scontro tra buchi neri mai scoperto. - Emanuele Manietti


Rappresentazione artistica dello scontro tra due buchi neri (Mark Myers, ARC Centre of Excellence for Gravitational Wave Discovery - OzGrav)

Il loro turbolento incontro 7 miliardi di anni fa produsse un buco nero ancora più grande, ma non è la parte più strana e sorprendente di questa storia.


Sette miliardi di anni fa, due buchi neri entrarono in collisione tra loro producendo un gigantesco scontro. Le tracce di quell’evento, avvenuto a miliardi di chilometri di distanza dalla Terra, sono state rivelate di recente da un gruppo di ricercatori e offrono nuovi spunti e interrogativi sui buchi neri, gli oggetti più affascinanti e per molti versi misteriosi dell’Universo.
Uno dei due buchi neri aveva una massa circa 66 volte quella del nostro Sole, mentre l’altro era ancora più massiccio e si stima avesse circa 85 volte la massa della nostra stella. Si avvicinarono inesorabili avvitandosi l’uno sull’altro, fino a fondersi insieme liberando una colossale quantità di energia che iniziò ad attraversare l’Universo e che sarebbe stata poi rivelata dagli astrofisici dei nostri giorni. Da quell’immenso incidente nacque un nuovo buco nero, ancora più grande e con una massa stimata in circa 142 volte quella del nostro Sole. Nel caso in cui a questo punto ve lo stiate chiedendo: il Sole ha una massa di 2mila miliardi di miliardi di miliardi di chilogrammi, da sola costituisce il 99,9 per cento circa di quella complessiva del nostro sistema solare.
Gli astrofisici sanno da tempo che i buchi neri si possono scontrare tra loro, e infatti la scoperta del nuovo scontro è importante per un altro motivo: ha offerto una prima chiara occasione per rivelare la nascita di un buco nero di massa intermedia, una classe di questi oggetti piuttosto sfuggente. Grazie ai progressi ottenuti negli ultimi decenni, gli astrofisici hanno migliorato le loro capacità per scovare gli indizi sull’esistenza dei buchi neri di piccole dimensioni (con una massa tra le 5 e le 100 volte quella del Sole) e dei buchi neri supermassicci (che si trovano di solito al centro delle galassie e con masse milioni o miliardi di volte quella del Sole), mentre finora avevano avuto meno fortuna con i buchi neri intermedi, e che hanno una massa tra 100 e 100.000 volte quella del Sole.
In passato alcune misure avevano consentito di indicare la probabile esistenza di alcuni buchi neri intermedi, ma senza successive conferme per fugare i dubbi. Trovarli e studiarli è però molto importante, perché le loro caratteristiche potrebbero aiutare gli astrofisici a comprendere in generale le qualità e il comportamento dei buchi neri.
La scoperta del grande scontro, e della nascita del nuovo buco nero intermedio, è stata pubblicata questa settimana sulle riviste scientifiche The Astrophysical Journal Letters e su Physical Review Letters ed è stata resa possibile dall’osservazione delle onde prodotte dalla fusione dei due buchi neri. Questi scontri sono infatti talmente energetici da creare scossoni nello spazio-tempo, producendo increspature che si diffondono alla velocità della luce nell’Universo. Queste “onde gravitazionali” (qui le avevamo raccontate più estesamente, se siete confusi) ci arrivano quando sono ormai estremamente deboli, al punto da essere molto difficili da rilevare.
Dalla prima volta in cui sono riusciti a farlo nel 2015, gli astrofisici sono diventati abili cacciatori di onde gravitazionali grazie agli osservatori LIGO negli Stati Uniti e Virgo in Italia, registrando circa 70 eventi distinti. Quello dell’attuale ricerca, chiamato GW190521, era stato osservato il 21 maggio dello scorso anno, debole al punto da rischiare di passare inosservato. Utilizzando alcuni modelli al computer, i ricercatori sono riusciti a ricostruire le masse coinvolte nell’evento e la quantità di energia prodotta. Nello scontro, scrivono nella loro analisi, una massa pari a più di 7 volte quella del Sole fu rilasciata sotto forma di energia in poche frazioni di secondo.
La pubblicazione della ricerca ha attirato grande interesse tra gli studiosi di buchi neri, ma ha anche fatto sollevare qualche perplessità. Secondo alcuni, le onde gravitazionali rivelate sarebbero state prodotte dal collasso di una stella o da un altro evento cosmico di dimensioni contenute, considerata la loro debolezza. Gli autori della ricerca non escludono questa circostanza, ma ritengono che comunque la spiegazione dello scontro tra due buchi neri sia la più logica, sulla base dei dati in loro possesso.
Il nuovo studio potrebbe aiutare a spiegare alcune caratteristiche dell’Universo in relazione ai buchi neri: ce ne sono molti di piccoli e sparpagliati – che si sono formati in seguito al collasso gravitazionale di una stella massiccia alla fine della propria evoluzione (durante un’esplosione come supernovae) – e una quantità più contenuta di supermassicci al centro delle galassie. Una delle ipotesi più condivise è che questi ultimi si formino man mano che collidono e si fondono tra loro i buchi neri di dimensioni più piccole. Se così fosse, però, dovrebbero allora esserci buchi neri di dimensioni intermedie, cioè quelli in fase di accrescimento e che infine diventeranno supermassicci: trovarli si era rivelato finora estremamente difficile.
I ricercatori confidano di poter trovare presto nuove tracce della fusione di buchi neri che porta alla produzione di quelli intermedi. Nei prossimi mesi LIGO e Virgo saranno riavviati, dopo essere stati sottoposti ad alcune attività di manutenzione e potenziamento che hanno reso i loro sistemi ancora più sensibili. Una volta attivi, potrebbero aiutarci a capire qualcosa di più su tutto quello che ci sta intorno, anche a miliardi di anni luce da qui.
https://www.ilpost.it/2020/09/05/collisione-buchi-neri-onde-gravitazionali/